Sacco è un nome che non dice nulla a tanti amici che navigano fra le pagine di questo sito. Per noi significa molto, invece. E' il luogo della memoria, dei tanti amici che sono sparsi per l'Italia e per il mondo, dei pochi che sono rimasti. Ovviamente non condividiamo per nulla l'analisi fatta durante la cerimonia dal sindaco di Sacco. Per noi il problema non inizia affatto nel 1881 bensì venti anni prima nel 1861, con la proclamazione del Regno d'Italia. Per i curiosi, riportiamo un articolo tratto da "Il Mattino" del 13 gennaio 2010 e alcune informazioni tratte dal web. Fonte: Epifani cittadino onorario del Comune di Sacco “Cittadino Epifani, sei uno di noi” I tredici bambini della scuola elementare di Sacco sono tutti dietro al cartello “Benvenuto al nuovo cittadino”, Guglielmo Epifani va a salutarli e si commuove, quando gli dicono che la scuola e tutta lì e la vogliono chiudere. Don Carmine Troccoli, il rettore del santuario della Madonna della Neve, gli illustra le opere d’arte nella bella chiesa di S. Silvestro e gli regala tre libri sulla storia del paese. «Apprezzo molto anche perché nella mia precedente vita mi occupavo di editoria». Poi la lunga passeggiata lungo corso Vittorio Emanuele, per quasi 800 metri, con molti affacciati alle finestre per salutare Epifani, il segretario generale della Cgil venuto a Sacco, il paese di sua madre, per ricevere la cittadinanza onoraria. «Ho parlato davanti ad un milione di persone ma non nascondo che questa sera mi è molto più difficile», confessa di fronte a quasi l’intera popolazione del paese, 590 persone iscritte all’anagrafe. «Ma qui ci sono case per tremila persone», dice Antonio Macchiarulo, medico e sindaco. «Ma tutto è ben tenuto, complimenti», aggiunge un Epifani che con gli occhi cerca lo slargo dove giocava a “mazza e taccara”, il baseball in versione sacchese. Nel Largo dell’Annunziata c’è la casa del nonno Vincenzino Conforti, possidente terriero e commerciante. «La vita mi ha portato lontano, prima con mio padre,e poi con il mio lavoro. Vi chiedo scusa di non aver curato di più i contatti con il paese». Poi il racconto del finale di ogni grande comizio del dirigente sindacale, che da Torino a Genova, riceve ogni volta il gruppetto di operai ed impiegati nati a Sacco, che vanno a salutarlo. Come stasera Pierina Consoli, sostituto procuratore a Salerno, che lo saluta e gli ricorda come i compagni dei suoi giochi di ragazzo: «Oggi sono la prima generazione di laureati con genitori contadini, pastori ed emigranti». La madre di Guglielmo Epifani aveva quattro sorelle ed un fratello. «Ho parenti in tanti paesi del salernitano – racconta – a Montecorvino Pugliano, Capaccio, Postiglione ed Eboli». Al comune, il vicesindaco Franco Latempa, racconta delle tante telefonate e mail arrivate da ogni parte del mondo per salutare l’illustre concittadino. Pasquale Masullo, consultore degli emigrati italiani negli Usa e a capo di un’associazione di sacchesi a New York con oltre duemila iscritti, ha mandato una mail commossa. «Ricordo una mia zia partita per gli Usa nel 1953 e non più tornata – dice Epifani – Quando vedo quello che accade a Rosarno, a S. Nicola Varco, m’indigno perché non è giusto prendersela con i più deboli». I diritti sono l’asse del suo ragionamento. Tutti l’ascoltano perché parla semplice semplice. «Ci vogliono ancora due ore per arrivare qui da Salerno, non è giusto». Poi l’invocazione perché ai giovani che ancora resistono nel paese alle pendici del monte Motola si dia un lavoro che possa mantenerli nel paese e non sradicarli come è avvenuto ai loro nonni e genitori. «Si conservi la scuola ai bambini. Risparmiare sulla loro pelle o sull’assistenza sanitaria ai nostri anziani è una crudeltà». La gente si alza in piedi, applaude a lungo. «Sei uno di noi», gli urlano. E l’imperturbabile Epifani non nasconde più la sua commozione. ________________________________________Sacco sul webDal sito https://www.sentieri.org Alle falde del Monte Motola, nei pressi della gola profonda del Sammaro, in un paesaggio naturale che conserva intatta la sua stupefacente bellezza, insiste il centro abbandonato di Sacco Vecchia, una realta' monumentale di notevole interesse che necessita urgentemente di un piano di recupero e promozione. Il paesino medievale, pur nel degrado e nell'abbandono delle sue strutture racchiuse da mura e da torri, conserva pressoche' interamente l'impianto urbano con le casette addossate l'una all'altra, le strette stradine acciottolate che si arrampicano sul pendio e la chiesetta la cui planimetria e' perfettamente leggibile. E' proprio nei pressi della Chiesa che, in superficie, si raccolgono materiali ceramici e laterizi che suggeriscono l'esistenza di un insediamento piu' antico riferibile anch'esso tra il IV ed il III sec. a.C., strategico alle forme di occupazione del territorio gravitanti intorno al grande agglomerato di Monte Pruno. La presenza delle sorgenti del Sammaro, nella gola profonda sottostante lo sperone su cui sorge il borgo medievale, in uno scenario naturale di estrema suggestione e bellezza, ha favorito, in eta' preistorica un insediamento in grotta. La grotta, nota come Grotta Grande di Sacco o Grotta di Jacopo, a un centinaio di metri dalle sorgenti, e' stata abitata da una comunita' pastorale tra il XV ed il XIV sec. a.C., in piena eta' del Bronzo. Peraltro anche l'evidenza della grotta di Sacco non e' affatto isolata ma anch'essa rientra in un sistema di occupazione del territorio in eta' protostorica da parte di gruppi umani portatori di un cultura definita appenninica e ben attestata in tutto il territorio del Cilento interno con insediamenti sia in grotta che all'aperto. Un'escursione alle sorgenti del Sammaro consente di scoprire un patrimonio naturale di stupefacente bellezza; la salita al borgo medievale di Sacco vecchia e' possibile attraverso un impervio tratturo. Tutto il territorio di Sacco con il recupero del centro medievale, l'esplorazione dell'insediamento di eta' ellenistica a Tempa degli Antici e la sistemazione della Grotta Grande consente la creazione di un parco archeologico e naturale dove all'incontaminata conformazione naturale dei luoghi si adegua bene il recupero del patrimonio monumentale ed artistico. |
https://www.cmcalore.it/territorio.html |
Situato alle pendici del monte Motola, nell'alta valle del Cilento, nel cuore del Parco naturale del Cilento e Vallo di Diano, Sacco, sorto intorno all'VIlI secolo, sembra derivare il toponimo dall'inaccessibile collocazione del suo castello (dal latino saccus, via senza uscita), oppure, secondo 10 Schulze, da un nome di persona. Fino al 1487 il feudo appartenne al conte di Capaccio Guglielmo Sanseverino che, dopo la ribellione al re Ferrante d' Aragona, lo cedette al consigliere Regio Camillo De Scorzati della Castelluccia. Nel corso del Seicento i passaggi feudali furono molteplici: nel 1607 il feudo fu trasmesso da Fabrizio Lanario a Pasquale Caputo per 16.000 ducati e in seguito da Vincenzo Carafa alla famiglia Villani. Nel 1790 con Pasquale Emanuele Villani, duca di Roscigno, si estinse la linea femminile della famiglia e titolo e beni confluirono nelle proprietà degli Albito Carafa. San Silvestro e la "gualchiera" Resti di mura, di una torre e di un edificio di culto reperiti su un costone roccioso del monte Motola offrono la testimonianza della esistenza di un antico centro fortificato e del suo Castello. L'attuale nucleo abitato è comunque di particolare interesse storico e architettonico, ricco di suggestivi vicoli e di antichi palazzi. Di notevole interesse artistico è la Chiesa di San Silvestro papa, situata al centro del paese, ricostruita grazie al contributo del popolo nel 1760. L'edificio si presenta a tre navate con dieci altari laterali e due cappelle: una dedicata al Sacro Cuore di Gesù, ove si conserva una statua lignea a mezzo busto dell' Ecce Homo di Agostino Pierri, scolpita nel 1769, l'altra abbellita da una statua di Gesù Redentore e da una tavola dedicata alla Vergine del Rosario di Gianvincenzo Consulmagno, datata 1578. Nelle due cappelle sono visibili le sepolture di alcuni membri della famiglia Villano. Nella chiesa si conservano inoltre statue raffiguranti San Giuseppe, Sant'Emidio, San Silvestro papa, Sant'Antonio, Santa Maria del Carmine e Santa Maria degli Angeli. Di particolare interesse sono la statua di Santa Lucia, del XV-XVI secolo, e un: lavamani interamente scolpito in pietra datato 1767. Tra i dipinti conservati nella chiesa interessante è quello raffigurante Santa Maria con Bambino tra due Santi, che reca la scritta "R. Marino P. AD 1777". Sono inoltre degne di menzione la Chiesa di Santa Lucia, la Cappella di San Vito, chiusa al culto, e la Chiesa di Sant' Antonio, in restauro, davanti alla quale è visibile una croce datata 1601. Tra le manifestazioni folcloristiche e religiose, di notevole interesse è la Festa della Madonna degli Angeli, celebrata il 2 agosto, che commemora la fine della pestilenza del 1656. |
Dal sito https://www.sentieri.org La gola del torrente Sammaro e Roscigno Vecchio Scendere nella gola del Sammaro è come entrare nelle viscere della terra da dove, invece che fuoco, sgorga acqua limpida e fresca che leviga le rocce calcaree del fondo rendendole candide e scivolose. Lo spettacolo offre sensazioni irripetibili, come il fascino irradiato dal borgo-fantasma di Roscigno Vecchio, abbandonato da circa un secolo, che torna ad animarsi grazie al rinnovato interesse per le radici e la cultura delle genti cilentane, le cui memorie e testimonianze sono gelosamente custodite in un piccolo Museo Etnografico. La piazza antistante la chiesa con il Bar Roma, la fontana circolare in pietra e la presenza di Zì Dorino, unica abitante rimasta nel borgo, sembra un grande palcoscenico che attende con impazienza chi può farlo rivivere anche solo per un'ora.
Dal sito https://www.comune.sacco.sa.it Alle falde del Monte Motola, nei pressi della gola profonda del Sammaro, in un paesaggio naturale che conserva intatta la sua stupefacente bellezza, insiste il centro abbandonato di Sacco Vecchia, una realtà monumentale di notevole interesse. Nato probabilmente nel VIII secolo per opera degli abitanti di Casal Vecchio, sede dei duchi di Benevento, Sacco ha un toponimo che sembra derivare dalla posizione inaccessibile del suo Castello (dal latino saccus, via senza uscita), oppure, da un nome di persona, Saccia, la moglie di uno dei duchi sanniti, vissuta nel vecchio maniero. L'esistenza di un Castello, al centro di un articolato sistema fortificato, è testimoniato dalla presenza di alcuni resti di mura, di una torre e di una struttura dedicata al culto, rinvenuti su un costone roccioso del Monte Motola. Nell'area si insediatò una comunità di monaci greci attorno alla chiesa di San Nicola, denominata secondo la tradizione locale, Zatalampe, termine greco-bizantino che vuol dire "cerco la luce". Con il loro arrivo nel VII secolo i Longobardi per controllare il passo oggi detto "del Corticato", che permette di passare agevolmente dalla valle del Calore a quella del Tanagro nel Vallo di Diano, eressero un castello su un'altura a ridosso del torrente Sammaro. Nel X secolo, il Castello di Zatalampe fu incentivato per la sua funzione di caposaldo verso nord-est della contea di Laurino. Attorno al Castello si era già sviluppato un discreto nucleo abitato che però, a partire dagli inizi del XIV secolo, cominció a spopolarsi gradualmente in seguito alle distruzioni operate dagli Aragonesi nella guerra del Vespro (1282 - 1302), quando il paese si trovó ad essere zona di frontiera. Il paesino medievale, pur nel degrado e nell'abbandono delle sue strutture racchiuse da mura e da torri, conserva pressoché interamente l'impianto urbano con le casette addossate l'una all'altra, le strette stradine acciottolate che si arrampicano sul pendio e la chiesetta la cui planimetria è perfettamente leggibile. Lungo l'impervia mulattiera che collega il centro abitato odierno con quello antico, su una roccia sono incisi due simboli fallici, che in epoca cristiana sono stati ritoccati per fare da ornamento ad una nicchia che fino a pochi anni orsono accoglieva una statuetta; ma l'antica funzione magica traspare ancora chiaramente dal bassorilievo. |
Dal sito https://www.comune.sacco.sa.it Da Valle dell'Angelo si raggiunge Sacco, disteso in posizione sud occidentale alle falde del massiccio roccioso del Monte Motola, che segna la linea di confíne tra il Cilento ed il Vallo di Diano. Vicino, s'innalza il Monte Pruno, che per la sua posizione avanzata rispetto al "corpo" della montagna, sembra una terrazza (il "balcone degli Alburni"): sorveglia, il Passo della Sentinella e la Sella del Corsicato, ossia i due principali passi d'accesso al Vallo di Diano. La Sella del Corticato a 1026 metri d'altezza, in uno scenario aspro, tra lande brulle, corre tra le pareti del Monte Motola (mt. 1700) e quelle scoscese del Cocuzzo delle Puglie (mt. 1428). Sulla sommitá, da un'area aperta, scendendo in basso verso la valle, si scorge l'abitato di Teggiano appoggiato su un acrocoro con il Vallo di Diano.
Dal sito
https://www.pncvd.it Scendere nella gola del Sammaro è come entrare nelle viscere della terra da dove, invece che fuoco, sgorga acqua limpida e fresca che leviga le rocce calcaree del fondo rendendole candide e scivolose. Lo spettacolo è sublime nella sua selvaggia bellezza ed offre sensazioni irripetibili. Altrettanto irripetibile è il fascino irradiato dal borgo-fantasma di Roscigno Vecchio, abbandonato circa un secolo fa, che ora torna ad animarsi grazie al rinnovato interesse per le radici e la cultura delle genti cilentane, le cui memorie e testimonianze sono accuratamente e gelosamente custodite nel piccolo Museo Etnografico allestito nel paese. La piazza antistante la chiesa con il Bar Roma, la fontana circolare in pietra e la presenza di Zì Dorino, unica abitante rimasta nel borgo, sembra un grande palcoscenico che attende con impazienza chi può farlo rivivere anche solo per un'ora. |
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