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Carlo Pisacane, il «romito» di Albaro (Zenone di Elea - Giugno 2024)

PISACANE E LA SPEDIZIONE DI SAPRI (1857) - ELENCO DEI TESTI PUBBLICATI SUL NOSTRO SITO

ATTI DEL PARLAMENTO ITALIANO - SESSIONE DEL 1871-72

(Seconda della Legislatura)

SECONDA EDIZIONE UFFICIALE RIVEDUTA

DISCUSSIONI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

VOLUME VI

dal 4 marzo al 4 aprile 1873

ROMA 1873

PER GLI EREDI BOTTA

TIPOGRAFIA DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

(se vuoi, scarica il testo in formato ODT o PDF)

TORNATA DEL 14 MARZO 1873

CAMERA DEI DEPUTATI

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE AVVOCATO GIUSEPPE BIANCHERI

SOMMARIO. Lettera di S. A. il principe di Carignano, presidente del Consorzio nazionale, con omaggio di un album, e del bollettino, e con cenni dei risultamenti dell'istituzione, dello stato della cassa, ecc. Ringraziamenti del presidente. Seguito della discussione del progetto di legge per l'ordinamento dell'esercito e dei servizi dipendenti dall'amministrazione della guerra Il relatore Corte svolge una proposta sull'articolo 52,diretta a invitare il Governo a conservare il collegio militare di Napoli, designando il nuovo scopo dell'istituto. Presentazione di uno schema di legge per la ripristinazione dell'appannaggio di S. A. il principe AmedeoDomanda del deputato Ferrari. Considerazioni dei deputati Sirtori e Palasciano in appoggio delle scuole militari e del collegio militare di Napoli Dichiarazioni e proposta del ministro circa i collegi militari Repliche dei deputati Corte, Sirtori e del ministro, e osservazioni dei deputati Ricci, Di San Marzano, Tasca, Nicotera e Nisco Incidente sulla votazione a farsi delle proposte Approvazione di un voto motivato del deputato Dina, reiezione dell'aggiunta del deputato Corte all'articolo 52, e approvazione di quella del ministro Aggiunta al 56° del deputato Breda Vincenzo, appoggiata dal deputato Fambri,per la conservazione del laboratorio farmaceutico, e contrastata dal relatore Corte È approvata dopo avvertenze del ministro Il ministro sostiene l'articolo 58, oppugnato dal relatore e appoggiato dal deputato Zanolini È approvato Sono ammessi gli articoli fino al 65.

La seduta è aperta alle 2 ¾.

[...]

SEGUITO DELLA DISCUSSIONE DELLO SCHEMA DI LEGGE PER L’ORDINAMENTO MILITARE

PRESIDENTI. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sull’ordinamento dell’esercito.

La discussione è rimasta ieri sospesa all’articolo 52.

Ha facoltà di parlare l’onorevole relatore.

CORTI, relatore.

La Giunta, in seguito alla proposta fatta ieri alla Camera dall’onorevole deputato D’Ayala e dall’onorevole Santamaria, proposta che del rimanente era già stata ventilata in

alcuni discorsi fatti in Parlamento in occasione della discussione generale di questa legge, ha stimato suo debito di studiare questa questione e di presentare un ordine del giorno, che io mi riservo di svolgere nella speranza che, quando avrò indicate le ragioni che l’hanno motivato, contenterà gli oppositori e forse non sarà necessaria un’altra discussione su quest’argomento.

Intanto pregherei il signor presidente di dar lettura di quest’ordine del giorno.

PRESIDENTI. La Giunta propone il seguente ordine del giorno:

«La Camera, tenuto conto della convenienza di mantenere nelle provincie meridionali del regno un istituto di educazione militare;

«Considerando che, nello stato attuale delle cose, non può non tornare utile all’esercito che vi sia una scuola preparatoria agli istituti militari superiori;

«Ferma però sempre nel concetto che sia di suprema importanza politica di mantenere l’unità negli insegnamenti militari;

«Invita il Governo a conservare l’attuale collegio militare di Napoli, convertendolo, mediante posti gratuiti da ottenersi con concorso di esame, in un istituto nazionale di educazione preparatoria agli istituti militari superiori.»

L’onorevole D’Ayala e l’onorevole Di Gaeta hanno presentato questo loro ordine del giorno, che la Camera già conosce e che suona così:

«La Camera, considerando quale sia ora l'istruzione secondaria civile, vuole mantenuta l'istruzione secondaria militare, aggiungendo alle scuole militari dell’articolo 52, alla lettera d-bis,

il collegio militare, e passa all’ordine del giorno.»

L’onorevole Englen ha fatto la seguente proposta:

«Nell’articolo 52, alla lettera d-bis, si aggiunga la scuola militare di Napoli.

«Rimarrà cura del Ministero di recarvi quelle modifiche che crederà convenienti nell’interesse generale dell’esercito.»

L’onorevole relatore ha facoltà di parlare.

CORTE, relatore. Io debbo risalire ad alcuni anni addietro per ispiegare il concetto dal quale siamo stati ispirati.

Esistevano una volta, fra gl’istituti militari dell’esercito italiano, i collegi dei figli di militari, i collegi militari secondari e le scuole militari.

Nel 1867, nella seduta del 13 febbraio, in occasione in cui si discuteva il bilancio della guerra, al capitolo Istituti militari, venne proposto dall’onorevole La Porta un ordine del giorno col quale s’invitava il Governo a non più ricevere allievi nei così detti battaglioni dei figli di militari o collegi dei figli di militari, e si trasferiva questa spesa dal bilancio ordinario allo straordinario.

In quell’occasione venivano ventilate le ragioni per le quali molti nel Parlamento erano contrari ai battaglioni dei figli di militari, ai così detti collegi militari preparatorii. Ed uno fra i più poderosi campioni che avversavano siffatto progetto di legge era il generale Nino Bixio, il quale, prendendo la questione dal punto di vista liberale, non voleva assolutamente che si formassero istituti in cui gli allievi fossero ricevuti troppo giovani, e, per valermi della sua espressione, si condannasse un individuo a vita al servizio militare; egli diceva che, secondo lui, ciò aveva qualche cosa di monachismo e si avvicinava all’istituzione dei seminari.

Quei concetti erano prevalsi, e diffatti gradatamente, di armo in anno, tutti i battaglioni dei figli di militari, i collegi militari d’Asti, di Milano e di Firenze cessarono d’esistere: non rimaneva che il collegio militare di Napoli, il quale serve per preparare dei giovani all’ammissione alle scuole superiori militari, che sono l’Accademia militare di Torino e la scuola di cavalleria e fanteria di Modena.

Ora giova avvertire che uno dei grandi argomenti che si adduceva contro questo sistema è diminuito di assai nel suo valore. Ammessa l’obbligatorietà del servizio militare, per cui tutti i cittadini, vogliano o non vogliano, vi si debbono assoggettare dal giorno in cui compiono il ventesimo anno, sin tanto che giungano al trentanovesimo d’età; un giovane avviandosi alla carriera militare si trova meno distolto dai suoi scopi, non soffre più quel dispiacere che provava per lo passato nel vedere che molti potevano essere esonerati dal militare servizio.

Riconosco avere un grandissimo valore l’osservazione fatta ieri dall’onorevole mio amico il generale D’Ayala, il quale, considerando lo stato in cui la presente nostra legislazione, e specialmente la legge sulle garanzie ha messo i preti, crede che sia giovevole a coloro che debbono servire come ufficiali, di ricevere un’educazione per la quale non s’infiltrino pregiudizi nell’animo loro come avverrebbe per l'educazione data dai preti. Questo, se non isbaglio, è il concetto che voleva esprimere ieri l’onorevole D’Ayala.

Non entrava nel compito della Giunta d’esaminare ora questa questione, ma ha pur creduto doverlo fare per le ragioni dette ieri dall’onorevole D’Ayala e per altre alle quali ho brevemente accennato. Noi crediamo che allo stato attuale delle cose sia conveniente che, oltre l’insegnamento militare superiore, che è quello che viene impartito nell’Accademia militare di Torino e nella scuola di fanteria e cavalleria di Modena, ci sia un altro insegnamento secondario, come lo chiama l’onorevole D’Ayala, un insegnamento che avvìi all’Accademia militare ed alla scuola militare di fanteria e cavalleria. Ma la Giunta, come aveva espresso indirettamente ma abbastanza lungamente nella sua relazione, per altra parte è di opinione che in fatto d’insegnamento militare questo si debba unificare; vale a dire che vi possano essere tre, quattro, cinque qualità di collegi, ma che ve ne sia uno solo per qualità, affinché lo spirito che viene nei primi anni della vita militare ispirato agli allievi sia uniforme per tutti e che si componga così un corpo d’ufficiali il quale abbia tendenze, aspirazioni, abitudini e direi quasi persino pregiudizi uguali. E tanto più caldeggiamo quest’idea inquantochè, ravvisando che noi ci avviamo man mano alla trasformazione dell’attuale esercito destinato in tempo non lontano a diventare territoriale, riuscirà tanto più agevole che ciò si possa fare quando il corpo degli ufficiali abbia uno spirito unico e compatto.

Queste cose ho voluto dichiarare a fine di sgomberare assolutamente il terreno da ogni specie di considerazione regionale.

Non ho d’uopo di dichiarare che, quando una questione è messa innanzi da quell’integerrimo patriota che è il generale D’Ayala, non v’è dubbio che la questione regionale vi possa penetrare; ed io sono persuaso che, quando egli ha sostenuta ieri la sua tesi della necessità dell’insegnamento secondario militare, l’avrebbe difesa egualmente se il collegio militare, anziché essere a Napoli, fosse a Roma, a Firenze, a Torino o in qualsivoglia altra città d’Italia. Tal cosa io amo dichiarare, come io son certo che il mio onorevole amico il deputato D’Ayala, per quanto povera e modesta sia la parte da me presa negli avvenimenti italiani, ha il convincimento che io non ho simpatie maggiori piuttosto per l’una che per l’altra provincia. (Bravo!)

Ora la Giunta concorre nel parere dell’onorevole deputato D’Ayala sulla convenienza di conservare questo insegnamento secondario militare convertendolo anzi in un sistema d’insegnamento preparatorio, il quale serva d’avviamento all’Accademia militare di Torino ed alla scuola di fanteria e cavalleria. Ma appunto per questo insegnamento speciale la Giunta crede che di questi collegi ve ne debba essere uno solo, ed aderisce molto volentieri che questo sia il collegio militare di Napoli.

Ma, preoccupata sempre da quell’idea che io ho brevemente esposta, della necessità che l’insegnamento militare sia unico, desidera che tale istituto sia fondato in guisa che vi siano accolti non solo gli alunni nati in alcune località determinate, ma vi accorrano i giovani da tutta Italia e così vi siano in esso allievi di ogni provincia, i quali poi passeranno alla scuola di Modena ed all’Accademia militare di Torino, di modo che in ognuno di questi collegi le diverse provincie d’Italia abbiano quel numero di rappresentanti che avranno il desiderio di dedicarsi alla vita militare.

Del rimanente questa idea dell’unità dell’insegnamento militare prevale ora in quasi tutti i paesi d’Europa.

La Francia ha una scuola politecnica ed ha una scuola mutare a Saint-Cyr; l’Inghilterra ha una scuola per la fanteria e cavalleria a Sandhurst, una per le armi speciali a Woolwich; l’Austria ha una scuola militare a Wiener-Neustadt.

Questo è il sistema che è seguito in tutti gli Stati, ed anche, come disse ieri l’onorevole deputato D’Ayala, negli Stati Uniti d’America, di avere cioè la scuola militare concentrata.

Ora nasceva questa difficoltà che, quando si stabilisce una scuola e che questa esiste in una sola città del regno, se non si fa qualche cosa, che chiamerei artificiale, per attirarvi i giovani di tutte le provincie, se ne ha questo risultato, che solo quelli di una provincia vi concorrono, e si avrebbe per conseguenza questo inconveniente, che i giovani che vanno dopo all’Accademia militare ed alla scuola militare di Modena sarebbero per una gran parte quelli delle altre provincie che non sono le meridionali, che offrirebbero la loro ammissione come allievi provenienti da istituti e da scuole private di preparazione, ed invece dalle provincie meridionali verrebbero in gran parte giovani educati nel collegio militare di Napoli.

Bisognerebbe per conseguenza allargare questo istituto, ed affinché vi concorressero giovani da ogni provincia, dare un certo numero di quei posti per concorso. E così si sanzionerebbe anche un altro principio che io credo molto giusto ed utile nei tempi odierni, se noi vogliamo avere degli ufficiali; ed è di facilitare alle famiglie che hanno dei figli i quali si vogliono destinare alla carriera militare di poterla intraprendere senza incontrare spese eccessive.

Io credo (e questa è un’opinione mia personale) che lo Stato per molti anni dovrà concorrere a sue proprie spese più di quello che non faccia adesso; perchè da noi, cosa abbastanza singolare, lo Stato si sottopone ad un maggiore dispendio per insegnare per mezzo delle Università ai giovani che abbracciano le professioni liberali, di quello che faccia per coloro i quali intraprendono la carriera militare. Nella massima parte dei casi, una famiglia che voglia far preparare un figlio, per esempio, al collegio di Napoli, è obbligata di pagare la di lui pensione durante i due anni che egli sta in quell’istituto, poi è obbligata di pagare la pensione pei tre anni che sta al collegio di Modena, e sostenere poi un’infinità di altre spese il giorno in cui egli sia promosso militare. Perciò il mettere un figlio in un collegio militare è per un padre di famiglia un pensiero abbastanza grave; egli sa che questo passo involge una lunga serie di spese, giacché la paga che l’ufficiale riceve non è bastevole perchè possa vivere decentemente; cosicché si dovrà sempre venire in suo aiuto.

Io tengo per fermo che il dare vari posti gratuiti sarebbe un grande allettamento, perchè molti padri lascierebbero più facilmente al figlio intraprendere lo studio delle cose militari quando sapessero che, superati certi esami di concorso, potrebbe vincere la prova e risparmiare così alla famiglia il dispendio della sua educazione. Ed è per questo che noi, proponendo la conservazione del collegio militare di Napoli, abbiamo espresso il desiderio che questo sia convertito in un istituto nazionale preparatorio per la scuola militare superiore, e che si introduca un certo numero di posti gratuiti, per esempio un terzo o una metà, da darsi per concorso ai giovani di qualunque provincia d’Italia, i quali, dietro certe norme che saranno stabilite negli esami, risulteranno i migliori fra quelli che prendessero parte al concorso.

Io credo che questa proposta debba soddisfare al desiderio dell’onorevole D’Ayala e degli onorevoli colleghi che hanno ragionato su questo argomento. Si conserva il collegio di Napoli, anzi lo si amplia, e gli si dà una determinazione fissa e si stabilisce in principio che il Governo si occupa fino ad un certo punto dell’insegnamento preparatorio alle scuole superiori.

Questo è il senso preciso in cui la Giunta ha formulato l’ordine del giorno che ha presentato.

PRESENTAZIONI DI UN DISEGNO DI LEGGE

SELLA, ministro per le finanze.

Ho l’onore di presentare alla Camera un progetto di legge per la ripristinazione dell’appannaggio a S. A. R. il duca d’Aosta. (V. Stampato

n° 197)

Chieggo l’urgenza di questo progetto di legge, e che sia posto pel primo all’ordine del giorno del Comitato privato di domani.

FERRARI. Io non mi oppongo all’urgenza chiesta dal ministro delle finanze; desidero solamente che, unitamente alla breve discussione die avrà luogo su questo argomento, la Camera sia messa in misura di conoscere la situazione della nostra politica relativamente alla Spagna.

PRESIDENTE. Onorevole Ferrari, queste sue osservazioni le potrà fare in Comitato.

FERRARI. Io desidererei che il ministro degli affari esteri o il presidente del Consiglio pubblicasse il Libro Verde.

PRESIDENTE. Ho già avvertito che questa sua proposta la può fare in Comitato, non qui, né adesso.

FERRARI. Questo ho dovuto dirlo per una ragione importantissima, a cui gli avvenimenti aggiungono peso ad ogni istante, ed è che tutti gli atti dei Parlamenti finiscono per avere un significato che può essere anche diverso da quello che si propongono gli attori stessi. Noi siamo in presenza della Spagna, che intende le nostre parole, e per conseguenza, se si vota l’urgenza di una questione di appannaggio, si sappia tra i cotanti esservi chi, col suo annuire all’urgenza, solo si propone di accelerare l’istante in cui sarà discussa la politica del Governo relativamente alla Spagna. Nulla dico ora sull’abdicazione dell’ex-Re Amedeo, nulla sui sentimenti delle due Camere di Spagna e d’Italia, sentimenti che possono ricevere la qualifica di cavallereschi. Ma venne proclamata la repubblica in Spagna.

PRESIDENTE. Ma, onorevole Ferrari, non posso lasciare che ora ella entri in una discussione che non ha ragione di essere; quando si aprirà la discussione sarà sempre in tempo di parlare. Crede ella che si possano fare considerazioni politiche all’atto della semplice presentazione di un progetto?

FERRARI. Ma io devo farle queste osservazioni.

PRESIDENTE. Non glielo posso permettere; si riservi di fare a tempo opportuno quelle proposte che crederà del caso.

FERRARI. Ci può essere anche un fatto personale. Nel momento che oggi io sono entrato nella Camera un oratore che non voglio nominare, e che non prenderà in mala parte la mia osservazione, rispondendo ad altro oratore,

fece intendere che egli credeva sospette di poco patriottismo le osservazioni suggerite da spirito regionale,

sinonimo di spirito federale, come tutti sanno.

PRESIDENTI. Ma, onorevole Ferrari, ella non ha diritto di sospendere una discussione che si sta facendo; io non posso permetterglielo; si riservi.

FERRARI.

Si sappia adunque che vi sono degli uomini che professano delle opinioni regionali e federali, e che si professano nel tempo stesso patriotici quanto gli altri.

(Rumori a destra}

PRESIDENTE. Non posso assolutamente lasciarla continuare.

Do la parola all’onorevole Friscia.

FERRARI. Aveva finito.

FRISCIA. Io intendeva dire non tutto quello che osservò l’onorevole Ferrari, ma voleva precisamente che, all’occasione della discussione di questo progetto di legge si facesse un’ampia discussione.

PRESIDENTE. Si farà ampia, se così vorranno.

Dunque, se non vi sono opposizioni, s’intenderà che questo progetto è dichiarato di urgenza. (Sì! sì!)

(È dichiarato di urgenza.)

SI RIPRENDI LA DISCUSSIONE

PRESIDENTE. Onorevole relatore, ella ha presentato un ordine del giorno il quale, parmi racchiuda questo concetto, d’invitare il Governo a conservare il collegio di Napoli. Ma per conservarlo converrà fare un’aggiunta all’articolo.

CORTE, relatore.

La faremo.

PRESIDENTE. Ora ha la parola l’onorevole Branca.

BRANCA. Io non ho nulla da aggiungere a quello che hanno detto i diversi oratori che hanno sostenuta questa proposta; dirò anzi che accetto perfettamente le considerazioni esposte dall’onorevole Corte. Laonde, e secondando anche i desiderii dell’onorevole D’Ayala, il quale vorrebbe una specie di pareggiamento tra i gradi dell’istruzione militare e quelli dell’istruzione civile, desidererei che questo collegio venga chiamato Collegio militare secondario di Napoli.

PRESIDENTE. Non vi ha dubbio che nella votazione si dovrà procedere in questo modo: anzitutto si dovrà votare l’ordine del giorno, e quindi verrà la votazione per l’aggiunta.

L’onorevole Di San Marzano ha facoltà di parlare.

DI SAN MARZANO. Io aveva bensì chiesto di parlare su questo articolo, ma non intendeva parlare sul collegio militare di Napoli.

A questo riguardo, accetto l’ordine del giorno che è stato proposto e parlerò dopo, poiché intendo parlare sull’articolo bensì, ma per un’altra questione.

PRESIDENTE. L’onorevole Gigante ha facoltà di parlare.

GIGANTE. Io domandai la parola quando credeva che la proposta fatta, per conservare il collegio della Nunziatella di Napoli, trovasse opposizione nella Giunta; ma poiché vedo che questa col suo ordine del giorno è venuta a farsi incontro ai nostri desiderii, ed alle esigenze delle provincie napoletane e del paese, mi è mancata ogni ragione di parlare, e rinunzio alla parola.

PRESIDENTE. Onorevole Salaria, ha facoltà di parlare.

SALARIS. Vi rinunzio.

PRESIDENTE. La parola spetta all’onorevole Sirtori.

SIRTORI. Io ho domandato la parola quando ho visto nell’ordine del giorno proposto dalla Commissione una specie di restrizione alla concessione fatta della conservazione del collegio di Napoli.

Innanzitutto io mi congratulo colla Commissione, e particolarmente col suo relatore, che abbiano fatta questa concessione, in quanto che noi abbiamo grande bisogno e del collegio militare di Napoli e in genere dei collegi militari. Mentre faccio questa congratulazione, mi dolgo però che questa concessione sia ristretta alla conservazione del collegio militare di Napoli.

La ragione addotta per l’unicità, non dico l’unità ma l’unicità del collegio militare, è un vago timore di spirito regionale che si ridesti in Italia. Questo a me pare un vero spauracchio, questa mi pare proprio una specie di calunnia fatta al sentimento nazionale italiano. Io comprendo in genere la necessaria unità nello spirito dell’educazione nazionale, sì dell’educazione politica come dell’educazione militare, ma a me pare che a questa unità dello spirito dell’educazione, sia politica, Bia militare italiana, non possa menomamente ostare la moltiplicità degli istituti d’istruzione e d’educazione militare secondaria. Io farò riflettere all’onorevole relatore della Commissione e a tutta la Commissione che, procedendo logicamente in questo loro modo di ragionare, bisognerebbe sopprimere tutte le istituzioni d’istruzione e di educazione nazionale e farne una sola, unica per tutta la nazione, onde evitare, secondo loro, lo spirito regionale in tutta l’Italia. Sopprimete quindi tutti i ginnasi, tutti i licei e fatene uno solo per tutta la nazione, perchè i collegi militari corrispondono precisamente nell'educazione e nell’istruzione militare a quello che sono i ginnasi e i licei nell’educazione e nell’istruzione civile.

Noi non abbiamo neppure un’Università unica, cosa che sarebbe molto desiderabile, mentre invece abbiamo degli istituti militari unici, benché duplicati, vale a dire uno per la fanteria e cavalleria a Modena, e l’altro per le armi del genio e dell’artiglieria a Torino.

A me pare che questa istituzione dell’Accademia unica a Torino e dell’istituto militare unico perle armi di fanteria e cavalleria a Modena, sia più che sufficiente per correggere quei piccoli difetti, quelle divergenze che si potessero introdurre negli istituti militari secondari.

Il volere poi avere un collegio unico militare per me è quanto averne poco meno che nessuno, inquantochè dovunque voi stabiliate questo collegio a Milano, a Napoli, a Roma, a Firenze, voi non avrete in quel collegio se non degli allievi che appartengono a quella regione, poiché ripugna immensamente ai genitori di mandare troppo lontano dal proprio paese i loro figli, tanto più se molto giovani; ora qui si tratta proprio di giovinetti che i parenti vogliono avere sotto i loro occhi, che vogliono poter visitare per accertarsi sia della riuscita della loro educazione morale intellettuale e tecnica, sia anche della loro educazione fisica, essendo quello il momento del loro sviluppo fisico. E così se voi avrete il collegio a Napoli, avrete allievi napoletani e non altro, mentre che noi abbiamo bisogno di allievi di tutti i paesi.

Signori, è riconosciuto da tutti che uno dei maggiori bisogni che abbia l’Italia è di creare o rinnovare in tutte le sue regioni, sia dove non si ebbe, sia pure dove si ebbe finora, ma sventuratamente si va perdendo, lo spirito militare.

Abbiamo bisogno di creare lo spirito militare a Napoli, in Sicilia, nella Toscana e qui in Roma particolarmente; qui appunto ci vuole un collegio militare per potere far concorrenza ai collegi cui alludeva l’onorevole D’Ayala; ci vuole un collegio militare in Sicilia per poter fare concorrenza a quello spirito clericale, reazionario, oscurantista che colà regna; ci vuole un collegio militare a Napoli per distruggere gli ultimi rimasugli dello spirito borbonico; ci vuole un collegio militare nella Venezia e nella Lombardia per risvegliare quivi lo spirito militare, che è poco meno che spento; ci vuole un collegio militare a Torino per mantenere e ravvivare quello spirito militare che ha fatto l’Italia e che ora va diminuendo anche in quelle provincie, che pur sono le più militari d’Italia. Poiché, o signori, non facciamoci illusione, anche il Piemonte va perdendo dell’antico suo spirito militare, ciò che io considero come una grande sventura per l’Italia.

Ora per ridestare questo spirito militare io non trovo mezzo migliore dei collegi militari.

Vorrei citare un esempio che forse farà scandalo in questa Camera, l’esempio del clero. (Movimenti)

Sapete come il clero mantiene lo spirito clericale? Per mezzo dei suoi seminari. Dite al clero che faccia quello che abbiamo fatto noi distruggendo tutte le istituzioni militari inferiori, riservandosi solo i seminari teologici superiori, che corrispondono ai nostri istituti militari superiori.

Il clero esclamerebbe: siamo perduti; voi attentate alla religione! E sapete perchè? Perchè l’età prima in cui si sviluppano le tendenze dei giovani, in cui si sviluppa lo spirito,,l’età in cui si forma, per così dire, l’animo e il carattere dell’individuo, non è più ai venti anni. Ai venti anni la carriera dei giovani è quasi fatalmente segnata per il tempo avvenire.

L’età in cui si formano le tendenze o spirituali o materiali, o elevate e ideali o basse e sensualistiche, o di interesse e di lucro o di devozione ai sentimenti del dovere e dell’onore è l’età dai 15 ai 20 anni. È allora che si formano le vocazioni ed i caratteri; è in quell’età propria della poesia, del sentimento in cui non sono entrate ancora le passioni né il calcolo. È allora che voi dovete principalmente occuparvi dei giovani. Volete formare dei preti? Prendeteli a quella età. Volete formare dei militari? Prendeteli a quell’età. A 15 anni ne farete tutto ciò che volete; dopo è troppo tardi e voi correte il pericolo di non avere più che gente di calcolo e d’interesse, la quale sceglie la carriera secondo il suo tornaconto. Ai venti anni un giovane andrà dove egli crede più pronto, più sicuro, più ingente il lucro; si farà prete, soldato, commerciante, secondo che egli creda che più gli giovi.

Prima invece, nell’età più tenera, in cui ancora il mondo e la vita sì presenta in tutta la sua bellezza grandiosa e sublime, in cui ancora tutte le impressioni della poesia e della storia, della storia antica particolarmente, vi elevano l’animo nelle regioni dell’ideale; ebbene voi allora ne potete fare tutto quello che volete. I preti ne faranno dei preti credenti, devoti alla loro fede e forse anche, per nostra sventura, dei preti fanatici; i militari ne faranno dei soldati devoti alla loro missione di difensori della patria, loro infonderanno quelle virtù e quei talenti militari che sarebbe più difficile infondere loro in età più avanzata.

Vi sono bensì degli individui che a venti anni sono ancora suscettibili d’una educazione tendente ad elevargli al di sopra degli interessi materiali, ma sono pochi!

Bisogna prendere i giovani nell’età non ancora viziata dalle tendenze egoistiche, sensualistiche, nell’età delle più nobili e disinteressate aspirazioni; a quell’età voi potete farne tutto quello che volete, voi potete farne degli eroi!

E se io, nella mia vecchiaia, avessi a dirigere un istituto militare di gioventù non ancora viziata dalle tendenze di questo secolo mercantile e sensualistico, io mi lusingherei di farne dei soldati devoti al dovere ed all’onore fino al sacrificio completo di se stessi. Me ne lusingherei, perché ho questa fede che la milizia è una missione, è un sacerdozio armato, è una magistratura armata del diritto e della giustizia. (Bene!)

E questa fede mi lusingherei di trasfonderla nei miei allievi facendone degli uomini, dei cittadini, dei soldati devoti alla patria ed alla giustizia fino all’abnegazione completa di sé, fino al sacrificio della propria vita.

Ebbene, signori, volete questo?Datemi i collegi militari, ma prendete i giovani nella loro innocente ed incorrotta adolescenza; datemi i collegi in modo che i genitori siano invogliati di mandarvi i loro figliuoli, cioè, datemi un collegio per ogni grande regione. Un collegio unico non può ottenere quell’intento che la stessa Commissione si propone. Se volete ottenere questo intento, ne dovete avere uno per ogni regione principale d’Italia.

Ecco perchè io, mentre approvo grandemente la concessione fatta dall’onorevole Commissione, vorrei che essa ritirasse dal suo ordine del giorno la restrizione che ci ha messa limitando l’istituzione dei collegi militari al solo collegio di Napoli, ciò che non solo non mi pare ragionevole, ma mi pare contrario a quello scopo stesso che la Commissione si propone. (Bravo I Benissimo!)

PALASCIANO. La Camera ha udito dall’onorevole preopinante che vi è ancora molto a discutere sulla quistione dell’unicità, la quale sì vorrebbe evadere coll’ordine del giorno.

L’onorevole ministro l’altro giorno, nel suo discorso con cui chiuse la discussione generale, ha detto che crede di avere fra tre anni dall’Accademia di Torino fino a 75 ufficiali per i corpi facoltativi. A me non pare che questa cifra sia concorde con quanto l’onorevole Corte ha sostenuto necessario nella sua relazione.

L’onorevole Corte nella sua relazione, facendo gli elogi, elogi meritati, della istituzione di West-Point, fra le altre cose che mise in rilievo vi è questa: che nell’Aocademia americana non solamente vengono educati gli ufficiali per le armi speciali del genio e dell’artiglieria, ma ancora si fa fare i medesimi corsi a tutti gli altri ufficiali di altre armi.

Questa considerazione dell’onorevole Giuntami pare in contraddizione coll’esposto dall’onorevole ministro della guerra, cioè che fra tre anni appena egli spera di avere 75 ufficiali dall’Accademia di Torino. Io desidererei che si mettessero d’accordo.

Si dovrebbe o ampliare l’Accademia di Torino, o modificarla.

La Camera ha udito con quanto calore l’onorevole preopinante abbia dimostrato l’insussistenza dell’unicità degli studi militari inferiori.

Io credo che si potrebbe facilmente dimostrare anche l’inconcludenza dell’unicità degli studi superiori.

Qual ragione vi può essere che si debba studiare la balistica in nn sol modo ed in un sol luogo? Non si può essa studiare in diversi modi? E da questi diversi modi ne verrebbero più facilmente tutti quei perfezionamenti di cui noi abbiamo grandissimo bisogno per la nostra inferiorità numerica.

Io lo dissi in principio del mio discorso, comunque esso riguardasse specialmente la parte sanitaria; io accennai che non mi pareva conveniente la scarsezza degli istituti militari tanto superiori quanto inferiori.

L’onorevole Corte, mettendo in evidenza i grandissimi vantaggi delle scuole di questo genere, ha dimenticato che in Italia esisteva già quella scuola militare di Napoli che io deploro di veder portata innanzi alla Camera come regionale. La scuola militare di Napoli vuoisi considerare come un fatto storico, il quale arrecò molti vantaggi al paese. Ne uscirono ufficiali del genio, ufficiali di stato maggiore, ufficiali d’artiglieria, ufficiali di cavalleria. Credo che vi fu un’epoca in cui ne uscirono anche allievi per la scuola di marina. Da questa scuola uscì fra gli altri un uomo di cui mi piace di citare il nome; ne uscì Carlo Pisacane, che lasciò la vita nella spedizione di Sapri, colla quale precorse il generale Garibaldi e la liberazione d’Italia. Carlo Pisacane, prima di morire, lasciò un libro. Egli sognò che l’Italia si sarebbe riunita con Roma capitale ed in possesso d’un esercito con cui potesse far fronte a tutta Europa. E nella sua fervida mente dedusse dalla storia le condizioni in cui doveva trovarsi quell’esercito.

Il libro lasciato da Carlo Pisacane è importante. La prima volta che ho inteso l’onorevole Ricotti parlare dei bersaglieri nella discussione che segni l’interrogazione del deputato Civinini, mi parve d’udir a parlare Pisacane; tanto somigliava il discorso dell’onorevole Ricotti a quello che ha lasciato scritto Pisacane. Quando l’altro giorno l’onorevole Ricotti è venuto a contraddirsi, sostenendo che bisogna aumentare i bersaglieri, ho trovato nell’opera di Pisacane il biasimo di questa contraddizione. Sicché Carlo Pisacane ha indovinato che gli uomini armati per l’Italia dovevano essere 600,000; che dovevano esservi 16 divisioni (egli le chiamava legioni), e 16 ne propone l’onorevole Ricotti.

Non vi parlo del vestiario e di tutte le specialità di questo esercito che noi stiamo formando con questa legge.

Sugl’istituti militari Carlo Pisacane scriveva queste parole

(non voleva l’unicità):

«In ogni circondario vi sarà una scuola per lo stato maggiore, ovvero col nostro ordinamento, per gli esploratori, una scuola per l’artiglieria, un’altra per la cavalleria e due per gl’ingegneri militari per tutta l’Italia.»

Per gl’ingegneri ne voleva due. È naturale: egli voleva realmente armare la nazione, e per armarla bisogna istruirla. È più facile istruirla che armarla, specialmente quando non si hanno né i cannoni, né i cavalli, né i fucili necessari. Questo è quello che voleva dire Carlo Pisacane; sicché a me pare che la moltiplicità

dell’insegnamento superiore debba essere adottata come una verità inconcussa.

È su questo terreno che avrebbe dovuto essere portata la questione del collegio di Napoli principalmente; sicché io unisco la mia voce a quella dell’onorevole Sirtori per pregare la Commissione di ritirare la proposta dell’unicità dei collegi, ed, aggiungerei anche, di ritirare l’unicità dell’insegnamento superiore. Che se i bisogni di oggi faranno veder chiaro che l’Accademia di Torino non basta per dare uffiziali, non solo all’infanteria, ma ancora per dare il numero sufficiente di uffiziali dei corpi speciali, io non trovo ragione perchè non possano essere due e tre le Accademie militari.

Discusso questo punto, sarà allora il tempo di vedere se i collegi debbano avere i posti gratuiti, oppure debbano essere tutti i cittadini facoltosi quelli che vi concorrano.

CORTE, relatore.

Io debbo dichiarare che la Commissione non intende di recedere dalla sua proposta circa l’unicità delle scuole, e che

non fu punto commossa

dalle ragioni addotte dagli onorevoli deputati Sirtori e Palasciano.

Io ho dichiarato già l’anno scorso che se v’è una cosa che io senta con dolore è di non poter convenire assolutamente nelle idee del generale Sirtori, e me ne duole moltissimo, perché nessuno più di me conosce, apprezza ed ammira la purità degl’intendimenti suoi. C’è qualche cosa che io non saprei abbastanza commendare in quello che lo inspira: ma io francamente non posso concorrere in quella specie di significato che egli vorrebbe dare all’insegnamento militare. Questa educazione tutta isolata, questo fanatismo che egli vorrebbe inspirare, mi incuterebbero una paura che, invece di eroi, noi finissimo per fare dei mammalucchi, vale a dire mammalucchi nel senso di quelli i quali militavano in Egitto, della gente che non abbia nessun legame e simpatia colla società civile.

Il deputato Palasciano ha messo innanzi la pluralità delle scuole militari superiori. Ma, Dio buono! La prima cosa che bisogna fare in un Parlamento è di avere il coraggio di dire le cose come sono, ed io le dirò. Dopo l’esempio funesto che abbiamo degl’infiniti attriti (è inutile che li nascondiamo, perché ci sono) nella nostra marina militare, provenienti dalla duplicità delle scuole, io domando con che coraggio noi potremmo cimentarci ad introdurre nel nostro esercito così bene compatto qualche cosa che potesse produrre quegli screzi che esistono negli altri corpi.

Io credo che in Italia il principio di unità esiste quasi esclusivamente nel Parlamento e nell’esercito. (Bene!)

Io preferisco di esagerare nel senso di tenerlo compatto ed unito, che nell’allargare troppo presto le mani.

L’onorevole Palasciano ci ha ricordato le glorie della scuola militare di Napoli, che egli anzi ha anteposto alla scuola militare di West-Point;

ma io sono più modesto di lui.

Disgraziatamente noi Italiani non abbiamo niente da mettere vicino alla battaglia di Gettysburg. Che cosa è la tradizione di quella scuola? Quella non è tradizione unitaria.

Non cerchiamo di far altro pel momento, procuriamo di creare in Italia una forte tradizione unitaria.

Quando avremo ciò fatto, allora sarà il momento che noi potremo passare al servizio territoriale.

E noi ci passeremo tanto più presto, quanto più presto potremo tradurre in atto questo mio concetto.

L’onorevole Palasciano mi ha forzato a dirgli quelle cose della marina; ma è la verità: ed io domando se si può desiderare di produrre nell’esercito quegli inconvenienti che bisogna far di tutto per distruggere negli altri corpi.

Ed io, non coll’eloquenza con cui l’ha detto l’onorevole Sirtori, ma certamente con un sentimento di convinzione e di amore al mio paese non inferiore al suo, dico: per adesso non facciamo cosa che, nelle questioni che si riferiscono all’esercito, turbi in verun modo il senso dell’unità.

MINISTRO PER LA GUERRA. A me pare che questa questione si sia allargata d’assai, e forse al di là di quello che comportava l’attuale progetto di legge; tuttavia io devo far presente alla Camera lo stato della questione come io lo trovai assumendo il portafoglio della guerra.

L’onorevole Corte ha già detto come fin dal 1867, credo, in seguito ad una deliberazione della Camera, che ammise in massima la soppressione dei collegi preparatorii o secondari, venissero tutti soppressi l’un dopo l’altro, e si mantenesse solo quello,di Napoli, la cui spesa però fu trasportata dal bilancio ordinario a quello straordinario,

appunto per dargli un carattere di provvisorietà.

In questo stato di cose io non avrei osato, senza un motivo veramente grave, di ripristinare in un organico permanente degl’istituti militari questi collegi preparatorii. Io però individualmente, avendo avuto alcune volte occasione di studiare, e di essere anche interrogato su questo soggetto, fui generalmente piuttosto propenso che contrario a siffatti istituti militari di primo grado. Non disconosco che hanno degli inconvenienti, come quello di allontanare, di dividere troppo presto il giovanetto dallo stato civile, per soggettarlo al militare: però hanno anche dei grandi vantaggi, come di preparare in modo più completo e sicuro gli ufficiali, e renderli, come lo desidera l’onorevole Sirtori, più immedesimati del loro mestiere.

Ora una tale questione io la risolverei nel modo seguente: mantenere il principio dei due istituti superiori (perchè sarebbe impossibile di averne uno solo, chè diverrebbe troppo numeroso), ammettendo però sempre il principio che tra il 16° e il 20° anno di età, sia libero a qualunque giovane di entrarvi venendo dai corsi liceali, dagli istituti tecnici ovvero dalle Università del regno. L’ammissione bisogna che sia libera sino ad una data età; bisogna che abbiano tutto il tempo a decidersi sia i parenti sia i giovani stessi. Ciò posto, io non mi oppongo a che sieno istituiti uno, anzi più collegi preparatorii per coloro che preferiscono prepararsi più espressamente e dall’età più giovane alle scuole militari superiori: solo non vorrei l’esclusività tra i due modi per entrare nella carriera militare, non vorrei cioè che l’una via escludesse l’altra.

Quanto al mantenimento del collegio di Napoli, io vi sarei inclinatissimo, non certamente per un principio di favore (come sono sicuro che tutti quelli che hanno parlato non lo hanno fatto per municipalismo perchè di un collegio di 200 allievi Napoli neppure se ne accorge), ma, come ha detto l’onorevole D’Ayala, per una ragione morale e per una ragione speciale topografica.

Le scuole superiori militari sono l’una a Torino e l’altra a Modena: entrambe nell’Italia settentrionale.

Il volerle trapiantare sarebbe questione di spesa e di difficoltà enormi. E quindi naturale (come l’ha annunciato l’onorevole Sirtori) che tali sedi essendo molto distanti dall’Italia meridionale, queste provincie risentano minore attrazione a dedicare i loro giovanetti alla carriera militare.

Mantenendo invece, con carattere permanente, il collegio preparatorio di Napoli, ci sarà un’attrattiva per le famiglie delle provincie del mezzodì, ci sarà pei primi anni, nell’avere i loro figli più vicini, un compenso della maggiore distanza cui dovranno averli di poi, quando saranno alla scuola di Modena od all’Accademia di Torino; e ne avverrà probabilmente che fra qualche anno tutte le provincie del regno saranno rappresentate nell’esercito in più giusta proporzione che non oggidì, ciò che un saggio Governo deve desiderare di vedere verificarsi, come felicemente comincia a verificarsi da qualche anno.

Quanto al collegio di Napoli, è per me un motivo speciale per la sua conservazione il vedere come in generale ciò sia ben accetto alla Camera. Circa all’estendere maggiormente siffatta istituzione, come desidera l’onorevole Sirtori, come già accennai, io non mi vi oppongo.

Qui per altro gioverà forse che io porga alla Camera qualche spiegazione a chiarire i cambiamenti che dal 1864 e 1865 si avverarono man mano nell’ordinamento degli istituti militari in generale.

Dapprima gli istituti militari preparatorii e superiori avevano complessivamente un contingente annuo tra i 500 e 600 allievi; successivamente questo contingente andò progressivamente diminuendo, e quindi l’amministrazione della guerra si trovò nella necessità di sopprimere quelli di essi collegi che neppure avevano 60 o 100 allievi. E così man mano si venne al punto, come ho già accennato, che nel 1870 ebbimo in totale un centinaio di ammissioni, cioè 30 al collegio preparatorio di Napoli, 76 od 80 agli istituti superiori.

Come ciò sia avvenuto non è qui il caso di riandare: fu un disgraziato periodo per la parte militare in generale!

Seguitando di questo passo, nessuno certamente avrebbe consigliato di tenere tre o quattro collegi militari. Ma fortunatamente le cose hanno ora preso un tutt’altro indirizzo. Lo spirito militare si è risollevato, e da qualche anno le ammessioni agl’istituti militari aumentarono per modo che l’anno passato abbiamo già avuto un’ammessione di circa 300 giovani agl’istituti superiori e di 50 al collegio di Napoli.

Ed io sono persuaso che, quando sia ben constatato che il collegio di Napoli sarà conservato, e sia bene constatato, mercé la legge che stiamo discutendo, che l’esercito riceverà uno sviluppo conveniente, e sarà avvantaggiata e meglio assicurata la carriera e la posizione degli ufficiali, sono persuaso, dico, che il numero degli aspiranti agl’istituti militari aumenterà ancora, e che sarà forse anche necessario fra pochi anni di creare, oltre al collegio di Napoli, un qualche altro collegio militare in altra regione nostra. E bisognerebbe quindi, a mio avviso, che l’attuale leggo ciò prevedesse fin d’ora e ciò consentisse.

Quanto all’ordine del giorno proposto dall’onorevole Corte, io non ho difficoltà di accettarlo tal quale o modificato, come taluni hanno consigliato.

Per me però il punto essenziale è che l'aggiunta da farsi nell’articolo sia così concepita:

«I collegi militari per preparare i giovani all’ammessione alla scuola militare ed all’Accademia militare...» senza prestabilire il numero di questi collegi.

Per ora si conserverebbe semplicemente il collegio di Napoli, e gli si darebbe il maggiore sviluppo possibile: successivamente, se sarà necessario, se ne creeranno degli altri. Certamente, la Camera dovrà sempre essere interrogata in proposito, perchè questa è una questione di bilancio.

D’altronde siccome, a termini della presente legge, gli organici non potrebbero essere variati, se prima non siano approvati dalla legge annua del bilancio, sarà sempre in potere della Camera di estendere o non estendere ogni anno il numero di questi collegi.

Mi parrebbe quindi che la Camera potrebbe accettare la mia proposta senza veruna difficoltà, senza punto pregiudicare l’avvenire.

RICCI. Domando la parola. (Ai voti! ai voti!)

MINISTRO PER LA GUERRA. Prima di lasciar la parola, devo pregare la Camera di permettermi una risposta agli appunti assai gravi, mossi ieri dall’onorevole D’Ayala contro le modificazioni recentemente introdotte nell’ammissione alle scuole militari. Egli disse che per queste ammissioni furono notevolmente facilitati gli esami; accennava di un professore, al quale si era raccomandato il parente di un allievo affinché agevolasse a questi gli esami, e che il professore gli avrebbe risposto: «Ma, se non è proprio un imbecille, è impossibile che non passi; tanto son facili gli esami!»

Come vede la Camera, questa è una censura assai grave; ma alla mia volta potrei asserire che se quel professore ha risposto in quel modo, non dirò che sia lui un imbecille, ma che ha capito ben male le modificazioni che si sono fatte negli esami d’ammissione.

Nel passato, come oggi, per essere ammessi nelle Scuole superiori militari si richiedevano esami di lettere italiane, storia, geografia e matematica elementare; ma la parte essenziale, erano le matematiche: in questi esami si era più rigorosi, ed è qui che la maggior parte degli aspiranti era deficiente e soccombeva.

Ciò proveniva naturalmente da che nel sistema generale nostro di insegnamento, nelle nostre scuole pubbliche, le matematiche non si curano molto; finora almeno, non c’è un grande sviluppo in questo ramo di insegnamento.

Ora non solamente per mia personale opinione, ma per quella eziandio di competenti persone da me all’uopo consultate, se gli studi accurati ed inoltrati nelle matematiche sono utilissimi, indispensabili per coloro che si preparano a divenire ufficiali del genio e dell’artiglieria, noi sono ugualmente per gli ufficiali delle armi di linea, cioè per la fanteria e la cavalleria.

Per queste armi lo studio delle matematiche deve essere considerato come un accessorio, mentre invece gli studi letterari, la storia e la geografia, hanno un’importanza maggiore. Prendendo quindi le cose come sono, e non come dovrebbero essere, mi sono detto: che l’esame di ammissione alla scuola di Modena deve essere rigoroso quanto alla lingua italiana, alla storia ed alla geografia; più facile invece per le matematiche. Però il primo anno alla scuola di Modena sarà particolarmente destinato a rassodare questi studi di matematica elementare, quanto è necessario.

Quindi la sola modificazione che si fece è questa, che, mentre prima si davano gli esami di ammissione sull’aritmetica, sull’algebra, sulla geometria piana e solida, ora se ne è tolta la geometria solida per limitarsi a quanto si insegna nelle scuole tecniche e nel primo anno dei licei, rimandando la geometria solida, come la trigonometria, al primo anno di corso alla scuola di Modena. Ed anzi, affinché i provenienti dalle scuole pubbliche non potessero incontrare difficoltà, si uniformarono strettamente ai programmi ufficiali di queste, i programmi di ammissione alle scuole militari, lasciando perfino che i candidati potessero per la geometria optare di essere interrogati secondo il metodo di Euclide, che è quello ammesso nelle scuole ordinarie, oppure secondo il metodo più moderno, che è quello generalmente seguito nelle scuole militari.

Ecco, o signori, le modificazioni essenziali che abbiamo fatte, e che credo siano pienamente giustificate, chè, in quanto agli studi di lettere, geografia e storia, ben lungi dall’avere facilitati gli esami, ho raccomandato che fossero più rigorosi, come infatti lo furono nell’anno passato e lo saranno nell’avvenire.

L’onorevole Palasciano ha poi citato un fatto a cui l’onorevole Corte non ha risposto e che quindi è necessario sia spiegato da me. Egli ha detto: fra tre anni l’Accademia ci potrà dare 75 ufficiali, ma che questo numero è affatto insufficiente. Io ho già detto, e ripeto, che questo numero è sufficiente; noi abbiamo 1600 ufficiali circa di artiglieria e genio, e basta rinnovarne ogni anno il ventesimo, cioè 80, per ripianare le perdite. Di questi 80, in parte sono dati dai sottoufficiali, perchè questi hanno diritto ad un terzo dei posti vacanti.

Basterebbe dunque a tutto rigore che l’Accademia dasse ogni anno 55 sottotenenti, e che quindi l’ammissione ad uno istituto sia al più di 70 a 75 allievi.

Quanto alla massa degli ufficiali di cavalleria e fanteria, che si richiede nel numero di circa 300, questa ce la somministrerà la scuola di Modena, tostochè l’ammissione alla medesima sia portata a tale numero.

Dunque mi pare che non c’è nessuna contraddizione tra l’onorevole Corte, relatore della Commissione, e quello che io ho detto, e, parmi anzi che su questo punto siamo perfettamente d’accordo.

Io non avrei altro a dire se non che di pregare la Camera a voler votare l’articolo come si è proposto.

Voci. La chiusura! la chiusura!

PRESIDENTE. Essendo chiesta la chiusura, domando se è appoggiata.

(È appoggiata.)

RICCI. Domando la parola.

SIRTORI. Io aveva domandata la parola per un fatto personale.

PRESIDENTE. Onorevole Ricci, su che ha domandata la parola?

RICCI. Contro la chiusura.

PRESIDENTE. L’onorevole Sirtori ha la parola contro la chiusura.

SIRTORI. Io aveva domandata la parola per un fatto personale quando l’onorevole Corte accennava che io avessi fatta una proposta la quale tendesse ad educare la gioventù che si destina alla milizia nel fanatismo o quasi nello spirito dei mammalucchi. Ora io credo che avrebbe bastato che l’onorevole Corte tenesse conto di quella considerazione e stima che ha di me, perchè non potesse credere che io volessi fare né dei mammalucchi, né dei fanatici, né degli individui animati dal vecchio spirito di militarismo.

No, questa non è la mia intenzione; io sono per così dire, personalmente almeno credo di esserlo, la negazione di questo fanatismo e di questo vecchio militarismo, e ho sempre avuto questo concetto del militare, sia che faccia professione d’arte militare, sia che faccia il militare di occasione; io ho sempre considerato il militare come il perfetto uomo, come il perfetto cittadino, cioè quell’uomo che ha tutte le qualità dell’uomo e del cittadino, quell’uomo e cittadino che ha identificato i propri pensieri, i propri sentimenti, i propri interessi cogli interessi della patria e della giustizia, ed a questi interessi è sempre pronto a fare il sacrificio della propria vita.

In questo non v’è nessun fanatismo, questa è in me una fede; io ho questa intima convinzione che non solo il soldato ma ogni cittadino, ogni uomo non deve servire a sè, alla propria persona, al proprio individuale interesse, alla propria soddisfazione, al godimento.

Io ho questa fede che l’uomo, qualunque egli sia, ha una missione propria, ogni uomo è soggetto alla legge morale, che comanda il sacrificio del proprio individuo al bene della patria in cui nacque a vantaggio dell’umanità, sacrificio che solo eleva l’individuo dia vera dignità di uomo e di cittadino.

Per me il soldato non è che il cittadino perfetto, il quale fa speciale professione di consacrare ed al bisogno di sacrificare se stesso a difesa della patria e della giustizia.

Qui non c’è fanatismo di sorta; c’è una fede, è una convinzione: e io vorrei che questa fede entrasse in tutti, e per quanto sta in me, cerco di farla penetrare nei miei subordinati ufficiali e soldati: e vi posso assicurare che essa penetra fino all’ultima recluta. Vi posso assicurare che non vi è recluta per quanto ignorante e rozza che sia, in cui non si possa far penetrare quest’idea di avere una missione alta, nobile, degna della dignità del cittadino, dell’uomo.

Questa fede, dico, non solo io la vedo entrare negli ufficiali e soldati e nei volontari di un anno (che è così nobile istituzione che darà ottimi frutti), ma proprio, dico, nelle novelle reclute, che si sentono elevate sentendo parlare della devozione alla patria e alla umanità.

Ed è ciò appuntò che io chiamo fare l’uomo ed il cittadino per farne poi il vero soldato. Creda pure l’onorevole Corte che, se noi abbraccieremo con convinzione questo metodo di educazione militare, che-in fondo è educazione virile e cittadina, faremo un gran bene, non solo all’esercito, ma all’intiera nazione.

E sapete che cosa fa la grande superiorità della Germania sulla Francia ed in genere sulle popolazioni latine? Non è la superiorità di razza; questo è un grandissimo errore. Io credo la razza latina non inferiore alla razza germanica, anzi la credo per alcune doti naturali superiore; ma l’inferiorità sta nell’istruzione e nella educazione. (Bene! Bravo!)

Noi a questa inferiorità non rimedieremo né coi collegi in mano ai clericali, i quali vogliono arrestare il corso dell’umanità, i quali hanno commessa quella grande empietà di rinnegare la ragione. quindi, quando viene a mancare la cieca fede e l’obbedienza passiva, non hanno più nulla per frenare le passioni, per dirigere gli uomini. Questo è il grande delitto che hanno commesso '(Bene! a sinistra),

rinnegare la ragione. Noi dobbiamo ristabilire il regno della ragione.

Io vorrei che gli istituti civili nostri dessero questa educazione, ma non la danno. £ un fatto deplorevole ma vero.

Io ricordo una parola del generale La Marmora, a cui mi piace di rendere questa giustizia, in quanto che mi sono trovato in dissenso su altre questioni con lui. Il generale La Marmora ha detto un giorno in questa Assemblea: non vi sono che i preti e i soldati che sanno dare una buona educazione.

Ebbene, egli aveva in gran parte ragione, perchè i soli preti, i soli solati sono animati dallo spirito di abnegazione, di sacrificio, e non sono dominati dallo spirito egoistico e mercantile del secolo. Avendo fede in una legge morale; essendo penetrati eglino stessi dai sentimenti di dovere, di onore, di sacrificio, sanno trasfondere questa fede e questi sentimenti di dovere e di onore nei loro allievi.

Ora nei nostri istituti questo non si fa. I professori e i direttori sono gente di mondo, e quali sono i maestri, tali riescono gli scolari.

Ripeto: sono gente di mondo, non sono gente devota ad un grande principio, non sono gente che senta la grande missione dell’educazione. Noi li possiamo avere questi educatori, noi li abbiamo già. Io ho trovato fra i miei ufficiali uomini profondamente penetrati del vero spirito militare, dello spirito d'abnegazione, di devozione alla legge, alla patria, all’ordine, a tutto ciò che vi ha di nobile nella natura umana; e li ho trovati particolarmente negli ufficiali che provengono dalla scuola superiore di guerra, che è la più bella istituzione che sia stata creata in Italia. E qui voglio citare il Marselli, quel Marselli il quale forse non è nelle cose militari abbastanza positivo, ma nelle cose morali e storiche mi eleva lo spirito dei suoi allievi fino alle più alte regioni a cui può giungere l’ideale umano. Con questi allievi non si fanno dei fanatici e dei mammalucchi, formerete dei veri discepoli, dei veri credenti nel progresso, nella civiltà: e questi non sono soltanto credenti speculativi, ma tali che per la loro fede sono pronti a dare la propria vita.

In questo progetto di legge, o signori, ci è una lacuna. Io vorrei che quei collegi, quei diversi istituti militari avessero una direzione superiore. Come si è istituito il Comitato distato maggiore generale, quelli delle armi di linea, delle armi d’artiglieria e del genio, così vorrei che ci fosse una Commissione, un Comitato, se volete, composto dei migliori generali (migliori sotto tutti i rapporti, come uomini, come cittadini, come militari), il quale fosse incaricato di sorvegliare continuamente l’andamento degli studi, l’istruzione e l’educazione che si dà in questi istituti militari.

Naturalmente questa direzione, questa ispezione superiore dipende poi dal ministro della guerra, il quale è responsabile dinanzi al Parlamento: ed in ultima analisi i veri direttori, i veri ispettori di questa istruzione siamo noi Parlamento, incaricati di sorvegliare, di sindacare tutto e di correggere qualunque inconveniente si verificasse.

Vede dunque l’onorevole Corte che non c’è alcun pericolo né di fanatismo né di vecchio e decrepito militarismo.

Io lo ripeto: se istituirete dei collegi militari, migliorerete non solo l’esercito, ma la nazione intera, in quanto che gli uomini che istruite ed educate nei collegi militari, danno poi educazione ed istruzione a tutte le reclute e così a tutti i soldati. Spero che verrà il momento in cui la massima parte del contingente sia raccolta nell’esercito, non solo per ricevere l’istruzione e l’educazione militare, ma per ricevere l’istruzione e l’educazione civile, l’educazione di cittadino. Nei collegi militari si vengono a creare dei focolari di civiltà, dei focolari di virtù civile, che riverberano dapprima sull’esercito e dall’esercito su tutta la nazione. Posso darvi formale assicurazione che i soldati, che riceviamo dalle parti più incolte d’Italia in uno stato semi-selvaggio, ritornano a casa molto migliori, non solo come soldati, ma come cittadini e come uomini, in guisa che tutti ne fanno le maraviglie. Ho persino udito un buon, parroco di campagna a dirmi: vedete, signor generale, raccolgo in casa mia questi ragazzi, faccio sforzi immensi per dar loro dell’educazione e non ci riesco mai. Ebbene, quando tornano dall’esercito, trovo gli uomini diversi assai da quello che erano prima. Li trovo pieni d’urbanità, di rispetto verso i loro superiori, ed animati da un ottimo spirito di ordine. Come fate voi ad ottenere questi risultati? Ora questo avviene per lo spirito vivificatore che trovasi nell’esercito e informa tutti quelli che ne fanno parte. Questo spirito è fecondo. Create collegi militari dai quali si possa questo spirito diffondere nell’esercito e quindi in tutta la nazione.

Accetto dunque la proposta dell’onorevole ministro per la guerra, solo vi aggiungerei...

PRESIDENTE. Nella proposta del Ministero si stabilisce già che sieno creati collegi militari.

SIRTORI. Poiché nella proposta del ministro è enunciato il principio che vi siano più collegi militari, io vi aderisco pienamente.

PRESIDENTE. Ma l’onorevole ministro li mette in plurale. Dice: «i collegi militari.» Quando dice i collegi militari, vede che va più in là di lui, poiché ammette la pluralità.

La parola spetta all’onorevole Ricci.

RICCI. Dopo il discorso del deputato Sirtori per un fatto personale, veramente non sarebbe più il caso di chiedere che si prolunghi la discussione. Io soltanto prego la Camera a permettere che io rivolga una parola all’onorevole relatore per alcune cose daini dette relativamente alla marina.

L’onorevole mio amico Corte, per difendere l’ordine del giorno presentato dalla Commissione e l’unica scuola secondaria militare, ha detto, mi pare: «dopo i tristi effetti che produssero nell’annata le due scuole di marina esistenti...» Ora mi permetta l’onorevole mio amico che io gli dica che, prima di lanciare un’asserzione di questa natura, conveniva almeno addurre qualche prova, la quale manifestasse che i mali che affliggono la marina hanno origine da queste due scuole e non invece da cause ben più profonde; questo mal vezzo di gettare del discredito sulla marina dovrebbe ormai smettersi.

Non è lecito di entrare in argomento e quindi io mi limito a queste poche parole, unicamente perchè non passi senza nota un’asserzione fatta nella Camera su cosa tanto delicata.

PRESIDENTE. L’onorevole Corte ha la parola per un fatto personale.

CORTE, relatore.

Adesso ne ho due. Prima di tutto devo fare una dichiarazione all’onorevole mio amico Ricci, ed è che io ho detto quello che si dice dappertutto, eccetto qui, dove, disgraziatamente, quello che si dice fuori si esprime in un altro modo.

Io ho sentito sempre, e dai giornali e dappertutto, deplorare questo dualismo. Se ciò non sussiste, se l’onorevole Ricci mi assicura che tutto quello che ho letto, o sentito dire, non è vero, e soprattutto non à vero in quest’Aula, io mi arrendo.

Adesso poi devo dare una spiegazione all’onorevole deputato Sirtori. Io ho pronunziata la parola mammalucco

; ma mi spiego. Questo vocabolo, se qualcuno lo interpretasse male, avrebbe torto. I mammalucchi furono corpi di truppa valorosissima, la quale ebbe il fanatismo che la spinse, come sa meglio di me l’onorevole Sirtori, a fatti eroici. Sicuramente se l’educazione fosse affidata ad uomini i quali avessero la natura eccezionale dell’onorevole deputato Sirtori, io non avrei quella paura; ma io debbo esaminare l’istituzione e non la persona che la dirige.

Ora a me pare che in questo momento debba essere piuttosto la società civile che dà il suo colore alla società militare, che questa a quella; che gli eserciti tanto valgono quanto le nazioni che li danno e che col sistema del servizio obbligatorio quelle teorie non sono ammissibili. Cogli artifici nulla si fa, e se in un paese il quale pofta 7 o 800,000 uomini in campagna, i suoi cittadini non hanno ricevuto nelle loro famiglie l’educazione nazionale, mi permetta l’onorevole generale Sirtori di dichiarargli che io credo che alcune centinaia o migliaia di ufficiali educati in un modo eccezionale, come delle piante esotiche, sarebbero impotenti.

Io, come sono uno di quelli i quali hanno accettato lealmente, intieramente la teoria del servizio obbligatorio, il principio che tutto il paese debba difendere il paese; non credo che istituzioni che io pure ho studiate lungamente, e che sono state educazioni di un altro tempo, possano essere efficaci nell’epoca'attuale.

Gli Spartani sono finiti; fate quello che volete, ma coi popoli moderni degli Spartani non ne farete mai.

Voci.

Ai voti! ai voti!

PRESIDENTE. La questione dei collegi è esaurita. Deggio comunicare alla Camera che l’onorevole Di San Marzano ha proposto un altro emendamento ad un altro paragrafo.

PALASCIANO. Domando la parola per un fatto personale.

PRESIDENTE. Accenni il fatto personale.

PALASCIANO. Dopo la dichiarazione del ministro mi credo autorizzato a sostenere più fermamente il mio avviso; ed è che con 75 ufficiali delle armi dotte tolti ogni anno dalle Accademie sia tutt’altro che assicurata la difesa del territorio nazionale.

Non ho altro da dire.

PRESIDENTE. L’onorevole Di San Marzano al paragrafo a,

vorrebbe che, invece delle parole «ufficiali subalterni,» si dicesse: «ufficiali inferiori.»

La Commissione accetta?

MINISTRO PER LA GUERRA. Io non l’accetto.

DI SAN MARZANO. Mi dispiace, signori, di dover ricondurre la discussione dalle sfere elevate, a cui si era innalzata, a proporzioni più modeste, ma per discutere l’articolo bisogna pur venire ai vari comma.

Io ho proposto un emendamento al comma a), il quale, come hanno sentito, è semplicissimo; si tratta di sostituire la parola inferiori a subalterni.

Questo per la forma. Nel fatto si tratta di ammettere alla scuola di guerra anche i capitani e non i soli subalterni.

Il generale Sirtori ha teste accennato agli ottimi risultati della scuola di guerra; questo mi dispensa dall’aggiungerne altri; la sua voce è certo molto più autorevole della mia.

La scuola di guerra fa istituita nel 1867, e nel decreto d’istituzione si diceva precisamente che era destinata ad istruire ufficiali inferiori

per i gradi superiori dell’esercito e per reclutare il corpo di stato maggiore. Fu poi riordinata con regio decreto nel 1871, e venne conservata la stessa dicitura ufficiali inferiori

A mia conoscenza, soltanto con una nota ministeriale dell’anno scorso non si ammisero più che degli ufficiali subalterni. Ora questa disposizione, che modifica più di quanto possa sembrare, si tratta di convertirla in legge, poiché il comma a) dice che è destinata per istruire ai gradi superiori dell’esercito gli ufficiali subalterni; mentrecchè il decreto d’istituzione e quello di riordinamento, come ho accennato, comprendevano tutti gli ufficiali inferiori, cioè anche i capitani.

Io credo che la scuola di guerra abbia dato ottimi risultati in parte precisamente perchè furono ammessi i capitani; ciò ha impedito che si desse un’istruzione che prendesse un carattere esclusivamente scolastico. È un’istituzione che dà degli ufficiali i quali hanno un’istruzione elevata, scientifica e pratica nello stesso tempo.

Io credo che bisogna fare il possibile per mantenere questo carattere alla scuola di guerra ed all’istruzione che ricevono gli ufficiali che vi concorrono, cioè un carattere scientifico bensì, ma pratico allo stesso tempo.

Ora, se noi escludiamo i capitani, a breve andar di tempo, coloro che concorreranno alla scuola, saranno essenzialmente i sottotenenti, quelli che escono dagli istituti d’istruzione superiore militare, cioè dalla scuola di Modena, ed anche, in condizioni determinate dal regolamento, gli uscenti dall’Accademia di Torino.

È bensì vero che il decreto d’istituzione stabilisce che non possono essere ammessi alla scuola di guerra gli ufficiali che non hanno fatto due anni di servizio in un corpo dell’esercito; ma due anni non è molto; vuol dire che questi giovani lasciano per due anni soltanto la scuola; cioè fanno due anni di servizio e tornano alla scuola. Io credo che bisogni mantenere l’indirizzo che ha attualmente, che è ottimo e che ha dato ottimi risultati.

E evidente che anche chi studia, studia in modo differente se continua i suoi studi appena ultimata la sua educazione o li riprende più tardi (questa è questione non militare ma generica), e tutti ammetterete che continuare uno studio, intraprenderlo in età più matura sieno due cose differenti; perché, se non altro, v’è la esperienza propria; e l’esperienza d'un uomo che a 30 o 35 anni intraprende degli studi serii, quali si fanno alle scuole di guerra, è da tenersi in considerazione; cercherà sempre poi di dare ai suoi studi un indirizzo pratico, che è quello appunto di cui abbiamo bisogno. Si potranno certamente fare alcune obbiezioni all’ammettere i capitani, per riguardo al passaggio nel corpo di stato maggiore, prima o dopo avuta la promozione, od altre consimili.

Ma sono cose di cui non importa che la Camera si oocupi, poiché il ministro poi provvederà con decreti, come fu fatto finora.

L’unica obbiezione seria, a mio avviso, è quella che ammettendo i capitani, siccome il corso dura tre anni, ci saranno alcune unità dell’esercito, compagnie e squadroni che rimarranno senza il proprio comandante. Io però non intendo che il ministro sia obbligato a lasciar andare un gran numero di capitani alla scuola di guerra; potrebbe ammetterli in numero determinato, o solo in una data proporzione numerica cogli altri ufficiali od anche a corsi alternati, ma con quel temperamento che si reputerà migliore, non vorrei che la legge fosse così tassativa da escludere ad ogni modo i capitani.

Credo adunque si possa riparare all’inconveniente di avere molte unità tattiche che rimangano private per qualche tempo del loro comandante.

Ho combattuto questa, che è l’unica seria difficoltà che, a mio avviso, si possa opporre. Soggiungo poi che l’aver ammesso i capitani nelle scuole di guerra non ha mai dato luogo a verun inconveniente.

Io vorrei che qualchedun altro avesse detto queste cose in un modo migliore. Ma, se ho ben spiegato il mio pensiero, era mio intendimento ottenere che si lasciasse al ministro la facoltà di ammettere, in quella proporzione che crederà, taluni capitani per mantenere alle scuole di guerra l’indirizzo attuale, dal quale l’esercito può ottenere un utile più immediato.

Se riduciamo le scuole di guerra ad essere, per dir così, solo un complemento d’istruzione per gli uffiziali che escono dalla scuola di Modena, trascorrerà troppo tempo prima che questi uffiziali raggiungano i gradi elevati, o prima che possano entrare nel corpo di stato maggiore col corredo di istruzione da essi acquistata nei primissimi anni di loro carriera.

MINISTRO PER LA GUERRA. L’istruzione della scuola superiore di guerra fu copiata dalla Prussia.

La Prussia non ammette in essa i capitani, e per ciò che riguarda il nostro Stato, debbo fare due considerazioni distinte.

Prima di tutto nel nostro esercito vi erano stati avanzamenti rapidissimi a capitani; la maggior parte degli uffiziali, che nel 1859 e nel 1860 erano sottotenenti, già si trovavano capitani nel 1866, e quindi non era possibile escludere tanta gioventù dall’ammissione alla scuola superiore, alla quale non aveva potuto concorrere prima perchè essa non c’era.

Ed infatti degli ammessi nel primo anno metà circa erano capitani, il terzo nel secondo anno, poi solo il quinto, e nel quarto anno si era arrivati al decimo ed al quindicesimo soltanto.

Io credo che d’ora in avanti non vi saranno più capitani che vogliano andare alla scuola superiore, poiché, quando un ufficiale passa capitano dopo almeno 15 o 16 anni di servizio, siccome l’ammessione alla scuola è fatta per concorso, così non é guari ammessibile che un ufficiale aspetti di essere diventato capitano per fare un corso di studi scientifici e letterari: corso che si fa sempre meglio in una età più giovane.

Come ho detto nel primo anno d’istituzione i capitani ammessi erano circa la metà, cioè trenta sopra sessanta; nel secondo discesero a diciassette, e nel terzo anno si ridussero a sette e si venne diminuendo fino a tre o quattro. Ed era naturale questo fatto e si era già previsto; ma si era voluto lasciare per alcuni anni libero ai capitani di concorrere, perchè essi potessero godere di un diritto che non potevano avere quando erano tenenti. Nella carriera militare vi è poca speranza che uno possa essere promosso capitano prima dei 32 o dei 35 anni; gli ufficiali subalterni hanno quindi tutto il tempo di concorrere finché sono tenenti.

E poi abbiamo l’esempio della Prussia, la quale fa lo stesso. Io quindi, piuttosto che accettare l’ammissione dei capitani, preferirei di protrarre di un anno, cioè a tre anni il tempo di servizio, come ufficiale per concorrere alla scuola superiore di guerra. Ma l’ammettere i capitani trovo che crea delle difficoltà, e credo che anche i capitani non abbiano più voglia di concorrere ad esami con dei sottotenenti, e correre il rischio di rimanere al di sotto, e questo può succedere: si danno esami di letteratura, di storia, di geografia, di matematica, ed è naturale che, attesa la loro età, i capitani possano più facilmente riuscire deficienti, il che non è neppure consono colla disciplina. D’altro canto è difficile che abbiano ancora interesse a tale ammessione, dappoiché quelli che avevano quest’intenzione già hanno cercato d’attuarla. A preferenza, se fosse necessario, io farei una scuola separata per i capitani e per i maggiori. Ma ammettere in concorso alla stessa scuola dei sottotenenti e dei tenenti giovani con capitani anziani, questo non mi pare conveniente. Ed in ciò sono anche confortato dall’esperienza di quello che da 20 o 25 anni si pratica in Prussia.

Io pertanto prego l’onorevole Di San Marrano a non insistere nella sua proposta, e qualora insista, dichiaro che non posso accettarla.

PRESIDENTE. Onorevole Di San Marzano, insiste nella sua proposta?

DI SAN MARZANO. Sì.

PRESIDENTE. Dunque Terremo ai voti.

DI SAN MARZANO. Le obbiezioni ohe ha fatte il signor ministro, pare a me, che non tolgano il fatto, anzi lo confermino, cioè che in questo modo questa scuola tenderà a prendere un carattere scolastico. Ed è specialmente questo carattere che io avrei voluto cercare d’impedire che assumesse.

Io vorrei bene non aver insistito sulla mia proposta, e contentarmi di prendere atto delle dichiarazioni del ministro; ma non so veramente di che cosa potrei prender atto. (Ilarità)

CORTI, relatore

. Io debbo dare una spiegazione all’onorevole Di San Marcano, ed è che la Commissione non ha creduto d’entrare in quest’argomento, inquantochè nella proposta di legge ministeriale si trattava di stabilire che ci fosse una scuola di guerra, ma non v’era poi, non ci doveva essere alcuna legge speciale per essa. Si stabiliva che ci dovesse essere, ma la scuola di guerra era ordinata per regolamento; quindi noi altri allora non potevamo addentrarci in quella discussione, e per conseguenza abbiamo accettata la proposta, che il ministro ci ha fatta, che vi fosse una scuola di guerra con uno scopo che è sufficientemente spiegato: cosa d’altronde che ognuno dei membri della Giunta conosceva. Ma poi quanto al sapere e determinare quali fossero le categorie d’ufficiali che ci dovessero entrare, ufficiali subalterni cioè o ufficiali superiori, la Giunta di questo non si è occupata, ed ha lasciato che quello lo facesse il ministro.

PRESIDENTI. Dunque non insiste onorevole Di San Marcano?

DI SAN MARZANO. Io farei una proposta e sarebbe di sopprimere le parole ufficiali subalterni od ufficiali inferiori e dire solamente: per educare gli ufficiali, ecc. Ciò vuol dire che, quando il ministro credesse di poter ammettere alcuni capitani, sarà padrone di farlo; altrimenti, conservando l’articolo quale viene proposto, per ammettere tre o quattro capitani sarà obbligato a presentare un apposito progetto di legge. L’ammessione dei capitani a questa scuola sarà una eccezione, ma potrà pure essere che vi siano dei capitani prima dei 30 o 32 anni, o che per altri motivi convenga ammetterli, ed importa pertanto mantenere la possibilità di farlo.

Parmi che il signor ministro non dovrebbe avere difficoltà ad accettare almeno questa mia proposta.

MINISTRO PER LA GUERRA. Su questo punto non ho difficoltà; l’essenziale per me è che finché sono ministro voglio essere libero di non ammetterli, perchè, mentre ho sostenuta l’ammessione dei capitani nel primo periodo, credo che sarebbe dannosissimo ammetterli nel secondo. Sarei disposto piuttosto, come dissi, a fare una seconda scuola.

DI SAN MARZANO. Allora modifico l’alinea in quel modo.

PRESIDENTE. Dunque il ministro e la Commissione accettano la proposta dell’onorevole Di San Marcano, che consiste nel sopprimere la parola subalterni, e dire soltanto: «a) La scuola di guerra istituita per coltivare negli ufficiali quelle cognizioni scientifiche e militari, ecc., ecc. » Ora pertanto rimangono due sole proposte: una messa innanzi dall'onorevole ministro della guerra ed accettata dai diversi proponenti, colla quale si chiederebbe di aggiungere un paragrafo, che sarebbe il d-bis, nei seguenti termini: «E i collegi militari per preparare giovani, per l’ammessione alla scuola militare ed alle Accademie militari.»

CORTE, relatore. La Commissione non si oppone a che si ammettano queste parole: e i collegi militari. Dal canto mio però dichiaro che, quando si vorrà istituire un secondo collegio militare, allora mi permetterò, valendomi del diritto d’interpellanza od in altro modo, di combatterlo.

PRESIDENTE. Mantiene il suo ordine del giorno?

CORTE, relatore. Lo mantengo.

PRESIDENTE. Rileggo l’ordine del giorno presentato dall’onorevole relatore:

«La Camera, tenuto conto della convenienza di mantenere nelle provincia meridionali del regno un istituto di educazione militare;

«Considerando che, nello stato attuale delle cose, non può non tornare utile all’esercito che vi sia una scuola preparatoria agl’istituti militari superiori;

«Ferma però sempre nel concetto che sia di suprema importanza politica di mantenere l’unità negli insegnamenti militari;

«Invita il Governo a conservare l’attuale collegio militare di Napoli, convertendolo, mediante posti gratuiti da ottenersi con concorso di esame, in istituto nazionale di educazione preparatoria agl’istituti militari superiori.»

A me pare che quest’ordine del giorno impiega un tantino nella proposta dell’onorevole ministro, inquantochè intende di conservare l’unità degli istituti.

CORTE, relatore.

Il ministro della guerra ha dichiarato che egli stesso ammetteva che si dicesse i collegi militari preparatorii. Ora, quando quell’ordine del giorno era stato formolato, si era trattato dell’unicità dell’insegnamento militare, e nello stesso modo vi si era introdotta la conservazione del collegio militare di Napoli, locchè scomparirebbe mediante l’aggiunta dei collegi militari indeterminatamente.

Come dice l’ordine del giorno, noi avevamo anche da principio dichiarato che credevamo opportuno che vi fosse nelle provincia meridionali una scuola militare, e insisterei perchè si votasse quella risoluzione e pregherei l’onorevole ministro a volerla accettare, col collegio militare di Napoli.

Qualora poi egli volesse formare collegi nuovi, presenterà un progetto di legge col quale chiederà i fondi a tal uopo necessari e direbbe anche le ragioni per cui li volesse istituire.

Del resto io temo che voteremo un equivoco. Io non so, non ebbi campo ora di combinarmi cogli onorevoli colleghi della Giunta, e insisto sul mio ordine del giorno, perchè, ripeto ancora, io sto per la unicità dell’insegnamento militare per ragioni che, non solo in questa, ma in tante altre occasioni io ho sempre esternato alla Camera.

MINISTRO PER LA GUERRA. Quest'ordine del giorno comprende due parti: coll’una si vuol stabilire il principio che sia necessario mantenere l’uniformità nelle scuole superiori militari; ma a questo proposito io devo tosto osservare che questa uniformità à già stabilita dalla legge la quale non ammette che uno solo per specie di questi istituti superiori, cioè rAccademia militare per l’artiglieria e genio e la scuola militare per la fanteria e cavalleria, senza però indicarne la località, e nessun ministro può fare in proposito modificazioni senza presentare un’altra legge; laonde, considerato sotto questo aspetto, il proposto ordine del giorno non sarebbe punto diretto al Ministero, ma conterrebbe soltanto una dichiarazione di principio ripetuta dalla Camera.

La seconda parte dell’ordine stesso ha una importanza maggiore, perchè stabilisce che il collegio militare deve essere quello di Napoli. Siccome io non mi oppongo alla conservazione di questo collegio, poiché non' può neppure venire il dubbio che sia levato di là, così io potrei anche accettare l’ordine del giorno; osservo però che, dal momento che non si è nel progetto indicata la località in cui sono situati gli altri istituti militari, non mi pare regolare specificarla per i collegi militari, e dire: il collegio militare di Napoli.

Quanto poi all’istituirne dei nuovi di questi collegi è chiaro che ciò non potrà farsi che per legge, poiché dopo il 1° gennaio 1874 tutte le modificazioni agli organici debbano essere approvate per legge; e il ministro, se vuol quindi cambiare gli organici stessi, deve venire a chiederne l’autorizzazione e i fondi alla Camera. Per tutto ciò, ripeto, non ho alcuna difficoltà ad accettare l’ordine del giórno, siccome quello che non va in modo assoluto contro l’articolo di legge.

PRESIDENTI. Mantiene la sua redazione?

CORTE, relatore. Io vorrei sapere se il ministro, invece di dire: collegi preparatorii...

PRESIDENTE. Ha già detto di no, egli non fa proposta e la Camera deciderà. Dunque ritenga la Camera che anzitutto c’è l’ordine del giorno della Commissione.

DI GAETA. Domando la parola sull’ordine del giorno. (Mormorio)

PRESIDENTE. Non si può riaprire la discussione.

Vi sono dunque due proposte: l’una dell’onorevole Corte, il quale vuole che si dica: il collegio militare di Napoli; l’altra del ministro, con cui si dice:

collegi militari, senza determinare il luogo. L’onorevole Corte ha fatto poi un emendamento alla proposta dell’onorevole ministro, e quindi la sua deve avere la precedenza.

TASCA. (Della Commissione) Domando la parola per una dichiarazione. Formando parte della Commissione, io aveva accettato l’ordine del giorno dell’onorevole Corte, collo scopo precipuo che si dovesse accettare l’idea di avere il collegio di Napoli. Ottenuto questo scopo, io mi tengo indipendente e libero allatto quanto all’altro apprezzamento, se cioè si debba conservare questo solo, oppure fare anche altri collegi. Dopo la discussione, essendo io entrato fermamente nella persuasione dell’utilità di avere più collegi piuttosto che uno, io dichiaro che voterò l’ordine del giorno proposto dalla Commissione per conservare il collegio di Napoli, tenendomi poi indipendente in quanto al votare anche la proposta del ministro, come quella che asseconda perfettamente le mie idee.

GIANI. Domando la parola per una dichiarazione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.

GIANI. Membro anche io della Commissione, dichiaro che aveva accettato l’ordine del giorno per conservare il collegio della Nunziatella; ma visto che, secondo quello che ha detto l’onorevole ministro, egli lo mantiene, io voterò la di lui proposta. (Bisbiglio a sinistra)

NICOTERA. A me pare che vi sia una contraddizione. L’onorevole ministro ha dichiarato che non possono essere aperti altri collegi senza la presentazione d’una legge speciale...

Voci. No, nell’occasione del bilancio.

NICOTERA. Sia pure, negli organici o nel bilancio. Ma oggi di che cosa si tratta?

Si tratta unicamente del collegio militare di Napoli; poiché se si trattasse di altri collegi, il ministro, sia nella legge organica, sia nel bilancio, avrebbe bisogno d’una disposizione speciale. Trattandosi quindi della questione del collegio militare di Napoli, mi pare più logico, più consentaneo quello che propone la Commissione, cioè che si dica: il collegio militare di Napoli.

(Il deputato Nisco pronuncia qualche parola.)

NICOTERA. L’onorevole Nisco fa segni d’impazienza, domandi la parola, e risponderò.

NISCO. Domando la parola. (Ilarità)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.

NISCO. Io dico che quando il ministro accetta il principio di ammettere nella disposizione collegi militari, in questa frase è compreso il collegio militare di Napoli. E credo che voler fare una specialità pel collegio militare di Napoli, offenda non solo il principio importantissimo, ma anche coloro che si credono i sostenitori delle prosperità di Napoli.

PRESIDENTE. Faccio osservare che, votando l’ordine del giorno della Commissione, il quale include che il collegio di Napoli sarà conservato, è indubitato che poi accettando la proposta generale del ministro, si accetta implicitamente la conservazione di questo istituto. L’onorevole Nicotera ha facoltà di parlare.

NICOTERA. Siccome io non sono dell’opinione notevole Nisco, cioè che bisogna fare atto di fede a tutto quello che dichiarano i ministri...

NISCO. Domando la parola per un fatto personale.

NICOTERA. Chieda pure la parola per un fatto personale....così credo che, quando un ministro dice cosa che può essere non esatta, un deputato abbia il diritto di fare delle osservazioni. Non so poi vedere la considerazione di decorose che ravvisa l’onorevole Nisco, per la quale non si debba proporre che sia mantenuto il collegio militare di Napoli. Ad ogni modo, non credo di meritare il rimprovero dell'onorevole Nisco, credendomi per lo meno quanto lui animato da sentimenti tutt'altro che municipali. Ripeto: ciò che propone il Ministero è una vera contraddizione; ora non si tratta d’altro che del collegio militare di Napoli. (Interruzioni)

Dichiaro poi che sono dell’opinione dell’onorevole Sirtori; ritengo, cioè, essere cosa utilissima che vi sieno molti collegi militari, e quando si dovesse discutere su questo argomento, ritenga l’onorevole Nisco che non farei la questione che vi debba essere solo il collegio militare di Napoli.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Nisco per un fatto personale.

Voci. Ai voti! ai voti!

NISCO. L’onorevole Nicotera mi rimprovera di fare atto di fede alle parole del ministro.

Non faccio atto di fede alle parole del ministro, faccio atto di fede a ciò che credo giusto e conforme a ragionai e non rinunzio alla ragione per fare atto di fede all’opposizione. Mi perdoni l’onorevole Nicotera, la questione è più alta; non parliamo del collegio militare di Napoli, ma parliamo del sistema se ci debbano essere o no collegi d'istruzione secondaria militare in Italia. Credo che ci debbano essere questi collegi precisamente per le ragioni svolte dall’onorevole Sirtori.

Ammettendo io tali ragioni dette dall’onorevole Sirtori, debbo ammettere l’aggiunta proposta dall’onorevole ministro, perchè con tale aggiunta egli risolve una questione importantissima di principio, che è molto superiore alla questione del collegio militare di Napoli.

MINISTRO PER LA GUERRA. L’onorevole Nicotera ha asserito che il Ministero è caduto in contraddizione.

Debbo fare osservare alla Camera che il Ministero fa una grande differenza tra una legge speciale e la legge generale del bilancio, ora io ho sempre detto che se in questa proposta di legge non ammettiamo i collegi militari secondari, il Ministero non potrà creare altri di questi collegi senza riportarne dalla Camera l’approvazione non nella legge di bilancio, ma per mezzo di una legge speciale. Né conviene dissimularci che Se entriamo in quest’ordine d’idee si dovrà cambiare tutta la legge. Vi è, per esempio, l’articolo che parla dei battaglioni d’istruzione, ebbene noi dovremo fissare perentoriamente il numero dei medesimi. Lo stesso dicasi di altre consimili modificazioni che si dovrebbero introdurre, di guisa che meglio sarebbe allora ritirare addirittura questo progetto per sostituirvene un altro.

PRESIDENTE. Veniamo ai voti; la questione è chiara. Prego la Camera a prestarmi attenzione.

C’è l’ordine del giorno della Commissione...

Voci dal banco della Commissione.

No, no, della Commissione!

CORTE, relatore.

Quando l’ho presentato, aveva l’assenso della Commissione.

PRESIDENTE. C’è dunque l’ordine del giorno dell’onorevole Corte, il quale, premesse alcune dichiarazioni in esso contenute, invita il ministro a conservare la scuola di Napoli. Quindi viene la proposta dell’onorevole Corte per un paragrafo addizionale per la scuola militare di Napoli.

In seguito vi è la proposta dell’onorevole ministro, che è stata emendata dall’onorevole Corte medesimo.

Però, quando fosse respinta la proposta dell’onorevole Corte, non ne verrebbe per conseguenza che la scuola di Napoli non dovesse essere compresa in quella del signor ministro; e ciò vorrebbe dire che la Camera non accetta l’unicità voluta dall’onorevole relatore, ma la pluralità proposta dal signor ministro, nella quale può stare il collegio militare di Napoli. (Movimenti diversi)

TASCA. Io pregherei l’onorevole presidente ad osservare che, secondo me, noi finiamo per votare un equivoco. (Rumori)

PRESIDENTE. Faccia le sue osservazioni.

TASCA. Che cosa è il risultato di tutta questa discussione? Il risultato di tutta questa discussione sta in ciò: che l’onorevole Corte (dico l’onorevole Corte, poiché è lui che conserva l’ordine del giorno presentato dalla Giunta), l’onorevole Corte pretende che, stabilendosi il collegio militare, sia unicamente quello di Napoli.

Un’altra corrente, e forse la maggiore, anzi senza dubbio la maggiore, accetta che si stabiliscano questi collegi militari; ma, invece di volere quello unico di Napoli, ammette che si possano estendere a varie regioni d’Italia. Ora, se noi ammettiamo la votazione come ebbe a proporre testé l’onorevole presidente, certamente noi verremo ad un equivoco.

Noi, secondo me, dovremmo votare in questo modo; dovremmo votare prima di tutto l’ordine del giorno che ora ha fatto suo l’onorevole Corte; una volta che quest’ordine del giorno sia accettato, non c’è più bisogno di votarlo poi in un emendamento proposto alla legge. Noi in allora dobbiamo votare la proposta dell’onorevole ministro, perchè ne verrebbe ohe alcuno potrebbe votare l’ordine del giorno... (Rumori incessanti)

Ma è impossibile continuare.

Insomma, in una parola, giacché vedo che non si vuole intendere, io domando che si metta ai voti l’ordine del giorno dell’onorevole Corte, e poi la proposta dell’onorevole ministro.

PRESIDENTE. Ho già dichiarato che sull’ordine del giorno dell’onorevole Corte spetta alla Camera il decidere. Ora, la risoluzione da lui presentata, inspirandosi al concetto di un unico istituto d’istruzione secondaria militare, propone la scuola di Napoli; questa è la sua significazione; e poi, emendando la proposta dell’onorevole ministro, vuole che si aggiunga un paragrafo che dica: «scuola militare di Napoli.»

NICHELINI. Metta ai voti la proposta del ministro.

PRESIDENTE. Ma, onorevole Michelini, io non posso non mettere ai voti l’ordine del giorno; spetta alla Camera il decidere. Fo nuovamente avvertire che, quantunque l'ordine del giorno non fosse accettato, non per questo ne può venire la conseguenza che nella proposta dell’onorevole ministro non si possa comprendere il collegio militare di Napoli; perchè, se è respinta la proposta dell’onorevole Corte intorno al collegio di Napoli, lo è^jion perchè non si voglia quel collegio, ma perchè sarebbe unico istituto; mentrechè, accettando la proposta di istituti molteplici, vi può essere compreso quello di Napoli. La Camera ha dunque compreso il concetto? (Sì! Sì!)

Rileggerò dunque l’ordine del giorno dell’onorevole Corte, coll’avvertenza che ho posta innanzi. (Movimenti diversi)

DINA. Domando la parola per la posizione della questione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.

DINA. A me pare che, prima della votazione, sia necessario intenderci chiaramente, onde evitare ogni equivoco. Noi siamo d’accordo, a quanto sembra, in questi due punti: primo, che nel votare l’aggiunta proposta, s’intende che sia conservato il collegio militare di Napoli (Sì! Sì!)

; secondo, che, oltre alla conservazione del collegio militare di Napoli, il ministro abbia la facoltà di istituirne altri, presentando la domanda di spesa nel suo bilancio. Dunque, per votare in questo senso, prima di tutto mi pare che bisogna prendere atto delle dichiarazioni del signor ministro, che il collegio di Napoli è conservato, e quindi votare l’aggiunta da lui proposta. Questo mi pare il modo più semplice e più logico per procedere alla votazione.

PRESIDENTE, No.

DINA. Scusi, ma a me pare proprio più logico. Quindi io proporrei un ordine del giorno, col quale la Camera, prendendo atto delle dichiarazioni dell’onorevole ministro della guerra, che il collegio di Napoli è conservato, passa alla votazione dell’articolo. Se la Camera lo accetta, la questione sarebbe risolta. (Sì! sì! a destra,)

PRESIDENTE. Permetta: l’onorevole Corte fa un subemendamento alla proposta dell’onorevole ministro, ed io non posso non metterlo prima ai voti.

DINA. Ma la proposta del ministro è più larga, e quella dell’onorevole Corte più ristretta, viene dopo.

PRESIDENTE. Come sub-emendamento, va votato prima.

Voci. Ai voti I ai voti! (Vivissimi segni d’impazienza)

BROGLIO. Io prego la Camera di permettere che si passi ai voti sotto una qualunque formola. Abbia la precedenza quella dell’onorevole Corte, oppure quella dell’onorevole ministro, è una cosa indifferente; noi tutti sappiano quello che vogliamo; dunque si metta prima ai voti l’una o l’altra, non importa; la maggioranza deciderà. (Sì! sì!)

PRESIDENTE. Se l’onorevole Dina presenta un ordine del giorno più largo di quello dell’onorevole Corte, lo porrò ai voti. Egli propone la seguente risoluzione: «La Camera, prendendo atto delle dichiarazioni del ministro della guerra rispetto alla conservazione del collegio militare di Napoli, passa alla votazione delle proposte.» Ora, come ho detto, le proposte sono due: una dell’onorevole Corte e l’altra dell’onorevole ministro; dunque, quando si approvasse quest’ordine del giorno, converrà poi metterle ai voti.

Voci. Ai voti! ai voti!

DEL GIUDICE G. La questione è molto importante. A noi non basta il prendere atto delle dichiarazioni del ministro della guerra, in quanto che non si tratta di una dichiarazione pura e semplice delle intenzioni del ministro; bensì è la Camera che ordina al ministro di conservare il collegio militare di Napoli. Insomma la conservazione di quell’istituto deve risultare come la conseguenza della discussione che ha avuto luogo.

Oggi c’è il ministro Ricotti, e naturalmente non è punto mio pensiero di elevar dubbi sulle intenzioni di lui; ma domani potrà esserci un altro ministro che abbia diverso divisamento; per cui la Camera non deve contentarsi di prendere atto delle dichiarazioni del ministro, ma nettamente esprimere il suo volere che il collegio militare di Napoli sia conservato.

PRESIDENTE. Onorevole Del Giudice, l’onorevole Corte, come più volte ho avvertito, ha appunto in mira, di proporre un paragrafo con cui sia dichiarato che si conserva il collegio militare di Napoli, ma come istituto unico; ora coloro che sono d’avviso di averlo come unico collegio voteranno la proposta Corte; invece quelli che vogliono la conservazione del collegio di Napoli e nello stesso tempo la moltiplicità degli istituti, votando contro la di lui proposta, approveranno quella dell’onorevole ministro. (Si! sì!) Metto ai voti l’ordine del giorno presentato dal deputato Dina, di cui testé ho dato lettura.

(È approvato.)

Ora viene la proposta dell’onorevole Corte, che è un emendamento a quella del ministro della guerra, cioè che si aggiunga un paragrafo d intitolato nel modo seguente:

«La scuola militare preparatoria di Napoli.»

La metto ai voti.

(Non è approvata.)

Segue il paragrafo d-bis, proposto dal ministro della guerra: «I collegi militari per preparare giovani per l’ammissione alla scuola militare ed all'Accademia militare.» Metto ai voti questa proposta.

(È approvata.)

Pongo ai voti l’articolo 52 così emendato.

(È approvato.)

«Art. 53. Il personale di governo delle varie scuole menzionate all’articolo precedente è tratto dai militari delle varie armi dell’esercito permanente corrispondenti alle scuole stesse.

«Il personale insegnante è in parte composto di militari appartenenti all’esercito permanente, ed in parte di professori e maestri civili di cui all’articolo 44.»

(È approvato.)

«Art. 54. L'ufficio di revisione delle matricole e delle contabilità dei corpi è diretto da un ufficiale generale, ed il suo personale è composto di ufficiali appartenenti ai vari personali dell’esercito.»

(È approvato.)

«Art. 55. L'ufficio d'amministrazione di personali vari attende all’amministrazione di tutti i personali dipendenti dall’amministrazione della guerra che non hanno Consiglio d’amministrazione proprio, e nello stesso tempo è l’intermedio delle varie amministrazioni militari per le operazioni di conto corrente.

«Il personale di quest’ufficio è fornito da quello degli ufficiali contabili di cui all’articolo 38.»

(È approvato.)

«Art. 56>. Gli stabilimenti d'artiglieria sono i seguenti:

«Arsenali di costruzione;

«Fabbriche d’armi;

«Fonderie;

«Polverifici;

«Laboratorii di precisione;

«Laboratorii pirotecnici.»

Ha facoltà di parlare l'onorevole Breda Vincenzo.

BREDA VINCENZO. In questo articolo io non vedo fra gli stabilimenti militari compreso il laboratorio farmaceutico.

BILLIA A. Non torniamo in farmacia come ieri. (Ilarità)

BREDA VINCENZO. Prego l’onorevole interruttore Billia di credere che io non tratto dei farmacisti, ma bensì dei soldati. Io rispetto egualmente tutti i ceti dei cittadini e perciò anche quello dei farmacisti, ma qui, ripeto, vedrà che mi preoccupo solo del bene dei soldati.

Io non ho veduto né nella relazione del ministro, né in quella dell’onorevole Corte, accennata una sola parola che riguardi il laboratorio farmaceutico militare. Non conosco quindi le ragioni che possono avere indotto il Ministero e la Commissione ad abolirlo. E siccome credo che taluni fra noi neppure sappiano che quel laboratorio esiste; così, votando questo articolo, si troverebbero di averlo abolito non solo senza avere sentita una ragione qualunque contro il medesimo, ma anche senza sapere di averlo fatto.

Signori, o questo stabilimento funziona bene o funziona male. Se funziona bene, non c’è ragione per cui dobbiamo sopprimerlo; se funziona male, dobbiamo esaminare quali siano i difetti, quali gli inconvenienti della sua amministrazione; vedere se essi siano rimediabili o no, e prendere quel partito che dietro a tale esame risultasse il migliore. Ma sopprimerlo così alla cieca non parmi né giusto né ragionevole.

È vero che in altri paesi militari, come, per esempio, in Prussia, non vi sono laboratori farmaceutici governativi, ma bisognerebbe che il nostro paese fosse nelle stesse condizioni, sia rispetto all’industria farmaceutica, sia rispetto ai mezzi che per verificare i medicinali sono a disposizione di quei farmacisti militari, perchè potesse reggere il paragone.

Quanto all’economia intanto, per me non esiste dubbio di sorta che il laboratorio farmaceutico non debba essere conservato.

Uno stabilimento il quale ha una clientela così grande come quella di tutta l’armata di terra e di mare, il quale può quindi, anzi deve acquistare all’ingrosso e di prima mano tutte le materie prime, il quale la manipola in larga scala in edifizi appositamente ridotti, e che è provveduto di tutti i mezzi occorrenti all’uopo, deve necessariamente poter fornire i suoi prodotti a molto miglior mercato di quello che si possano avere da qualsiasi stabilimento di secondaria importanza.

Dal lato dell’economia dunque il mantenimento del laboratorio farmaceutico militare è indiscutibile.

Ma altre ragioni, secondo me, più potenti militano in suo favore.

Chi non sa infatti che dalla bontà e dalla purezza dei rimedi in molti casi dipende la vita dell’ammalato?

E noi non dobbiamo dunque preoccuparci di questa grave questione di assicurare ai nostri soldati la bontà dei rimedi che vengono loro somministrati?

Ma si dirà forse da taluni: nello stesso modo che per noi ricorriamo all’industria privata, perchè non vi ricorreremo egualmente pei soldati?

Quest’esempio però, o signori, non calza, perchè noi possiamo per il nostro uso rivolgerci a quella farmacia che ci ispira la maggiore fiducia, mentre il soldato deve assolutamente prendere le medicine che gli vengono porte e non ha la facoltà di scegliere.

Noi abbiamo quindi il dovere strettissimo di tutelare il diritto dei nostri soldati all’apprestamento di farmaci perfetti, e saremmo responsabili delle tristi conseguenze che ne deriverebbero se a tale dovere non cercassimo di ottemperare nel modo migliore possibile.

E non basterebbe mica il rispondere: i nostri farmacisti militari devono sorvegliare a che i medicamenti siano perfetti, perchè i farmacisti militari (e l’onorevole Corte ce l’ha detto nella discussione di due giorni or sono e lo scrisse nella sua relazione a pagina 5 e lo ha ripetuto poi alla pagina sesta), i farmacisti militari da ora in poi sono ridotti a semplici distributori di medicinali. Per verificare la qualità dei medicamenti dovrebbero essere tutti chimici, e chimici distinti non solo, ma si...

FAMBRI. Domando la parola.

CORTE, relatore.

Domando la parola.

BREDA VINCENZO... dovrebbero avere tanti laboratori quanti sono gli ospedali, giacché per tali delicate operazioni non sono montate le attuali farmacie ad essi annesse. Dunque una delle due: o avere per farmacisti chimici distinti e tanti laboratori quanti sono gli ospedali, invece di uno solo centrale, e sobbarcarci a maggiori spese; o rinunciare alla tutela che si dice di volere esercitare. Inoltre è egli forse possibile avere in ogni località ogni sorta di medicine, e buone ed a buon patto? Io non lo credo. E questo inconveniente si fa ancora più grande e si converte in pericolo gravissimo in caso di guerra, perchè tutti i prezzi aumentano allora immensamente e non si ha la possibilità di fare le analisi ed i controlli necessari.

La mancanza del laboratorio ci costringerà a subire le condizioni le quali ci saranno imposte dalla speculazione privata. Conservando il laboratorio avrete anche in caso di guerra medicinali eccellenti senza aumento di prezzo, perchè in esso deve trovarsi sempre un forte deposito di materie prime che, con le debite precauzioni, si mantengono inalterate. Ma ad un altro pericolo correte pure incontro, o signori, se votate la propostavi tacita abolizione. I farmacisti distributori di medicinali, messi in contatto coi fornitori dei medesimi (e d’ora in poi specialmente che non avranno il santo freno della divisa e dello spirito di corpo), saranno soggetti alla tentazione di essere da essi subornati.

Lascio immaginare a voi le conseguenze che possono derivare dagli illeciti accordi alla possibilità dei quali li esponiamo.

Io credo pertanto, signori, che la conservazione del laboratorio farmaceutico sia una necessità. Credo che se non esistesse, bisognerebbe, nello stato attuale del nostro paese, crearlo.

Il laboratorio farmaceutico deve quindi essere mantenuto come si mantengono altri stabilimenti, quali, per esempio, i laboratori pirotecnici ed i polverifici.

Amo anch’io che la polvere sia di buona qualità, ma non so rendermi ragione della propostaci differenza di trattamento, mentre la conservazione del nostro soldato parmi debba valere almeno quanto la distruzione del soldato nemico.

Io propongo per conseguenza che il laboratorio farmaceutico sia conservato non perchè esiste soltanto, ma perchè è montato convenientemente onde soddisfare allo scopo per cui venne fondato, perchè ha un fondo suo proprio di oltre 300,000 lire, come, nella sua bella relazione sopra altro progetto di legge, ci dice il mio amico Fambri, e perchè fornisce buone medicine ed a buonissimo patto.

Io spero che il ministro non vorrà opporsi a questa mia modesta proposta, che la Commissione non la combatterà e che ad ogni modo la Camera vorrà accoglierla, giacché per essa non viene minimamente turbata la economia della presente legge.

CORTE, relatore.

Comincio col notare una cosa, ed è che il laboratorio farmaceutico militare non figurava nella proposta ministeriale. Aggiungo poi che la Giunta, quando si trattò questa questione, a grande maggioranza deliberò che lo stabilimento farmaceutico militare dovesse cessare di esistere; e ne dirò brevissimamente la ragione.

È contrario a tutte le buone regole economiche che lo Stato si faccia produttore, specialmente di cose che possono essere meglio prodotte dall’industria privata.

Non solo una volta, ma ripetutamente alla Camera, in occasione della discussione del bilancio della guerra, si è espresso da tutte le parti il desiderio che non si conservasse lo stabilimento farmaceutico militare.

L’onorevole Broda dice: voi conservate un laboratorio pirotecnico, epperciò potete anche conservare il laboratorio farmaceutico.

Veramente il caricare le granate, il fare delle spolette, il fare degli esperimenti sulle nuove spolette, è una cosa che i privati non fanno; solamente un Governo le fa; ma preparare dei medicinali è una cosa che i privati possono fare molto bene, e non si capisce come, se 25 milioni d’italiani possono campare comprando i loro medicinali, 180,000 uomini, che sono sotto le armi, non possono avere i medicinali, se questi non sono preparati in uno stabilimento speciale.

Io capisco, quantunque l’onorevole Breda dica che non lo capisce, capisco che lo Stato voglia tenere un polverificio, perchè, oltre a preparare la polvere, deve studiare le nuove combinazioni, ed è necessario, per fare ciò, che abbia uno stabilimento proprio; se il Governo non avesse questo polverificio, non potrebbe studiare questi nuovi preparati; ma questo sta per la preparazione della polvere pirica, non so se stia per la polvere di sedlitz.

Ora io credo che quando si ha uno stabilimento unico farmaceutico, nel quale si preparano tutti questi diversi ingredienti, si riesca ad ottenere i medicinali meno buoni di quelli che si ottengono dai privati, i quali si occupano di una sola produzione. Io credo, per esempio, che se lo Stato ha bisogno di solfato di chinino, e lo acquista dalla casa Peltier di Parigi, è sicurissimo di avere questo solfato eccellente, senza doverlo fabbricare in un laboratorio speciale. Se quel chinino guarisce le febbri a tutti gli altri italiani ed europei, può anche guarirle ai soldati dell’esercito nostro.

Io non vedo quindi il perchè lo Stato debba preparare quell’infinità di medicamenti, come il carbonato di potassa, l’olio di ricino, ecc.: non ho mai potuto capacitarmi della necessità di avere dei preparati chimici esclusivamente destinati ai militari.

Credo che lo Stato debba farsi produttore soltanto di quelle cose che non possono essere fornite dai privati. Abbiamo ripetutamente espresso il desiderio che il Governo poco a poco cerchi di provvedersi dai privati le armi, ed i carriaggi per l’artiglieria; si è sempre invitato il Governo ad incoraggire l’industria privata, e poi vogliamo che esso produca i preparati chimici. Alla gran maggioranza della Commissione questo è sembrato una contraddizione, ed è per ciò che ha molto volentieri aderito alla proposta dell’onorevole ministro, per la quale lo Stato non avrebbe più stabilimenti farmaceutici militari.

FAMBRI. Dirò pochissime parole.

L’onorevole mio amico Corte dice contrario alle leggi economiche che lo Stato si faccia produttore. Sarà, ma ce n’è di peggio ancora. Per esempio, io non trovo cosa alcuna più contraria alle leggi economiche che il gettare denaro dalla finestra e quello che vorrebbe far lui sarebbe alla lettera il caso. Il laboratorio farmaceutico militare ha, in primo luogo, più di 300,000 lire sapute mettere in serbo, ha un 60,000 lire di reddito e ne ba di già spese 102,000 lire in riedificazioni e ristauri.

Oltre a ciò che guadagna lo stabilimento colle sue forniture, che è un primo guadagno dello Stato, vi è quello che guadagnano i corpi, che risparmiano in quasi tutte le piazze da 15 a 20 per cento, che è un Secondo guadagno pure dello Stato.

La cosa va; i corpi che non sono forniti dal laboratorio farmaceutico fanno iterate istanze per essere autorizzati a ricevere da esso le loro provviste. In alcune città d’Italia (prego di non essere obbligato a citare nomi, né luoghi) vennero incoati e seriamente incoati processi per medicine, le quali, non avendo efficacia, hanno perfino cagionato la morte di qualche soldato. Né statemi a dire che i medici o chimici militari dovevano riconoscere le qualità. In qual modo i farmacisti militari in uno spedale isolato potrebbero fare l’analisi dei medicinali che loro vengono dati? E poi si può pretendere dappertutto di avere dei chimici capaci a tanto? E, avendoli, dove troverebbero poi gli stromenti? Non è che un grande stabilimento il quale possa fare facilmente questo lavoro.

Risponderò inoltre all’onorevole mio amico Corte, il quale ha detto che in Italia l’industria privata può fornire il necessario, gli risponderò che s’inganna, e che gli è appunto perchè o non può o non vuole che io mi ostino a sostenere il laboratorio. Lo Stato potrà cessare di essere produttore, quando la produzione e la importazione saranno discrete ed oneste più che non siano state finora.

Non solo i corpi, ma lo stesso laboratorio pirotecnico, che l’onorevole Corte ha citato pochi momenti sono, una volta ebbero bisogno di bisolfato di mercurio e non ne trovarono lungamente in nessun posto. Finalmente ne ebbero da Genova, ma era adulterato, proprio quasi tutto calce. Lo stesso laboratorio pirotecnico pertanto fu obbligato a rivolgersi al laboratorio farmaceutico di Torino per averlo e l’ebbe d’ottima qualità e potè seguitare i suoi lavori. Ora quando l’industria privata ci sarà, quando l’industria privata produrrà con buona fede ed a buon mercato, io capisco che si sopprima il laboratorio farmaceutico; ma che oggi non si curi la salute del soldato, non si curino i prodotti del laboratorio e per giunta si gettino un centosessanta mila lire dalla finestra, sarà dottrinariamente un’economia, ma praticamente è uno spreco e peggio. Potrei aggiungere dal lato sanitario che, quando i prodotti chimici provengono sempre dalle stesse fonti, il medico fa meglio i suoi computi intorno agli effetti terapeutici, mentre il variare, anche senza scapiti di qualità, può confonderlo nelle sue prescrizioni. 

Tornando alla questione economica, dacché delle altre tanto più importanti si è parlato assai poco dagli oppositori, sebbene moltissimo ed eloquentemente dal mio egregio amico Breda, dirò che delle cifre ne ho date, ci sono dei documenti uniti alla relazione. Chi si sente di confutarli, li confuti. Risponderò per filo e per segno.

MINISTRO PER LA GUERRA. Io non ho proposta la conservazione del laboratorio farmaceutico per una gran parte appunto delle ragioni già esposte dall’onorevole relatore, e principalmente avuto riguardo a ciò che, in occasione della discussione dei bilanci, la Camera aveva fatta sentire al Governo la convenienza di sopprimere questo laboratorio. Non devesi però tacere che veramente esso ha avuti dei nemici, ed anche dei nemici locali, che nel proporne la soppressione erano a ciò indotti da buone ragioni, giacche sul principio della sua esistenza, e particolarmente dal 1860 al 1867 si è dovuto verificare come in questo laboratorio si fossero introdotti dei gravi abusi, come, ad esempio, lo spedire dello zucchero, come medicinali, da Torino a Palermo, a Napoli, a Perugia, ecc.

Quando le cose anche buone sono esagerate, naturalmente cadono nel ridicolo; ed era accaduto per l’appunto questo. Arrivate le cose a quel punto si è prodotta una reazione generale contro il laboratorio farmaceutico militare e con ragione. Però fu immediatamente riparato a questo stato di cose ed ora ò interamente cambiato. Adesso il laboratorio farmaceutico si limita a spedire veri medicinali, convenientemente preparati e tali da dare tutte le garanzie agli ospedali militari.

Qualche anomalia io credo che tuttavia esista, massime nelle spedizioni, ma a ciò si potrà facilmente riparare. Se io non ho adunque proposto nel progetto di legge che stiamo discutendo la conservazione di questo stabilimento, è unicamente per deferenza alle raccomandazioni fatte dalla Camera, sebbene in condizioni diverse dallo stato attuale delle cose. Per conseguenza io non mi oppongo in modo assoluto a che fra gli stabilimenti militari si rimetta di nuovo questo laboratorio farmaceutico; però non ne appoggio la conservazione, desiderando in questa questione di rimanere neutrale, perocché non posso con sicurezza asserire che sia utile il conservarlo e neppure che sia dannoso il levarlo. Su di ciò io mi rimetto quindi intieramente alla saggezza della Camera, avuto anche riguardo alla circostanza che io vorrei pure conservato l’opificio per la preparazione degli oggetti di vestiario, di cui è parola nell’articolo. E quando la Camera trovasse da accogliere la proposta dell’onorevole Breda, io credo che dovrebbe limitarsi ad approvare la massima, e lasciare poi alla Commissione di formulare l’articolo relativo.

PRESIDENTE. L’onorevole Breda propone al 56 che dopo aver detto: «fabbriche d’armi,» si aggiunga: «laboratorio farmaceutico.»

CORTE, relatore. Questo dovrebbe fare oggetto di un altro articolo, perché non appartiene agli stabilimenti d’artiglieria.

PRESIDENTE. L’onorevole Breda ha fatto la sua proposta all’articolo 56. Avrà ragione, avrà torto, ma io debbo leggere la sua proposta come l’ha fatta.

FAMBRI. Quest’aggiunta si potrebbe introdurre nell’articolo successivo.

PRESIDENTE. Me lo dirà l’onorevole Breda.

BREDA V. Si potrebbe anche mettere un articolo parte, e dire: «laboratorio farmaceutico.» Per me è la stessa cosa.

PRESIDENTE. Allora ella vorrebbe comprendere la sua proposta in un articolo aggiuntivo?

BREDA V. Sì.

PRESIDENTE. Spetterà alla Commissione di vedere come quest’articolo dovrà essere formulato. Dunque l’onorevole Breda propone, non come aggiunta all’articolo 56, ma come un articolo speciale, la seguente formula: «vi sarà un laboratorio farmaceutico.» Domando se quest’aggiunta è appoggiata.

(È appoggiata.)

La pongo ai voti.

(Dopo prova e controprova, è adottata.)

Ora poi pregherei la Commissione di vedere come quest’articolo abbia ad essere redatto, od in quale articolo debba essere introdotto come aggiunta. Pongo intanto ai voti l’articolo 56.

(È approvato.)

«Art. 57. Sono istituiti dei magazzini centrali militari come depositi delle stoffe da somministrarsi ai distretti ed ai corpi dell’esercito per il vestiario e l’equipaggiamento militare.»

(È approvato.)

Qui la Commissione propone la soppressione di un articolo.

CORTE, relatore.

Vale a dire che la Commissione non propone quest’articolo.

MINISTRO PER LA GUERRA. Il Ministero aveva proposta la conservazione dell'opificio meccanico militare per la confezione degli oggetti di vestiario e di corredo del soldato, come zaini, buffetterie, chepì, ecc. La Commissione, per quel concetto generale di togliere, per quanto ò possibile, tutti gli stabilimenti governativi industriali, ne ha proposta la soppressione. La Camera però, approvando la proposta dell’onorevole Breda, ha riconosciuto che in alcuni casi sia pur conveniente di mantenere certi istituti industriali; e ne è prova l’articolo 56, che contempla tutti gli stabilimenti di artiglieria, e che la Camera ha già approvato.

La Giunta ha proposta la soppressione di quest’opificio meccanico, perchè lo crede perfettamente inutile, e che serva più per fare gingilli, anziché oggetti di vera utilità. Io osserverò alla Camera che il Governo per la provvista del vestiario, delle buffetterie, degli zaini, ecc., spende circa 18 milioni all’anno. Ora, di questi 18 milioni non se ne consuma più di uno nel laboratorio, stantechè la vera produzione è l’industria privata. Tutti i distretti si provvedono dall’industria privata dei panni, della tela, delle confezioni, ecc., di maniera che la massima generale proposta dalla Commissione è accettata, e largamente, dall'amministrazione militare. Però noi abbiamo bisogno di un centro.

Ecco come funziona adesso l’opificio. Se mancano, per esempio, gli zaini, ne fa un cinque per cento e li distribuisce a tutti i reggimenti ed a tutti i distretti, ai quali servono di tipo e di modello. Se invece si chiude questa sorgente centrale, vi saranno delle difficoltà a mantenere l’uniformità negli oggetti di vestiario e di corredo dell’esercito.

Oltre poi al contribuire a mantenere l’uniformità, avvi ancora la questione della spesa che in fin dei conti non è una gran cosa. Io pregherei quindi la Camera di voler conservare l’opificio meccanico militare anche per la ragione che, quando si fa un oggetto nuovo, prima di darlo in appalto a trattative private, come è prescritto dalla legge di contabilità, dovendosene fare l’analisi, la può fare l’opificio stesso, il quale può pure dare la norma per stabilire i prezzi di fabbricazione e di acquisto da servire negli appalti delle forniture.

Non bisogna dimenticare, ripeto, che il Governo spende annualmente circa 18 milioni in queste forniture, e quindi non è cosa da trascurarsi. Laonde io pregherei la Giunta a non voler insistere troppo, e la Camera ammetterà, come ammise il laboratorio chimico-farmaceutico, anche quest’opificio, e spero che l’onorevole Breda mi darà anche il suo appoggio.

PRESIDENTE. L’onorevole ministro della guerra propone, come aggiunta al progetto della Commissione, quello stesso articolo che è già compreso nel progetto del Ministero, che è il seguente: «L'opificio meccanico militare ha lo speciale incarico di preparare i vari campioni del vestiario e dell’equipaggiamento di truppa, e coadiuva i distretti e i corpi nelle lavorazioni che loro occorrono.»

CORTE, relatore. Io mi sono accorto molto bene che l’onorevole ministrò della guerra ha tratto un gran partito dalla votazione testé fatta sui farmacisti. Egli si è tenuto al proverbio francese: Paese moi la manne, je te passerai le sèné,

io vi passo i vostri farmacisti; voi mi passerete il mio opificio meccanico.

Quello mi pare il fondo vero della questione.

Ma l’opificio meccanico, o signori, è un’istituzione nuova, che è sorta da tre o quattro anni a Torino.

Io non verrò a raccontare come e perchè sia sorta, perchè è una cosa già troppo conosciuta.

MINISTRO PER LA GUERRA. Non la conosco.

CORTE, relatore. Quest’opificio non era mai stato necessario; adesso, secondo il ministro, ha tutte le ragioni possibili per esistere. Per me la ragione migliore si è che il Governo si deve profittare dell’industria privata ; ma si dice che è necessario prima di tutto di preparare i campioni ed in secondo luogo è necessario avere un’idea concreta dei prezzi per gli appalti. Io credo però che anzitutto per preparare i campioni bisognerebbe che fatti una volta si cambiassero il meno possibile, perchè la facilità troppo grande con cui si fanno i campioni, mi pare abbia generato l’abuso di cambiare troppo spesso le monture. Io che professo delle teorie molto larghe, vorrei che le monture fossero più o meno uguali.

Ma vedo che si va avanti sempre cambiando, perchè è tanto facile il preparare dei campioni nuovi. Questi campioni sono sempre allo studio.

Si passano dall’uno all’altro, si modificano, si correggono, per andare poi con un giro ohe somiglia un po’ alla teoria della scienza nuova di Vico.

Si comincia dal cinturino sopra la tunica, poi, dopo qualche tempo si mette sotto, poi si rimette sopra, e così di seguito; e frattanto si fanno sempre dei campioni nuovi, e si mandano ai reggimenti. Ora, io credo che basta vedere come sono mal vestiti i nostri soldati, come è brutta la stoffa, come tutti questi lavori sono mal fatti, per persuadersi che il risultato pratico di questo campionarismo non è molto utile. Io non ho mai visto, tra le altre cose, dei lavori che sieno meno ben fatti di quelli di cui generalmente sono vestiti i nostri soldati.

E qui si potrebbe fare una lunga discussione sulle ragioni per le quali sono così mal fatti. Se si guarda il panno, è brutto; se si guardano le scarpe, non sono belle; se si guarda la buffetteria, è brutta. Però i campioni sono ben fatti.

C’è poi l’altra ragione, la più forte di tutte, ed è quella di stabilire in questo modo meglio il prezzo. Ora, io credo, che non ci sia nessuno il quale produca ad un prezzo più elevato di quello che fa il Governo. Se io facessi l’impresario, non mi augurerei che una cosa: di prendere gli appalti delle cose al prezzo che le medesime costano al Governo, sono persuaso che diventerei ricco in pochissimo tempo. Poiché le spese inutili che si fanno in tutte le produzioni governative sono tante, che non c’è bisogno di trattenercisi sopra, essendo da tutti conosciute.

C’è poi un grande principio che rimane assai vnlnerato da questa proposta; ed è quello che un Governo non deve produrre né scarpe, né cinturini, né alcuna di quelle cose che sono una specialità dell’industria privata. Lo stabilimento di cui ora si tratta è stato istituito alcuni anni or sono. Fra qualche tempo, se noi continuiamo a mantenerlo, il personale di quest’opificio diventerà come quello dell’arsenale di Venezia e di molti altri nostri arsenali. Non abbiamo più lavoro da darci, eppure li facciamo figurare nel nostro bilancio per una somma egregia, vale a dire noi abbiamo creato dei fidecommessi a profitto di operai.

Adesso probabilmente la Camera darà ragione al ministro in questo, ma, fra molti anni, se lo vorrete toccare questo stabilimento, guai! Sarà passato nell’abitudine, avrete creata una generazione di persone avvezza alla più cattiva di tutte le educazioni, quella di lavorare per un ente morale e non ve ne potrete più sbarazzare. Saranno quegli operai che il giorno in cui voi dovrete diminuire o far cessare il lavoro vi faranno delle sedizioni. Lasciate che l’operaio sia al soldo di un industriale privato; voi, Governo, tenetevi lontano da quello.

C’è già l’esempio degli stabilimenti governativi, i quali hanno una qualità di produzioni che non possono essere affidate ad altri che al Governo, e l’onorevole ministro della guerra sa, come lo sanno tutti gli onorevoli nostri colleghi, che, ogni volta che si sono voluti licenziare 50 operai o dal laboratorio pirotecnico o da altri, sono nate delle questioni dell’altro mondo, delle difficoltà infinite. Il Governo non deve fare il capo operaio, il capo industriale; egli non deve tenere delle manifatture di scarpe, di cinturini e via dicendo. Queste sono cose del dipartimento dell’industria privata, nella quale bisogna lasciare in libera relazione il capitale ed il lavoro. Questo del Governo io lo credo un grande errore economico.

Del resto non sono molti anni che questo stabilimento esiste e siamo in tempo per sopprimerlo. Se lo manteniamo, ce ne pentiremo, perchè ci troveremo poi in condizioni tali che diventerà un danno maggiore il distruggerlo che il conservarlo. Avendo in questo contrario il ministro, non ho speranza di vincere, ma persisto nel parere mio, e credo che vi persistano con me i miei colleghi della Giunta, votando contro la conservazione di questo stabilimento.

PRESIDENTE. L’onorevole Zanolini ha facoltà di parlare.

ZANOLINI. Ritenendo utilissimo l’opificio meccanico di Torino, credo di dover fare un’osservazione sola, la quale deciderà forse la Camera a mantenerlo; èd è che il Governo inglese mantiene a Londra uno stabilimento identico a quello che abbiamo a Torino...

CORTE, relatore. Domando la parola per uno schiarimento.

ZANOLINI. In Inghilterra, dove l’industria è tanto sviluppata, non può mancare certo alcuna delle specialità industriali occorrenti per la fabbricazione degli oggetti che si adoperano pel vestiario ed il corredo dei soldati; cionondimeno il Governo inglese ha eretto un apposito opificio a tale uopo. Lo stabilimento di Londra ha servito anzi di modello a quello che abbiamo a Torino. Io stesso l’ho visitato, ed ho veduto che vi si fanno precisamente gli stessi lavori che si fanno nel nostro.

Mi pare che sia questa eziandio una prova che l’amministrazione militare inglese stima utile il seguire il metodo accennato dall’onorevole ministro, vale a dire il fare confezionare in uno stabilimento governativo i campioni degli oggetti in parola, che si mandano poi agli stabilimenti privati, i quali ne somministrano grandi provviste all’esercito. Mi sembra che tale esempio debba persuadere la Camera che realmente conviene mantenere il nostro stabilimento, il quale esiste da pochi anni, è vero, ma ha preso uno sviluppo sufficiente, non avrà bisogno di essere ingrandito, ed è sin d’ora di una grande utilità.

MINISTRO PER LA GUERRA. Ho chiesta la parola per rettificare alcune cose dette or ora, ma sono di già stato prevenuto dall’onorevole Zanolini. E veramente sarebbe strano che, mentre simili stabilimenti esistono in Francia, in Inghilterra ed anche, credo, in America, ove mi fu detto che se ne stava impiantando uno, noi che ne abbiamo uno solo e molto limitato, intendiamo, invece di maggiormente svilupparlo, di sopprimerlo.

Mi ha detto l’onorevole Corte che il nostro esercito ha delle pessime scarpe, dei pessimi zaini, dei cattivi centurini.

Io non nego che vi siano delle pessime scarpe, ma dico pure che esse sono tutte state fatte quando non c’era il laboratorio. Esse sono tutta roba comprata a furia, per assoluta necessità, nel 1866 e si è consumata in gran parte nel 1867 e nel 1868, prima, cioè, che questo opificio cominciasse a produrre.

Ed è appunto per impedire che si rinnovino questi inconvenienti che si è pensato di stabilire un laboratorio, il quale senza provvedere l’esercito in modo assoluto, almeno servirà di scuola per gli impiegati che vi sono addetti e che nel laboratorio potranno mettersi in grado di conoscere come si fanno le scarpe, come si fanno i vestiari, e il Governo non correrà così sempre pericolo di essere malamente servito.

Io quindi non posso dire altro se non che credo questo opificio di un notevole vantaggio. L’onorevole Corte ha parlato di campioni, ed io ho inteso di parlare di campioni, ma precisamente come l’intendeva l’onorevole Zanolini. Non intendo quei campioni modelli che si tengono lì per molti anni, sibbene di quella certa quantità di cappotti, zaini, chepì, scarpe ed altri arnesi del corredo militare, che annualmente si devono mandare ad ogni distretto, perchè non si degeneri dalle misure e dalle forme stabilite.

L’opificio deve servire a mantenere sempre nello stesso modello, nella medesima qualità gli oggetti che occorrono all’esercito, e ad impedire che poco a poco si vadano modificando modello e qualità. Per queste ragioni io prego la Camera di ammettere ed approvare la conservazione dell’opificio meccanico militare.

CORTE, relatore. Rispondo solo due parole all’onorevole Zanolini, il quale ha parlato dello stabilimento di Pimlico. Io l’ho visto là, ed era anche amico dell’ufficiale superiore inglese che lo dirigeva; ma era speciale per il servizio delle colonie. Siccome i reggimenti inglesi sono sparsi parte nelle Indie, parte in Australia, o al Capo, o nel Canada, e riesce loro troppo difficile provvedersi per mezzo dei depositi, specialmente nei luoghi isolati, dove due sole compagnie formano un deposito complessivo, sotto gli ordini di un colonnello, si è pensato a creare quello stabilimento per facilitare l’invio degli effetti ai vari reggimenti, che erano in luoghi lontani dall’Inghilterra, e salvarli così dai contratti onerosi che si facevano coi fornitori; poiché si sa che i reggimenti distaccati lontano sono sovente serviti molto male.

E anche adesso quello non è uno stabilimento che fornisca direttamente, perchè i reggimenti possono servirsi in due modi, o per mezzo dei colonnelli, oppure comprare da sé. L’onorevole Zanolini sa meglio di me che al soldato inglese, certe cose gli sono date direttamente, altre cose se le compera egli stesso colla sua paga. Questi oggetti, che ha direttamente, tengono luogo di quello che prima chiamavano off reckaning o somma fissa che i colonnelli o capitani di ogni compagnia ricevevano per tenere al completo il vestiario dei loro soldati, ma veri magazzini nella guisa nostra, il ministro stesso della guerra sa ohe non vi esistevano.

Se poi si sono trovate delle scarpe colla suola di cartone uscite dai magazzini, questo fatto sta appunto in favore della proposta della Commissione, e non fa onore certo alle ispezioni delle amministrazioni, che le hanno lasciate passare. La proporzione in cui si sogliono fare queste provviste, stando appunto, secondo il ministro, nel rapporto di un capo sopra diciotto, ci fa vedere che si limiterebbe di poco il male, poiché potrebbe anche accadere che in certi oasi capitasse che sopra 18 paia di scarpe, non se ne trovasse che nn solo colle suole di cuoio.

PRESIDENTE. Dunque verremo ai voti. L’onorevole ministro propone come aggiunta nn articolo che già si trovava nel progetto ministeriale e che la Commissione ha soppresso. Questo articolo è così concepito: «L’opificio meccanico militare ha lo speciale incarico di preparare i vari campioni del vestiario e dell’equipaggiamento di truppa, e coadiuva i distretti e i corpi nelle lavorazioni che loro occorrono.»

Lo pongo ai voti.

(È approvato, e vengono successivamente approvati senza discussione i seguenti articoli:)

«Art. 58. Le compagnie di disciplina sono destinate ad incorporare i soldati dei vari corpi dell'esercito permanente che, o per condotta incorreggibile, o per colpe gravi, o di indole indecorosa, si rendono immeritevoli di militare in essi corpi.

«Art. 59. Il numero di tali compagnie è indeterminato e dipende da quello dei soldati che vi vanno ascritti.

«Le compagnie stesse possono anche essere riunite in battaglioni.

«Gli ufficiali ed i graduati di truppa sono tratti dai vari corpi dell’esercito permanente, e sono classificati nell’armi di fanteria.

«Art. 60. Gli stabilimenti penali militari sono di due specie, com’ò stabilito dal Codice penale per l’esercito, cioè: la Reclusione militare e le Carceri militari; e sono luoghi di detenzione e di lavoro obbligatorio, retti da speciale disciplina.

«Art 61. La Reclusione militare si compone di: compagnie di reclusi e di un penitenziario militare.

«Art. 62. Il numero delle compagnie di reclusi è indeterminato e dipende da quello dei condannati che vi devono essere assegnati.

«Art. 63. Il personale di governo degli stabilimenti penali militari è tratto dai vari corpi dell’esercito permanente, ed è classificato nell’arma di fanteria.

«Art. 64. Gli ufficiali e la truppa di complemento servono a portare e a tenere al completo in tempo di guerra taorpi dell’esercito permanente e della milizia mobile.

«Art. 65. Gli ufficiali di complemento sono forniti:

«a) Dagli ufficiali in ritiro;

«b) Dagli ufficiali riformati dal servizio nell’esercito permanente;

«c) Dagli ufficiali che hanno lasciato il servizio nell’esercito permanente per dimissione volontaria;

«d) Dagli ufficiali provenienti dai volontari di un anno.»

La discussione continuerà domani.

Alle ore 11 Comitato privato, alle ore 2 seduta pubblica.

La seduta è levata alle ore 5 55.

Ordine del giorno per la tomaia di domani:

1° Seguito della discussione sul progetto di legge relativo all’ordinamento dell’esercito e dei servizi dipendenti dall’amministrazione della guerra;

2° Requisizione di cavalli e veicoli pel servizio dell’esercito;

3* Discussione del progetto di legge per la circoscrizione militare territoriale del regno;

4° Discussione del progetto di legge relativo agli stipendi e assegnamenti militari;

5° Discussione delle conclusioni della Commissione d’inchiesta sopra la tassa del macinato.

Svolgimenti di proposte:

6° Del deputato Macchi ed altri per modificare l’articolo 299 del Codice di procedura penale; del deputato Arrigossi ed altri pel passaggio di alcuni comuni della provincia di Padova a quella di Vicenza; del deputato Righi relativamente ai termini in cui proporre le rivocazioni delle sentenze dei conciliatori e delle Corti di appello; del deputato Catucci per disposizioni relative all’esecuzione delle sentenze dei conciliatori; dei deputati Mazzoleni e Mancini per disposizioni relative alla celebrazione dei matrimoni; del deputato Bove per la commutazione delle disposizioni per monacaggio in disposizioni di maritaggio; del deputato D’Ayala per un’inchiesta sopra lo stabilimento metallurgico di Mongiana; dei deputati Landuzzi e Billia Paolo per mantenere in vigore la attuale procedura contro i debitori di arretrati di imposte dirette; del deputato Bertani per un’inchiesta parlamentare intorno alle operazioni della Banca Nazionale; del deputato Sineo per la nomina di una Commissione incaricata di proporre provvedimenti atti a restaurare il credito pubblico e a soddisfare tutti i bisogni dello Stato;

7° Interpellanza dei deputati Crispi e Olivati ministro dell’interno intorno alle condizioni ed all’amministrazione della pubblica sicurezza nello Stato.

Discussione dei progetti di legge e proposte:

8° Applicazione della multe per inesatte dichiarazioni nelle imposte dirette;

9° Abolizione della tassa di polonico nella provincia di Mantova;

10. Convenzione fra il Ministero delle finanze e il Banco di Sicilia;

11. Spesa per la formazione e verificazione del catasto sui fabbricati;

12. Costruzione di un tronco di ferrovia fra la linea Aretina e la centrale Toscana;

13. Modificazione alla legge postale;

14. Riordinamento dell'amministrazione centrale dello Stato, e riforma della legge comunale e provinciale;

15. Affrancamento delle decime feudali nelle provincia napoletane e siciliane;

16. Discussione delle modificazioni da introdursi nel regolamento della Camera;

17. Spesa per la costruzione di un arsenale marittimo a Taranto;

18. Riordinamento del personale addetto alla custodia delle carceri;

19. Prosciugamento del lago d’Agnano;

20. Convalidazione di decreti per prelevamento di somme dal fondo delle spese impreviste per l’anno 1872;

21. Stato degli impiegati civili;

22. Disposizioni relative alla pesca;

23. Discussione intorno alla risoluzione proposta dal deputato Ercole relativamente all’appalto della privativa della inserzione degli atti giudiziari e amministrativi nella provincia di Alessandria;

24. Collocazione di un cordone sottomarino fra Brindisi e l’Egitto;

25. Convenzione colla contessa Guidi per l’estrazione del sale da acque da essa possedute nel territorio di Volterra;

26. Spesa per l’esecuzione delle opere necessarie all’isolamento dei palmenti destinati alla macinazione esclusiva del granturco e della segala.




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1858 Carlo Pisacane Saggi storici politici militari sull'Italia Vol. I HTML ODT PDF
1858 Carlo Pisacane Saggi storici politici militari sull'Italia Vol. II HTML ODT PDF
1860 Carlo Pisacane Saggi storici politici militari sull'Italia Vol. III HTML ODT PDF
1860 Carlo Pisacane Saggi storici politici militari sull'Italia Vol. IV HTML ODT PDF

1849

CARLO PISACANE Rapido cenno sugli ultimi avvenimenti di Roma

1855

La quistione napolitana Ferdinando di Borbone e Luciano Murat

1855

ITALIA E POPOLO giornale politico Pisacane murattisti

1856

Italia e Popolo - Giornale Politico N. 223 Murat e i Borboni

1856

L'Unita italiana e Luciano Murat re di Napoli

1856

ITALIA E POPOLO - I 10 mila fucili

1856

Situation politique de angleterre et sa conduite machiavelique

1857

La Ragione - foglio ebdomadario - diretto da Ausonio Franchi

1857

GIUSEPPE MAZZINI La situazione Carlo Pisacane

1857

ATTO DI ACCUSA proposta procuratore corte criminale 2023

1857

INTENDENZA GENERALE Real Marina contro compagnia RUBATTINI

1858

Documenti diplomatici relativi alla cattura del Cagliari - Camera dei Deputati - Sessione 1857-58

1858

Difesa del Cagliari presso la Commissione delle Prede e de' Naufragi

1858

Domenico Ventimiglia - La quistione del Cagliari e la stampa piemontese

1858

ANNUAIRE DES DEUX MONDES – Histoire générale des divers états

1858

GAZZETTA LETTERARIA - L’impresa di Sapri

1858

LA BILANCIA - Napoli e Piemonte

1858

Documenti ufficiali della corrispondenza di S. M. Siciliana con S. M. Britannica

1858

Esame ed esposizione de' pareri de' Consiglieri della corona inglese sullaquestione del Cagliari

1858

Ferdinando Starace - Esame critico della difesa del Cagliari

1858

Sulla legalità della cattura del Cagliari - Risposta dell'avvocato FerdinandoStarace al signor Roberto Phillimore

1858

The Jurist - May 1, 1858 - The case of the Cagliari

1858

Ricordi su Carlo Pisacane per Giuseppe Mazzini

1858

CARLO PISACANE - Saggi storici politici militari sull'Italia

1859

RIVISTA CONTEMPORANEA - Carlo Pisacane e le sue opere postume

1860

POLITECNICO PISACANE esercito lombardo

1861

LOMBROSO 03 Storia di dodici anni narrata al popolo (Vol. 3)

1862

Raccolta dei trattati e delle convenzioni commerciali in vigore tra l'Italia egli stati stranieri

1863

Felice Venosta - Carlo Pisacane e Giovanni Nicotera o la Spedizione Sapri

1863

Giacomo Racioppi - La spedizione di Carlo Pisacane a Sapri con documenti inediti

1864

NICOLA FABRIZJ - La spedizione di Sapri e il comitato di Napoli (relazione a Garibaldi)

1866

Giuseppe Castiglione - Martirio e Libert࠭ Racconti storici di un parroco dicampagna (XXXVIII-XL)

1868

Vincenzo De Leo - Un episodio sullo sbarco di Carlo Pisacane in Ponza

1869

Leopoldo Perez De Vera - La Repubblica - Venti dialoghi politico-popolari

1872

BELVIGLIERI - Storia d'Italia dal 1814 al 1866 - CAP. XXVII

1873

Atti del ParlamentoItaliano - Sessionedel 1871-72

1876

Felice Venosta - Carlo Pisacane e Giovanni Nicotera o la Spedizione Sapri

1876

Gazzetta d'Italia n.307 - Autobiografia di Giovanni Nicotera

1876

F. Palleschi - Giovanni Nicotera e i fatti Sapri - Risposta alla Gazzettad'Italia

1876

L. D. Foschini - Processo Nicotera-Gazzetta d'Italia

1877

Gaetano Fischetti - Cenno storico della invasione dei liberali in Sapri del 1857

1877

Luigi de Monte - Cronaca del comitato segreto di Napoli su la spedizione di Sapri

1877

AURELIO SAFFI Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini (Vol. 9)

1878

PISACANE vita discorsi parlamentari di Giovanni Nicotera

1880

Telesforo Sarti - Rappresentanti del Piemonte e d'Italia - Giovanni Nicotera

1883

Giovanni Faldella - Salita a Montecitorio - Dai fratelli Bandiera alladissidenza - Cronaca di Cinbro

1885

Antonio Pizzolorusso - I martiri per la libertࠩtaliana della provincia diSalerno dall'anno 1820 al 1857

1886

JESSIE WHITE MARIO Della vita di Giuseppe Mazzini

1886

MATTEO MAURO Biografia di Giovanni Nicotera

1888

LA REVUE SOCIALISTE - Charles Pisacane conjuré italien

1889

FRANCESCO BERTOLINI - Storia del Risorgimento – L’eccidio di Pisacane

1889

BERTOLINI MATANNA Storia risorgimento italiano PISACANE

1891

Decio Albini - La spedizione di Sapri e la provincia di Basilicata

1893

L'ILLUSTRAZIONE POPOLARE - Le memorie di Rosolino Pilo

1893

 MICHELE LACAVA nuova luce sullo sbarco di Sapri

1894

Napoleone Colajanni - Saggio sulla rivoluzione di Carlo Pisacane

1905

RIVISTA POPOLARE - Spedizione di Carlo Pisacane e i moti di Genova

1895

Carlo Tivaroni - Storia critica del risorgimento italiano (cap-VI)

1899

PAOLUCCI ROSOLINO PILO memorie e documenti archivio storico siciliano

1901

GIUSEPPE RENSI Introduzione PISACANE Ordinamento costituzione milizie italiane

1901

Rivista di Roma lettere inedite Pisacane Mazzini spedizione Sapri

1904

LUIGI FABBRI Carlo Pisacane vita opere azione rivoluzionaria

1908

RISORGIMENTO ITALIANO - Giudizi d’un esule su figure e fatti del Risorgimento

1908

RISORGIMENTO ITALIANO - Lettera di Carlo Cattaneo a Carlo Pisacane

1908

RISORGIMENTO ITALIANO - I tentativi per far evadere Luigi Settembrini

1911

RISORGIMENTO ITALIANO - La spedizione di Sapri narrata dal capitano Daneri

1912

 MATTEO MAZZIOTTI reazione borbonica regno di Napoli

1914

RISORGIMENTO ITALIANO - Nuovi Documenti sulla spedizione di Sapri

1919

ANGIOLINI-CIACCHI - Socialismo e socialisti in Italia - Carlo Pisacane

1923

MICHELE ROSI - L'Italia odierna (Capitolo 2)

1927

NELLO ROSSELLI Carlo Pisacane nel risorgimento italiano

1937

GIORNALE storico letterario Liguria - CODIGNOLA Rubattino

1937

GIORNALE storico letterario Liguria - PISACANE Epistolario a cura di Aldo Romano


























Nicola Zitara mi chiese diverse volte di cercare un testo di Samir Amin in cui is parlava di lui - lho sempre cercato ma non non sono mai riuscito a trovarlo in rete. Poi un giorno, per caso, mi imbattei in questo documento della https://www.persee.fr/ e mi resi conto che era sicuramente quello che mi era stato chiesto. Peccato, Nicola ne sarebbe stato molto felice. Lo passai ad alcuni amici, ora metto il link permanente sulle pagine del sito eleaml.org - Buona lettura!

Le développement inégal et la question nationale (Samir Amin)










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