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Carlo Pisacane, il «romito» di Albaro (Zenone di Elea - Giugno 2024)

PISACANE E LA SPEDIZIONE DI SAPRI (1857) - ELENCO DEI TESTI PUBBLICATI SUL NOSTRO SITO

LA SPEDIZIONE DI SAPRI E IL COMITATO DI NAPOLI

AL GENERAL GARIBALDI

RELAZIONE DI NICOLA FABRIZJ

NAPOLI

TIPOGRAFIA DELL' ARNO

1864

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Mio Generale!

Nella imperiosa necessità di dover rimescolare sacre ma dolorose memorie per debito di giustizia ed onore, non vi spiaccia, o Generale, che io scelga di adempiervi, mettendomi sotto gli auspici del vostro nome, come quello che, estraneo ai particolari dell’argomento, tuttavia pari all'altezza sua, è pur quello del Capo naturale della parte militante del partito d’azione cui si riferiscono, gloriosi di sacrifici e di valore, i ricordi che io debbo evocare.

Accoglieteli dunque, o Generale, come il resoconto, come la relazione che un milite manda al suo Capo, pur riservandosi di darne prove documentali più tardi, e depositandolo intanto sotto la salvaguardia dei proprio onore, e di quel carattere che non seppe mai venir meno a sé stesso, sicché gli valse il sommo frutto della vostra fiducia in delicate missioni.

Che se io non mi dirigo invece a' nomi di coloro, cui più direttamente riguarda il mio argomento, egli è perché dal terreno del merito intrinseco essendo lo argomento sventuratamente sceso a quello delle persone, me ne fu preclusa la via, quantunque fosse stato mio subito proposito appellarmi, col ricordo de' fatti, alle persone più direttamente interessate per la rettificazione de' loro giudizi.

Intendo parlare delle due lettere, una di Giovanni Nicotera, l'altra di Giuseppe Mazzini, comparse sul «Popolo d'Italia» del 5 corrente, le quali, in occasione di una pubblicazione di certo sig. Rattoppi relativa alla eroica catastrofe del Pisacane, contengono recriminazioni gravi all'indirizzo di alcuni miei amici di Napoli, coi quali io ho comuni molti 'interessi morali di quell'epoca, e de' quali, per la conoscenza stessa che ho di loro, mi corre obbligo di esonerare da determinate accuse la responsabilità.

Né io voglio occuparmi dello scritto del sig. Racioppi, se non per dolermi che, la esattezza relativa ad alcuni fatti isolatamente profittata, vi abbia servito a deduzioni da parte sua inesattissime ed errate. E mi compiaccio della certezza che né mandato, né consenso de' miei amici autorizzasse l''uso fattosi da lui di quei documenti che figurano nella sua pubblicazione.

Ma alla venerazione dovuta alla memoria di Pisacane e de' suoi compagni di martirio, al rispetto che dev’essere costantemente sacro alla loro virtù ed al loro valore, all’alto concetto della impresa, e di chi la condivise, stà pari il debito della verità e della giustizia verso l’onore, il carattere, l’assennatezza, e l’abnegazione di altri co' quali io stesso divisi quelle ardue e delicate responsabilità. E son convinto che dinanzi alla prova de' fatti, gli stessi amici che dettarono una condanna, di buon grado si appresteranno a cancellarla; e in questa opra di rettitudine avranno compagni quanti altri amici di elevata coscienza abbia lasciali sulla terra la memoria di Pisacane, e quanti sanno che niun vero può esser tale da offenderla: che il trionfo della verità è sacro omaggio alla memoria del giusto; che tutto può temporaneamente riservarsi o tacersi per considerazioni di opportunità fuorché le ragioni dell’onore, quando ne sorge quistione in cospetto alla pubblica opinione.

Le ricordanze di Mazzini — e non esito a credere ch’egli medesimo, sulla traccia di più circostanziate memorie, sia per riconoscerlo — sono astratte. E appunto perché tali sorvolano al corso cronologico e continuo de' singoli fatti particolari, che compongono quel tutto su cui precisamente deve cadere il giudizio.

Ecco ora i fatti

Da Napoli per mio mezzo andò a Mazzini la comunicazione di un progetto di azione patriottica su Ponza. — Quando? — con quali viste di attuazione rispetto al modo e al tempo da parte de' proponenti?

Precisare il quando avvenne la proposta, avuto anche riguardo alla situazione de' proponenti, basterebbe, se altro non fosse, a risolvere il secondo quesito del modo e del tempo dell'esecuzione giusta la intenzione de' proponenti stessi.

E qui vi prego di seguirmi con fiducia sul terreno de' particolari, giacché come nella mia responsabilità fui sempre sicuro della mia condotta, e de' criteri che successivamente la dettavano, così sono sicuro delle tracce che ne conserva la memoria.

Fu preoccupazione speciale della mia vita e delle mie aspirazioni politiche il convincimento di un assoluta e fondamentale importanza che le Provincie Meridionali (già Regno delle Due Sicilie) avessero ed abbiano sulle sorti nazionali, tanto e pel concetto passato di una iniziativa indipendente, quanto nel supposto d’allora e nel fatto dell'attualità per la difesa e pel completamento della Nazione mediante nna Guerra nazionale.

Convinto dell’inalterabilità di quella importanza radicale per essere tutta propria alle ragioni di giacitura geografica e topografica del suolo Italiano in rispetto a' nemici provvenienti d’oltre Alpi, mi parve praticamente logica ogni opera che mirasse a promuovere ed estendere uguale convincimento, sia tra i patriotti de' luoghi meridionali pel fatto loro, sia fra quei d’altre parti d’Italia per convergervi incoraggiamenti, mezzi ed aiuti che, dimostrando un concetto comune ed accetto, si combinassero a prepararvi e maturarvene l'attuazione. Né certo io ed i miei amici di varie epoche presumemmo di bastare con la nostra operosità a tanto scopo: ma per quello che l’opera nostra valesse la tributammo in quell'ordine di vedute che la coscienza ne indicava. E così fu che prima degli avvenimenti del 1848 e 1849 e in quelli, e dopo quelli, io mi associai sempre a chi parteggiava per quelle tendenze.

Poco dopo uscito io d’Italia pel mio secondo esilio, mi si offrì occasione che un Giovane, il quale mi era stato presentato dopo la difesa di Roma da Medici, Giuseppe Fanelli, come uno de' più distinti tra' suoi compagni d armi, e del quale più tardi ebbi io stesso a fare il più soddisfacente esperimento in mezzo a quei. casi delicati che incontrovertibilmente decidono del carattere e del valore d'una persona, poteva ritornare in Napoli sua patria, tollerato da quel pessimo governo in suffragio della sua giovinezza; ed io stesso lo incoraggiai a superare le sue oneste ripugnanze per porsi più efficacemente a servigio della nostra causa. Egli con uno scritto a Mazzini, partecipandogli l'accettata missione, lo pregava di aggiungervi le sue istruzioni, bensì offerendosi milite devoto ed attivo, modestamente ricordando ciò che egli chiamava limile di sua capacità, per non essere interpretalo mai in missione di capo o direttore. Accostatomi io di residenza' alle parti meridionali d Italia ed accintomi a riannodarne relazioni, lo trovai al suo posto. Da' quel momento s’intese tra noi un ricambio di corrispondenze che valesse a combinare un lavoro d'istruzioni di propaganda di convegni tra il di fuori e il di dentro, il quale tendesse a maturare una iniziativa meridionale. Il fatto nostro trovava predominante in quelle Provincie l'opinione che prevaleva nella maggiorità degl’italiani, cioè che nulla si potesse iniziare se non ammettendosi a base di ogni cangiamento il Piemonte coordinatamente all’aiuto estero. L’opera locale, che movea senz’auspicio d’inveterate influenze, dovea procedere industriosa, cauta, lenta e. pur conciliante, quindi alternata, come ogni sano e pratico intendere può apprezzare tra progressi e recessi, dipendenti dalle impressioni della politica generale, e dal maggiore o minor vantaggio che i casi davano alla diversa opinione nostra. Per tale varietà si poterono talvolta avere momenti fugaci di favore, che nell'apprezzamento nostro credemmo sarebbersi potuti col possesso di alcuni mezzi materiali risolvere ragionevolmente in tentativo di iniziativa; però, nonostante rapporti lusinghieri de' comitati di alcune provincie, non già in vista di una di quelle rapide e generali riscosse subitanee che decidono, mercé una rivoluzione generale d’intuito popolare, della sorte di una impresa. Le nostre tendenze erano basate su di un altro modo di valutamento degli elementi e della situazione. Noi credevamo che, a scuotere l’opinione pubblica nel senso di una opportunità risolvente, oltre il concorso di circostanze che si dimostrassero propizie in rapporto al generale, avrebbe dovuto far gioco l’esecuzione di alcuni falli, i quali servir potessero di provocazione progressiva per la loro appariscente importanza e pel loro felice coordinamento.

Uno de' casi ne’ quali avremmo credulo, possedendo i mezzi necessari allo sviluppo di tali eccitamenti di fatti, per cui tentare una iniziativa, mentre un’aura di agitazione era corsa, era sorto quello dei ritiro degli ambasciatori delle Potenze occidentali da Napoli colla coincidenza di altre circostanze di quell'epoca. E sopratutto vi concorreva una condizione morale di qualche rilievo al tutto politica, cioè che quella coincidenza di circostanze tra locali e straniere avea temporaneamente attenuata la stessa crudità delle divisioni de' partili, pel composto che in certo modo rappresentava la situazione tra una opportunità interna e lo appoggio esterno. Senonché durante la impotenza de' mezzi l’aura di agitazione era cessata, e con essa ogni nostra fiducia a tentativi di qualsiasi specie era temporaneamente rimandata.

La natura stessa de' fatti che allora si progettarono e che col possesso di mezzi avremmo cercato di attuare e combinare tra loro, basterebbe a provare come appunto dalle opportunità di mezzi e di tempo fossero stati dipendenti, e come senza l’uno e gli altri, e senza rinnovarsi di opportunità morali sarebbersi potuti riprendere da noi in serio proposito nel rapporto dell'ordine d’idee che sino allora ci avea condotti.

Ma l’occasione che rispondesse al nostro presupposto sarebbe ricomparsa? o quando? Avremmo noi raggiunto mezzi e preparazione a tempo e tale da autorizzarci a coglierla? E un tentativo, nel senso del nostro programma, avrebbe saputo raggiungere non che successo, almeno tale grandezza e giustificazione logica, da trasmettere una gloriosa pagina alla storia patria? — Non è certo di fronte a una gran pagina scritta col sangue più generoso, e nel più alto concetto dell'azione nazionale, che sarebbe il caso di discutere del merito presunto di ciò che non ebbe luogo a prodursi, restando solo ricordo di una elaborata e non completata aspirazione. — E se ho dovuto toccare sul proposito, è stato solo per dire su qual metodo di viste ci tenevamo attivi e circoscritti, onde le nostre proposte sieno intese nel loro intrinseco rapporto al tutto di cui facevano parte.

Da me erano state collegate le mie relazioni di Napoli agli amici di Genova, ed avea proposto a quest'ultimi che a beneficio della unità di condotta, tanto degli elementi interni, quanto della nostra attività dal di fuori, essi convergessero le loro relazioni dell'interno al centro da me costituito in Napoli, e tra 'noi pure si stabilisse punto convergente pel di fuori, o quello da me rappresentato, ovvero quello da esso loro in Genova. Ma prevalsero riflessi d’altra natura da lato degli amici di Genova, che io accettai, cioè che tale concentramento tanto al di fuori, quanto al di dentro avrebbe nociuto a quel contatto più libero ed esteso degli elementi, il quale dovesse di sua natura offrire ragione a criteri e giudici non pregiudicati in una sola corrente. — Bensì io mi tenni a una sola corrispondenza su Napoli, la quale col ricevere le mie comunicazioni, mi teneva informato di ogni particolare, nei suoi rapporti interni ed esterni; e da me collegata agli amici di Genova e a Mazzini rappresentò presso loro quelle responsabilità che io intendo mettere in chiaro colla presente relazione.

Gli amici di Napoli d’altronde comunicavano’ in copia i rapporti loro provenienti dalle provincie tanto a me quanto agii amici di Genova, accompagnandoli de' propri valùtamenti, e taluni di tai rapporti erano stati provocati da speciali richieste de' nostri da Genova.

E di egual modo gli amici di Genova erano stati informati della fase nella quale noi avremmo desiderato agire, e della ragione materiale che area deluse le nostre tendenze; le quali ad occasione nuova la ragion materiale avrebbe potuto risuscitare ed attuare.

Potè,forse sembrare a' nostri amici, che il raffreddamento dì propositi attivi da parte nostra fosse per flessibilità, o mutabilità d'animo, anziché per senso di necessità di circostanze, giacché ce ne dirigevano osservazione, e dimandavano spiegazioni.

All'oggetto intanto di predisporre a casi nuovi, indagando ciò che più potesse essere in attitudine di eventuali evenienze, occorse il progetto di Ponza. Esistevano nell'Isola di Ponza con detenuti politici detenuti militari; e per poter contemplare l'azione di quest'elemento ad una opportunità, era necessario conoscere la cooperazione che potesse aversi dal di fuori, onde a me ne venne il quesito degli amici di Napoli. — E l’accettazione in massima avrebbe dovuto servire a coordinarvi i nostri criteri di tempo opportuno, di altri mezzi, di modi e combinamento giusta le nostre speciali aspirazioni.

Io comunicava a Mazzini la proposta, intenzionalmente certo nel senso in cui la conosceva presso me diretta, cioè per sapere se, e di qual modo egli avrebbe potuto concorrervi. Ma poiché non l’accompagnava di nessuna spiegazione oltre il quesito, il mio laconismo dovette favorire quella accoglienza subitanea nello spirito attivo e pronto di Mazzini, per cui rispondesse al mio quesito coll'altro quesito «quanti uomini occorrono su di un vapore per liberare i prigionieri di Ponza?».

Le spiegazioni nel senso del nostro intendere furono sollecite, incalzanti dal lato mio e degli amici di Napoli; ma dovendo percorrere la ineluttabile periodicità di pacchetti postali, e i mezzi di cautele necessarie a tali specie di relazioni, arrivarono lente al loro destino; lente ove le si misurino alla solerzia che le dettava; e dove si badi alle disposizioni esecutive che alacremente s’intraprendevano a Genova.

Il progetto era arrivato a Mazzini sì propizio ad associarsi ad altri combinamenti, che penso che le mie stesse prime lettere, colle quali voleva io rettificare presso Mazzini la interpretazione della proposta nel senso astratto e dilatorio qual noi l'avevamo, presentata, non lo trovassero più a Londra, per essersi recato di subito in Italia. E questo mio dubbio va congiunto all'altro, che una volta Mazzini in Italia, ritenuto in massima che il progetto di Ponza conveniva nell'ordine più vasto delle sue vedute, non prendesse conto diretto delle relazioni che a quello specialmente riferivano, giacché la conoscenza profonda del carattere di lui mi assicura che la sola inesattezza di memorie, o di conoscenza di fatti singoli, può renderlo inesatto di espressione di fronte alla verità e alla giustizia. E perciò mi attendo che egli vorrà ugualmente onorare il mio carattere accettando da me, che pel circolo ristretto, e per la natura più circostanziata delle mie relazioni, era nella necessità di occuparmi direttamente di quei particolari, che la determinazione fiduciosa nell'impresa, per più vasto concetto tenne fermo alle nostre obbiezioni.

E in vero quel progetto s’incarnava di subito in Genova in un ordine di idee, di mezzi e di considerazioni, di tale estensione troppo diverse ed estranee alla sua origine, che era stata di concetto pressoché tutto intrinseco di obbiettiva locale, e perciò dipendente nel suo concepimento dalla più stretta ragione di quella. Né può far meraviglia se noi primi proponenti, trasferiti in un’orbita impreveduta, accingendoci bensì a tutta quella cooperazione possibile che coscienza di cittadini e di parte c’imponevano, vi entravamo apprensivi della ragione delle idee che appartenevano al punto nostro di partenza, talché non ci arrestassimo nella espressione continua de' nostri riflessi.

Ma d’ugual modo attivi nel rapporto di quella cooperazione che corrisponder dovea al nuovo corso di cose cui doveano obbedire gli elementi sino allora coltivati, ci uniformavamo alle istruzioni che da parte di chi dirigeva il concetto dell'impresa ci venivano dirette.

La corrispondenza di Mazzini è testimonio della rettitudine di quei propositi, che l’infortunio generale del combinamento soppresse alla comune intelligenza, e versa in quelle spiegazioni, che potessero confortare la nostra fiducia sulla base di tale estensione maggiore di elementi, da cui le singole parti del combinamento traessero effetti morali ed aiuti da noi non contemplati nel concetto primitivo nostro locale. — E la corrispondenza di Pisacane, duplice, cioè all'indirizzo degli amici di Napoli e mio, resta tal documento alla storia da definire nel suo tutto l'illustre Martire precursore.

Confutando le nostre apprensioni, che riconosce esagerate più negli amici di Napoli che in me, vivamente raccomanda a me di non elevare dubbi e opposizione presso Mazzini per la impresa che gli spetta, onde Mazzini non si distolga da quella deviandone i mezzi su altri punti, mentre per la destinazione della impresa sua al Sud, egli la crede troppo importante e necessaria alla iniziativa. — Mi rimprovera di discutere per lettera con lui stesso, parendogli ciò elemento pericoloso di rivelazione nel possibile smarrimento di una lettera. —Prescrive il limite a mezzi combinati, e li prefigge, sopratutto diretti a poter diffondere rapidamente la notizia dello sbarco a luoghi di conosciuta disposizione, ma non vuole avvisi circostanziati precedenti, né apprestamenti speciali all'impresa combinati, come rivelatori pericolosi. — Calcola sulla impressiono di un primo successo, e l’attività istantanea de' patriotti. — Dichiara che il principio d'azione deve perentoriamente consacrarsi con un gran tentativo, o è condannato a perdersi per la continuazione dell’inerzia; che l’azione è necessaria, quand’anco non riuscisse che a consacrare una eredità di grande esempio e di grande conseguenza.

Attingeva egli ad altre relazioni quella fiducia maggiore che non esprimevano le nostre sullo stato attivo della opinione pubblica nelle provincie napoletane, ovvero fidava egli sopratutto nella provocazione della iniziativa e de' mezzi che doveano seguirla, nell’intuito della direzione sul terreno, un primo successo, purché vitale? Non ho dati per rispondere alla prima dimanda; rispondo affermativamente alla seconda, e aggiungo per ispiegarmi, che facendo egli conto sopra tutto della ragion morale, e solo conseguentemente di quell’organamento qualunque che risultava dalle relazioni, egli contava per risolvere la situazione sulla forza impulsiva del fatto che egli capitanava, al quale collegava, giusta il proprio programma, come elementi di grande efficacia la rapidità della fama, che prevenisse lo sviluppo de' mezzi governativi su’ luoghi su’ i quali appariva la esistenza di maggiori elementi, e presso gli individui che doveano influirvi. Infatti, egli pur volendo coltivate le relazioni de' luoghi, escludeva tutto che potesse nuocere alla sorpresa sulla natura del fatto.

Che tale fosse la mente e il metodo per cui intendeva l'azione lo proverebbero le opere politico-militari di Pisacane, se mancasse la prova de' fatti. Egli avrebbe potuto essere, permettetemi, Generale, la frase, un Garibaldi della guerra insurrezionale, anziché un Mina. Deluso al primo tentativo del 13 giugno vola a Napoli a partecipare a quello, stato di cose che avesse potuto esservi cimentato. Un secondo contratempo minaccia la seconda spedizione, lo smarrimento della barca contenente le armi, e un drappello di altri scelti compagni; non s’arresta, e la fortuna lo provvede di altre armi.

L’impossessarsi del piroscafo e dell'Isola di Ponza, e quanto accompagna questo grande avvenimento sino a Sapri, corona quel concetto di slancio e di fede intuitiva che creano i grandi successi 0 le grandi sventure. — Là contratempi, a nessuno imputabili, decidono fatalmente per la sventura.

Sino dal primo stringere delle risoluzioni per la spedizione, da Napoli erano stati prevenuti gli amici delle provincie genericamente, ma positivamente, che un avvenimento era più che probabile ed imminente, e questo avvisò tenuto fermo accompagnava quello di dovere essere pronti, risoluti per rispondervi efficacemente; e perché questi avvisi non erano abbastanza definiti circa alla natura del fatto, furono poi impugnati come impropri all'importanza cui alludevano, da alcuni degli avvisati, né valse a giustificarne che l’importanza stessa era propriamente quella che imponeva tale riserva, né era lecito darne di diversi.

Il legame che rappresentano le due lettere di Carlo Pisacane successive di data tra loro, una a me diretta à Malta che partiva da Napoli circa il 19 giugno, l'altra del 23 diretta agli amici di Napoli, colla quale precisava la decisione di agire pel 25, costituisce questo senso collettivo, cioè che Pisacane in Napoli consentisse condizionalmente allo stato di cose che avrebbe trovato a Genova un ritardo, ma che avrebbe da Genova avvisato l’agire subito, o la dilazione. Infatti la lettera diretta a me lontano contemplava disposizioni necessariamente relative al primo caso, e quella del 23 agli amici di Napoli riferiva alle disposizioni relative all'imminenza.

Da Genova motivava egli la necessità di rompere gl'indugi per lo stato pericolante di tutto l’assieme al caso di dilazione; si pensi che gli elementi locali in Genova erano compromessi nel solo scopo di soccorso al fatto che egli andava a capitanare, e sarà facile intendere come non fosse della natura sua d’uomo d'azione e soldato l’esitare.

La lettera del 23 giugno, annunciatrice agli amici di Napoli la necessità della subita intrapresa, arrivava loro consegnata pel tramite consueto, nella notte del 26 al 27; era quindi dalla mattina del 27 che datavano que’ preliminari pe’ quali il tanto che dalla loro attività dipendeva, e per le istruzioni ricevute dovea ottenere impulso effettivo col segnale del dispaccio telegrafico, che indicasse la reale attuazione della mossa da Genova. E tutto così risulta immediatamente predisposto da testimonianze documentali e personali, nonostanteché la mancanza del dispaccio annunciatore del movimento, durando sino a tutto il 27 ed in parte del 28, avesse dovuto indurre a credere, o ritardata, o contrariata da ostacoli l’impresa. Si noti bensì che talune di quelle disposizioni erano di tal natura che una volta messe in atto nel rapporto del fatto immediato, difficilmente avrebbero potuto rinnovarsi per un secondo o terzo convegno, talmenteché per questa specie di disposizione non era lecito agli amici di Napoli di inoltrarsi al di là di quel limite per cui non fossero pregiudicate nel caso di una nuova sospensione dell'impresa.

La persona quindi che dovea esser pronta, giusta le istruzioni di Pisacane, a recarsi nella Basilicata, e che in evidenza abituale per appartenere al commercio, anco solo pel suo allontanamento da Napoli, sotto l'occasione di qualunque allarme avrebbe potuto destar sospetto, sotto forma di motivo d'affari particolari, era subito spedita in Salerno munita di regolare passaporto, e con intendimento che al segnale del dispaccio di Genova si spingerebbe senz’altro al posto convenuto, ove d’altronde la sua presenza precoce non era opportuna per speciali motivi. — Le lettere di nuove incalzanti per una imminenza ormai certa di avvenimento furono immediatamente spedite a' corrispondenti delle provincie. — E a chi possedeva le relazioni della provincia di Salerno, e che pel precedente convegno del 13 giugno avea disposta la presenza in Sapri degli uomini speciali, richiesti da Carlo Pisacane come elemento essenziale a trasportare l'avviso a' luoghi ed agli uomini più importanti e a diffondere la nuova e le di lei spiegazioni per evitare dubbi o equivoci, era diretta d'urgenza la. notizia della spedizione che andava a compiersi, e della necessità del rinnovamento di quelle e d’altre misure. — I capi popolani di Napoli erano avvisati in quella proporzione di spiegazioni che prudenza permetteva in argomento tanto delicato, però fatti consci che il corso delle cose procedeva rapidamente alla necessità dell’azione.

E perché le relazioni nella provincia di Salerno, e quanto ad esse spetta costituisce propriamente il più grave degli incidenti nella combinazione, io debbo ricordare come Giovannino Falconi fosse stato da me spedito da Malta a Genova con una nota di mio pugno, nella quale figuravano specialmente spiegazioni relative al tramite delicato e non certo nel corso del tempo, pel quale quelle relazioni erano coltivate. E mentreché la sorte era stata propizia per fare arrivare a tempo, nelle mani di chi dovea disporre pel convegno del 13 giugno, nol fu malauguratamente pel fatto che movea da Genova il 25, e dovea trovarsi sulle spiagge di Sapri il 29. — Si trattava che il distinto patriotta congiunto alle tendenze del comitato di Napoli, influente ed attivo su quella provincia era detenuto politico nelle prigioni di Salerno; e ciò basti a giustificare la incertezza di tempo nel concambio de' rapporti; e come le lettere del 27 e del 28 datate da Napoli penetrando al loro indirizzo sommamente tardive non potessero essere corrisposte da fatti in rapporto di tempo utile, e allo zelo di chi ne disponeva. Le risposte provano della tardanza, nonché dell’animo pronto e risoluto di chi le scriveva; ma tutto era finito.

I diversi appunti che seco portava Falconi a Genova per mio incarico, dovendoli corredare di verbali spiegazioni, gli uni e le altre in referenza agli amici di Napoli, sono noti ad altri amici presenti al momento che a Giovannino io affidava il mandato, e sono ricordate da chi le seppe in Genova stessa. Ma quel congedo ultimo al giovane valoroso ed infelice mi sta nel cuore con altri ricordi, e col suo funesto presagio d’allora. Mi ricordò come, volendo io premunire nel 1844 Emilio Bandiera che si era recato a vedermi in Malta, sulle viste generali di progetti d'azione del fratello Attilio, dovetti trarne invece la sicurezza che il giovane Emilio era più atto a promuoverle che a temperarle; e così il giovane Calabrese nel partire mi dichiarava fedeltà al mio mandato; «ma che l’impresa avendo luogo, in qualsiasi momento vi si sarebbe gettato con tutta gioia». E per la seconda volta ebbi un gelido e non smentito presentimento.

I dispaccio convenzionale di Genova era consegnato in Napoli in ora inoltrata p. m. del giorno 28 giugno quando già correva contemporanea voce del tentativo su Sapri in vario senso di fortuna; e che esercitava essa di subito la sua influenza nelle opinioni de' . diversi partiti.

A Salerno l'autorità governativa, informata prima d’ognuno dello sbarco, e de' suoi casi immediati, e insospettita della presenza ivi dell’individuo destinato a spingersi in Basilicata dietro il cenno del telegramma che si attendeva a Napoli, si era impossessata della persona, obbligandola a ritornare sul cammino di Napoli; e quegli stessi incerti e fugaci momenti che poteano tentarsi dalla influenza sua sul posto designato erano così sottratti da quella misura ad ogni utilità.

I contratempi ormai si erano cumulati troppo gravemente, onde quel qualunque programma che, in rapporto alle circostanze, fosse stato accettato e ideato nel senso di una operazione combinata si trovasse decomposto; e perciò a doversi ricorrere a quei ripieghi che l'urgenza, e il nuovo stato delle cose potea suggerire alla coscienza de' nostri amici.

E non è presso chi alle aspirazioni della azione ebbe nella propria vita a congiungervi l'esperienza de' fatti, e la logica che ne spiega le cause affermative e negative, il dover notare come in que’ casi ne’ quali ogni preconcetto proposito si trova decomposto dall’avversità de' contratempi, che sostituisce l’azione morale di pochi individui a quella che doveva imprimersi da un combinamento di atti impressivi sullo spirito dei più, non sia retto il chiedere alla responsabilità de' pochi, «a qual risultato sapeste riuscire?» — ma sia ben quello di chiederne «quali sforzi faceste voi onde corrispondere alle esigenze delle nuove improvvise fatali condizioni?»

Alla suddetta considerazione moralmente fondamentale, ne segue altra ch'io considero di non minore rilevanza. Mentre la logica che promuove una iniziativa per mezzo di elementi che si trasferiscono a imprimerla da un luogo ad un altro è quella che sul luogo obbiettivo, gli elementi sieno insufficienti moralmente a uno spontaneo sviluppo, è pure conseguentemente logico che dalla fortuna di quella intrapresa iniziatrice dipenda ugualmente m senso diretto nelle disposizioni generali, tanto il risolverle a slancio, quanto l’abbattimento maggiore dello sconforto; dimodoché nell'ultimo caso quanto più da lato degli uomini intimamente legati a' fatti che si compiono è vivo il sentimento della urgenza e dei dovere di fronte a' pericoli evidenti dell’infortunio, tanto più da lato degli elementi che doveano scuotersi da successi mancati, crescono le difficoltà alla influenza decisiva de' primi.

Da ciò: che senza pretermettere di dirigere i più vivi stimoli di risoluzione alle provincie lontane, pel fatto iniziato, però s’intendesse dagli amici di Napoli quale oggetto importante d’urgenza la più diretta attività sugli elementi vicini, e a se stessi immediati per adoperarvi la influenza personale, e perché sembrar dovette che la diversione d’un moto sulla capitale o nelle vicinanze fosse il mezzo più efficace alla salvezza.

Infatti dal momento della notizia dello sbarco sino all'ultim'ora della più lontana speranza fu una lotta continua tra gli amici che intendevano promuovere immediatamente l'azione, e i partiti che la contrariavano, avvicendandosi in guadagnare per pochi momenti dell'influenza de' primi su’ capipopolo, sino a raggiungere concerti stabiliti per momento determinato, colla più attiva opera degli avversari a disperdere i combinamenti fissati con ogni mezzo di persuasione, disperando, dell'impresa i popolani, e non arrestandosi dal condannarne lo stesso Concetto, stigmatizzandolo come funesto a' destini d'Italia, quand’anco coronato di successo.

Al primo momento i popolani aveano aderito alla condizione, che il moto da diffondersi nella Città cominciasse dal di fuori di essa. In altro momento si aderiva a una iniziativa della Città. — In altro si proponeva come unico modo una dimostrazione combinata collo stesso partito avversario il quale si dichiarava consenziente per trarre occasione così a fatti maggiori, se i mezzi si presentavano. E sempre ad ogni combinazione che s’iniziava ne’ suoi preparativi, l’energia della inazione rimescolava e disperdeva il tutto.

Né occorre ricordare che tuttociò succedeva in Napoli, vale a dire sotto l'occhio della polizia e polizia borbonica, dopo la sveglia di un fatto; e pure i nostri amici affannosi di ogni momento che trascorreva, rinnovando convegni, erano costretti a percorrere da riunioni a persone, in quelle a perorare per l’azione, stringere fino all’invettiva e all'insulto. E se la sorte loro non rispose a' pericoli, resta però prova onorevole della fedeltà popolare, che non venne meno nonostante la esitanza ai fatti. — I nostri amici non lasciarono Napoli se non che circa un mese dopò della catastrofe.

Mazzini in questa penosa lotta di cui io stesso gli comunicava i particolari, e che gli ricordai più tardi anco a voce, allora per iscritto, e più tardi colla parola, dichiarava che il rimprovero, che egli credeva doversi fare agli amici di Napoli, era quello di avere fidato in un combinamento di dimostrazione col partito opposto; ma egli non era sulla traccia cronologica di quell'andamento fatale di conati, giacché era stato dopo tutti quei tentativi più diretti, sino ad un convegno armato, che non fu corrisposto di presenza, se non che da pochi individui che per ultimo, non altro mezzo ormai restando ad esperimentare, era stato accettato pur quello. — Intantoché la catastrofe terribile quanto eroica decideva della sorte finale della più generosa impresa a Sanza, in Napoli la più tenace ed artificiosa opposizione ad ogni atto di dovere e di carità patria, paralizzando le più determinate tendenze, faceva trascorrere sino alla loro totale dispersione i momenti più preziosi ed unici suscettibili a qualsiasi fatto di salvezza, se non altro dell’onore del Paese.

Ma ciò che nell'ansia e nello spasimo di quei casi non era prevedibile, era bensì che al dolore di una sventura irreparabile dovesse accrescersi quello della imputazione di responsabilità per la inefficacia de' propri sforzi, anziché riversarsi il biasimo e l’accusa a coloro che vi si erano opposti suscitando ostacoli d'ogni maniera. E più che alle persone anzi era dovuto a quella scuola che aveva elaborato dal 1849 in poi lo spirito pubblico in Italia educandolo ad una passiva aspettazione, dalla quale se poteva scuoterlo un avvenimento di subito successo, non fu possibile rilevarlo per l’attiva influenza di pochi isolati individui avversata da' contratempi e dall'opera di un partilo così risoluto e compatto nel non volere che fatto alcuno generoso avesse luogo. Teoria che superata alla seconda prova e vinta nei portenti della Campagna Meridionale, non tardò a riprendere il suo possesso; e minaccia anco oggi di far disperdere i frutti del martirio e delle vittorie.

Ebbi in più incontri a riconoscere la esistenza di un equivoco, tra altri, diffuso fra alcuni amici informati di proposizioni di fatti che restarono senza attuazione pel solo mancare di mezzi, e che essi sapevano in proposizione astratta, ma non nella condizione da cui dipendevano. E fu troppo logico che nel supporli parte convenuta del combinamento, dovessero stupire essi nel non vederli adempiuti. Ma non facean parte del combinamento poiché nol poteano; e come Antonio Morici, se non erro, verbalmente recava a Genova spiegazioni per quelle viste in epoca assai precedente al progetto della spedizione, così non erano più ricomparse quelle proposte nelle relazioni riguardo alla spedizione stessa, come escluse nel concetto degli uni e degli altri. Di tali antichi progetti uno era quello di una sorpresa che da pochi risoluti avrebbe potuto compiersi su di un reggimento ne' suoi quartieri, per cui avrebbe necessitato il possesso di un locale vicino, e un delicato e non breve lavoro di mano d'opera; e ciò basti per dire se era fatto da improvisarsi, e da compiersi con pochi mezzi pecuniari.

Bensì il ritardo dell'avviso avendo carpito ad ogni umano potere, per la inesorabile ragione di tempo e di spazio, l’adempimento ad ogni istruzione dipendente dall’avviso stesso, facea conseguente che l’illustre Martire dovesse trovarsi privo di que’ primi elementi, che egli prefiggeva per diffondere il suo impulso tanto celeremente da prevenire il destarsi dell’azione nimica, e tanto più importante inquantoché si trattava di una iniziativa fondata sul concetto della sorpresa. — Ed egli in quei supremi momenti se avesse potuto indovinare il corso di quella fatalità che aveva soppresso ogni arbitrio d'adempimento alle sue perentorie istruzioni, avrebbe intravista la fatale situazione degli amici che in Napoli si trovavano di subito ridesta di fronte la prepotente attività di quella funesta scuola che egli coi suoi prodi Compagni era andato per superare e distruggere. — Ma presago del sommo frutto del suo sangue prezioso avrebbe trovato ancora nella grande generosità dell'animo suo, con la fede del suo esempio per l'avvenire, il sentimento del perdono a' comuni avversari politici, illusi nell'errore, anziché tristi.

Chi secondo a Pisacane nell'impresa e superstite, ricorda il valore del capo e de' suoi compagni, non può raccogliere dal martirio eredità che non sia di giustizia? Ed è perciò che io volli riservare il grave e delicato argomento a quel giorno in cui lo stesso Nicotera avesse potuto farsi ascoltatore ed arbitro nel confronto de' fatti; e perciò ebbi a mio sommo rammarico quando incidenti troppo dolorosi rimandarono ancora il momento che io sperava opportuno e vicino.

Però la verità arriva sempre a tempo.

E mentre io la ho qui riferita fedele ed esatta, col fregiarla del vostro indirizzo, o Generale, la comunico nell’¡stesso testo agli interessati; nella ferma coscienza che non vi ha precedente il quale possa privarmi di ritrovare i miei amici da ambe le parti all'altezza de' comuni principi di equità e giustizia, e che i benemeriti cittadini Mazzini e Nicotera vi corrisponderanno col loro giudizio, rettificati gli equivoci.

Credetemi, Generale, quale con affetto e rispetto mi dico vostro

N. FABRIZJ.




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GIORNALE storico letterario Liguria - CODIGNOLA Rubattino

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GIORNALE storico letterario Liguria - PISACANE Epistolario a cura di Aldo Romano







Nicola Zitara mi chiese diverse volte di cercare un testo di Samir Amin in cui is parlava di lui - lho sempre cercato ma non non sono mai riuscito a trovarlo in rete. Poi un giorno, per caso, mi imbattei in questo documento della https://www.persee.fr/ e mi resi conto che era sicuramente quello che mi era stato chiesto. Peccato, Nicola ne sarebbe stato molto felice. Lo passai ad alcuni amici, ora metto il link permanente sulle pagine del sito eleaml.org - Buona lettura!

Le développement inégal et la question nationale (Samir Amin)










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