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Carlo Pisacane, il «romito» di Albaro (Zenone di Elea - Giugno 2024)

PISACANE E LA SPEDIZIONE DI SAPRI (1857) - ELENCO DEI TESTI PUBBLICATI SUL NOSTRO SITO

CENNO STORICO DELLA INVASIONE DEI LIBERALI IN SAPRI NEL 1857

SCRITTO DA GAETANO FISCHETTI GIUDICE ALLORA DI QUEL CIRCONDARIO

con note ed osservazioni

NAPOLI

TIPOGRAFIA ITALIANA

Liceo V. E. al Morcatello

1877

(se vuoi, scarica il testo in formato ODT o PDF)

SAPRI 1857

Molti hanno scritto sulla spedizione delle bande rivoluzionarie trasportate dal piroscafo Cagliari sulla spiaggia di Sapri nel 1857, nessuno ha registrato i fatti genuini; e lo stesso processo criminale a carico degl'individui compromessi, e quello civile sulla buona preda del Cagliari offron notabili difetti; eppure con altro accorgimento non superficiale o da malizia guidato conveniva trattare un fatto pel quale, tacita spettatrice allora, ne ha preso poi la sua riscossa l’Europa intera.

Tale avvenimento in apparenza meschino, si vide bentosto di poi essere stato il risveglio di tutte le fazioni rivoluzionarie d’Europa, fazioni che giunsero in menò di cinque anni a rovesciare molte Monarchie, quindi ampliarono il reggimento costituzionale, formarono due imperi a guarentigia della proclamata libertà, e le diverse autonomie de' governi italiani ridussero in una sola Nazione.

Venti anni sono già decorsi dal primo successo e le tenebre offuscano ancora gli avvenimenti di di Sapri. Ha dovuto risentirne gli effetti lo stesso Barone Giovanni Nicotera, condottiere di quella spedizione, oggi Ministro dell’Interno, che attaccato per mezzo della Gazzetta d'Italia, dal partito avverso con mire ambiziose di potere, un solenne giudicato reso dal Tribunale di Firenze ha dichiarato calunnioso lo attacco; ed abbenché lunghe sieno state le discussioni di valenti e numerosi avvocati, ciò non pertanto la pubblica opinione rimane tuttora desiderosa di conoscere i particolari e la concatenazione di lutti gli avvenimenti che successero allora.

Ho serbato lungo silenzio, ma dopo tali precedenti non posso, nell’interesse del vero, tacermi ulteriormente sulla narrativa di que' fatti, ne’ quali tanta parte io stesso vi presi e che dall’ambizione, dall'invidia, dall'ignoranza in mille modi travisati si veggono.

I testimoni oculari sono viventi, la corrispondenza uffiziale esiste, i pubblici registri parlano anch'essi, la posizione de' luoghi ed ogn’altra circostanza, tutto concorre a diradare le tenebre, a

manifestare lo incesso de' rivoltosi, la condotta de' funzionari pubblici, la parte rappresentata dalle guardie urbane, dalla reale gendarmeria, dalla regia truppa, il contegno delle popolazioni, ed i meriti comparativi o demeriti di ciascuno.

Quando Pisacane, Nicotera e compagni sbarcarono a Sapri, percorsero luoghi di mia giurisdizione qual giudice di Vibonati, capo luogo del circondario cui appartenevano Sapri, Torraca, Tortorolla, Casaletto, Battaglia, Ispani, S. Cristofaro, santa Marina, Capitello e Policastro. Fui dunque primo opponente per cagione di uffizio, ma non ne abusai, e perciò fui anche primo testimone pienamente informato de' fatti che scrivo.

Retrocedendo col racconto a' mesi che precedettero quello della invasione, dirò che l’Intendente della provincia di Salerno Luigi Ajossa mi preveniva con riservatissimo foglio del 18 di febbraio 1857 (((1)) di vigilare attentamente se qualche legno inglese praticasse delle segnalazioni con la terra.

Tre mesi dopo la data di quell'ufficio dell’Intendente Ajossa; cioè un mese pria della invasione, sulle mura delle abitazioni di Sapri si lessero sei consimili cartelli.

Muora il Tiranno Ferdinando II. Viva Luciano Murat Re di Napoli. Viva il Governo Francese. Viva la Repubblica Napoletana. (((2))

Ed io con uffizio del 22 di Maggio ne feci rapporto alle diverse Autorità, mentre analogo processo criminale a carico d’ignoto autore io stesso, quale giudice istruttore, ne compilai.

Or il Cagliari, piroscafo Sardo della Compagnia Rubattino, partiva da Genova il di 25 Giugno 1851 ad ore 7 p. m. diretto per Cagliari, capitano Antioco Sitzia con apparente missione postale, ed era carico di molte casse di armi e di munizioni.

Lo stato de' passaggieri e quello dell'equipaggio vanno dichiarati dalle stesse parti negl'interrogatorii del processo, nel quale è alligata una lettera del 2 luglio del detto anno di Raffaele Rubattino al console generale napoletano dimorante a Genova, cavaliere Garron, ed è questa che segue:

«Società B. Rubattino per la navigazione a vapore — Genova 2 luglio 1857 — Illustrissimo signor Console e Generale. Siccome ebbi l’onore far conoscere jer sera a V. S. Illustrissima che il piroscafo della mia amministrazione, il Cagliari, partiva da questo porto secondo il suo regolare itinerario il 25 p. p. giugno a ore 6 ½ p. m. in servizio postale per Cagliari e a Tunisi. Un’ora circa prima della partenza si presentarono a prendere imbarco parte per Cagliari, parte per Tunisi, muniti di regolari ricapiti vari passaggieri.

«Nessun dubbio neppur lontano remoto potea sorgere nella amministrazione che quest'individui s’imbarcassero a scopo diverso da quello di recarsi o in Sarei degna o in Tunisi. Il bastimento era carico di varie merci per le due destinazioni, tra le altre aveva a bordo la mobilia del nuovo direttore della dogana di t Cagliari. Secondo il suo orario il Cagliari doveva giungere in Cagliari sabato a sera e ripartire per Tunisj a la domenica. Lunedì io riceveva dispaccio da Cagliari a che mi avvisava il vapore non essere anco giunto al destino, attribuendo il ritardo o a mancanza del cara bone, o a qualche guasto di macchina. Telegrafai al mio agente di spedire in ricerca un vapore Piemontese, o di ottenere che il Governo di Cagliari mandasse il real vapore Ishenusa, dubitando che il Cagliari si trovasse inabile a proseguire, trattenuto pervia. Ieri di fatto a riceveva dispaccio che il governo di Cagliari spediva il real vapore Ishenusa alla ricerca del ritardato naviglio. Se non che dopo i tentativi di sommossa che ebbero luogo in Genova nella notte del 29 al 30 corrente, e che fortunatamente per improvvidenze del nostro governo andarono falliti, corse ieri vagamente la voce che il Cagliari aveva imbarcato individui che si mutarono la qualità di viaggiatori, unicamente per impradronirsi del e legno e dirigerlo chi sa dove. Questo dubbio divenne i jeri sventuratamente una certezza, quando il dispaccio che la S. V. Illustrissima si compiacque comunicarmi, avvertiva che un piroscafo a bandiera Piemontese era stato catturato dalle reali Fregate nelle acque di Ponza. Esaminando la qualità de' passaggieri imbarcati riesce per me evidente che questi non si tosto allontanato il vapore dalle nostre coste, s’impadronirono con violenza (e forse peggio) del comando del piroscafo, lo deviarono dalla sua destinazione per eseguire i loro meditati progetti. Nel ripetere qui a V. S. Illustrissima l’immen so dispiacere che provo per questi fatti, che ogni animo onesto non può che altamente disapprovare, devo pure e ripetere qui l’asserzione la più solenne che tutta l'amministrazione mia, e l'equipaggio tutto del piroscafo è completamente innocente ed ignaro di quanto anda va a succedere. Il bastimento era destinato per Tunisi.

«Il Comandante dopo ritirati i pieghi postali, s’imbarcava con quella solita fiducia, nulla temendo di quanto doveva succedere. Le indagini del real governo di Napoli, le deposizioni di tutti non potranno che provare ampiamente che alla sola violenza (e Dio sa quale violenza l'equipaggio avrà ceduto. Tanto era fiduciosa l'amministrazione e l'ufficialità che il viaggio non poteva che a farsi sotto le più normali condizioni, che il piroscafo a partiva senza aver ripieni i Suoi magazzini di carbone, per la ragione che avendone attualmente esuberante deposito in Cagliari, avrebbe in quella preso il necessario a onde proseguire per Tunisi e solamente 35 circa tonnellate esso aveva a bordo quando parli da Genova, quantità appena necessaria o poco più per arrivare a Cagliari. Questa circostanza significantissima per provare la buona fede, la cieca confidenza con cui amministrazione ed equipaggio andavano ad eseguire il viaggio, non è la sola che giustifichi la compagnia da qualunque sospetto. Le carte di bordo, le spedizioni di dogana, il carico, la corrispondenza postale, tutto può giustificare l’innocenza dell'amministrazione e del suo equipaggio. Unisco alla presente la copia del suo manifesto di carico e la nota de' passaggieri imbarcati; come vedrà la V. S. Illustrissima fra i passaggieri vi sono gente aliena da qualunque macchinazione politica. Fra questi è il medico del Bey di Tunisi colla moglie. Io prego V. S. Illustrissima a voler prendere in proposito anche più ampie informazioni e trasmetterle senza indugio al real governo di Napoli, onde nel giudizio che sarà per istituirsi, risulti chiara e limpida la verità di quanto le espongo, e da essa l'innocenza la più perfetta della mia amministrazione e del mio equipaggio. Sarò anche riconoscente alla V. S. Illustrissima se vorrà far pervenire a S. M. il Re di a Napoli l’espressione del sentito dispiacere che provo per fatti così riprovevoli. La mia amministrazione è nota in Napoli da oltre 16 anni di navigazione periodica, né in sì lungo periodo un fatto solo può essere ascritto a’ miei vapori contro le leggi del Regno. Anche in questo avvenimento nessuna colpa può essere ascritta alla mia Amministrazione. Io ho troppo fiducia nella giustizia che regge il governo di Napoli per essere certo che dalle investigazioni che esso sarà per fare non ne abbia a risultare la più sollecita e la più ampia giustificazione dell'intero mio equipaggio. Mi affido a' sentimenti di lealtà a che tanto distinguono la V. S. Illustrissima per essere a certo che Ella vorrà farsi l'interpetre mio presso il governo di S. M. Siciliana, portando a sua conoscenza tutta la verità in cui sta ogni mia giustificazione. Agii gradisca signor Console Generale, l’ossequio e le espressioni della mia massima considerazione con cui sono di V. S. Illustrissima Divotiss. Obb. R. Rubattino. a Sig. Cav. Garron Console Generale del Re delle due Sicilie in Genova.

Stato de' passaggieri

Giuseppe Daneri

Tommaso Battifora

Giuseppe Mascarò

Achille Perucci

Domenico Mazzone

Cesare Cori

Ferdinando Boniali

Conte Ludovico Negroni

Carlo Venturino

Amicare Buonomo

Carlo Pesacane

Giovanni Camillucci

Filippo Velosi

Michele Gallo

Schnieder

Eligio Mò

Vincenzo Donadeo

Giovanni Durando

Giuseppe Lucchi

Enrico Morace

Lorenzo Giannoni

Gaetano Poggi

Felice Poggi

Luigi Barbieri

Francesco Metuscè

Domenico Zolla

Domenico Porro

Cesare Landini

Antonio Biffo

Giacomo Bruno

Nicotera Giovanni


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Stato dell'equipaggio

Capitano Antioco Sitzia

Secondo Rocci Vincenzo

Terzo Ghio Agostino

Nostromo Cedale Pietro

Dispensiere Albertini Nicolò

Stivatore Bruciacase Prospero

Timonieri Frumento Giovanni

» Rapallo Agostino

» Rebua Giovanni

» Fromento Lorenzo

» Fromento Ignazio

Marinari Fromento Nicolò

» Bertiroli Girolamo

» Fromento Girolamo

» Casella Pasquale

» Sturlese Domenico

» Lazzaro Giuseppe

Giovinotto Barbieri Claudio

Mozzi Costa Domenico

» Cedale Giovanni

Macchinisti Wuott Errico

» Park Carlo

Fuochisti Sajoni Prospero

» Rebua Luigi

» Cerasio Domenico

Carbonaj Turbino Vincenzo

» Badino Francesco

Mastro di casa Busso Giovanni

Cuoco Noce Carlo

Camerieri Travi Girolamo

» Mercurio Giuseppe

» Acquarone Lorenzo

Nello stato dell'equipaggio dieci mancavano di passi e librette ed erano:

Agostino Ghio

Prospero Bruciacase

Errico Wuott

Carlo Park

Prospero Sajoni

Carlo Noce

Pietro Cidale

Giovanni Cidale

Giuseppe Mercurio

Giuseppe Lazzaro

Ciò rilevasi dall'inventario delle carte repertate dal Procuratore generale della gran corte Criminale di Salerno a' 12 luglio suddetto.

Nello stato poi de' passaggieri dodici mentivano i loro nomi ed erano:

Giovan Battista Falcone

Cesare Faridone

Giovanni Gagliani

Domenico Rotto

Federico Foschini

Lodovico Negromonte

Giovanni Sala

Filippo Fajelli

Pietro Rusconi

Carlo Rotto

Giuseppe Santandrea

Giuseppe Fuelli o Feli;

Ciò risulta dall'interrogatorio degl'imputati medesimi e dal foglio con firme proprie rinvenuto fra gli altri documenti su’ cadaveri degli uccisi a Padula ed a Sanza; in esso si legge il seguente compromesso collettivo de' 20 incrollabili iniziatori delle rivolture italiane.

Noi qui sottoscritti dichiariamo altamente che avendo tutti congiurato, sprezzando le calunnie del volgo, forti della giustizia della causa e della gagliardìa del nostro animo ci dichiariamo gl'iniziatori della rivoluzione italiana. Se il paese non risponderà al nostro appello, Noi senza maledirlo sapremo morire da forti, seguendo la nobile falange de' martiri italiani. Trovi altra nazione del mondo uomini che come noi s'immolino alla sua libertà, ed allora solo potrà paragonarsi all'Italia, benché sino ad oggi ancora schiava. Sul Vapore. Sul Cagliari alle ore 9 e mezzo di sera de' 25 Giugno 1857. 1. Carlo Pisacane, 2. Giovanni Nicotera, 3. Giovanbattista Falcone, 4. Barbieri Luigi di Levici, 5. Gaetano Poggi di Lerici, 6. Achille Perucci, 7. Cesare Faridone 8. Poggi Felice di Lerici, 9. Gagliani Giovanni di Lerici, 10. Rotto Domenico 11. Cesare Cari di Ancona. 12. Fuschini Federico, 13. Ludovico Necromonte di Orvieto, 14. Metuscè Francesco di Lerici marinaro, 15. Sala Giovanni, 16. Lorenzo Giannone, 17. Filippo Faielli, 18. Giovanni Camillucci, 19. Domenico Mussane di Ancona, 20. Rusconi Pietro.

Altri documenti converrebbe riunire al di sopra trascritto per mostrare l’antecedente concerto rivoluzionario, che ben si sa da quale origine derivasse; cioè che la spedizione fu provocata dal comitato di Napoli di accordo con quello di Torino. Ma questi documenti li porrò in fine della narrazione per non interpolarla.

Miss White recavasi preventivamente a Torino a concertare con i rivoltosi; essa scrive al macchinista Park in lingua inglese il seguente biglietto di proprio pugno.

«Noi desideriamo di evitare spargimento di sangue: nostra sola mira è di liberare i nostri fratelli dalle orribili prigioni di Bomba Re di Napoli, così giustamente abborrito dagl’inglesi. Coll’assistenza a' nostri sforzi voi vorrete essere consapevole di fare una buona azione quale sarà approvata dalle due nazioni l'Italiana, cioè, e l’Inglese. Voi avrete ancora il merito di preservare il bastimento pe’ vostri padroni. Ogni resistenza è inutile. Noi siamo risoluti di compiere la nostra impresa o di morire».

Cosi venne trasformata l'apparente missione postale del Cagliari, che fornito d’armi ed armati prese difilato la rotta di Ponza ed alle 4 p. m. del giorno 27 giugno in quella rada pervenne.

Al primo arrivo, issata sull’albero di trinchetto la bandiera di chiamata, sotto pretesto di riparare i guasti della macchina, indussero il pilota Giovanni Colonna ad avvicinarsi; e con inganno lo fecero salire sul bordo, i deputati sanitarii seguivano con altra barca; e mentre disputavasi sull'esibizione della patente, vennero dalla violenza costretti salire a bordo anch'essi. Nel sopraggiungere il capitano del porto Montano Magliozzi ed il tenente di piazza Federico de Francesco, spediti dal maggiore Astorino, comandante militare dell’Isola, ebbero la sorte medesima de' precedenti e rimasero sequestrati.

Nel frattempo il vapore spingevasi nel porto, e messe a mare tutte le imbarcazioni, vi scendevano i congiurati cioè 25 passaggieri e l’intiero equipaggio, come i testimoni tutti dichiarano, (escluso il capitano Sitzia con i due macchinisti), al numero complessivo di 54 individui con bandiera tricolore, camicie e berretti rossi, armati di fucili, pistole, boccacci; ed a terra sbarcati aggredirono la gran guardia, sopraffecero e disarmarono i pochi soldati che vi erano a difesa; e per avere il tenente Cesare Balsamo, mostrato fermezza nel resistere verso due di que’ faziosi, gli venne tratto un colpo d’arma da fuoco da Cesare Cari; e’ cadde semivivo a terra e dopo mezz’ora moriva. Corsero parimenti dal maggiore Antonio Astorino che mandarono sequestrato sullo stesso legno unitamente alla moglie e nipote, come pure il capitano ajutante maggiore Antonio Ferruggia ed Antonio Roberto pilota comandante la scorridoja reale.

Fuggivano i soldati, fuggivano i gendarmi, fuggivano le guardie doganali e tutti gl'impiegati amministrativi, giudiziari!, militari, sanitari! e quelli addetti alla relegazione e alla polizia; fuggivano gli stessi relegali ed ex militi, che sbadati oziavano sulle piazze; ma quando videro i cospiratori (al grido — Viva l’Italia — Viva la libertà Viva la Repubblica) padroni del terreno scatenarsi ovunque a mano armata, i relegati e gli ex militi pensarono cosa buona per essi il fare causa comune; talché l’insurrezione generale prese bentosto spaventevole proporzione, le masse rivoltose inondarono dovunque come mare in tempesta, e i relegati nell’entusiasmo della libertà ricevuta, urlavano come belve feroci.

Inchiodarono i cannoni della Piazza, disarmarono e depredarono la scorridoja reale. Presero dalla guarnigione le armi e la munizione per ordine del comandante Astorino, costretto dalla forza.

Chiamato dal sergente de' veterani Giuseppe Comardo l'aiutante Francesco Rango, mentre costui veniva premurato a consegnare le armi, ebbe da un individuo vestito di rosso un colpo di fucile che gli sfiorò leggermente la lempia sinistra.

Al carcere circondariale, abbattuto il primo cancello, furon dal custode Francesco Luciano aperte le porte, a ciò persuaso con i pugnali alla gola; e così vennero liberali Francesco Romano detenuto correzionale, Pasquale Scorziello e Domenico Catapane giudicabili criminali.

Incendiarono la caserma di gendarmeria ed il posto di Polizia. Bruciarono carte, registri e processi nell'archivio del giudicato regio, presero il danaro, armi ed oggetti di convinzione, saccheggiarono la casa del giudice regio Michele Mazzoccolo.

Poi gittarono sulla strada e bruciarono i registri e le carte dell’uffizio di relegazione. Bruciarono le carte ed i registri della cancelleria comunale. Bruciarono tutte le carte della capitaneria del porto ed in fine saccheggiarono la casa del capitano.

Scassinarono la baracca ad uso di corpo di guardia nella contrada detta chiaro di Luna, e diverse camere della caserma di relegazione.

Infransero gli stemmi regii dovunque visti, cioè nel posto di polizia, sull’officina della Deputazione di salute, sull’officina della posta e sul botteghino de' generi di privativa.

L’avvocato Ferdinando Starace nella sua allegazione sulla legittimità della preda del Cagliari, in difesa dell'Intendenza di Marina contro la Compagnia Rubattino pag. 9, asserisce. Furono vittima del proprio dovere il tenente Cesare Balsamo morto nell’azione, altri di minor grado del pari rimasi spenti». Poteva limitarsi al primo soltanto, perché altri non vi furono spenti.

De Sivo ancora nel vol. 2. pag. 354 della sua Storia delle due Sicilie — Roma 1864 dice. «I contrari (rivoltosi) ebbero tre feriti e tre morti, che poi gittarono a mare.»

La morte de' tre gittati a mare viene attestata dal solo relegato Eugenio Lombardi ed è una bugia!

Ne’ subugli poi, provocati da essi medesimi, rimasero feriti Amilcare Buonomo, Cesare Cari, Lorenzo Acquatone, come pure Vito Luigi Cofano.

Ritornando alla scorridoia reale, fa d’uopo rimarcare che Starace pag. 9 ed il Proc. Gen. Pacifico nel suo Atto di accusa pag. 23 ed 86, quando la dichiarono affondata, non hanno tenuto presente il rapporto del vice Ammiraglio e presidente D. Luigi Borbone del 29 luglio 1857 al direttore del Ministero e real segreteria di Stato della Marina, che tale scorridoia n. 18, riparati alcuni colpi di baionetta, ben mareggiava e non era mai affondata.

Mancava il tempo a commettere altre violenze, e molto tempo bisognò ad eseguire l’imbarco de' 400 incirca relegati evasi ed i tre detenuti secondo le dichiarazioni di Sitzia, Bocci, Cari, Danero, i quali relegati messi in libertà sono indicati come segue nell'Atto di accusa del Procuratore generale.

1 Vincenzo Alberto di Mormanno

2 Nicola Antico di Civita di Penne

3 Beniamino Argirò di Badolato in Catanzaro

4 Vincenzo Agresta di Reggio

5 Luigi Abravilla di Rionero in Basilicata

6 Pasquale Amoruso di Napoli

7 Filippo Alzarini di Napoli

8 Liborio Antinori di Solmona

9 Giuseppe d’Ambrosio di Napoli

10 Marcellino d’Agostino di Pollutri

11 Pasquale d’Angelo di Napoli

12 Michele Albergo di Barletta

13 Nicola Alaggio di Napoli

14 Gaetano d’Auria di Napoli

15 Fortunato d’Acunzo di Napoli

16 Ferdinando d’Aquila di Lecce

17 Pasquale Armeni di Ardore

18 Vincenzo d’Auria di Napoli

19 Carmine Alifani di Lioni

20 Giuseppe Borrelli di Portici

21 Francesco Bozzetti di Chieti

22 Michele Bruno di Monocalzati

23 Bruno Betrò di S. Andrea di Davoli

24 Vincenzo Bambara di Salimberti in Reggio

25 Euschio Bucci di Aquila

26 Emmanuele Bove di Francavilla di Lecce

27 Carminantonio Borsella di Castropignano

28 Pietro Buongiovanni di Quattr’occhi di Palma»

29 Giacomo Buonajuto di Napoli

30 Salvatore Earberio di Colico

31 Vitantonio Bello di Alessano

32 Giuseppe Bartiromo di Napoli

33 Alfonso Barrella di Reggio

34 Gennaro Botta di Napoli

35 Giovanni Bonito di Messina è lo stesso che Giuseppe de Sanctis

36 Francesco Cuccorullo di Cava

37 Domenico Cìrolla di Guardiabruna

38 Vincenzo Cataldo di S. Chirico

39 Eugenio o Gregorio Chiefari di Statlini

40 Domenico Coja di Casoria

41 Domenico Chinam di Maropati

42 Leonardo Cervo di Carinola.

43 Giuseppe Caputo di Palermo

44 Giacomo Confortino

45 Natale Cardamone di Soveria di Mannelli

46 Raffaele Cortese di Russano

47 Giuseppe Cognetta di Terlizzi

48 Giuseppe o Donato Colapinto di Gioja

49 Pietro Colica di Longobardi in Monteleone

50 Antonio Crisafi di Badolàto

51 Giuseppe Cicchetti di S. Marco la Catola

52 Bruno Contemi di Matta Placanica

53 Vito Francesco Copertino di Conversano

54 Pietro Cariti o Carini di Pellaro in Reggio

55 Vincenzo Cavagnone di Aversa

56 Vincenzo Gomito di Riace

57 Antonio Cianciola o Ciancio di Cassano

58 Giovanni Cozzolino di Procida

59 Lorenzo di Cicco di Napoli

60 Gaetano Carbone di Napoli

61 Carmine Capraro di Presine

62 Giovanni Crespi di Napoli

63 Luigi Colatarci di Corigliano

64 Rocco La Cava di Palma

65 Francesco di Costanzo di Biccari

66 Ferdinando Cocchillo di Amoruso

67 Domenico Cozzolino di Casandrino

68 Francesco Cantatore di Ravo in Bari

69 Alessandro Cardone di Casanova

70 Alessandro Paolillo di Macchiagodena.

71 Giuseppe Colacicco di Napoli

72 Luigi Cofano di Fasano

73 Errico Cerino di Napoli

74 Pasquale Campagnuolo di Bisceglie

75 Domenico Catapano di Napoli

76 Giuseppe Altizzone di Rogliano

77 Pasquale Costanzo di Frattamaggiore

78 Ferdinando Darrucci di Sulmona

79 Carmine di Domenico di Formicola

80 Giuseppe D’Anna di Avella

81 Alfonso Esposito di Napoli

82 Giuseppe Esposito di Cava

83 Paolo Esposito di Avellino

84 Antonio Esposito di Napoli

85 Pasquale Esposito di Pollica

86 Angelo Santo Esposito di Cassano

87 Anseimo Esposito di Lucerà

88 Nicola Famiglia di Napoli

89 Giuseppe de Francesco di Catanzaro

90 Giuseppe de Felice di S. Stefano

91 Girolamo de Felice di Molfelta

92 Gaspare Fiorenza di Napoli

93 Filippo Conte alias Ferraiuolo di Arce

94 Benedetto Fanelli di Casalvieri a S. Maria

95 Giovanni Fiumara di Catanzaro

96 Domenico Fuccinito di S. Vito in Catanzaro

97 Fortunato Flora di Napoli

98 Nicola Falanga di Napoli

99 Sabato Fusco di Avella

100 Giuseppe La Ferola di Napoli

101 Pasquale Fiacca di Cardito

102 Orazio Ferri di Sora

103 Pietro Fusco di Agnone

104 Giuseppe Fabozzi di Lusciano

105 Carlo La Fata di Paterno

106 Felice Frate di Pomigliano d’Arco

107 Giuseppe Friuzzi di S. Apollinare

108 Raffaele Foglia di Napoli

109 Francesco Ferracci di Petina

110 Francesco. Fauzzi di Bisceglie

111 Vincenzo Farina di S. Severo

112 Giuseppe Garofalo di Guardia Sanfromonti

113 Tommaso Galardo di Rocca d’Aspide

114 Vincenzo di Gennaro di Napoli

115 Francesco di Gennaro di Napoli

116 Achille Godano di Rombiolo

117 Nicola Giordano di Reggio

118 Giuseppe Giglioni di Cicala

119 Michele Gaita di Solofra

120 Pietro Gambino di Mangone

121 Rosario Giuffrè di Seminara

122 Francesco Giglioni di Rogliano

123 Gennaro Gargiulo di Pozzuoli

124 Angelo Grillo di Bomba

125 Giuseppe Guglielmo di Andria

126 Emmanuele Genzano di Foggia

127 Francesco Gallaro o Gallo di Pizzoni

128 Angelo Giovinazzo di Arzano

129 Antonio Grasso di Monteforte

130 Domenico Jannelli di Morcone

131 Giovan Battista Taccheo di Mercogliano

132 Francesco Jannessa di Carapelle

133 Vito Jannuzziello di Castelnuovo di Conza

134 Francesco Lauro di Meta

135 Paolo Liguori di Napoli

136 Pietro Lombardi di Capistrano in Catanzaro.

137 Giuseppe Langellotti di Palermo

138 Domenico Leonelli di Sinopoli

139 Luigi Lettieri

140 Giuseppe Lazazzera di Turi

141 Antonio Limardi di Francavilla in Catanzaro.

142 Giuseppe Limardi di Francavilla

143 Vitantonio de Luca di Pianella

144 Luigi Lazzaro di Policastro

145 Antonio Longo di Rutino

146 Giuseppe Ler di Foggia

147 Giuseppe Leggieri di Caserta

148 Eugenio Lombardi di Napoli

149 Francesco di Mauro di Vietri

150 Giuseppe di Muzio di Pignataro di Capua

151 Pasquale di Mauro di Somma

152 Alfonso della Monica di Cava

153 Luigi Maliardi di Napoli

154 Achille Mira di Minervino

155 Giuseppe Montesano di Reggio

156 Giovanni Miraglia di S. Pietro a Maida

157 Pasquale Mormile di Aversa

158 Nazzareno Moline di Messina

159 Orazio Morelli di Lecce

160 Gennaro Mainieri di Mormanno

161 Francesco Mazzulli di S. Stefano in Cosenza

162 Nicola Musto di Aversa

163 Felice Mancino di Pietracupa

164 Giuseppe Magno di Monreale

165 Giovanni Mascaró di Catanzaro

166 Pasquale Manzieri o Marangelli di Conversano

167 Felice Moli né di Messina

168 Michele Milano di Napoli

169 Giuseppe Micilli di Teverola

170 Nicola Marucca di Serrastretta

171 Antonio Mingione di Corigliano

172 Vincenzo Martino di Reggio

173 Salvatore Minieri di Ricignano in S. Maria

174 Luciano Marino di Aversa

175 Luigi Melillo di Montecorvino

176 Michelangelo Marte di Manfredonia

177 Giuseppe Muscetta di Avellino

178 Carmine Muscetta di Chiajano

179 Achille Monaco di Napoli

180 io: Battista Majorino di Costantinopoli

181 Giuseppe Mariano di S. Vito in Chieti

182 Francesco Mastranza di Napoli

183 Vincenzo Maria Mascia di S. Maro La Gatola

184 Pasquale Mezzacapo di Napoli

185 Nicola Mezza di Napoli

186 Giovanni Maccarone di S. Marina

187 Francesco Monastero di Alessano

188 Tommaso Lonero di Maida

189 Bartolomeo Naddeo di Bella

190 Saverio Nocera di Siano

191 Michele Noviello di Napoli

192 Nicola Nicoletti di Reggio

193 Antonio Napoli di SoraÈ lo stesso che Giu seppe de Lisa

194 Carlo Natale di Caserta

195 Consolato Nicolò di Reggio

196 Andrea Napolitano di S. Eramo

197 Antonio Nanci

198 Pietro Nastro di Napoli

199 Stefano Napolitano di Airola

200 Francesco Nocera di Napoli

201 Vincenzo dell’Oglio di Andria

202 . Domenico dell'Oglio di Andria

203 Rocco Orlando di Curinga

204 Giuseppe Olivieri di Amatrice

205 Nicola Oliva di Orsomarso

206 Battista de Pasquale di Lanciano

207 Salvatore de Padova di Avellino

208 Vincenzo Paparo di Guardavalle

209 Benedetto Pagano di Mercatlo in Salerno

210 Federico Priorelli di Andria

211 Luigi Palmieri di S. Vito in Calabria

212 Nicola Pizzo

213 Antonio Pirozzi di Vitulano

214 Pietro Pulice in Cosenza

215 Pasquale Perrella di Macchiagodena

216 Domenico Passalacqua di Viggiano

217 Arcangelo Parigino di Catanzaro

218 Antonio Pailadino o Venturino alias naso di cane

219 Nunzio Parisi di Napoli

220 Francesco Pedata di S. Antimo

221 Giovanni Policano di S. Angelo Lombardi

222 Gennaro Puglia di Napoli

223 Vincenzo Panza di Controne

224 Pasquale Palmieri di Aversa

225 Angelo Palermo di Sangineto in Cosenza

226 Giuseppe Pellegrino di Castrovillari

227 Ferdinando Parente di Sepino

228 Antonio Pianese di Piedimonte

229 Nicola di Paola di Guardia Lombardi

230 Donato Palermo di Pietrafessa

231 Raffaele Parola di Napoli

232 Angelo Quaranta di Palo di Contursi

233 Giuseppe Roma di Lecce

234 Antonio Romano di Atena

235 Francesco Rauti di Chiaravalle

236 Giuseppanlonio Riggione o Mingione di Cervinara

237 Giuseppe Rega di S. Onofrio

238 Domenico Riviglia di Arena

239 Carmine Ricca di Catanzaro

240 Pielrantonio Rotondo di Guardia Regia

241 Rocco Rosilo di Morano.

242 Saverio Raspa di Gasparina.

243 Pietro Paolo Regina di Mormanno

244 Michele Regina di Morano

245 Antonio Romano di Napoli

246 Domenico Richiello di Reggio

247 Guglielmo o Giustino De Respino di S. Angelo Lombardi

248 Vincenzo Rosa di Marmanno

249 Giuseppe Maria Reale di Monteleone

250 Giuseppe Riviello di Serre

251 Felice Romano di Pomigliano d'Arco

252 Raffaele Reale

253 Francesco Romano di Napoli

254 Pasquale Russo di Afragola

255 Luigi Russo di Aversa

256 Francesco Scozzi di Erchie in Lecce

257 Antonio Santoro di Lioni

258 Giulio di Sorbo di Gaiazzo

259 Bartolomeo di Sapio di Monteforte

260 Luigi de Sio di Napoli

261 Luigi La Sala di Napoli

262 Rosario Spadafora di Colrone

263 Salvatore Senesi di Massafra

264 Lorenzo Sabella di Agnone

265 Luigi Silipo di Catanzaro

266 Vincenzo Sforza di Labriola

267 Luigi Smimmo di Polla

268 Giuseppe Spinadi Savella

269 Giuseppe Scarfaro di Maida

270 Pietro Stasio di Vietri

271 Nicola Simonelli di Casal nuovo

272 Francesco Scarfaro di Maida

273 Davide Salomò di Francica

274 Fiorindo Sette di Canosa

275 Domenico Sipone di Andria

276 Rocco Signorelli di Girifalco

277 Ilario Spagnuoli di Portigliela

278 Orazio Saccoccia di Lecce

279 Luigi Severino di Morano

280 Carmine Sorgente di Tazzano

281 Fortunato Sonetto di S. Pietro a Maida

282 Giovanni Sabatino di Corigliano

283 Cesare Sangiovanni di Napoli

284 Luigi Somma di Somma

285 Giuseppe Sorbo di S. Prisco

286 Vincenzo Salvatorelli

287 Gaetano Schiavo di Napoli

288 Pier Nicola Salomone di Barisciano

289 Francescantonio Torres di Accadìa

290 ennaro Tocci di Rossano

291 Giuseppe Trinchesi di Limatola

292 Luigi Tolimieri di Avellino

293 Gaetano Tropeano di S. Pietro di Polla

294 Gio: Antonio o Costantino Tudda di S. Catarina

295 Luigi Teano di Pagani

296 Alessandro Travaglini di Casoli

297 Michele Tommarelli di Montesano

298 Antonio Testa di Castellammare

299 Alfonso Tarantino di Corato

300 Tommaso Tallarico di Monte Coriccia

301 Francesco Tuoti di Scalea

302 Carlo Vallato dì Cuccaro

303 Nicola Valletta di Lecce

304 Luigi Antonio Villani di Ailano

305 Luigi Verna di Cervinara

306 Generoso Venezia di Avellino

307 Domenico Vespa di Bagnoli in Molise

308 Rosario Villani o Villari di Reggio

309 Ferdinando Vinci di Napoli

310 Salvatore Visconti di Capriglia

311 Giuseppe Valenzese di Reggio

312 Nicola Villano di Postiglione

313 Antonio Vaierà di Nicastro

314 Tommaso Ziparo di Girifalco

315 Luigi Zito di Taranto

316 Salvatore Ziparo di Girifalco

317 Luigi Esposito di Napoli

318 Vincenzo Esposito idem

319 Michele Esposito idem

320 Francesco de Martino idem

321 Carmine Marotta idem

322 Giovanni Perrella di Capriale

323 Carmine Pescopa di Casoria

324 Pasquale Scorziello detenuto evaso.

Mancano i nomi di altri evasi, perché Starace con i mezzi amministrativi ed il proc. gen. con i mezzi giudiziari, mancando i registri della relegazione bruciati in Ponza, non si sono versati sulla pruova suppletoria, sia presso i reali ministeri, sia per indagini sopra luogo. Il computo per altro è come segue.

Relegati evasi da Ponza 400
L”intero equipaggio del Cagliari 32
Congiurati passaggieri

25

Totale degl'individui compromessi 457

A suo tempo vedremo ciò che avvenne di poi di tale numero di rivoltosi.

L’imbarco ebbe termine alle 11 di sera, secondo la dichiarazione del capitano Daneri. All’l. a. m. del giorno 28 giunse a bordo un’altra imbarcazione contenente armi acquistate a terra, ed i sequestrati furon rilasciali liberi. Alle 4 a. m. abbandonarono Ponza come dal giornale nautico si rileva.

Erano le ore 6 pom. del giorno 28 giugno 1857 quando nel villaggio s. Cristofaro, compita una perizia criminal?, io mi tratteneva con amici a prospettiva di mare sul loggiato della casa di Prospero Falcone funzionante da capo urbano. Gennaro Cangiano supplente giudiziario, già capitano mercantile, fissato lo sguardo alla punta così detta di Linfreschi ebbe a richiamare la mia attenzione su di un piroscafo, la cui prora era rivolta verso Sapri, luogo insolito ad approdarvi legni grandi; e sebbene noi avessimo il cannocchiale del Falcone col quale egli vedea chiaro ad una distanza di oltre a 10 miglia, io poco abituato alle cose marine appena potea distinguere. Il Cangiano però scandagliava col tempo ed a misura che stringeva la distanza, facevami osservare il piroscafo a tre alberi col palo a poppa in modo che nessun legno napoletano andava così armato; per cui si suppose fosse un legno inglese dalla forma dello scafo. Molla gente brulicava sulla' coperta, e perché molto a rilento bordeggiava, come volesse attendere la notte, conchiudemmo col dire essere uccello di cattiva nuova quel vapore.

Così noi facevamo la scoverta del Cagliari senza punto saperne delle sue recenti prodezze nell'Isola di Ponza, dove furono conniventi o forse in pieno giorno addormentati quelli che aveano mezzi completi di offesa e di difesa, forza doganale, soldati, armi, cannoni, castello, fortini a poter facilmente impedire l’invasione di soli 54 individui, benché armati e risoluti all’invadere, ma invece si lasciano sopraffare in ogni maniera e trarre a sé la maggior parte degli opponenti!

Da' monti s. Cristoforo scesi alla marina di Capitello ed appena giunto a mezz’ora di notte, presi posto nella scorridoja doganale unitamente al controloro de' dazi indiretti Gaetano Infransi, al supplente Cangiano, Gioacchino, Giffoni cancelliere, sostituto, Saverio Polito giovane di usciere, Pasquale Cigliano pilota, Raffaele Esposito, Domenico De Carlo, Giuseppe Cavaliere, Antonio Lopez marinari, onde da vicino esplorare il bordeggiare del piroscafo. Essendo già notte oscura, chiesi un’altra barca di riserva che subito si gettasse al lido nel caso fosse catturato la nostra scorridoja, ma tutte stavano alla pesca.

Taciti solcavamo le onde a rispettosa distanza dal piroscafo, che non perdevamo di vista, quando verso le 9 di sera il vapore dette fondo in direzione della contrada Oliveta fuori l’imboccatura del porto di Sapri, ad una mezza ora eravamo tanto vicini da raffigurarne la gente che sbarcava; se non che male accorti esploratori la soverchia giostra temerità poco mancò non avesse tristo fine; onde ci raccomandammo alla forza de' marinari a farci tosto prendere lido. Il Vapore però di bollo fermossi ad un tiro di fucile, probabilmente per non dare in secco, ma una lancia di esso stava per raggiungerci, quando arrancammo a terra ed alla nostra barca trassero un colpo di boccaccio. Allora senza retrocedere, passando in mezzo a' rivoltosi, ci recammo a Sapri minacciata da vicino, serbando fra noi molta distanza, per non esser presi tutti in una volta e rimanere senza prevenzione il Governo.

Eppure nell'atto di accusa pag. 30, ad onta de' miei rapporti e delle numerose dichiarazioni esistenti nel processo, ad onta dell'interrogatoria degl'imputati e del giornale nautico il Procuratore generale Francesco Pacifico asserisce. «Arrivo in Sapri il Piroscafo, comparve a circa le ore 22 del 28 giugno in quel golfo ed immediatamente scomparve, nascondendosi dietro un promontorio che forma una specie d’istmo tra il golfo di Sapri e la spiaggia così detta dell’Oliveta in tenimento di Vibonati e colà si mantenne fino alle ore 2 italiane, lorché nel silenzio perfetto di quella popolazione gl’insorti tutti sbarcarono sulla spiaggia di Sapri».

Ma Sapri non ha golfo, ha un porto a semicerchio prolungato somigliante al ferro di cavallo nel cui fondo la città si rattrova. Nel golfo di Policastro ed allo scoverto procedeva senza mai nascondersi, finché pervenuto alla contrada Oliveto, spiaggia di Sapri non già Vibonati, quivi senza perdita di tempo ad un’ora di notte affrettossi ad eseguire lo sbarco.

Giunto io a Sapri ad ore 2 col supplente Cangiano, molto prima degli altri compagni feci riunire quella guardia urbana, ma gl'individui non oltrepassavano i 30 di numero, cui feci sentire la mia voce ne’ seguenti precisi termini. «Abbiamo alla contrada Oliveto lo sbarco di numerosi armati da un legno da guerra, non saprei se Napoletani o Stranieri, ma sempre male intenzionati, discesi furtivamente ad ora e luogo vietato dalla legge. Avvenimento straordinario pel quale siete chiamati spiegare non solo coraggio, ma somma prudenza; è questo il momento da mostrare il vostro zelo ed attaccamento al nostro Monarca Ferdinando IL Andate in esplorazione contro de' medesimi, siate cauti, vedete di rendere buoni servizi nell'interesse pubblico, nell’interesse delle vostre famiglie, nello interesse del reale Governo».

Partirono: ed io seguito da que’ pacifici abitanti esterrefatti mi condussi nella casa del supplente giudiziario Lorenzo Autuori, donde scrissi a' diversi capi urbani del circondario ché, chiamate sotto le armi le rispettive guardie, metà servissero a tutelare i propri comuni, metà si facessero marciare a Sapri — Giovanni Mariosi e Giuseppe Pasquale furono i primi corrieri da me spediti.

Sorpresa intanto e circondata la guardia da' rivoltosi, fuggiva sbandata. Rattenuti e disarmati gli urbani Domenico Menta, Sabato Cesarino, Salvatore Vitolo, Domenico Finamore, Nicola Schettino, Francesco Caiafa, Vincenzo Pasquale, Nicola Caldararo, e parimenti le guardie doganali Filippo Fiorentino ed Alfonso Panico. Il sotto capo urbano Giuseppe Galloni salvossi a nuoto dalla punta detta Fortino all'opposto lato del porto circa mezzo miglio ed ignudo giunse a quattr’ore nella propria casa; Giovanni Peluso ramiere non sapendo nuotare stette tuffato nell'acqua l’intiera nottata. Erano mal capitati ancora e fatti prigionieri Antonio Perazzo di Vibonati, Domenico e Giuseppe Montesano, come pure Francesco Eboli di Sapri, comunque chi prima e chi dopo quasi tutti costoro potettero svignarsela col solo contributo di qualche arma da fuoco, mentre pel resto quelli voleano mostrarsi buoni amici e buoni fratelli.

Grave pensiero mi davano i due corrieri Mariosi e Pasquale che non fossero stati sorpresi da quelli ed intercettata la mia corrispondenza: tanto avvenne; ma fu cattivo giuoco per essi ancora, che la musica festante, cangiato metro, dicevano: siamo scoverti e disquilibrati dal Giudice, si mandano corrieri, si mette il Governo sull’avviso, avremo addosso la forza pubblica, siamo morti, siamo perduti, ed imprecazioni, bestemmie, disperate minacce. Guai per me se fossi capitato in mezzo a tanti amici, che per lo meno m’avrebbero strangolato a primo abbraccio!

Mentre a me rivolti aveano i loro pensieri, ed io bilanciava i mezzi de' quali poteva disporre, ecco il suddetto Nicola Caldararo, intriso di sangue, per una caduta presa nel fuggire, viene alle undici di sera con altri urbani a dirmi che circa 500 rivoltosi gridando: Viva l'Italia — Viva la libertà marciavano alla volta di Sapri. Fu come avesse detto «chi si può salvare si salvi» e raccolte le rispettive famiglie tutti fuggivano a' monti; ed io con pochi amici mi avviai sopra Torraca per la via così detta la Verdesca, impraticabile quasi, montuosa ed alpestre assai, per evitare la solita via pubblica, laddove quelli avessero voluto inseguirmi e sventare col sequestro della mia persona l’unico centro di movimento contro di essi.

Mi duole intanto leggere diversamente nell'alto di accusa del proc. gen. Pacifico pag. 36. «Allorché nel perfetto silenzio di quella popolazione., invadendo (i rivoltosi) l’abitato di Sapri... sequestrarono....» Eravi dunque silenzio e gli abitanti di Sapri di nulla si accorsero? Silenzio col rumore che io feci nella piazza di Sapri? Silenzio con 30 urbani da me spediti in esplorazione? Silenzio quando pervenuti nella contrada Oliveto furono sorpresi, circondati, altri sbandati, altri fatti prigionieri? Catturati ancora i due corrieri Mariosi e Pasquale. Le dichiarazioni di tutti costoro e di altri ancora esistono in processo, perché da me stesso raccolte qual giudice istruttore. Si dica piuttosto silenzio nel proc. gen. che, immemore di essere l’uomo della giustizia e della legge, sopprime il mio nome, quando con più zelo ed accorgimento io adempiva ai miei doveri, sopprime la genuina e semplice narrativa de' fatti.

Starace nel suddetto Discorso pag. 10, attinge anch'esso da fonte invidiosa ed impura la narrativa de' fatti. Secondo Pacifico, Sapri poi non vide, non intese, ma venne all’improvviso aggredita; il che è contrario alla verità de' fatti surriferiti.

I rivoltosi gridavano, chi viva! quelli risposero, amici, urbani: replicarono gli altri, viva la Repubblica, viva l'Italia. Qui soggiunge Starace: «Quel momento annunziò il principio funesto della guerra civile, della strage e d’ogni maniera d’indescrivibili enormità. Attaccate quelle milizie facilmente rimasero vinte, sopraffatte dal maggior numero, due soggiacquero alla prigionia, il resto bravamente difendendosi ritornò in Sapri.»

I prigionieri però furono molti e non ritornarono cosi presto. Le poche guardie urbane visto il maggior numero de' rivoltosi, fuggirono e la supposta guerra civile in tal modo evitarono.

De Sivo nella citata sua storia vol. 2 pag. 356 ne dice pure delle grosse comunque scrittore più accurato de' due precedenti, benché troppo molesto suggeritore dovette essergli in Roma l’ingrato, invidioso sottintendente Calvosa, che se fosse stato più coscienzioso non avrebbe mancata rappresentare anch'egli una parte molto interessante in quegli avvenimenti; dice pertanto de Sivo. «Giunse ad ore 23 del 28 alla marinella d’Oliveto in lenimento di Vibonati a un miglio da Sapri e vi sbarcò la masnada di 450 persone. Pochi urbani del luogo, all’insolita vista del piroscafo in quelle acque, accorsero, ed agli sbarcati chiesero chi vive? udendo rispondere l’Italia, la Repubblica—spararono i fucili ed indietreggiarono a Sapri a portare la nuova».

Il Cagliari a 23 ore (7 pom.) non era pervenuto ancora nelle acque di Capitello; ed io magna comitante caterva scendea da' monti di s. Cristoforo, passava da Capitello a mezz’ora di notte senza perdere di vista il piroscafo che giunse ad un’ora di notte alla marinella d’Oliveto, appartenente a Sapri non a Vibonati. I pochi urbani, da me raccolti e spediti sul luogo, furono prudenti alla vista del pericolo, e circondati procurarono salvarsi con la fuga.

Per quanto allo sparo de' fucili … Dio ne liberi!! vi sarebbe stato il finimondo, ed avrebbero scorticati ed ingojati vivi quanti erano già capitati prigionieri nelle mani loro ed avrebbero perseguitati a morte i fuggitivi e, povera Sapri, avrebbero fatto davvero quanto fecero inoffensivamente ciò che venne loro addebitato da fallaci ed ampallose dichiarazioni.

Ma ritornando alla interrotta esposizione de' fatti, appena giunto sopra Tornea, scrissi al sottintendente del distretto come prosieguo del giorno 28 giugno alle 3 a. m. del 29 (((3)) per mezzo del corriere Pietro Filizzola di Marcello, manifestando lo sbarco di 500 rivoltosi, le disposizioni da me date, il bisogno di riunire le forze in un punto centrale, come io pel circondario designava Tortore!! a, mentre i singoli paesi non avrebbero potuto da se soli sostenersi. Giunse il corriere ad ore 10 a rigore di distanza riportandomi analogo riscontro la sera dello stesso giorno (((4)).

Dopo tale adempimento riunitasi la piccola brigata di gendarmeria, procurai si radunassero le guardie urbane, prevenni quegli abitanti, svegliai dal sonno monsignore Laudisio vescovo di Policastro, e prima dell'alba, date per Tornea le debite disposizioni, presi la via di Vibonati.

Era l’alba quando giunsi a Vibonati, ed essendovi già pervenuta la nuova dello sbarco, ritrovai chiuso quel posto di guardia, scomparso il capo urbano, e per insinuazione dello stesso dissipate e nascoste le guardie, comunque a chiamarle se ne fossero inutilmente occupati gl’impiegati tutti del giudicato e la stessa brigata di gendarmeria.

Lasciando Vibonati mi recai alla marina di Capitello e direttamente in mio nome vi feci, ad ore 8 a. m. da quel telegrafo visuale segnalare al Re, come a' Direttori di polizia generale e di grazia e giustizia, lo sbarco de' rivoltosi, l’operato mio, lo stato del circondario con domandare infine soccorso (((5)); così pure nel passaggio ne venivano le stesse autorità della provincia contemporaneamente informate.

Nel frattempo i rivoltosi entrati a Sapri non trovarono il sindaco, non decurioni o cassieri od altri che le mire loro avessero potuto secondare, sia per uomini, armi o danaro; avrebbero voluto sbalestrare pel tempo inutilmente perduto, ma si limitarono a spiegare la bandiera tricolorata, ripetere il solito grido — Viva l’Italia — Viva la libertà — strappare lo stemma reale dal posto di guardia, percuotere a colpi di scure qualche porta, senza scassinarne veruna, come ad onta delle mie perizie negative, nella pag. 36 malamente asserisce il nostro procuratore generale Pacifico, le bande rispettarono le case, con buona creanza, dei proprietarii ed anche del capo urbano di Sapri Vincenzo Peluso, alla cui porta videsi una piccola traccia di fuoco e l’impressione d’un colpo di fucile.

Giovanni Peluso ricevitore doganale fu sollecito dichiararmi la perdita di ducati 113. Ma perché non pose questo danaro in salvo come praticarono tutti gli altri Sapresi che fuggirono? È una delle malizie frodolenti che si adoprano ne’ tempi di subugli. Come del pari calunnioso è l’incidente imboccato alla narrazione del de Sivo de' tre catturati di Sapri che si volevan fucilare dalle bande e poi si salvarono colla fuga.

Lontano dallo strepito e fuori centro dell’abitato dimorava l’arciprete di Sapri Timpanelli e placidamente dormiva, quando un’ora prima di giorno videsi onorato da' nuovi ospiti chiedendo commestibili; ed egli come stava in camicia balzò dal letto dovette prestarsi a procurare loro 20 rotola di formaggio. Questo fatto lo dichiara lo stesso arciprete Nicola Timpanelli; ciò non pertanto il proc. gen. Pacifico nell’atto di accusa pag. 36 parla del solo Giovanni Peluso; di talché a Giovanni Peluso ricivitore doganale furono tolti ducati 113. 20 di conto regio, due fucili ed una quantità di formaggio. Eppure per questo poco formaggio Nicola Timpanelli vi prese la morte, come altrove dovrò notare.

Abbandonata Sapri verso le ore 8 an. mer. la mattina del 29 le bande marciavano per compagnie, in 30 squadre, con i rispettivi capi denominali capitani, tenenti, secondi tenenti, capisquadra designati come segue, giusta il portafogli legalmente assicurato e rinvenuto sul cadavere di Carlo Pisacane.


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1. Compagnia

Capitano Nicola Giordano

Tenente Errico Cerino

2. Tenente Rosario Spadafora

Capisquadra

1. Vito lannuzziello

2. Salvatore Lipari

3. Pasquale Mezzacapo

4. Giuseppe Reale

5. Nicola Alaggio.

6. Rocco La Cava

7. Giuseppe Bartiromo

8. Giseppe Leggieri

6. Giov: Battista laccheo

10. Francesco Ferracci

2. Compagnia

Capitano Nicola Valletta

Tenente Benedetto Pagano

2.° Tenente Francesco de Martino

Capisquadra

1. Giovanni Policano

2. Michele Milano

3. Vincenzo de Rosa

4. Fortunato Flora

5. Antonio Vaierà

6. Giuseppe La Ferola

7. Liborio Antinori

8. Nazzareno Molinè

9. Lorenzo Sabelli

10. Francesco de Gennaro

3. Compagnia

Capitano Federico Priorelli

Tenente Giuseppe Colacicco

2.° Tenente Luigi La Sala

Capisquadra

1. Fiorindo Sette

2. Raffaele Parola

3. Michele Tommarelli

4. Domenico Catapano

5. Achille Godano

6. Domenico Coja

7. Francesco Torres

8. Luciano Marino

9. Vincenzo D’Auria

10. Giuseppe Caputo

Tutti evasi, come sopra è detto, dall'isola di Ponza armati di fucili e boccacci.

Non mancava lo stato maggiore, ed erano quegli imbarcati come passaggieri sul Cagliari, di poi discesi a Ponza. L’equipaggio non discese a Sapri.

Comandante in capo col titolo di generale nominava se stesso Carlo Pisacane, colonnello Giovanni Nicotera, maggiore Giovanbattista Falcone.

Salirono sopra Torraca mentre celebravasi la festa de' santi Pietro e Paolo e vi giunsero verso le ore 10 a. m. con bandiera spiegata e cassa battente al grido. Viva l'Italia. Viva la Libertà, qualche voce ancora Viva la Repubblica, serbando militare disciplina e buon’ordine di marcia. In quella piazza recitarono'apposito proclama, per infervorare la gente a prendere le armi alla rivolta.

«Cittadini! (sono queste le parole del proclama pervenuto nelle mani della giustizia.) È tempo di porre un termine alla sfrenata tirannide di Ferdinando II. A voi basta volerlo. L’odio contro di lui è universalmente inteso. L’esercito è con noi, la capitale aspetta dalle provincie il segnale della ribellione per troncare in un colpo solo la quistione. Per noi il governo di Ferdinando II ha cessato di esistere, ancora un passo ed avremo il tempo, facciamo massa e corriamo dove i fratelli ci aspettano; su dunque chiunque è atto a portare le armi ci segua. Chi non è abbastanza forte per seguirci ci consegni le armi. Noi abbiamo lasciati famiglie ed agi di vita per gittarci in una intrapresa, che sarà il segnale della rivoluzione e voi ci guardate freddamente come e la causa non fosse la nostra! Vergogna a chi potendo combattere non si unisca a noi, infamia a que’ vili che nascondono le armi piuttosto che consegnarle. Su dunque cittadini cercate le armi nel paese e seguiteci. La vittoria non sarà dubbia. Il vostro esempio sarà seguito da' paesi vicini, il nostro numero crescerà ogni giorno, ed in breve saremo un esercito. Viva l’Italia.»

Come pegno del felice avvenire furon distribuiti i nastri tricolori da tutti i componenti le bande; le quali al partirsi da Tonaca ruppero le casse del prete Antonio Flora trovandovi circa ducati 50 in moneta ed altri ducati 40 in valore di oggetti, si presero pure un fucile del sindaco, un altro dallo urbano Paolo Filizzola ed un terzo dal capo urbano

Luigi Mercadante, scassinando la porta della casa di quest'ultimo, secondo la sua dichiarazione. Ma tale assertiva del Mercadante dietro legale perizia da me praticata rimase pienamente smentita.

Null'altro fecero, perché giustamente dubitavano che la festa de' santi Pietro e Paolo protettori di Torraca avesse prodotto qualche dispiacevole accidente per la molta gente raccolta; e così proseguirono a passo di caricala marcia trionfale dopo un’ora di fermata. Facendo svolazzare la bandiera tricolore alle ore 11 a. m. a suon di tamburo procedevano i rivoluzionarii al grido viva l'Italia, viva la libertà; non ostante l’essere defatigati dal cammino e dalla perdita del sonno continuarono il loro viaggio per altre dodici miglia traversando strade alpestri e tortuose in mezzo a dirupi quasi inaccessibili e traversando i monti della Serra, giunsero alle 5 poro, al Fortino di Cervara, limite estremo del mio circondario. Quivi ruppero il filo del telegrafo elettrico ed uno de' pali di sostegno. È notevole raccontare che mentre le bande procedevano scoraggiate, perché non avevano ritirata, i capi urbani e le guardie fuggivano da esse per opposte vie, affin di scanzare il pericolo d’incontarsi!

Intanto io spediva corrieri per avvisare il capo urbano Felice Pecorelli che fuggiva da Policastro, come pure per avvisare quello di Torraca Luigi Mercadante, che si ricoverava su’ monti di Battaglia e quello di Sapri, Vincenzo Peluso, ch'erasi rifuggiate in Sala e quello di Vibonati, Pugliese, ch'era scomparso del tutto. Lo stesso avvenne degli altri; di talché le guardie urbane si dispersero mancando di capi.

Solo tre gendarmi, quattro urbani e gl'impiegati del giudicato inermi mi seguirono fedelmente a Vibonati, dove feci ritorno; di colà si spedii la sera medesima Francescantonio Sansone al sottintendente di Sala con rapporto analogo sulla ritirala de' rivoltosi dal mio circondario (((6)) da cui erano fuggiti, perché da me scoverti, abbordati, videro la guardia di Sapri, comunque sbandata, i corrieri da me spediti, le mosse mie pel circondario, le popolazioni da me prevenite, non trovarono appoggio, non aderenti, non potettero agire con piano libero ed ordinato: fuggirono compulsi dalla forza morale nel vedermi attivo su’ passi loro supponendomi alla testa di numerose forze.

Allora sbucarono da' nascondigli loro talune guardie quando seppero ad ore 5 pom. l'uscita di quelli dal circondario, fecero mostra di bravura senza punto inseguire o vedere la faccia de' rivoltosi, e per evitare qualsiesi pericolo di scontro, stabilirono il loro quartiere generale in s. Giocondo presso Sapri; cioè 15 miglia di distanza dai rivoltosi.

Le due fregate a vapore il Tancredi e l'Ettore Fieramosca, sotto il comando del retro ammiraglio Federico Roberti, imbarcate a Mola di Gaeta 4 compagnie dell’11 battaglione di cacciatori comandate dal maggiore Marulli partirono all'1 a. m. del giorno 29 toccando l’isola di Ventotene, s. Stefano, e presso l’isola di Capri, catturato il Cagliari, lo rimorchiarono a Sapri.

I rivoltosi giusta lo analogo documento (((7)) aveano preveduto questo caso per evitarlo. Il retro ammiraglio Roberti nel suo rapporto del 29 giugno 1857 al direttore del ministero e real segreteria (((8)), di stato della marina notificò d’aver catturato il Cagliari alle bocche piccole di Capri; il che prova che il capitano non avea la intenzione di ritornare a Ponza, siccome volle supporre il Pacifico alla pag. 80 dell'atto di accusa, ma si bene fare la rotta per Napoli dove il capitano Sitzia poteva, fingendosi passivo, declinare da ogni responsabilità.

I legni della real marina giunsero a notte avvanzata; ed a' primi albori del giorno 30, essendovi X io accorso da Vibonati, fui presente allo sbarco, somministrai l’occorrente alla truppa; cioè i mezzi da trasportare il bagaglio e due pezzi da campagna, disposi che le guardie urbane raccolte a s. Giocondo secondassero i movimenti della regia truppa, diedi al maggiore il mio cavallo, e fece lo stesso il mio cancelliere con l’ajutante maggiore.

Partita la colonna intera in persecuzione delle bande, rimasi al mio posto, per provvedere alla sicurezza del mio circondario ed agli svariati doveri del mio ufficio.

Altre due compagnie dello stesso 11 battaglione cacciatori col piroscafo il Veloce, partite da Mola di Gaeta giungevano a Sapri lo stesso giorno verso le 5 p. m. Procurai l’occorrente per la truppa; ed a Vibonati, dove subito mi trasferii raccolsi venti vetture da soma che facevano urgenza maggiore. Quella sera medesima scrissi circostanziato rapporto a tutte le autorità (((9)) che mi resero attestati di lodi (((10)).

Erano le ore 9 a. m. dello stesso giorno 30 quando mi recai sul Tancredi, quale prima autorità circondariale, a praticare col retro ammiraglio Roberti un atto di compitezza. Simultaneamente il barone Vincenzo Arnone sottintendente di Lagonegro che seppe lo sbarco de' rivoltosi quella stessa notte dello arrivo, (quando al suo collega di Sala non era giunto ancora il mio corriere a causa della maggiore distanza, né tampoco si conoscevano quali mosse i rivoltosi avrebbero preso da Sapri), aveva date le disposizioni opportune a' capi delle forze di sua dipendenza, e partito da Lagonegro la mattina del 29 corse a Maratea, luogo di maggiore pericolo, minacciata da vicino, donde ne ripartiva dopo attinte le debite nozioni, ma saputo l’arrivo de' legni da guerra e della truppa da sbarco, volle compiere un atto di convenienza col retro ammiraglio suddetto.

De Sivo pertanto nella citata storia vol. 2. pag. 356. dice. «In quella il sottintendente Calvosa che già da due mesi aveva rapportato del disegno d’invasione senza averne provvedimento, ora dall’intendente Ajossa udiva per telegrafo da Salerno la nuova a dello sbarco; adunò tosto a Sala un 30 gendarmi e molti urbani armati alla meglio; ma come per fama si diceva gli sbarcati fossero migliaia, invitò il collega di Lagonegro barone Arnone ad accozzare la gente di quel distretto e correre al luogo Fortino distante sei miglia per mettere in mezzo i nemici: quegli invece lasciò Lagonegro e si fuggì a Maratea.»

Quando sbarcavano i rivoltosi l’Intendente Ajossa di Salerno, 80 miglia lontano da Sapri, ed il sottintendente Calvosa di Sala, 30 miglia lontano, placidamente dormivano e furono contemporaneamente da me svegliati verso le ore 9 a 10 a. m. la mattina del 29 come da' citati documenti risulta; così Calvosa non poteva dall'Intendente Aiossa udire la nuova dello sbarco, né poteva supporre che gli sbarcati fossero migliaia, quando il mio uffizio non diceva oltrepassare i 500. Invitava il barone Arnone sottintendente di Lagonegro di correre al Fortino e mettere in mezzo i nemici;ma quando si vuole che avesse scritto Calvosa, i nemici stavano ancora tra Sapri e Torraca, né poteva conoscersi la via che avrebbero quelli percorsa. Che se per intreccio di data, invece del 29, l’invito di Calvosa devesi riportare al giorno 30, Arnone a Lagonegro adempiva a' suoi doveri meglio di Calvosa; quelli poi già sin dall’alba del giorno 30 avevano abbandonato il fortino; e peggio si aggiusta la fuga di Maratea. Si fugge correndo sul luogo del pericolo? A Maratea vicino Sapri? Ed è sempre la voce di Calvosa beffarda, calunniatrice, quantunque uscita per la bocca del De Sivo.

Cominciavano frattanto ad assottigliarsi le masse fuggitive, perché nel giorno 29 Michelangelo Marta di Manfredonia, lasciando i compagni, rimase in Torraca e presentossi a quel secondo eletto o vicesindaco. La sera dello stesso giorno presso Vibonati alla contrada S. Nicola tre rivoltosi a nome Giambattista di Pasquale, Michele Milano e Giovanni Parrella venivano a presentarsi nelle mie mani, ma incontrati dagli urbani si univano a' medesimi gridando—Viva il Re. Così pure nel giorno 30 Eugenio Lombardi, Carlo la Fata, Filippo Conte presentavansi nella contrada s. Vito e nella contrada Serretelle agli urbani di Torraca.

Imperdonabile trascuranza fu poi quella del capo urbano Felice de Marco e delle guardie di Tortorella il vedere 10 rivoltosi, distaccati dalla massa, fermarsi a chiedere commestibili in verso la sera del 29, trattarli pacificamente, lasciarli gozzovigliare, farli partire, quando essi lontani molte miglia da' compagni, con idea forse di non volerli più seguire, potevano essere arrestati, sia col buono, sia con la forza. Due soltanto salirono la notte sull’abitato ed ebbero da quel cancelliere comunale Francesco Rocco ducati 13 ed altri onajetti, come da sua dichiarazione ch’esiste nel processo. Questo fatto lo ripete con molta gravità lo stesso proc. gen. sig. Pacifico pag. 59. «Aggredirono la casa di don Francesco Rocco e con violenza s'impossessarono di danaro contante ed altri oggetti del valore compieste sivo di circa ducati 90.» Se fossero stati due giganti, e più di due non furono, non avrebbero potuto violentare un paese come Tortorella, inaccessibile roccia tagliata a picco, dove sono più di 2000 abitanti ed oltre 100 guardie urbane che sole sarebbero bastate ad impedirne l’accesso a migliaia di persone. Numerosi gl’individui della casa Rocco non potevano andare soggetti a violenza, e nel caso affermativo, appena cessata, potevano essi soli e molto più chiamando i vicini massacrarli a colpi di pietre nello scendere sempre allo scoperto dall’enorme altezza. E cosa facevano allora gli urbani di guardia col loro capo Felice de Marco, già prevenite contro le mosse dei rivoltosi? Né vorrei dimenticarmi un’altra dimanda circa la violenza. Di notte le porte sono ben chiuse, io non ho verificato veruna scassinazione, per dove dunque s’introdussero, n a nella casa, per la porta o per la finestra? Eh via i rivoltosi furon bene accolti e complimentati, riguardo di de Marco fratello del commendatore Giuseppe allora Intendente della provincia di Terra di Lavoro.

Nel tenimento poi di Casaletto il giorno 30 quella guardia urbana colle altre di Tortorella e Battaglia inseguirono quattro rivoltosi, ed uno rimase ucciso nel conflitto. Fu questo il rapporto che mi pervenne e consegnato in processo, ma per amore del vero ebbi a liquidare dopo, come quello infelice pentito, abbandonava i compagni e stanco presentavasi ed una famiglia di contadini, dimorante nella contrada Puzzomonaco; stando sdraiato sull’erba, mentre quelli a ristorarlo apparecchiavangli un brodo di gallina, un tale Giambatista Bello di Tortorella, gridando a' vicini—Scostatevi, scostatevi — con un colpo di fucile l’uccise.

Al fortino di Cervara intanto i rivoltosi messi a pane ed acqua dal tavernaro Vincenzo Cioffi, non trovarono meglio da ristorare le loro forze, e prima dell’alba del giorno 30 si recarono a visitare il barone di Battaglia Giovanni Gallotti e Salvatore suo figlio, compagni politici di Ponza, ripatriati da circa un mese avanti per sovrana indulgenza; ma costoro aveano già declinato da tanto onore, perché fin dal giorno precedente, nel sentire lo sbarco e la via presa da' rivoltosi aveano abbandonato la casina, che possedeano in que’ dintorni ed eransi ricoverati in Lagonegro, dandomene avviso; ed io fui sollecito nel giorno 30 scriverne al sottintende del distretto. Essi avendo l’obbligo dimorare in Sapri sotto la più stretta sorveglianza di polizia, menavano intanto con mio speciale permesso vita solitaria e campestre nella detta contrada occupati alla coltura d'un esteso fondo che la famiglia possedea, sì che scottati delle sofferte pene, si teneano lontani da' brogli politici. Ciò non pertanto ben tosto mi pervennero dal sottintendente Calvosa di Sala,ordini pel loro di arresto e dal sottintendente Arnone di Lagonegro le premure medesime. Onde riscontrai l’occorrente all’uno ed all’altro, e vennero arrestati in Lagonegro Giovanni, e reduce al Fortino, Salvatore.

Benvero Filomeno e Raffaele, figli anche essi del barone Giovanni Galletti, resero gli onori di casa; ed a tutti poi nella taverna diedero il buon viaggio presenti l’oste Cioffi ed i sequestrati nominati di sopra Giuseppe Pasquale, Nicola Schettino ed il mulattiere Pasquale Gravina.

Fallaci dunque sono le notizie suggerite al signor de Sivo quando nel vol. 2. pag. 355 dice. «Furon raggiunti dal Baroncino Callotti di Sapri condannato graziato del 1848 solo che si accostasse a loro.» Di quale baroncino Callotti si parla di Salvatore odi Giovanni di costui padre? che la stessa condanna la stessa grazia come pure lo stesso titolo portavano per essere vivente allora Mario padre di Giovanni vecchio venerando di generosi e nobili sentimenti, né poi sono di Sapri, ma di Battaglia, due non uno, che lungi dal raggiungere i rivoltosi cercarono evitarli, e desiderati evitarono l’incontro.

«Vincenzo, Cioffi, tavernaro somministrò loro una quantità di pane» dice nell’atto di accusa pag. 39 il procuratore generale Francesco Pacifico.

Il tavernaro fece male, sciagurato! vi aggiunse pure dell’acqua!... doveva ricusarsi ed imporre lo immediato sfratto a quella turba di scrocconi. Come tavernaro di condizione diversa da quella d’un arciprete a Sapri e di un cancelliere comunale a Tortorella, poteva senza tanta facile condiscendenza richiederne un prezzo molto esorbitante da scoraggiarli nella spesa. Quelli capirono il pericolo e che la sorte loro dipendeva da' capricci del tavernaro, ebbero paura, ed appena fatto giorno, prima di raccomandarsi a Dio, presero congedo e si raccomandarono alle proprie gambe.

Giunti a Casalnuovo i capi si avvidero che la diserzione rendeva sempre più disperata la causa loro e vollero dare un esempio di rigore in persona di Euschio Bucci, sottoposto qual disertore a consiglio di guerra, composto degli stessi compagni suoi sopra nominati Giordano, Cerino, Spadafora, Martino, Colacicco, la Sala, col titolo di capitano il primo, e tenenti gli altri. Condannato quel disgraziato, sei compagni lo fucilarono e semivivo ancora gli corse addosso a colpi di stile Domenico Catapano, uno de' tre ch’egli stesso aveva liberata dalla prigione di Ponza!

Pria di lasciare Casalnuovo, abbattuto quel telegrafo elettrico, le masse rivoltose commisero le salite eccedenze. Peggio ancora pervenute al così detto Ponte Cadassano, dove a fucilate inseguirono due urbani per averne le armi, e colpirono accidentalmente Rosa Perretti che rimase uccisa.

Presero la via di Padula; ed a marcia forzata vi giunsero ad are 8 pom. dello stessa giorno 30. Intanto i capi mostravansi impensieriti dalla mancanza di proseliti a causa delle prevenzioni già corse, mentre a Padula doveano riunirsi loro centinaia di persone, ma 'nessuno ebbe coraggio manifestarsi ed isolati abbandonati a loro stessi que’ rivoltosi, parte stanchi si gettavano a terra, parte affamati giravano attorno in cerca di pane, altri di danaro, altri facevano la ronza nella caserma di gendarmeria, nel posto di guardia, nelle prigioni, dispensando grazie a' tre detenuti, altri disfacevano a colpi di stile qualche stemma regio.

A Salerno, intanto verso le ore 10 del giorno 29, il generale Quandel comandante le armi della provincia, che dimorava più prossimo al telegrafo, certificato prima degli altri dalla mia segnalazione telegrafica, recossi dall'intendente Ajossa proponendo spedire a Sala 4 compagnie delle 6 che avea disponibili sotto il comando del tenente colonnello Ghio, volendone ritenere due a difesa del proprio capoluogo; Ajossa considerando lo sbarco dei 500, come dal mio rapporto,'e le probabili provocate insurrezioni delle popolazioni, credette miglior consiglio spedirle tutte. Così disposto, altre due compagnie che trovavansi di deposito a Nocera, vennero all’istante richiamate a Salerno, che non dovea rimanere sguernita di forze.

Il maggiore de' Liguori, comunque oppresso da forte bronchite, fu più sollecito a partire prima di Ghio alla volta di Sala, e vi giunse la mattina de' 30 con 50 gendarmi a cavallo e nel punto denominato Santavenere incontrò quel sottintendente Giuseppe Calvosa,che tuttora mancante di forza, preso da paura metteva in salvo la propria vita; e riconfortato alla vista de' gendarmi, all’arrivo delle guardie urbane che da' vicini comuni erano state chiamate, si ricondusse col maggiore nella sua residenza.

Similmente il giudice di Padula Corradino Ceraso, ad evitare quella sera rincontro dei nuovi ospiti, recossi personalmente sotto la protezione del sottintendente in Sala, ma rimandato in dietro con modi poco gentili, potette l’indomani ritornare trionfante dopo l’ingresso della regia truppa dentro Padula, ma fu ricevuto come rivoltoso con un colpo di fucile che fortunatamente non prese fuoco, e riconosciuto bentosto e ricondotto a casa, ebbe a soffrirne un mese di grave malattia per la paura.

Verso le ore 8 a. m. del giorno 1 luglio numerosi drappelli misti fra gendarmi reali e guardie urbane, al numero più di 1000 individui, da Sala mossero alla volta di Padula; ivi giunti nella contrada denominata Morge del Piesco, ritrovarono i rivoltosi a numero di circa 400, che spiegali sulla collina S. Canione, indi retrocessero più verso Padula sulla facciata così detta della Croce, sostituiti dalla forza regia nelle posizioni abbandonate.

Durante qualche ora fuvvi scambio di fucilate, ma fuori tiro, mentre gli uni si difendevano da disperati e gli altri non osavano troppo avvicinarsi, combattevano da buoni amici, né vi furono morti e feriti fuori Padula sino all’apparire del 7.° battaglione cacciatori, che giunse 14 ore più tardi dell’ora stabilita dal generale Quandel, cioè verso le 12 a. m. Allora le masse rivoltose vedendosi circondate da forze imponenti si diedero a precipitosa fuga verso l'abitato al numero di circa 150, e si resero prigionieri e gittate le armi imploravano per grazia la vita; ma non ebbero misericordia,sia ne’ primi furori, sia dopo assicurati nelle mani de' vincitori che raccolti quegli sciagurati nel posto di guardia urbana, venivano man mano trasportato al macello, ed uno appresso l’altro fucilati. Così per un soldato e due urbani Uccisi vennero fucilati più di 80 rivoltosi e senza combattimento, che che ne dica l’atto di accusa pag. 44. Per quanto poi riguarda la morte di Michelangelo Esposito,fu cagionata da gelosia di bottino,mentre attendeva a rovistare uno degli uccisi. Del prodigio poi accaduto, come si disse, in persona di Ragonese caporale di gendarmeria, ne parleremo di qui a poco.

Nicotera intanto, Pisacane, Falcone con altri 100 e più persone, invece di precipitarsi dentro Padula fuggirono di mezzo alle forze e si diressero verso i monti di Sanza in cerca di migliore rifugio; e l’indomani 2 di luglio i Sanzesi nel vederli suonarono le campane a stormo e corsero tutti, uomini e donne, a mano armata e quelli che non aveano armi presero istrumenti villici,pali,forche,pietre e scatenaronsi addosso a que’ profughi, che tutti si arresero, vista impossibile ogni resistenza; gittate le armi domandavano la vita, ma non trovarono misericordia, né sentimento umanitario, perché per avidità di bottino e. per istinto di ferocia venivano derubati, spogliati e uccisi. Così Pisacane, Falcone ed altri 80 incirca vi lasciarono la vita, pochi si salvarono come prodigio, tra' quali Nicotera gravemente ferito al capo e da un colpo di pistola ferito alla mano destra in cui rimasero i projettili (((11)).

Secondo Pacifico pag. 45 «il fuoco durò qualche ora, e 27 de' facinorosi caddero sul suolo. Il capitano Musitano con la sua compagnia giunse a tempo». Così l’uomo della legge ha scritto e bisogna crederlo. Il prodigio di Padula fu ripetuto a Sanza, perché siccome il caporale Ragonese con due proiettili passatigli attraverso del petto non si trovò ferito; così gli abitanti di Sanza, ammesso il combattimento di qualche ora, ottennero lo stesso prodigio ricevendo molte centinaia di proiettili de' rivoltosi senza esservi feriti! Ciò prova che il combattimento di Sanza fu immaginario e non reale.

A Padula dunque ed a Sanza venne represso quel movimento dei rivoltosi, parte uccisi, ed altri caduti nelle mani della giustizia, cui si arresero ancora ne’ giorni successivi tutti gli altri sbandati e furono i più fortunati perché sfuggirono alle inesorabili carneficine ne’ pretesi combattimenti (((12)).

Frattanto il maggiore Marulli avea fatto riposo a Torraca la mattina de' 30, e nella notte susseguente ad ora molto inoltrata si era messo in marcia col suo battaglione verso Casalnuovo; non prese parte ne’ fatti di Padula del 1 luglio, non prese parte ne’ fatti di Sanza del 2 d. e nemmeno premurato dai Sanzesi di recarvisi a prendersi i prigionieri caduti nelle di loro mani volle acconsentirvi, ma in sua vece vi spedì con la sua compagnia il capitano Musitano che li condusse alla di lui presenza, ed egli invece di commuoversi alla vista di quegl’infelici digiuni, denudati, feriti, palpitanti su’ loro destini, li caricò di minacce, di contumelie, credendo accrescere in tal modo i suoi trionfi ed i suoi meriti politici. Nicotera se ne dolse a nome de' suoi compagni d’infortunio; e non avesse mai parlato, perché quella mano che dovea recare soccorso alla sventura si coprì di obbrobrio. Allora Nicotera intese tutta la forza dell’animo suo egli disse «signor maggiore scioglietemi da questi legami e fra noi due vedremo se vi farò commettere ulteriori soprusi!»

E qui per onore del vero non possiamo tralasciare una giusta riflessione vedendo quelle masse disordinate a Ponza e furibonde, poi messe a freno ed ammansite rispettare il domicilio, la proprietà, la vita, l'onore delle famiglie senza produrre disordini positivi tranne quelle poche eccezioni che l’indole stessa di quel movimento seco trascinava; tali cose, come responsabile del male, depongono pure a favore di Nicotera, non che degli estinti Pesacane e Falcone. Viceversa mettiamo al confronto gli orrori di Padula e Sanza contro gl’insorti, che certamente non meritavano premio, ma la natura dovea commuoversi alla pietosa vista di 160 infelici che bocconi a terra, laceri nelle membra, contusi, vomitando sangue rendono l’ultimo respiro, e volgono l’ultimo sguardo supplichevole ancora verso dei loro carnefici.

Pacifico mi risponde con i pretesi combattimenti, le provocazioni, le rappresaglie. Pace dunque agli estinti, ma chi li avea chiamati? Lode a' vincitori pel modo con cui repressero quei movimento politico, trattando gli uomini quali bestie feroci. Sul numero degli uccisi però non siamo di accordo col proc. gen. Come furono 53 a Padula,e 27 a Sanza? I rivoltosi relegati furono 450 incirca, mentre l’atto di accusa ne presenta 284, ne mancano più di 160; or come gli uccisi furono appena 80?

Signor Pacifico perché nell’alto di accusa pag. 43 prodigate sperticate lodi alle autorità civili e militari e dite che l’ottimo Intendente Ajossa operò quel che pria di farsi si sarebbe creduto impossibile e non dite una sola parola di quell'autorità che, senza commettere abusi di sorta alcuna, fu la prima e sola nello svegliare que’ rodomonti che nulla operarono ed altri che, oltrepassando i limiti della propria missione, si abbeverarono di sangue umano?

Fatta la consegna degl'imputati al potere giudiziario la prima iniziativa del processo fu mia, ma richiamato dal proc. gen. Pacifico, mi notai per mia memoria e per ricordi alla mia famiglia le principali cose di sopra narrate, cui aggiungo altre poche notizie che tra le mie carte e le mie bozze, scuotendone la polvere, vi ho ritrovate.

Una turba assai numerosa, volendo migliorare la sua fortuna sull'altrui ruina, stende la mano a' meritati o immeritati compensi. Giova dirne qualche nome soltanto, senza prolungare sino alla noia l’enumerazione.

L’Intendente Ajossa di Salerno, dichiarato benemerito con titolo cavalleresco di commendatore di Francesco I, perché lontano da Sapri 80 miglia, seppe lo sbarco de' rivoltosi per averlo letto pel mio rapporto.

Il sottintendente di Sala Giuseppe Calvosa 30 miglia lontano da Sapri, fu fatto anche cavaliere, solo per avere appreso dal corriere da me speditogli lo sbarco de' rivoltosi.

Il tenente colonnello Ghio, perché non giunse il 30 giugno sopra luogo, ma ritardò la marcia fino al giorno 1 di luglio e dentro Padula permise quella strage orribile a sangue freddo, meritò pure una pensione di annui ducati 100 e dall’estero un’altra decorazione. Poi fattosi pinzocchero tenne in Napoli una gran festa religiosa nella chiesa di s. Domenico Maggiore con intervento del 7° battaglione cacciatori, con invito della reale Consulta di stato, magistrati, militari e grandi dignitari del regno ed esteri. Egli è quello stesso, che generale all'Angitola, sbandò per amor di Garibaldi 10,000 soldati, e poscia compì la sua carriera col suicidio; comunque i più gravi rimorsi dovessero pesare sulla coscienza del capitano Armenio distaccato dentro Padula.

L’arciprete di Sapri, antico sorvegliato politico, per quelle 20 rotola di formaggio fornito alle bande fu nominato cavaliere di Francesco!, ma furono tante le denunzie, le persecuzioni ed i trapazzi avuti che vi prese la morte.

1877 FISCHETTI Cenno storico della invasione dei liberali


Vincenzo Peluso, capo urbano di Sapri, per essere ritornato dopo cinque giorni di assenza, fu fatto anche cavaliere.

Sabino la Veglia, capo urbano di Sansa, per avere permesso le straggi sopradescritte fu anche fatto cavaliere.

Anche il mio collega Corradino Ceraso che fuggì da Padula ebbe a rosicchiare un osso, perché dopo qualche tempo ed alla sordina ottenne, oltre gli averi della carica, una pensione di mensili ducati 20.

Qualche altro mio collega seppe maneggiarsi a tempo e fece pure buoni affari.

In breve i nomi di tutti coloro che salirono sull’albero della cuccagna sono segnati nel Giornale Uffiziale di Napoli del 22 agosto 4857, anzi ve ne furono altri ancora, sia prima sia dopo, e lasciamoli in pace.

Erano passati due mesi ed il Re aveva dimenticato il primo entusiasmo sul conto mio, come pure i trasporti di compiacenza quando leggeva il mio rapporto de' 30 giugno: non aveva io competitori allora. Comparvero poi tutti que’ caporioni che pretesero nella tragicomedia rappresentare la parte de' primi eroi, seppero trascinare nelle mire loro Pionati che reggeva il ministero di grazia e giustizia: le cose andarono a rovescio, i veri fatti e le vere circostanze venivano mistificati, cosi pure l'effettivo numero degli uccisi e le barbarie commesse, che troppo conturbarono l’animo del Re quando ne venne informato. I tratti di munificenza sovrana si fecero attendere due mesi non sapendosi più cosa fare.

Per me nulla desiderava in mezzo a quei vergognosi maneggi, e non avanzai pretesa di sorte alcuna. Mi avessero almeno lasciato in pace; ma perché la mia presenza in Sapri destava gelosia, venni tramutato a Cagnano cioè 257 miglia di più lontana residenza donde si lusingavano che la mia voce non fosse intesa.

Il vescovo di Policastro monsignore Laudisio, testimone di tutti quegli avvenimenti con affettuosissima lettera (((13)) m’impose reclamare.

Ma passati pochi giorni. Pionati ed il ministro Murena volendo riparare i torti, o piuttosto impensieriti dalle mie rivelazioni, mi tennero lungo tempo in Napoli colmandomi di belle carezze, di larghe promesse, e pregandomi non vedere il Re, che pur troppo mi conosceva, ed astenermi di più parlare sui fatti di Sapri.

Durante quel periodo di 5 mesi,Cagnano reclamava per avermi nella residenza, reclamavano quelle autorità della provincia ed il Re dimandava invano informazioni. Un’astuzia fu pronta ed io fui tramutato in Brienza.

Di questo passo camminando gli affari da male in peggio, si preparava quel fermento che ci ridusse in poco tempo nello stato di sfacelo, e poi successe quello che dovea succedere....!


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CONCHIUSIONE

Da' narrati fatti si desume che l'invasione di Sapri doveva iniziare una rivoluzione di principi!; perché Pisacane e Nicotera, appartenendo al partito Nazionale, non mai ebbero l’idea preconcetta di promuovere la ribellione nel Regno di Napoli per poi annetterlo al Piemonte. Essi ebbero in mente di sollevare il popolo dell’Italia meridionale per costituirla in Repubblica;di poi estendere il movimento rivoluzionario negli altri stati della penisola, e infine proclamare l'unità della Nazione (*). Furon troppo audaci nel proponimento e fallirono per difetto di mezzi, perché erano illusorii quelli promessi dal Comitato di Napoli composto di uomini poco adatti allo scopo, non influenti nelle masse, privi di rapporti con le provincie e senza danari. Pisacane e Nicotera aggiustarono troppa fede alle costoro promesse e caddero nel laccio!

Ma se l’invasione di Sapri riuscì funesta a' 26 coraggiosi che la compierono, fu di grande avviamento a quella di Marsala; la quale, concordata col Piemonte e con lo straniero, ebbe poi il pieno suo conseguimento.

In Sapri Pisacane e Nicotera promettevano libertà ed indipendenza, mentre in Marsala furon profferii danari, impieghi e pensioni vitalizie; onde quelli ebbero pochi seguaci e costoro moltissimi. Fu il cozzo del sentimento con la materia, del disinteresse con la corruzione, dell’idea liberale con il servilismo mascherato di libertà.

(*) Spiegano questi propositi i movimenti repubblicani del 29 giugno, accaduti in Genova mentre il Ca gliari avea già disbarcato i rivoltosi in Sapri. I quali movimenti simultanei si cennano nella riportata lettera di Rubattino (pag. 7), cui nulla dovea essere ignoto.


DOCUMENTI CHE PRECEDONO L’INVASIONE

(tratti dall'atto di accusa)

«Amico carissimo — 29 maggio 1857.


S i g a r s
«Il Commesso 95 43 36 8 86 161 à avuto

Polizia
Vapore
una visita 78 sul 108 ed à bruciato quanto aveva,

S p a z z o l a
gli è restata solo la 113 72 6 117 240 188 172 8

col contenuto, ma non l’abbiamo ancora ricevuta. Sono inquietatissimo


A g r e s t i
di questa faccenda 9 36 86 29 97 103 45 mi à risposto

alla mia lettera di principii, che gli pervenne prima, ed alla vostra che accompagnai con ultra mia. Vi trascrivo il brano più interessante della prima, e vi rimetto originalmente la seconda.

O’ avuto finalmente il mezzo di scrivere a

M a t i n a
arresto
56 5 102 14 64 8 che è sempre in 121

mi promette di darmi tutte le istruzioni necessarie


P o n z a
a riprendere l’affare 73 86 64 118 8 che

vi ò altre volte detto, fu da lui proposto, se avrò a tempo queste istruzioni ve le rimetterò.


p i a n o
L’amico del 75 46 9 65 69 vi rimette una letterina che vi

Napoli
accludo, io veggo per 63 meno di ciò che egli vede, ma spero forse

p a e s e
più di lui paese de' bisogni del 76 7 30 97 29 e dal

momento che mi pare sì grave che se non si coglie, dispero per molti anni. Non debbo negarvi però che son convinto che se mi si fosso concesso da principio qualche mese seguito di tempo, ed avrebbe potuto prestarmisi qualche aiuto maggiore da poter intraprendere varie cose,


armi
che avevano d’uopo di tal tempo, come per esempio quella delle 20

e di qualche fatto determinante ecc. ecc., ora avrei potuto dirvi assai più di quello che vi scrive l’amico, e ci avreste potuto contare come cosa più concretata che concertata. Ecco la trascrizione del brano della lettera succennatavi che vi trascrivo


p r u s s i a t o
colla 75 85 105 95 93 44 9 102 63

d o r s o
in 120 69 85 95 188

Isola
«L’ 46 è distante da Ventotene trenta miglia, senz’alcun porto

intermedio, per cui non vi è telegrafo; quest’ultima è distante


Isole
da Ischia anche trenta miglia, di modo che le tre dette 646

formano un triangolo equilatere. Da Ventotene a S. Stefano vi è un canale di mare di un miglio. In Ponza vi sono pochissimi relegati politici, e più centinaia di relegati comuni, soldati di voluta cattiva condotta; in Ventotene vi sono circa una cinquantina di relegati politici; son colà per accedervi una scorridoia della Dogana, ed una della marina armata a guerra di un pezzo. In S. Stefano siamo tra condannati a' ferri ed all’ergastolo trenta, e circa 800 condannati comuni per omicidio. In Ventotene vi è una mezza compagnia della così detta riserva, comandati da un ajutante, ed altrettanti uomini del Reggimento Marina comandati da un ergente, tutti sono sotto gli ordini del Comandante dell'ergastolo. Lo sghizzo che mi chiedete non posso mandarvelo, perché mancante di mezzi per farlo, e perché noi non vediamo che cielo, e Patrio del bagno; siamo come in una gabbia, solo da un piccolo spiraglio vediamo il mare in lontananza = Qui finisce. L’altra ve l’ò acchiusa originalmente per mancanza del tempo.


arresti
truppe
«Qui vi sono moltissimi 121 e 105 Si assicura

da tutti la partenza de' Principi Spagnuoli, e de' Principi Reali, e due vapori sono a ciò pronti.


Cilento
p r o n t i
Gli amici di 127 si dicono 76 88 68 65 104 46

e premurano perché dicono danneggiare col tempo.


Cilento
Napoli
In 18 vi è fermento grande, ed in 63 si

banda armata truppa
esagerano scontri 11 105. Dopo

il penultimo tempo da voi fissato noi abbiamo


Provincia
scritto in 73 lettere che certo àn prodotto

proclama
un certo allarme, e quel vostro 76 non à

dovuto contribuire meno. Non posso, né devo celarvi che sono in un grave dubbio, ed è se dopo


A g r e s t i
la lettera di 8 37 86 129 99 103 45

l u o g o
voi siete fermi per l’epoca, e per il 52 112 68 36 129

o se per intraprendere preparativi su di altro luogo trasportate

l’ e p o c a
51 29 79 69 19 10!!!

Ciò è indispensabile me lo diciate nella risposta che darete a questa. Nella mia posizione, e precisa del momento questo dubbio deve promuovere un brivido nervoso. Pel resto attenetevi alle ultime precedenti mie. Addio di cuore.

«Gentilissimo Amico — Sento quanto mi dite per l’aggiornamento al 12 corrente. Da noi vi replico non si puoi fare nulla per la ragione che già vi ò scritto; l’operazione credo bene che si dovrebbe eseguirò di notte contemporaneamente sulle due isole in Ventotene, impadronirsi delle scorridoje, e delle batterie di 4 o 5 pezzi che guarda s. Stefano ed il canale, nel tempo stesso un vapore dovrebbe piazzarsi nel canale, ed impedire partenza, o passaggio di barca; indi eseguire l’operazione su di s. Stefano, oppure, contemporaneamente, sbarcando dalla parte opposta a Velatotene si giunge alle spalle delle Sentinelle esterne, vi è un posto di guardia fuori l’Ergastolo per le Sentinelle esterne, più la caserma pel resto del distaccamento, più vi è un altro posto di guardia interno, e propriamente sulla loggia che guarda l’interno, ed a tre Sentinelle; nell’interno vi è la caserma de' custodi che sono al numero di 24, ma non sono armati, facendo il servizio di carcerieri, vi è anche un cannoniere, il quale è incaricato delle granate a mano che ve n’è una cassa presso il Comandante. Ecco tutti gli ostacoli che dovrebbero superarsi calcolate bene tutto, e vedete se è possibile; per i condannati comuni, come vi ò scritto, non vi è nulla a fidarsi, sono quasi tutti nostri inimici, e se sortissero in libertà subito ritornerebbero all’antico mestiere di ladri di strada pubblica. Tutti noi tra politici e semipolitici cilentani potremo sommare a meno di 50; bisogna toglierne una decina di vecchi inutili ad ogni fazione, non resterebbero che una quarantina disponibili. Calcolate tutto ciò e decidete. Potete credere, mio ottimo amico, se amerei di vedermi libero, ma io amo la patria prima di tutto, e non vorrei che per individui si trascurassero i veri interessi della infelice patria. Voi siete fuori, siete in corrispondenza, pesate tutto senza passione e decidete. Per me finché respiro sarò per l’Italia mia, ed a qualunque appello, onorato, della stessa, non mancherò mai.

«Vi ringrazio de' ducati 30 che avete passato a mia moglie. Noterò tutto ciò che spendo onde possa sempre rendervene conto».

«E puranco il proclama è in potere della giustizia, che trovasi cosi espresso:

«Cittadini! Quando si è bastonati per la sola ragione di non andare a garbo ad un birro; quando i migliori fra noi vengono torturati e moschettati con manifesta violazione di ogni Legge… la condizione del paese è più che trista è umiliante.

«Noi svelando le infamie del Governo, assordiamo l’Europa co’ nostri lamenti, ma ora alla pietà è successo lo stupore universale; non siamo considerati come un popolo mal governato, ma come nove milioni di uomini tormentati impunemente da un pugno di agozzini ministri degli odi e del terrore di un esoso tiranno. Agli stranieri sembra impossibile che un tale stato duri, e già mormorano una terribile sentenza: o le infamie narrate son false, o un popolo che curvasi annichilito sotto tale tirannide, è un popolo degradato che non può apprezzare la libertà, né meritarla. L’Europa intera alla quale ci siamo appellati, à pronunciato la sua sentenza, governi e popoli àn detto unanimamente ribellatevi, noi non possiamo che rispettare i fatti compiuti.

«Ma noi sino ad ora che cosa facemmo? Ai patiboli, alle torture, all’ergastolo, abbiamo risposto collo spandere pochi nastri tricolori, ed affiggere simulati decreti, ripieghi che sebbene innocui sono puniti dal nostro oppressore col rigore medesimo col quale reprime l’aperta ribellione.

«Siamo deboli forse? Nò, un popolo non è mai debole incontro alla tirannide domestica: la piccola Svizzera vinse l’Austria che l’opprimeva; i Batavi, appena il Duca d’Alba ebbe colma la misura, si ribellarono e vinsero la potente Spagna; quando l’Inghilterra si mostrò troppo avida verso le sue colonie, esse ribellandosi, si francarono dal suo giogo; i Greci ricorsero alle armi, e vinsero il Turco, noi stessi fiaccammo l'orgoglio del prepotente Spagnuolo, animati dalla voce di un generoso popolano; noi stessi arrestammo alle porte della Capitale le armi vittoriose di Championnet, ed i nostri montanari fecero impallidire que’ generali già vincitori in tante battaglie, ed il Governo che ci opprime e disonora non l’abbiamo noi vinto due volte, il 20, ed il 48, ed obbligato a prostarsi a' nostri piedi? Ricademmo non già per la sua forza, ma perché abbiamo creduto a' suoi giuramenti.

«Possono farci ostacolo 10 o 12 mila mercenarii? L’esercito, odiato acerbamente dal tiranno, è con noi, non abbiamo ragione alcuna per dubitarne; l'Europa era sul punto di dichiararci un popolo degradato, quando dalle fila di questo esercito mostrandosi Agesilao Milano fece sospendere il giudizio che pendea su di noi, non potendo dirsi degradato quel popolo dal cui seno usciva un tanto Eroe.

«Sono forse le discordie de' partiti che c’indeboliscono? ma non abbiamo tutti Un nemico comune, non dobbiamo tutti conquistarci la libertà di pensare e di discutere? Sperate concessioni, senza ricorrere alle armi, ma ove fondate mai le vostre speranze? Avete tentate tutte le vie pacifiche, il tiranno altro non fa che rotare con ferocia crescente il flagello. Le costituzioni del 20 e del 48 non furono forse il frutto di una sollevazione? Non è mai avvenuto, né avverrà mai che un popolo si liberi dalla tirannide domestica, senza ricorrere alle armi. Per noi la sollevazione non è guerra civile, ma legittima difesa contro i satelliti di a un tiranno, contro nemici pubblici, che bisogna combattere, sbranare, distruggere per propria salvezza. Contro gli assassini non àvvi altra difesa che la ragione dell’armi.

«Sarà forse la difficoltà d’intenderci, di accordarci che ci ritiene? Ma la tirannide non ci à messi tutti di accordo? Giuri ognuno in suo cuore di non rimanere inerte se in un punto si combatte: giuri ognuno o di accorrere sé il luogo della pugna è vicino, o di adoperarsi a ribellare il proprio comune, e manomettere i regii satelliti, ed in tal guisa l'accordo sarà universale, la congiura vasta quanto lo stato, la terribile mina apparecchiata, basterà trovare i pochi che vogliono appiccarvi fuoco, e questi non mancheranno. Ma se ognuno tentenna ed aspetta, se ognuno si propone di scendere in campo quando vi saranno raccolte già le migliaia, non vi scenderanno mai. Chi volete che siano queste migliaia se non noi stessi? Una scintilla da tutti alimentata divampa in vasto incendio, abbandonata, muore. Se un tentativo fallisce, a chi la colpa quando àvvi la opportunità di tempo e di luogo, a' pochi generosi che appiccano la battaglia, o alle migliaia che gli guardano impassibili, e li lasciano morire? Il dire non eravi accordo, è vergognoso, è vano pretesto per iscusare la propria codardia. Quale avviso più solenne del combattimento cominciato? Noi dicemmo nel 1848 quell’avviso solenne all’Italia, e l’Italia v’intese.

«Noi ci siamo resi simili a que’ mendichi, che per eccitare a pubblica compassione, pongono in mostra le luride piaghe da cui è roso il loro corpo, e che cosa raccogliemmo da tanta umici Razione? Lo sprezzo: al solo pensarci dovrebbe il rossore montarci alla fronte—Cessiamo una volta dagl’inutili lamenti, e se ci crediamo degni di libertà, balziamo in piedi, rendiamo percossa per percossa, e spezziamo con le gagliarde nostre mani, il bastone, il carnefice ed il tiranno. Così soltanto si riacquista la libertà e l’onore — Napoli 1857».


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NOTE

1 Qui trascrivo letteralmente l’uffizio:

Salerno 18 febbrajo 1837 Signore

«Laddove pervenisse nelle acque del littorale di sua a giurisdizione qualche legno inglese, Ella non si eviterà di portarvi la massima vigilanza onde vedere se mai da bordo si facessero delle segnalazioni che sembrassero di convenzione, e se vi sia alcuno da terra che vi corrisponda; nel qual caso avrà cura di farne subito con la massima riserva e delicatezza circostanziato rapporto, dicendomi pure quanto altro sulla bisogna potesse richiamare l'attenzione del R. Governo. La prego intanto di tenere questo foglio riserbato a se solo e di accusarmene ricevo di proprio carattere». L'Intendente

Al signor Regio Giudice Ajossa.

di Vibonati.

2 Nel tempo in cui accadevano questi fatti, in Sapri e nella provincia di Salerno ed in Napoli giravano alcune monete di oro e di argento coll'effigie di Luciano Murat e la leggenda Lucien Murat e dall’esergo Roi de Naples. Il che prova che una cospirazione murattina si organizzava in queste provincie col concorso francese, e indipendentemente da quella che si organava in Torino con ben di verso scopo; perché i liberali italiani mirarono sempre alla libertà e indipendenza della patria e non mai andarono in busca di padroni francesi.

3Torraca 29 giugno 1857 alle 3 ant. Con questo rapporto fu per la prima volta informato il Sottintendente del distretto di Sala sullo sbarco di circa 500 rivoltosi.

Sala 29 giugno 1857

4Signore

Ho letto il suo rapporto di jeri, giuntomi or ora; e nella intelligenza di quanto mi accerta circa le disposizioni che ha emesse, e che vorrà semprepiù. rafforzare, la prevengo che a momenti sono per giungere due Reggimenti di Cacciatori e cinque Squadroni di cavalleria, di cui non mancherò avviare per cotesta volta senza remora due battaglioni della forza istessa.

Mi tenga esattamente a giorno per espresso di qualsiasi novità.

Il Sottintendente
cav. Calvosa

5Il mio telegramma fu diretto al Re, al direttore Pionati ed al direttore di Polizia generale.

6Rapporto della sera del 29 giugno sulla ritirata de' rivoltosi al Fortino di Cervara.

7Vedi il 2 documento precedente sul piano di invasione.

8Rapporto del 30 a tutte le autorit gerarchiche di Napoli e della provincia sulle mosse de' rivoltosi fuori del mio circondario.

9 Rapporto del 30 a tutte le autorit gerarchiche di Napoli e della provincia sulle mosse de' rivoltosi fuori del mio circondario.

10Gli attestati di lode del Direttore di graia e giustizia sono nellufficio seguente.

Napoli 8 luglio 1857

Signore

Resto inteso di quanto mi riferisce col suo rapporto de' 30 caduto mese intorno al grave reato consumato in cotesta Provincia.

L’esprimo la mia soddisfazione pel modo come si è Ella nel rincontro condotta.

Il Direttore

Pionati

Ministero e real Segreteria di Stato di grazia e giustizia

11Il colpo di pistola fu tratto contro Nicotera da un contadino che gli tolse anche un anello di valore, non avendogli trovato addosso del danaro, perché dagli altri rubatogli.

12Queste carneficine cessarono all'arrivo di un dispaccio del Re che inibiva la fucilazione dei rivoltosi ed ogni violenza contro coloro che cadevano nelle mani della giustizia.

13Signor Giudice mio stimatissimo

Santa pazienza, ed animo forte contro la perversità dei tempi, e del mondo, ora come sempre avverso ai buoni ed amico de' cattivi. Sono dietro l’ultimo fatto di Sapri malamente appresi quegli siessi che sotto i nostri occhi zelarono la causa del Re, e del buon ordine, e ne è stato rimeritato qualcuno che nulla fece — Voi parlate forte, perché la verità sarà onnipotente a dispetto di ogni calunnia ed intrigo—Io ho scritto forte a difesa della verità—Iddio benedica i vostri, ed i miei sforzi, viviamo in tale fiducia.

Vi abbraccio, e sono benedicendovi colla vostra moglie, e Figli.

Lauria li 10 Seti. 1857

Nicola M. a Vescovo di Policastro




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Pisacane e la spedizione di Sapri (1857) - Elenco dei testi pubblicati sul nostro sito
1851 Carlo Pisacane Guerra combattuta in Italia negli anni 1848-49
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1858 Carlo Pisacane Saggi storici politici militari sull'Italia Vol. I HTML ODT PDF
1858 Carlo Pisacane Saggi storici politici militari sull'Italia Vol. II HTML ODT PDF
1860 Carlo Pisacane Saggi storici politici militari sull'Italia Vol. III HTML ODT PDF
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1849

CARLO PISACANE Rapido cenno sugli ultimi avvenimenti di Roma

1855

La quistione napolitana Ferdinando di Borbone e Luciano Murat

1855

ITALIA E POPOLO giornale politico Pisacane murattisti

1856

Italia e Popolo - Giornale Politico N. 223 Murat e i Borboni

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1856

Situation politique de angleterre et sa conduite machiavelique

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La Ragione - foglio ebdomadario - diretto da Ausonio Franchi

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GIUSEPPE MAZZINI La situazione Carlo Pisacane

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1857

INTENDENZA GENERALE Real Marina contro compagnia RUBATTINI

1858

Documenti diplomatici relativi alla cattura del Cagliari - Camera dei Deputati - Sessione 1857-58

1858

Difesa del Cagliari presso la Commissione delle Prede e de' Naufragi

1858

Domenico Ventimiglia - La quistione del Cagliari e la stampa piemontese

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ANNUAIRE DES DEUX MONDES – Histoire générale des divers états

1858

GAZZETTA LETTERARIA - L’impresa di Sapri

1858

LA BILANCIA - Napoli e Piemonte

1858

Documenti ufficiali della corrispondenza di S. M. Siciliana con S. M. Britannica

1858

Esame ed esposizione de' pareri de' Consiglieri della corona inglese sullaquestione del Cagliari

1858

Ferdinando Starace - Esame critico della difesa del Cagliari

1858

Sulla legalità della cattura del Cagliari - Risposta dell'avvocato FerdinandoStarace al signor Roberto Phillimore

1858

The Jurist - May 1, 1858 - The case of the Cagliari

1858

Ricordi su Carlo Pisacane per Giuseppe Mazzini

1858

CARLO PISACANE - Saggi storici politici militari sull'Italia

1859

RIVISTA CONTEMPORANEA - Carlo Pisacane e le sue opere postume

1860

POLITECNICO PISACANE esercito lombardo

1861

LOMBROSO 03 Storia di dodici anni narrata al popolo (Vol. 3)

1862

Raccolta dei trattati e delle convenzioni commerciali in vigore tra l'Italia egli stati stranieri

1863

Felice Venosta - Carlo Pisacane e Giovanni Nicotera o la Spedizione Sapri

1863

Giacomo Racioppi - La spedizione di Carlo Pisacane a Sapri con documenti inediti

1864

NICOLA FABRIZJ - La spedizione di Sapri e il comitato di Napoli (relazione a Garibaldi)

1866

Giuseppe Castiglione - Martirio e Libert࠭ Racconti storici di un parroco dicampagna (XXXVIII-XL)

1868

Vincenzo De Leo - Un episodio sullo sbarco di Carlo Pisacane in Ponza

1869

Leopoldo Perez De Vera - La Repubblica - Venti dialoghi politico-popolari

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BELVIGLIERI - Storia d'Italia dal 1814 al 1866 - CAP. XXVII

1873

Atti del ParlamentoItaliano - Sessionedel 1871-72

1876

Felice Venosta - Carlo Pisacane e Giovanni Nicotera o la Spedizione Sapri

1876

Gazzetta d'Italia n.307 - Autobiografia di Giovanni Nicotera

1876

F. Palleschi - Giovanni Nicotera e i fatti Sapri - Risposta alla Gazzettad'Italia

1876

L. D. Foschini - Processo Nicotera-Gazzetta d'Italia

1877

Gaetano Fischetti - Cenno storico della invasione dei liberali in Sapri del 1857

1877

Luigi de Monte - Cronaca del comitato segreto di Napoli su la spedizione di Sapri

1877

AURELIO SAFFI Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini (Vol. 9)

1878

PISACANE vita discorsi parlamentari di Giovanni Nicotera

1880

Telesforo Sarti - Rappresentanti del Piemonte e d'Italia - Giovanni Nicotera

1883

Giovanni Faldella - Salita a Montecitorio - Dai fratelli Bandiera alladissidenza - Cronaca di Cinbro

1885

Antonio Pizzolorusso - I martiri per la libertࠩtaliana della provincia diSalerno dall'anno 1820 al 1857

1886

JESSIE WHITE MARIO Della vita di Giuseppe Mazzini

1886

MATTEO MAURO Biografia di Giovanni Nicotera

1888

LA REVUE SOCIALISTE - Charles Pisacane conjuré italien

1889

FRANCESCO BERTOLINI - Storia del Risorgimento – L’eccidio di Pisacane

1889

BERTOLINI MATANNA Storia risorgimento italiano PISACANE

1891

Decio Albini - La spedizione di Sapri e la provincia di Basilicata

1893

L'ILLUSTRAZIONE POPOLARE - Le memorie di Rosolino Pilo

1893

 MICHELE LACAVA nuova luce sullo sbarco di Sapri

1894

Napoleone Colajanni - Saggio sulla rivoluzione di Carlo Pisacane

1905

RIVISTA POPOLARE - Spedizione di Carlo Pisacane e i moti di Genova

1895

Carlo Tivaroni - Storia critica del risorgimento italiano (cap-VI)

1899

PAOLUCCI ROSOLINO PILO memorie e documenti archivio storico siciliano

1901

GIUSEPPE RENSI Introduzione PISACANE Ordinamento costituzione milizie italiane

1901

Rivista di Roma lettere inedite Pisacane Mazzini spedizione Sapri

1904

LUIGI FABBRI Carlo Pisacane vita opere azione rivoluzionaria

1908

RISORGIMENTO ITALIANO - Giudizi d’un esule su figure e fatti del Risorgimento

1908

RISORGIMENTO ITALIANO - Lettera di Carlo Cattaneo a Carlo Pisacane

1908

RISORGIMENTO ITALIANO - I tentativi per far evadere Luigi Settembrini

1911

RISORGIMENTO ITALIANO - La spedizione di Sapri narrata dal capitano Daneri

1912

 MATTEO MAZZIOTTI reazione borbonica regno di Napoli

1914

RISORGIMENTO ITALIANO - Nuovi Documenti sulla spedizione di Sapri

1919

ANGIOLINI-CIACCHI - Socialismo e socialisti in Italia - Carlo Pisacane

1923

MICHELE ROSI - L'Italia odierna (Capitolo 2)

1927

NELLO ROSSELLI Carlo Pisacane nel risorgimento italiano

1937

GIORNALE storico letterario Liguria - CODIGNOLA Rubattino

1937

GIORNALE storico letterario Liguria - PISACANE Epistolario a cura di Aldo Romano


























Nicola Zitara mi chiese diverse volte di cercare un testo di Samir Amin in cui is parlava di lui - lho sempre cercato ma non non sono mai riuscito a trovarlo in rete. Poi un giorno, per caso, mi imbattei in questo documento della https://www.persee.fr/ e mi resi conto che era sicuramente quello che mi era stato chiesto. Peccato, Nicola ne sarebbe stato molto felice. Lo passai ad alcuni amici, ora metto il link permanente sulle pagine del sito eleaml.org - Buona lettura!

Le développement inégal et la question nationale (Samir Amin)










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