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Carlo Pisacane, il «romito» di Albaro (Zenone di Elea - Giugno 2024)

PISACANE E LA SPEDIZIONE DI SAPRI (1857) - ELENCO DEI TESTI PUBBLICATI SUL NOSTRO SITO

TELESFORO SARTI

I RAPPRESENTANTI DEL PEMONTE E D'ITALIA

NELLE TREDICI LEGISLATURE DEL REGNO

Tantae molis erat.......

ROMA
TIPOGRAFIA EDITRICE A. PAOLINI
Via delle Colonnette N. 21
1880

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ALLA GLORIOSA E LACRIMATA MEMORIA

DEL

RE VITTORIO EMANUELE II

PADRE DELLA PATRIA

OMAGGIO

A CHI LEGGE

Nel pieno di una notte placida e scintillante dell'aprile decorso mi trovava traversare la piazza del Pantheon. Altre volte avevo ammirato la vetusta mole di Agrippa sorgente quasi a disfida dei secoli, e nelle linee severe e maestose dell'incomparabile monumento mi ero inchinato plaudendo al trionfante genio romano: altre volte la contemplazione del mausoleo mi aveva richiamato alla mente il succedersi multiforme delle vicende accadute in vista di quell'ammasso di granito e di bronzo, ma in quella notte un solo pensiero mi occupava tutto di sé.

Avevo allora allora lasciata la famigliare conversazione di un uomo politico che si era trovato presente agli ultimi istanti del Re Vittorio; e,pel triste privilegio goduto, mi aveva descritta lacrimando l'inaspettata catastrofe coll'evidenza straziante di un testimonio oculare.

Perciò la mia mente non era piena che del pensiero del Gran Re; e in quell'ora, in quel silenzio notturno e solenne, il Pantheon non rappresentava per me che l'asilo alle benedette ossa del compianto Monarca,del primo e più glorioso artefice dell'unità nazionale.

Quelle ossa debbono fremere di gioia nel loro sepolcro per la riverenza e la gratitudine dei superstiti; quella tomba è un altare davanti a cui si prosternano lacrimosi quanti conoscono ed apprezzano il benefizio di una libera patria, quanti dalle acerbe lotte politiche hanno bisogno di ritemprare lo spirito e il cuore in un'atmosfera di pace, di conforto, di serenità.

Che prodigioso cammino dall'onta della disastrosa Novara al trionfo del Campidoglio! E dopo avere il generoso rampollo di Carlo Alberto condotta per mano l'Italia lungo la via sacra del valore e del patriottismo,sciolto il voto più bello della sua vita, eccolo quasi stanco atleta riposarsi e dormire tranquillo il sonno del trionfatore in mezzo al campo dei suoi allori!

Altri più sollecito e competente di me ha raccolto in un glorioso fascio il racconto delle ammirevoli gesta del Re Vittorio affinché ne risplenda chiara la fama nei secoli; perchè non mi studierò io di parlare dei suoi cooperatori e continuatori nella grande e magnanima impresa che fu la méta costante del viver suo?

Ecco il pensiero che mi sorse in quella notte fra gli altri: lo meditai,lo accarezzai lungamente, stetti perplesso non poco prima di tradurlo in atto, considerando la difficoltà e la lunghezza dell'opera, ma poi mi accinsi a tentarla ed eccone, cortese e benigno lettore, davanti a te molta parte del risultato.

Ho scritta a bella posta: molta parte del risultato, perché il lavoro che ho concepito in mente non potrà dirsi completo che con un secondo volume che tratti dei Senatori italiani, volume che mi propongo di far seguire al presente, se a questo sarà fatto buon viso dal pubblico.

E perché è bene intendersi dal principio, stimo qui necessario l'esporre in breve il sistema e l'ordine del lavoro.

Dirò dunque anzitutto che, a rendere non indegna di qualche maggiore considerazione quest'opera, ho voluto far precedere alle biografie alcune pagine che valgano a meglio illustrarla e spiegarla.

Ed ecco perché i lettori troveranno un sunto storico delle vicende italiane dal 1848 al presente, a cui faranno seguito i discorsi tutti della Corona, susseguiti a loro volta da una esatta statistica dei plebisciti, delle legislature e sessioni parlamentari, dei ministeri succedutisi nel governo,dei varii uffici di presidenza alla Camera ecc. ecc.

Le biografie poi si vedranno pubblicate in ordine rigorosamente alfabetico e comprenderanno tutti i Deputati eletti nelle tredici legislature fino a tutto il 1879, non ommettendo di accennare anche a coloro la cui elezione venne per molteplici cause annullata o che per un motivo o per l'altro non esercitarono il mandato conferito ad essi dagli elettori.

Dal sin qui detto si arguirà dell'ampiezza dell'opera: e siccome non tutte le azioni di ciascun Deputato offrono eguale interesse dal punto di vista politico, cosi mi diffonderò nelle biografie dei più illustri e cospicui,consacrando brevi parole sulla loro carriera politica agli altri, brevissime poi specialmente per quelli che sono vissuti o vivono in una sfera modesta d'azione.

Cosi facendo sono convinto di ubbidire alle leggi della giustizia distributiva.

Le fonti a cui ho attinto le notizie dei fatti sono delle più esattamente autorevoli; e chi conosce la storia del movimento italiano potrà sulla scorta di questi cenni venirla a poco per volta ricostruendo.

Ed affinché il presente lavoro non meriti accusa di partigianeria, considererò gli uomini per quello che hanno veramente operato, non li giudicherò alla stregua delle passioni e delle gare personali e politiche.

Mi asterrò dunque da qualsiasi apprezzamento attenendomi ai fatti soltanto perché gli apprezzamenti vanno soggetti alla mutabile ragione dei tempi. Gli avversari, ad esempio, della politica seguita da Cavour in occasione della guerra di Crimea e del susseguente Congresso a Parigi non gli si sarebbero invece schierati a favore, se avessero presagito i favorevoli risultati che da una tale politica erano per derivare alla causa italiana? E chi può metterlo in dubbio?

Che se a qualche scettico o sfiduciato lettore parrà suonare troppo alto il coro delle lodi per la massima parte dei rappresentanti del nostro paese, a lui qui rispondo preventivamente con queste parole stampate dal Petruccelli nei suoi Moribondi di Palazzo Carignano e che calzano a cappello anche al di d'oggi:

«Presi uno ad uno i Deputati del Parlamento Italiano sono quanto l'Italia ha di eletto fra i suoi figli più eletti ed a niuno dei membri degli altri Parlamenti europei secondi..... Presi in massa intanto quegli individui si vari, si diversi, si completi, si scelti, formano un insieme che sembra una grande dissonanza al primo audito, al primo colpo d'occhio. Ma poscia, quando si compara, quando si rapprossima, quando si conosce il tuono e si è fatto l'occhio allo scintillio di tanta mobilità di luce, si vede che il Parlamento Italiano è un corpo perfetta mente organizzato, all'organismo forte, ai legami potenti, agli organi diversi vigorosamente sviluppati, e di cui la varietà forma l'unità..... Cento antitesi danno la grande tesi dell'unità nazionale espressa in questo teorema che chiamasi Parlamento. I partiti sono vivi, gl'interessi pronunziati, le passioni esigenti, le titubanze legittime, le impazienze logiche.... la ragione del clima, della latitudine, del sole, del suolo scoppia per tutto. Ma nell'urto nasce quella temperatura media che si vede poi regnare di ordinario nell'atmosfera delle nostre discussioni.»

I giornali che considerano il Parlamento e gli uomini che ne fanno parte attraverso il prisma delle passioni e dei partiti politici, i giornali ingenerano nel paese la sconfortante sfiducia verso chi lo regge e amministra; ma chi giudica imparzialmente s'ha da convincere, che non siamo scesi ancora si basso nell'esercizio delle nostre libertà più sospirate e più care, che la corda del patriottismo sincero vibra anche oggi sonora nelle nostre aule legislative e che qualche dissonanza che stride qua e là non vale a interrompere l'armonia fra i poteri e gl'interessi della Nazione.

Ecco per sommi capi fatta palese la ragione e l'indole di quest'opera,che potrà avere la sua continuazione nelle legislature seguenti.

Io non so se avrò raggiunto lo scopo che mi sono prefisso colla medesima: ho tentato di mettere insieme un volume che possa riuscire di qualche profitto a chi s'occupa di politica; e se il lungo studio e il lungo amore con cui mi sono accinto all'impresa non servirà a scusarne i difetti, m'auguro almeno che sorga dopo di me qualcun altro a redigere su questo argomento un lavoro più meritevole e duraturo.

E qui prima di finire mi sia concesso di fare appello alla concordia fra quanti amano veramente questa cara patria rivendicata per virtù di sacrificio e di sangue. La tomba del valoroso Monarca rapito crudelmente all'Italia ci è maestra dei più nobili e patriottici esempi: intorno alla bandiera che tiene sollevata in alto Re Umberto, modello di Sovrano costituzionale e continuatore delle virtù paterne, stringiamoci tutti e il nostro paese non temerà impeti dissennati di nemici indigeni e forestieri.

Ottobre 1879.

TELESFORO SARTI

NICOTERA GIOVANNI

Nicotera Giovanni, barone, nacque in Napoli l'anno 1831. Anima ardentissima di patriota, tempra d’acciaio, audace, sprezzatore di pericoli, egli fin da’ suoi giovani anni si gettò a capofitto nelle cospirazioni antiborboniche e prese parte nell’estate del 1857 alla generosa, ma sfortunata spedizione che ebbe fine a Sapri colla morte dell’eroico capo di essa, Carlo Pisacane, e colla prigionia di molti fra i seguaci di lui, e tra questi del Nicotera. La Gazzetta d'Italia nel novembre del 1876 pubblicò un libello contro il Nicotera, allora ministro dell’interno, a proposito del contegno tenuto da lui nel processo di Sapri. Il Nicotera sporse querela contro il suddetto giornale che venne con dannato per diffamazione. Credo esser prezzo dell'opera il riferire distesamente i fatti che si riferiscono alle accuse formulate contro il Nicotera, e lo faccio colle parole di un autorevole giornale, parole che dai nemici dell’ex-ministro dell’interno non furono potute smentire:

 «Conoscete, o lettori, il piano di Padula, o almeno la lugubre scena che su quel campo chiudeva la temeraria, ma patriottica impresa di Carlo Pisacane? È su quel campo, che la notte del 1° luglio 1857 giacevano, parte feriti, parte morenti, parte già resi cadaveri, i coraggiosi che avevano innalzato il grido di: viva l’Italia! battendosi accanitamente coi cacciatori del Borbone di Napoli. Uno dei guardiani del campo, finita la pugna, s’aggirava tra le vittime per constatarne la morte. Una di esse gli parve desse segno di vita. Tre fendenti di scure le avevan fatto tre larghe ferite nel capo: la mano destra giaceva inerte per una quarta ferita. Al di lui fianco un largo cappello alla calabrese lo additava per uno dei capi della spedizione. Era il barone Giovanni Nicotera che giaceva supino e privo di sensi. 

Il guardiano dà ordine ai suoi uomini di raccoglierlo e di consegnarlo nelle mani della giustizia. Viene spogliato ignudo, deposto sopra una barella e trasportato a Sanza. Lungo il tragitto, turbe d’infuriate megere muovono incontro al convoglio, in cerca delli briganti che volevano ammazzà u re. La prima volta, il guardiano giunge in tempo per salvar dalle virago, che lo volevano scannare, il catturato semivivo. Ma i portatori, stanchi, a un certo punto della via depongono la barella per riposare. Il guardiano si scosta alcuni passi, e sopraggiunge un nuovo drappello di donne, armate di forche e di picconi, le quali si affollano intorno al prigioniero e scaricano sul di lui corpo ignudo colpi spietati. Uno di questi colpi lo ferisce al ventre e gli fa uscir l’ombelico, né sarebbe stato l’ultimo, se il guardiano, tratto al rumore, non salvava una seconda volta la vita del prigioniero. 

Il dolore della nuova ferita aveva richiamato ai sensi il coraggioso avventuriero, a svelandogli tutto l’orrore della sua posizione. Ma la triste storia non era finita. All’ingresso del paese, altre donne infuriate affrontano il convoglio e vogliono costringere il prigioniero a gridare: Viva re! Il ferito raccoglie un supremo a sforzo d'energia, e, lieto d’aver occasione di finirla una volta, grida con quanta forza si sente ancora in gola: Morte al re! D’un tratto, le megere gli si precipitano addossa, e la sua vita è salva a stento, per la terza volta, dal guardiano. Chi era questo guardiano? Appena deposto sulla nuda terra del carcere comunale, Nicotera riesce a saperlo. 

Il guardiano gli stringe la mano, gli fa il segno dei carbonari, e gli domanda se qualche cosa possa ancora fare per lui. Credete che il barone Nicotera gli domandasse qualche cosa per sé? No. Le sue uniche parole sono queste: Scendi al campo, cerca, vicino al posto ov’io mi trovavo, un uomo basso, biondo, col cappello uguale al mio. Al fianco porta una borsa: dentro la borsa, delle carte. Prendi tutte le carte e mettile in sicuro. Poco dopo, e sempre di notte, il guardiano ritorna. Ha trovato l’uomo, Pisacane, ma la borsa era vuota. I saccheggiatori del campo ne avevano tolto i denari e sparpagliate le carte. Di quelle carte, il guardiano aveva raccolte tutte quelle che gli fu dato vedere. E sapete cosa si trovasse tra quelle carte? Un foglio nel quale si contenevano i nomi dei cospiratori in tutte lettere, la prova più terribile che potesse cadere nelle mani del governo borbonico. Quel foglio e le altre carte raccolte furono preda delle fiamme, prima che il Nicotera si trovasse a contatto dei giudici. Al mattino dell’indomani ha luogo il primo interrogatorio. 

Il Nicotera era stato preso colle armi alla mano: la fucilazione immediata era immancabile. Quali sono le sue risposte? Eccole: Dietro gli avvenimenti, dimandatogli il motivo che ha dato luogo al suo arresto ha risposto: Che per affari politici del 1848 emigrò dalla sua patria rifugiandosi in Torino, quindi posò in Genova, dove nel giorno 25 dello scorso giugno s’imbarcò con varii altri di Genova istessa, recandosi in questo regno onde promuovere una rivoluzione per 1 liberare la sua patria dalla tirannia. Dimandato chi erano i compagni di lui con i quali si parti da Gerì nova, ha risposto: conoscere il solo Pisacane, ignorando il nome degli altri. Dimandato chi abbia noleggiato il legno, dove e a chi apparteneva, ha risposto: di non conoscerlo, ma è certo che per mezzo di un legno a vapore si recarono in questi luoghi a fare la rivoluzione. Dimandato chi gli ha somministrato le armi e munizioni, ha risposto: che rinvennero tutto sul vapore e se le presero. - Altro non conosce. - Dimandato se il signor Pisacane era in loro compagnia, e dove si trova attualmente, ha risposto di essere giunti uniti in questo comune e ora dicesi essere il Pisacane stato ucciso. Lettura data, ha detto non potere sottoscrivere perchè ferito alla mano. 

Dopo questa risposta, l’esecuzione non era più che questione di ore. Ma, nel frattempo, giunge il telegramma che annuncia la cattura del Cagliari, (il battello a vapore, da cui era sbarcata la spedizione): questa cattura rende necessario un processo. Il Nicotera, unico capo superstite della spedizione, non può venir giustiziato sommariamente, e viene mandato a Salerno. Reso consapevole il Nicotera di questo avvenimento, e sicuro di essere processato, cosa fa egli? Cerca di stornare le ire del governo borbonico dai suoi compagni, di attenuare, di giustificare, in certa guisa, la spedizione di Sapri. Per lui, lo sa, non c’è pietà, o Preso colle armi alla mano lo attende una cosa sola: la sentenza di morte. Ma per gli amici ar- restati sul Cagliari si possono tentare le attenuanti. E allora, a Bonabitacolo, sulla via di Salerno, stende una dichiarazione, nella quale esagera la cospirazione murattista, in quella fa consistere il vero pericolo per il regno dei Borboni, e cerca di rendere più mite l'animo dei tiranni, non verso sé stesso, ma verso i suoi compagni di sventura. Non un nome di quelli che possono essere colpiti gli sfugge di bocca. 

Conosce tutti i capi del comitato murattista di Napoli, e non ne svela alcuno. Parla soltanto di quelli che si trovano all’estero, al sicuro da qualsiasi persecuzione. Tanto si contiene, che nessun murattista fu mai, né posto in accusa, nè arrestato, né tampoco sospettato per cagion sua. Appena giunto a Salerno, ha luogo un nuovo esame, davanti all’intendente Ajossa, assistito da un cancelliere. Il Nicotera viene condotto loro davanti, ravvolto in una coperta di lana, il capo bendato, per le ferite, e la mano destra abbandonata al lavoro di sessanta mignatte, non avendo egli tollerato che se gliene facesse l’amputazione. Stesse domande, medesime risposte. Se non che, il guardiano non aveva raccolte tutte le carte del Pisacane. 

Nello sparpagliamento; alcune altre eran rimaste sul campo, e queste poche erano casi date in mano dei commissarii borbonici. Vengono presentate al Nicotera, il quale le guarda, le scorre, e s’accorge d’essere appena a metà strada. Fra quei documenti ce n’è uno, intitolato: Nota campioni. È un foglio grande di cara grossissima; porta una lunga lista di nomi insignissi canti: nomi di merci, di commestibili. Accanto di ciascun nome, era segnata una cifra. Sapete ii cosa fosse quella Nota campioni? La chiave del cifrario. Se di quella carta si rilevava l’importanza, tutte le lettere cifrate di Pisacane erano interpretate, tutti i coinvolti nella cospirazione a inevitabilmente perduti... 

Che fa egli, il Nicotera? questo traditore codardo! Riconosco queste carte, risponde. Appartenevano a Pisacane. - A Pisacane? - Sì, e domando che si eriga verbale della mia ricognizione. Ciò detto, e mentre le mignatte si venivan staccando, una ad una, dalla mano destra minacciata di amputazione, colla sinistra il Nicotera numerizza i documenti tra i quali c’erano parecchie lettere cifrate, e li contrassegna tutti con una sigla, non potendo firmare colla mano sinistra. Si erige il verbale, nel quale ogni documento viene numerizzato e descritto per quello che contiene. 

Giunti alla Nota campioni, Nicotera la riprende colla sinistra, la guarda con indifferenza: - Questa, dice, non credo appartenesse a Pisacane. Contiene una serie di nomi di generi commercio; l’avrà smarrita qualcuno dei nostri compagni, o si riferirà alle operazioni commerciali che il Pisacane voleva fare in Sardegna. L’intendente non bada più che tanto, poiché l’importanza la riponeva nelle lettere cifrate, ed il verbale tien conto della Nota campioni, come d’una carta insignificante, con una lista di nomi comuni, e tace delle cifre che si trovano accanto a ciascun nome. Ecco dunque parato un primo colpo. 

Rifacciamoci alquanto indietro. Le autorità borboniche, prima ancora del due luglio avevano già arrestato il Marina, il Libertini, l’Agresti, il Mugnone e parecchi altri. Sul loro conto si avevano sospetti. Mancavano le prove ma quelle prove sarebbero state indubbiamente ragli giunte, se le lettere del Pisacane si decifravano. Il 9 luglio, l’istruttoria era molto innanzi.

Dalle mani dell’intendente Ajossa, l’affare era passato nelle mani del procuratore generale. Ed il procuratore generale non s’accontentava d’erigere verbali: voleva interpretare documenti. Nuovo interrogatorio, quindi, del Nicotera. Ed il Nicotera, meno tormentato dalle ferite, viene interpellato sul modo con cui i documenti cifrati potevano essere interpretati dall'autorità. La chiave del cifrario era consegnata negli atti del processo, ed il traditore codardo risponde cella stessa calma e colla stessa serenità, con cui forse ne parlerebbe oggidì: La lettera N° 13 era lettera scritta dallo stesso Comitato, ma con cifre che non si possono interpretare altrimenti, se non il avendo sott'occhio una copia del libro a riscontro, di cui una era presso lo stesso Pisacane, e l'altra presso il presidente del comitato di Napoli. Né gli abeeeJari numerici sono bastevoli per riuscire alla ii spiegazione delle cifre che vi si contengono. 

Il procuratore generale si dà attorno per cercare il famoso libro a riscontrotraditore Nicotera non trova tra essi il libro famoso che doveva dare la chiave dell’enigma, e per il procuratore generale si fa buio pesto, più buio di prima. Un episodio prima di proseguire. Tra gli oggetti appartenenti al Pisacane, si trovò un foglietto, sul quale era scritto a tutte lettere un nome. Questo nome era quello del De Mata, l’amico di Spaventa, allora cappellaio a Napoli e facente parte del comitato, ora cappellaio a Genova. Il De Mata, prima ancora che fosse interrogato il Nicotera, era stato arrestato. - E questo nome cosa significa? gli vien domandato. - Ah me nero scordato, rispose il Nicotera. Il De Mata è un bravo cappellaio di Napoli. ii Pisacane aveva comprato da lai un cappello, e siccome n’era stato contento ne aveva notato il nome per fargli le sue commissioni in seguito. Pochi giorni dopo, il De Mata veniva rilasciato in libertà, per mancanza di prove. Quello scellerato di Nicotera lo aveva risparmiato, non aveva voluto tradirlo! Un altro. 

Tra gli oggetti sequestrati al Nicotera c’era un portafoglio, un grosso portafoglio inglese. Il procuratore generale glielo presenta, ed egli lo riconosce pel suo. L’apre, ne passa i fogli candidi come neve, ma da una divisione esce un involtino di carta contenente polvere bianca. - E questa polvere cos’è? È, risponde il Nicotera senza scomporsi, un veleno. Aveva deciso d’ingoiarlo se la spedizione andava male. Ma caddi ferito, ho perduto i sensi, e non fui a tempo di sottrarmi alle vendette del governo borbonico. Il procuratore generale prende la cartolina, s’accosta alla finestra, la scioglie e sperde al vento la polvere. Sapete cosa contenesse quel portafoglio? La lista di tutti i componenti il Comitato di Napoli, di tutti i cospiratori e di tutti i corrispondenti, scritta con inchiostro simpatico. E la cartolina? La polvere bianca, sciolta in un bicchier d’acqua, avrebbe dato il mezzo di leggere tutti quei nomi, scritti di pugno del Nicotera! Ma torniamo alla storia, che ora si approssima allo scioglimento. Il procuratore generale più furbo dell’intendente Ajossa, quando vide che il famoso libro a riscontro non si trovava, rifrugò tra le carte del processo, trovò la Nota campioni, s’incaponì a crederla la chiave del cifrario. L’adoperò e lesse interi i nomi del Matina, dell’Agresti, del Libertini, del Mugnone e degli altri. 

L’istruttoria poteva dirsi compiuta; l’atto d’accusa tenne redatto e gli accusati comparvero alla sbarra. Le prime parole del Nicotera sono una aggressione vivace contro il procuratore generale. - Protesto contro il modo iniquo con cui voi mi volete dare dei complici, che io non conosco e non ho mai conosciuto. Voi avete preso uno dei fogli del processo e vi avete scritto delle cifre arbitrarie, le quali, interpretate a vostro modo, vi dessero i nomi di Libertini, del Matina, del Mugnone, dell’Agresti che voi avevate già arrestati prima. Il vostro è artifizio infernale di polizia per colpire degl’innocenti, mentre i veri, i soli rei siamo io ed i miei compagni morti sul campo di battaglia. - Repliche vivissime del procuratore generale mettono in sodo che egli si è valso della Nota campioni. - Quella nota, risponde il Nicotera, conteneva dei nomi, non conteneva delle cifre. Le cifre vennero aggiunte dopo. 

Domando che si constati il fatto, consultando il verbale di ricognizione. - Nasce un incidente: si consulta il verbale, e la Corte è costretta a ritirarsi per deliberare. Non osando prendere da sola una decisione, consultò telegraficamentc il Consiglio supremo di Napoli. Finalmente, esaminato il processo, riconosce che la Nota campioni conteneva dei soli nomi, e non può venire considerata come mezzo di prova, per le cifre aggiunte in seguito. Cosi scompare la prova contro il Matina, il Libertini e gli altri, e la Corte li manda assolti! I libellisti narrano che Nicotera, codardo davanti alla morte, li ha traditi per comprarsi una sorte meno dura dai tribunali dei Borboni! Interpellato se conoscesse un certo regolamento, vien fatto scendere presso il cancelliere. Lo guarda e risponde: - Questo e il regolamento del convitto femminile di Vercelli. - Voi mentite, esclama il procuratore generale. Signor presidente, esclama freddamente il Nicotera: la prego a difendermi dagli insulti del procuratore generale. Questo è il regolamento del convitto femminile di Vercelli.

 Vi ripeto che siete un mentitore! Non ancora è uscita intiera l’ingiuria dal labbro del procuratore generale, e già il Nicotera, sollevato il calamaio di bronzo del cancelliere, glielo scaraventa in viso. L’udienza viene sospesa, ed il processo interrotto per quindici giorni. E d’ordine di Ferdinando II, si riapre con una dichiarazione del procuratore generale che egli non ha inteso di offendere la persona dell’accusato barone Nicotera. Due compagni, generosi quanto lui, s’alzano al processo e dichiarano che il barone Nicotera sconsigliava dalla spedizione, e che un assalto dei cacciatori li sorprese, mentre egli stava inalberando la bandiera bianca e voleva indurli alla resa. - Quei signori mentono! interruppe Nicotera. Caddi tramortito ai primi colpi, e me vivo, o padrone dei miei sensi, non avrei mai, come non ho, parlato di resa, né innalzato bandiera bianca, da* vanti alle truppe del Borbone. Quando in carcere gli recarono la sentenza, svegliato dagli amici, fece attendere un'ora il cancelliere per compiere la sua toletta, indi gli chiese seccamente. Quante condanne di morte?

- Tre. - Per quanti è giunta la sospensione? - Per due. - Ed io sono 9 l’escluso, non è vero? - SI. - Bene, mi basta. E dato mano agli strumenti, convertì la prigione in una sala da ballo. Quando gli recarono l’annuncio che, per istanza del governo inglese, il regii aveva commutata la pena di morte nella galera a vita, egli rispose con motto rimasto tradizionale a Salerno. - Sarà per un’altra volta! - Ha comprata l’indulgenza dei Borboni? Ed i Borboni che man davano i condannati politici a Santo Stefano senza catena, inviarono lui alla Favignana, con trenta libbre di ferro ai piede, in una fossa d’onde bisognava estrarre l’acqua, e dove visse per cinque mesi con due soldi di pane al giorno. E quando, nel 1860, i Borboni diedero l’amnistia il Nicotera ne rimase escluso, nè avrebbe riveduto la luce del sole, senza l’ardimentosa spedizione di Garibaldi. Uscito di galera, il Nicotera seguì Garibaldi, e lo seguì del pari nella guerra del 1866 e nella spedizione contro Roma nel successivo 1867, audace sempre, sempre coraggiosissimo, sempre nelle prime file. 

Il collegio di Salerno lo elesse per la prima volta a proprio rappresentante alla Camera nazionale dei deputati nel corso della VIII legislatura del Parlamento ed in ogni successiva legislatura fino a tutta la XIII gli ha sempre confermato il mandato di rappresentanza con isplendide votazioni. Anche altri collegi, come Nicastro e Torchiara, elessero il Nicotera a proprio deputato, ma egli optò sempre per Salerno. In principio sedette all’estrema sinistra e fu di coloro che alla fine dei 1863 si dimisero, ma poi egli pure venne rieletto, benché non volesse rientrare alla Camera che dopo parecchi mesi. L’ambiente parlamentare mansuefece a poco a poco l’indole irrequieta del Nicotera che da demagogo passò a diventar uomo di governo. Assiduo ai lavori dell’Assemblea, parlatore facile ed arguto, egli riuscì a conquistare grandissima influenza fra’ suoi colleghi di sinistra, talché egli può dirsi essere stato uno dei principalissimi autori della crisi parlamentare del 18 marzo 1876. In conseguenza di questa, il Nicotera salì al potere venendogli affidato il portafoglio dell’interno nel dì 28 marzo di detto anno. La popolarità acquistata da lui in paese andò poco a poco scemando fino a cangiarsi in guerra per la condotta autoritaria tenuta da lui al governo, sicché il 16 dicembre 1877 dové dimettersi. È giustizia il dire però che l’amministrazione degli affari interni fu retta dal Nicotera con energia ed intelligenza e che la Sicilia in ispecial guisa deve a lui un sensibile miglioramento nelle condizioni della pubblica sicurezza. 

L’indole del Nicotera è tale che se raggruppa intorno a sé amici in gran numero ed in lui fiduciosissimi, provoca ancora contro sé stesso le ire di molti ed accaniti avversarli. Tornato a sedere sullo scanno di semplice deputato, egli ha capitaneggiato ancora una parte importante della sinistra ed esercitata incontestata influenza alla Camera e nel governo. In molte idee, d’ordine specialmente amministrativo, si è andato accostando alla destra, talché i colleghi avversari di sinistra lo hanno considerato addirittura come ornai appartenente al partito che ha per capo il Sella. 

Fra questo e il Nicotera si è anzi parlato in passato di un connubio politico. Membro della commissione generale del bilancio e di moltissime altre giunte importanti, in tutte ha dato prova il Nicotera di attività febbrile e di acuto ingegno. Negli ultimi tempi della XIII legislatura veniva eletto a far parte della commissione pei lavori straordinari ai comuni ed alle provincie in vista della infausta annata. Egli col Crispi e collo Zanardelli nella seduta del 29 decorso aprile fu uno dei principalissimi provocatori del voto contrario al ministero Cairoli-Depretis sulla quistione della proroga dell’esercizio provvisorio dei bilanci, voto che determinava poi lo scioglimento dell’Assemblea. L’influenza che egli esercita in Parlamento, l’esercita pure, bench’oggi in minor grado che pel passato, nelle cose amministrative di Napoli, dove siede membro dei consigli municipale e provinciale. Nel giugno del 1879 il Nicotera perdette la madre che egli immensamente amava, e 'poco prima egli stesso era stato assalito da grave malattia durante la quale aveva ricevuto da ogni parte d’Italia lusinghieri attestati di stima e fervidi voti di guarigione. Due giornali in Italia s’inspirano principalmente alle idee nicoterine: Il Bersagliere di Roma ed Il Progresso che da poco vede la luce in Napoli sotto la direzione del deputato Trinchera. 

A conclusione di questi cenni mi piace di riferire il giudizio, in gran parte esatto, che del Nicotera emise tempo fa Leone Fortis in una delle sue Conversazioni sull’Illustrazione Italiana: Piccolo, tarchiato, robusto, nervoso, bruno i capelli, la barba, il volto, la pelle; mobilissimo nel volto, nella persona; ha gli occhi neri, lucentissimi, penetranti, la bocca fine, i denti bianchissimi, il sorriso frequente, spesso ironico, talvolta ferino.... ha dell’acciaio nelle punte dello sguardo, come in quelle del sorriso. Parlatore facile, caldo, colorito, ha il talento dell’oratore parlamentare: sa frenare la sua parola, quando gli torna, e renderla mansueta, quasi insinuante, come sa abbandonarle la briglia sul collo e spingerla a galoppo dirotto traverso biade e vigneti. Ma non credete che neppure allora sia il cavallo sfrenato che trascini l’ansante cavaliere. 

Anche allora il padrone è lui, e se gli talenta di stringere il morso, lo rende, sotto il suo polso di ferro, docile ancora come una ginetta da signora. - Niente ornata, ma sempre chiara, la sua parola acquista dalla sua voce squillante tutte le più diverse sonorità metalliche, da quella dell’argento a quella del bronzo. Nessuno più abile di lui a suscitare una tempesta in un’Assemblea con una frase, nessuno più destro nel dir tutto, senza sollevare burrasche, secondo che gli fa comodo.-Il suo ingegno non passò al torno della coltura e quindi ha tutte le scabrosità, le ineguaglianze della materia prima. Appartiene alla democrazia moderna, e ha di questa le ambizioni irrequiete, ma francamente espansive, cosi diverse dalle ambizioni concentrate e cenobitiche dell’antica democrazia - è un uomo essenzialmente del suo tempo e de! suo paese - ha le passioni mondane dell'uno e gl'impeti e le impazienze dell’altro. - Ama la vita per viverla, e per viverla bene -si culla volentieri tra le soffici imbottiture e le carezze del raso e del velluto ma ama con eguale ardore la lotta e la cospirazione, anche quando conducono all’ergastolo. È uomo da saper portare con serena ed ilare dignità la catena del galeotto, per patriottismo come di ballare con grazia severa una quadriglia principesca, per ambizione. Vero figlio della rivoluzione, ha fibra per farne e per dominarle con pari energia. Vero figlio del mezzodì, ha l’istinto artistico e quasi poetico della sua terra.»

di Pisacane. La polizia piemontese, con molta compiacenza, sequestra tutti i libri di Pisacane a Genova, e li manda a Salerno. Ma il Nicotera, il



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Pisacane e la spedizione di Sapri (1857) - Elenco dei testi pubblicati sul nostro sito
1851 Carlo Pisacane Guerra combattuta in Italia negli anni 1848-49
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1858 Carlo Pisacane Saggi storici politici militari sull'Italia Vol. I HTML ODT PDF
1858 Carlo Pisacane Saggi storici politici militari sull'Italia Vol. II HTML ODT PDF
1860 Carlo Pisacane Saggi storici politici militari sull'Italia Vol. III HTML ODT PDF
1860 Carlo Pisacane Saggi storici politici militari sull'Italia Vol. IV HTML ODT PDF

1849

CARLO PISACANE Rapido cenno sugli ultimi avvenimenti di Roma

1855

La quistione napolitana Ferdinando di Borbone e Luciano Murat

1855

ITALIA E POPOLO giornale politico Pisacane murattisti

1856

Italia e Popolo - Giornale Politico N. 223 Murat e i Borboni

1856

L'Unita italiana e Luciano Murat re di Napoli

1856

ITALIA E POPOLO - I 10 mila fucili

1856

Situation politique de angleterre et sa conduite machiavelique

1857

La Ragione - foglio ebdomadario - diretto da Ausonio Franchi

1857

GIUSEPPE MAZZINI La situazione Carlo Pisacane

1857

ATTO DI ACCUSA proposta procuratore corte criminale 2023

1857

INTENDENZA GENERALE Real Marina contro compagnia RUBATTINI

1858

Documenti diplomatici relativi alla cattura del Cagliari - Camera dei Deputati - Sessione 1857-58

1858

Difesa del Cagliari presso la Commissione delle Prede e de' Naufragi

1858

Domenico Ventimiglia - La quistione del Cagliari e la stampa piemontese

1858

ANNUAIRE DES DEUX MONDES – Histoire générale des divers états

1858

GAZZETTA LETTERARIA - L’impresa di Sapri

1858

LA BILANCIA - Napoli e Piemonte

1858

Documenti ufficiali della corrispondenza di S. M. Siciliana con S. M. Britannica

1858

Esame ed esposizione de' pareri de' Consiglieri della corona inglese sullaquestione del Cagliari

1858

Ferdinando Starace - Esame critico della difesa del Cagliari

1858

Sulla legalità della cattura del Cagliari - Risposta dell'avvocato FerdinandoStarace al signor Roberto Phillimore

1858

The Jurist - May 1, 1858 - The case of the Cagliari

1858

Ricordi su Carlo Pisacane per Giuseppe Mazzini

1858

CARLO PISACANE - Saggi storici politici militari sull'Italia

1859

RIVISTA CONTEMPORANEA - Carlo Pisacane e le sue opere postume

1860

POLITECNICO PISACANE esercito lombardo

1861

LOMBROSO 03 Storia di dodici anni narrata al popolo (Vol. 3)

1862

Raccolta dei trattati e delle convenzioni commerciali in vigore tra l'Italia egli stati stranieri

1863

Felice Venosta - Carlo Pisacane e Giovanni Nicotera o la Spedizione Sapri

1863

Giacomo Racioppi - La spedizione di Carlo Pisacane a Sapri con documenti inediti

1864

NICOLA FABRIZJ - La spedizione di Sapri e il comitato di Napoli (relazione a Garibaldi)

1866

Giuseppe Castiglione - Martirio e Libert࠭ Racconti storici di un parroco dicampagna (XXXVIII-XL)

1868

Vincenzo De Leo - Un episodio sullo sbarco di Carlo Pisacane in Ponza

1869

Leopoldo Perez De Vera - La Repubblica - Venti dialoghi politico-popolari

1872

BELVIGLIERI - Storia d'Italia dal 1814 al 1866 - CAP. XXVII

1873

Atti del ParlamentoItaliano - Sessionedel 1871-72

1876

Felice Venosta - Carlo Pisacane e Giovanni Nicotera o la Spedizione Sapri

1876

Gazzetta d'Italia n.307 - Autobiografia di Giovanni Nicotera

1876

F. Palleschi - Giovanni Nicotera e i fatti Sapri - Risposta alla Gazzettad'Italia

1876

L. D. Foschini - Processo Nicotera-Gazzetta d'Italia

1877

Gaetano Fischetti - Cenno storico della invasione dei liberali in Sapri del 1857

1877

Luigi de Monte - Cronaca del comitato segreto di Napoli su la spedizione di Sapri

1877

AURELIO SAFFI Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini (Vol. 9)

1878

PISACANE vita discorsi parlamentari di Giovanni Nicotera

1880

Telesforo Sarti - Rappresentanti del Piemonte e d'Italia - Giovanni Nicotera

1883

Giovanni Faldella - Salita a Montecitorio - Dai fratelli Bandiera alladissidenza - Cronaca di Cinbro

1885

Antonio Pizzolorusso - I martiri per la libertࠩtaliana della provincia diSalerno dall'anno 1820 al 1857

1886

JESSIE WHITE MARIO Della vita di Giuseppe Mazzini

1886

MATTEO MAURO Biografia di Giovanni Nicotera

1888

LA REVUE SOCIALISTE - Charles Pisacane conjuré italien

1889

FRANCESCO BERTOLINI - Storia del Risorgimento – L’eccidio di Pisacane

1889

BERTOLINI MATANNA Storia risorgimento italiano PISACANE

1891

Decio Albini - La spedizione di Sapri e la provincia di Basilicata

1893

L'ILLUSTRAZIONE POPOLARE - Le memorie di Rosolino Pilo

1893

 MICHELE LACAVA nuova luce sullo sbarco di Sapri

1894

Napoleone Colajanni - Saggio sulla rivoluzione di Carlo Pisacane

1905

RIVISTA POPOLARE - Spedizione di Carlo Pisacane e i moti di Genova

1895

Carlo Tivaroni - Storia critica del risorgimento italiano (cap-VI)

1899

PAOLUCCI ROSOLINO PILO memorie e documenti archivio storico siciliano

1901

GIUSEPPE RENSI Introduzione PISACANE Ordinamento costituzione milizie italiane

1901

Rivista di Roma lettere inedite Pisacane Mazzini spedizione Sapri

1904

LUIGI FABBRI Carlo Pisacane vita opere azione rivoluzionaria

1908

RISORGIMENTO ITALIANO - Giudizi d’un esule su figure e fatti del Risorgimento

1908

RISORGIMENTO ITALIANO - Lettera di Carlo Cattaneo a Carlo Pisacane

1908

RISORGIMENTO ITALIANO - I tentativi per far evadere Luigi Settembrini

1911

RISORGIMENTO ITALIANO - La spedizione di Sapri narrata dal capitano Daneri

1912

 MATTEO MAZZIOTTI reazione borbonica regno di Napoli

1914

RISORGIMENTO ITALIANO - Nuovi Documenti sulla spedizione di Sapri

1919

ANGIOLINI-CIACCHI - Socialismo e socialisti in Italia - Carlo Pisacane

1923

MICHELE ROSI - L'Italia odierna (Capitolo 2)

1927

NELLO ROSSELLI Carlo Pisacane nel risorgimento italiano

1937

GIORNALE storico letterario Liguria - CODIGNOLA Rubattino

1937

GIORNALE storico letterario Liguria - PISACANE Epistolario a cura di Aldo Romano


























Nicola Zitara mi chiese diverse volte di cercare un testo di Samir Amin in cui is parlava di lui - lho sempre cercato ma non non sono mai riuscito a trovarlo in rete. Poi un giorno, per caso, mi imbattei in questo documento della https://www.persee.fr/ e mi resi conto che era sicuramente quello che mi era stato chiesto. Peccato, Nicola ne sarebbe stato molto felice. Lo passai ad alcuni amici, ora metto il link permanente sulle pagine del sito eleaml.org - Buona lettura!

Le développement inégal et la question nationale (Samir Amin)










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