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«Il Governo ci regala il vento dell’Africa» dalla illusione garibaldina a Lu Setti-e-menzu (Zenone di Elea - Dic. 2021)

LA REAZIONE DI SETTEMBRE 1866

ED IL BISOGNO DI UNA CHIESA NAZIONALE

CATANIA

TIPOGRAFIA LUCIANO RIZZO

Strada Montasano n. 24, vicino il largo dello Spirito Santo

1867

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PARTE I

L’unité religieuse se fait pareillement dans le Clergé, qui, tenantsa nomination des Rois, et son institution du Pape, sert a la. fois et la puissance spirituelle de l'Evèque dudehors, et la puissance temporelle de l'Evèque du dedans, et dontle libertés,les franchises, e les doctrines viendront plus tard se centraliser et se formuler dans la déclaration gallicane de Bossuet.

TinonDiscours sur la Central,pag. 12. Paris 1842.

Ildiscorso pronunziato da Bright, uno dei capi del partito della riforma la sera del 30 ottobre ultimo a Dublino, dà molto risalto ad una spontanea analogia trai moti del Fenianismo Irlandese e la reazione di settembre 1866 in Sicilia.

Identica la bandiera, la Repubblica Sanfedista; pari lo istinto alla distruzione; pari l’invocazione di un ajuto straniero: se non che per una singolare coincidenza, qui s’invocava l’Inghilterra contro l’unità Italiana, colà l’America contro l’unità Inglese—Per altro il paralello tra la Sicilia e l’Irlanda è antico, e rimonta all’epoca in cui i nostri padri non avrebbero potuto neppur sospettare che l’Italia si sarebbe costituita, e si limitavano ad aspiraread una Autonomia che facesse rivivere le libertà medioevali del 1812.

Bright niega che i moti Irlandesi siano suscitati da grandi agitatori e che il mal contento nasca dagl’interessi della Chiesa locale, pur confessando, che questa è un’opinione molto accreditata in Inghilterra: conchiude poi «che i due grandi mali d’Irlanda sono la pressione della Chiesa Anglicana e quella della proprietà.»Questa conclusione rovescia tutto quanto il suo poco felice discorso e l’elogio ch'egli fà all’onestà e legale condotta del Clero Cattolico Irlandese, vien contradetto dalle lettere di adesioni al suo programma politico, indirettegli da tutti i Vescovi d’Irlanda e dal Cardinale Vescovo di Dublino.

Quando lo scorso anno un mio amico ritornando dal Congresso Statistico narrommi, che in Dublino al dirsi Italiani si correva pericolo di esser per le vie insultati dalla plebaglia, e che bisognava tor via le spille e i ciondoli con le effigie del nostro Re e Garibaldi per non esserne fatti segno, riflettendo che la nostra plebe non sà pur che esista un’Irlanda, né saprebbe a tanta distanza prendere interesse per gli avvenimenti politici di quel paese, mi convinsi che anche la plebe Irlandese ignorerebbe i fatti nostri, se non vi fosse un partito che renderebbe edotta di noi, di Vittorio Emmanuele, di Garibaldi, ed il partito che dipinge questi Angioli come Demonii noi sappiamo qual’è: avvegnaché la plebe questo substratum d’ogni società, cieca di mente, nulla mai vide e comprese se non cogli occhi e con la mente del Ceto Ieratico, il quale ha per missione propria di stare a contatto cogli umili; cosicché la più o meno demoralizzazione della plebe, corrisponde sempre alla più o meno demoralizzazione del Sacerdozio. Or l’avversione ad ogni autorità costituita e ad ogni legge che regoli il Civile consorzio, (carattere distintivo di Società profondamente corrotta), osservasi in quasi tutte le masse plebee, le quali considerano le attuali costituzioni sociali, come cause di lor sofferenze, impedimenti alla loro prosperità, e questa avversione trova incitamento nell’ascettismo ultro-Cattolico, che condanna tutto ciò che sà di sociale, piazzando il Mondonella categoria dei nemici dell’uomo allato alla Carne,ed al Demonio;tale avversione ha gli antecedenti storici nelle vecchie contese tra l’impero e la Chiesa, e nelle sempre nuove antipatie tra il potere Civile e l’Ecclesiastico.

Uscito il Clericato Romano dall’orbita che gli è propria la moralità dell’individuo eia salvezza dell'anima, e passato anch'esso per necessità di tempi allo stato di supremo potere non civico e sociale soltanto, ma universale, trovossi nella dura alternativa, o di asservire o di essere da forastiera potestà asservito— Quindi in perenne lotta con l’impero, piantò la teoria rivoluzionaria dei secoli di mezzo, e la diffuse tra le moltitudini. Cosa era infatti lo scioglimento dal giuramento di fedeltà bandito dai Pontefici Romani contro gl'imperatori? Era un appello alla rivolta fatto a tutti i sudditi dell’impero, una solenne proclamazione del principio rivoluzionario da parte del capo della Chiesa. Se a taluno parrà esagerato il concetto, apra la storia e conti i troni e le Dinastie rovesciati dal potere Ecclesiastico con quell'arma, or apertamente ex catedra, or dal confessionile con arti subdole adoperata.

Avvegnaché quando io parlo di masse plebee che si agitano sotto l’influenza del potere religioso, io le compongo di tutte le donne, che statisticamente oltrepassano quasi la metà di ogni sociale consorzio; vi addiziono gl’illetterati a qualunque classe appartengano; vi aggiungo in fine gli imbecilli con e senza Blasone, e la numerosa caterva degli speculatori, che lucrano sul Santuario o sotto il manto dell’ipocrisia.

Addizionati questi elementi, lo Statista potrà scandagliare quali sian le forze delle quali dispone il potere Ecclesiastico.

Ciò che và detto in genere per ogni credenza, acquista maggior forza nella Chiesa Romana, che organizzata a Monarchia eminentemente assoluta, tiene in mano le fila di vastissima rete, e dispone delle sue legioni reclutate in tutte le classi e legate a cieca obbedienza.

Fuwi un tempo che il Monarcato della Chiesa Romana onde crescere in potenza, passò sopra gli scrupoli delle primitive discipline di S. Religione, ed esagerando talune pratiche, se ne servì come di catene ad avvincere al suo carro le Masse.

Valga per tutti, il culto alle sacre Immagini ed ai pupattoli, che lungi d’innalzare le menti verso l’Ente supremo, ne ha sempre più oscurato il concetto, e respingendoci alla Idolatria degli Avi, ha permesso che dalla superstizione ed abrutimento, venissero al Clero opimi guadagni, ed alla Società agitazioni e malanni.

Qual è infatti il grido che erompe dai petti concitati delle Masse ebre di sangue, nei momenti dell’anarchia? Un’evviva al Santo patrono; cosiché sempre la candida stola ed il raggiante pallio della Vergine e del martire di G. Cristo, servirono a coprire i più nefandi delitti.

È questa la più precisa dimostrazione della natura del culto che la politica di Roma ha saputo ispirare alle moltitudini.

I nomi di S. Rosolia, di S. Gennaro, etc. che dovrebbero far cadere le armi fratricida dalle mani, addoppiano nella plebe i furori, le cupidigie, e servon d’incitamenti agli stupri e rapine; di condimento ai pasti di umana carne.

Or difenda se può la Romana Corte il culto ai Santi ed alle Immagini, e veda se debba dirlo culto di dulia, di Iperdulia, di latria; ovvero culto d’Idolatria, come quello che i padri nostri prestavano a Bacco ed a Saturno!!!Ma trai rami del Clericato che partono dal ceppo Romano, merita speciale attenzione il Clero Siciliano.

Fin dal principio dell’ottavo secolo, durando le scissure tra le chiese d’oriente e di occidente, il Clero Siciliano come confinario segui lo scisma, tanto, quanto bastava a renderlo indipendente da Roma e da Costantinopoli insieme. Al nono secolo fu occupata l’isola dai Saraceni, né la cronaca narra di alcun Vescovo o Sacerdote Siciliano che prendesse il martirio per la fede, come altresì è storicamente provato, che sul principio del X secolo, il Clero, prestò mano forte al conquistatore Normanno.

Clero Siciliano che durante la dominazione Saracena avea visti accumulati in mano agli Emiri il potere Civile e l’Ecclesiastico, diè al rozzo conquistatore l’idea dell’Apostolica legazione, e trovò il Ponteficato Romano pronto a tutto concedere in persona del noto ed ambizioso Urbano II.

La superstiziosa vanità del Conte ne restò così sodisfatta, che eruppe in quelle sconfinate concessioni alle mense Vescovili; e i successori suoi disseminarono letteralmente l’isola d’eremi, ospizii, monasteri ed abazie, popolati da un Clero prepotente e ricco, ma ossequioso alla Monarchia: dapoiché quante volte Roma o l’ordinario Diocesano facevan richiamo alle ecclesiastiche discipline, il Clero era pronto ad asilarsi sotto le ali del Tribunale di Regia Monarchia, dove a furia di sutterfugii legali, l’aura della Regia, rendeva impotenti gli ordini gerarchicamente emanati.

Questa subordinazione alla Monarchia, affievolita all’epoca Angioina e restaurata dai Governi Vicercgii, durò fino al primo periodo del regno di Ferdinando IV; ma cessata l’occupazione Francese, la Corte Romana, appoggiata dall’Austria e dal medesimo Ferdinando divenuto bigotta per opposizione alle tendenze Francesi, annullò di fatto le garentiggie del Clero Siciliano, che aUa sua volta rivolse a Roma lo sguardo, mettendo in non cale la Monarchia.

Da queste posizioni storiche, che rimontano alla primitiva Chiesa Siciliana, risultano le note caratteristiche dell’attuai Clero, cioè—1. Un'impronta politica pronunziata così, da oltrepassare quella del Clero Gallicano — 2. La impronta religiosa insubbordinata ad ogni gerarchia — 3. L’impronta sociale la più superstiziosa e sovversiva, atta a sommovere le plebi, ed a farsene all’occasione cieco strumento di vendette.

Da questi maestri è stato educato il popolo Siciliano, di questi padri spirituali son figlie le Megere che straziarono a morsi il Sartorio — Conoscete l'albero dai suoi frutti.

È vano dunque l'andar fantasticando sulle cause dei moti di Palermo, di questo vecchio Castello sulle cui pareti non passò la rivoluzione Francese a spazzarne le tele di ragno che le coprivano—È vano lambicarsi il cervelloper iscoprire gli occulti promotori delle agitazioni anarchiche. Chi è che si agita? La plebe; dunque è il Clero che la sommove.

Dovunque e più che altrove, in Palermo, un sol ceto ha influenza e potere sulla plebe, l’Ecclesiastico: se la Storia dei moti del 1820, del 1848 e del 1860 fosse stata più fedele a registrare i fatti, si sarebbe convinti, che il Prete Campione che al 1820, abbandona il sagrifìzio della Messa ed imbrandendo il fucile corre alla mischia; che Ugdulena col Crocifisso in mano, che al 12 gennaro 1848 percorre il Cassaro: che i Monaci della Gangia che al 4 aprile 1860, convertono in fortezza il loro Convento già quartier generale delle squadre rivoluzionarie, come al 1866 il monastero delle Stimmate; Che Monsignor Arcivescovo di Palermo accompagnato dal Capitolo in capamagna, che il 9 giugno viene ad ossequiar Garibaldi al Palazzo Comunale, furono coloro che diedero il tracollo alla bilancia.

Come nei reati comuni, così nei politici è cosa difficile colpire il Clero: tutto depone in suo favore, l’abito, la modestia, l’apparente isolamento in che vive, il riserbo in cui si tiene nella Società, par che cospirino a dichiararlo innocente; appena fate cenno di addebitargli una colpa, cento voci si levano; il credenzone grida alla calunnia, il Filosofo all’esagerazione, l’uomo politico, l’uomo positivo, appena degna fermarsi sul Clericato per dirlo una vecchia macchina sdrucita da cui nulla è a temere o a sperare, e i più accreditati Storici moderni o lo trascurarono, o noi considerano più come uno dei fattori della vita sociale: però talune esplosioni a larghi periodi, mostrano abbastanza alla nuova Europa (e ne vedremo delle belle in Inghilterra ed in Oriente) di che calibro siano le forze di questo Vulcano, che si copre di cenere e di ghiaccio e par che cerchi l’oblio.

In politica gli errori più madornali derivano dall'abuso dell'analisi; perché il metodo analitico nella scienza politica, vi porta immediatamente dall’Astratto all’individuo, e giunto là, voi difficilmente troverete negl’individui che vi accerchiano e che spesso vi sono amici e familiari, il germe dei mali che si addebitano alla Classe, e siete inevitabilmente trascinato a falsi giudizii: così avviene che le Caste sian burocratiche, o militari o ieratiche si salvino e sfuggano alle salutari riforme.

Sii qualunque individuo del Clero fermiate lo sguardo, voi non troverete che ad ammirare, e realmente multi di loro non sanno neppur comprendere il male che portano alla social convivenza, coi falsi sistemi di educazione, con le parole vaghe, tronche, ed indeterminate e col proclamare ed insinuare l'indifferentismo politico, quasi un riscontro all'indifferentismo religioso proclamato dalle classi elevate—Pure il male è gravissimo, incalcolabili le con seguenze, e non è lecito ad un Governo trascurarlo. Che se per poco questa potente associazione minacciata negli interessi e nella sua indipendenza subisca una pressione da parte del Pontefice, allora si convertirà in potenza dissolvente, ed ogni prete nella sua sfera diverrà centro di una congiura. Ed è vano cercare i luoghi dove questi congiurati si riuniscono; il luogo è noto il Confessionile:il foro innanzi al quale si dannano a morte il progresso e l’Italia è la coscienza imbestiata e pervertita dei credenzoni: le persone su cui si esercita questa influenza pervertitrice è la gran maggioranza, dal plebeo Blasonato al l’ultimo spazzino.

Il Clero ultro-Cattolico abbandona la prima infanzia, lasciando che sbuccino nei teneri cuori tutti i germi del vizio, poi afferra il fanciullo all'età che chiama della malizia,e senza curarsi di abbattere il male dalla radice, gli fà ricompor gli occhi, le braccia, la persona, ad una esterna modestia, le labbra a preghiere incomprese, ne fà un picciolo ippocrita, una menzogna vivente, e mentre eccita l’entusiasmo delle tenere fantasie per quelle immagini e simulacri rappresentandoli come vivi e parlanti, mentre insinua la più bassa idolatria, istilla nei loro cuori la più raffinata superbia, il disprezzo per l’umanità. L’odio pel vizio, si traduce in atto, odio per tutti coloro che non battono la loro via — Il prete siciliano infatti aborre gli Asili Infantili, prova il saccheggio ordinatone a Palermo dal Clero imperante, perche gli Asili d’infanzia preparano il popolo ad un’educazione che non è quella del prete, un’educazione senza ipocrisia, una religione senza idolatria, un’istruzione senza superbia.

La donna poi è nelle sue mani lo strumento il più terribile per le conseguenze: passiam sopra alla corruzione che dal confessionile s’istilla nei vergini cuori, ai mali tisici che le procacciano e che sorpassano quelli del deboscio; fermiamoci se sia possibile ai mali politico-morali.

Tra due esseri di sesso diverso la manifestazione dei più reconditi segreti del cuore, genera la dimestichezza prima, poi l’amore: da quell’istante la donna è schiava di quell’uomo, e tutta la famiglia soggiace ai capricci del confessore.

Ma si servissero della donna come strumento di guadagno e corruzione soltanto!! Non basta: ella diviene organo politico ed organizza la resistenza passiva e l’apatia, flagello di queste provincie.

Al 1848 Pio IX inaugurò il mutamento, il Clero lo benedisse dal Confessionile: la donna trascinò la famiglia all’entusiasmo, l’entusiasmo non si estinse né in campo,sostenendo 18 mesi di combattimenti; né in Città, per la patriottica gara di assumer le cariche municipali, d’indossar la divisa di G. Nazionale; né in famiglia, pagando a gara le nuove imposte sulle porte e finestre, il mutuo di 13 milioni di lire, si mise anche mano agli arredi preziosi delle Chiese, si costruir campi trincerati e fortilizii a furia di popolo, promotrici le nobili matrone—Al 1860 tuttoché inaspriti da un’efferata decennale reazione, incoraggiti dalla Francia del 1859, soccorsi in mille guise dall’ex Piemonte, tuttoché capitanati dall’Eroe di Caprera giudicato dalla plebe l’uomo fatale ed invincibile, al 1860, scorsi appena tre mesi, cade l’entusiasmo: prima le famiglie, poi i ceti ad uno ad uno si staccano dal movimento.

Un’occulta forza repulsiva simula da prima amore e culto a Garibaldi—Si grida, Garibaldi non vuole l’annessione al Piemonte ma all’Italia; abbasso il piemontisismo; provata la tesi un cavillo teologico, contrario alle vedute dell’Illustre Generale, sorge un altro scherzio; l’annessione dev'essere condizionala; ed ecco una trasformazione autonomista del partito, i di cui giornali improntati del gergo maledico e declamatorio di Sagrestia, attentano perfidiando a rovesciare le grandi capacità poco prima innalzate agli altari — D’onde un sì repentino mutamento? Il Decreto di abolizione delle Corporazioni Religiose, pubblicato in Napoli incautamente nell'Ottobre, dal Prodittatore del tempo.

Singolare fenomeno!! I capi del partito avanzato illusi completamente, credettero il rapido mutamento uno slancio verso libertà maggiori opera di loro influenza, e ne andarono in superbia,ed adulando riconoscenti la Città dei Vespri, il popolo delle grandi iniziatile,credettero dominarlo—Dopo la scandalosa dimostrazione del 1° Gennaro 1861, Crispi fu visto la sera perlustrar solamente in compagnia di quattro individui la Città di Palermo a mostra d’influenzia dittatoriale: Mordini rieletto Deputato in quella Città forse tuttora crede nella propria influenza—Di chi sia la Città di Palermo, lo dimostrano i 7 giorni di Settembre 1866. I Monaci ed i Preti sempre padroni del Campo, con mano invisibile spinsero il popolo ad abbarbicarsi ad ogni opposizione perturbatrice, che ritardasseil moto verso l’Unità Nazionale.

In Luglio 1862, Garibaldi, in quel medesimo bosco della Ficuzza dove in Luglio 1866 organizzavasi la reazione, ricevé dai Monisteri e Conventi di Palermo denaro, ed un esercito fu per incanto ivi adunato di scelta gioventù—Or perché in Maggio 1866 direi nessuno o quasi nessuno corse a raggiungerlo alla frontiera? perché la campagna del 1862 tendeva a distruggere, quella del 1866 a()compiere l’edilizio Italiano: perché mentre la buona gioventù di altre provincie emancipate dall’influenza pretina, correva al confine sotto la bandiera del Gran Capitano, altri grandi Capitani l’Abate Rotolo ed il Miceli, assembravano alla Ficuzza armati per la reazione, e i segreti motori spingevan là la corrente.

Lo accorrere adunque sotto la bandiera di Garibaldi al 1862 era una profonda ipocrisia, un seguir la bandiera per rovesciarla, un farsi gioco di quell’illustre, il di cui istituto il 21 Settembre fu saccheggiato, la di cui effigie staccata dalle pareti del Palazzo Comunale, fu lacera, calpestata, data in preda alle fiamme dall'istesso popolo che al 30 Agosto 1862 provocò vilmente le regolari milizie, assassinò Carabinieri, sputò sul viso ai vincitori di Solferino per grande amoreal caduto di Aspromonte!!!

Si è sempre fantasticato sul mistero dei pugnalatori che per la mercede di una lira e pochi centesimi al giorno; vi prestaron l’opera del loro braccio a scannar quanti pacifici Cittadini incontrassero per le vie di Palermo, dopo ifatti del Settembre, credo non cadrà più dubbio sugli autori ed onestipromotori di quel massacro—Si volevano grandi perturbazioni, e chi non ne fosse convinto, legga gli atti del processo Ajello innanzi la Corte di Catania, e la corrispondenza Claryche ne fa parte.

Quando la Dinastia dei Borboni avea ricolma la misura di sue iniquità, le caste privileggiate che le facean sostegno l’abbandonarono—Nell'Aprile 1849 perduta la battaglia di Catania, giunta appena in quella Città la Commissione inviata dal Municipio di Palermo a Satriano, compresimo che tutto era perduto, e furono i Conventi e Monasteri quelli che accolsero i fuggiaschi, nascoser armi, munizioni, e bandiere.

La restaurazione mise al bando ed imprigionò molti Monaci come complici di Pio IX, ciò l’inasprì, e le muradei Chiostri si aprirono durante il decennio ai nostri convegni, che prepararono la rivoluzione del 1860—Più di unfrate palesava quanto si adoperasse del Confessionile al discredito di quel governo, e ne ottenea plauso; ed in quell’epoca due fenomeni si manifestarono nelle masse— La effigie di Ferdinando II, sulle monete di rame cominciò a correr sfregiata, e i canti popolari erotici di lor natura, presero le tinte politiche senza risparmiar vituperi alla Dinastia.

Questi fenomeni son ricomparsi in Sicilia dapiù di unanno, e la sagra Effigie di quel miracolo di Re, corre sfregiata sulle monete di rame — Or perché tant'ira di plebe contro un Re, che ancor non conoscono, un Re, che ha profusamente beneficate le classi misere? perché tanta ira da parte dei soli che godono del presente? I contadini, l’operajo, sono i soli che nulla contribuiscono alle pubbliche casse, mentre sotto i Borboni il sistema daziario, colpiva i poveri a preferenza: valga per tutti il dazio sul Macinato! Or il perché è nel Confessionile—Il Confessionile in mano ad un clero indisciplinato e corrotto, è un potente veleno che attosca; è l’arma micidiale che attenta all’esistenza della famiglia, del Municipio, dello Stato.

Indossar la divisa di Guardia Nazionale, equivale indossar la scomunica; la moglie, le figlie vi guardano bieco: la famiglia è mesta poi si passa a diverbii. IlConfessore ha stigmatizzato quelle insegne, quelle armi... l’uomo resiste alcun tempo, poi stanco, cede al bisogno della domestica quiete.

Correre all’urna elettorale è metter mano in pasta, è contribuire alle sacrileghe leggi del Parlamento; la moglie, le figlie lacerano o nascondono il biglietto d’invito; cosi restan deserte le urne, deserti i Consigli Comunali e Provinciali, mancano i Sindaci, ogni porta si chiude sul viso alle Autorità Governative.

L’Autorità conosce gli autori di tanto male, e se chiama ed ammonisce qualche Sacerdote, egli dimessa la fronte, a mani incrociate, protesta fedeltà al Re, ossequio alle leggi — «È falso, soggiunge, quanto di me rifferirono, io non ho predicato, io non ho altro detto ai fedeli, che pregasser perché cessino le persecuzioni contro la S. Chiesa: recitassero un pater ed ave secondo le intenzioni del S. Pontefice Pio IX, etc.» Tali espressioni non sono al certo incriminabili, ma rammentano le virulenti aringhe fatte dal Confessionile; è un linguaggio convenuto, che salva le apparenze eccitando alla reazione; il pregate pel trionfo della federacchiude tutto un programma rivoluzionario; il pregate Dio di mantenerci lontani dall'Eresia; èun eccitamento alla resistenza passiva la piùformidabile, che annienta la vita pubblica, arresta i battiti del cuore, fà di sette Provincie altrettanti cadaveri, che bisogna galvanizzare per metterle in moto, e trascinarle al rimorchio.

Ma queste scosse non valgono a generare la vita pubblica che stà riposta nella volentierosità, e mollo meno lo entusiasmo tanto necessario all'esecuzione della legge in Governi liberi.

Le leggi dei Governi liberi differiscono dalle leggi dei Governi assoluti, e la differenza sta in questo, che le seconde provvedono alla esecuzione con la forza, mediante una rigida sanzione penale: mentre le prime mancano di questa parte complementare che vien supplita dalla supposta spontaneità e dal patriottismo dei Cittadini — Che farà dunque l’Autorità chiamata a curare l’esecuzione della legge quando non trova pene a fulminare, né spontaneità e patriottismo ad eccitare?

L’esercizio dei dritti politici, le funzioni di Sindaci e Consiglieri non sono obbligatorii; dove và dunque a pescar Elettori, Sindaci, Consiglieri per far che la macchi, na vada? Inizierà un apostolato, farà sermoni e fervorini... avrà predicato al deserto; il risorgimento politico per quella Provincia è una fiabba, i morti non risorgono.

Non cosi avviene della resistenza attiva: dessa si annienta conia forza; poche ore bastarono per superare tutte le barricate e disperdere l’esercito della Reazione adunato in Palermo; poche ore, e i 40 mila combattenti disparvero. Ma come i 40 mila respinti dal valore del nostro esercito, entrarono da una porta della loro casa vestiti in bonaca,ed armati fino ai denti, per uscirne da un'altra in divisa di Guardia Nazionale o in abito borghese a deplorare ipocritamente gli eccidii da loro commessi, così i Frati di tutte le gradazioni e colori, scacciati dai Conventi, rientrano nella società foggiati a preti, sotto altra veste, ma il male è sempre lì.

Si è detto che il servaggio ci ha corrotti; che il popolo abituato a vedere un’ingiustizia nuova in ogni nuova legge; un carnefice in ogni pubblico funzionario; un ministro di violenze in ogni agente della pubblica forza; ha finito col detestare ogni legge, cercando tutti i modi di violarla; ha finito coll’aborrire ogni magistrato, col notare d’infamia ogni agente della pubblica forza, col credere virtù il mentire; eroismo lo spergiuro innanzi i magistrati; infamia coadiuvare la giustizia allo scoprimento dei rei. Ciò è vero—Ma non si è mai passato oltre ad indagare quali fossero quei Codici ritenuti iniqui. (Il Codice Napoleone!!!) conche occhi questo popolo di analfabeti leggesse quelle tiranniche leggi, e con qual mente le comprendesse, per convincersi della loro ingiustizia.

Quale dei tre bracci che costituivano le nostre vecchie. Camere fu in contatto col popolo per illuminarlo dell’ingiustizia di leggi non votate dal Parlamento? I rappresentanti i Comuni o braccio Demaniale? No: desso, sciolte le Camere, era un futuro possibile—Il braccio Baronale chiuso nei suoi castelli? No: desso non era accessibile—Fu dunque il braccio Ecclesiastico sempre in contatto col popolo quello che consumò questa grande demoralizzazione politica, questo sfacello sociale. Il popolo è corrotto: ma chi furono gli educatori di questo popolo? I pastori di questo gregge, i curatori delle loro anime? I preti sempre i preti.

Dessi passando sopra, ai bisogni di natura e di Società, piantarono come obbiettiva a tutti gli sguardi, come modello a tutti di qualsiasi ceto o condizione la vita contemplativa—Il Monaco—Quindi il sagro vagabondaggio, l’ipocrisia, l’improba mendicità con tutto il corredo dei mali che ne son conseguenze. Quanti sono i giorni, quante le braccia che non lavorano nel corso dell’anno? Contate le feste che si celebrano in tutte le Chiese, in tutti i vicoli, e crocicchi, enumerate le contribuzioni, che per accrescere il numero di questi giorni di ozio in tutti i punti dell’isola si riscuotono, e che disseccano le fonti della vera beneficenza, e voi troverete a lodarvi dell’indole mansueta del nostro popolo e dello scarso numero dei malandrini —Nelle Città (massime in Quaresima) comitive di cittadini tratte dai ceti della maestranza, scorrazzano per tutte le vie, battono a tutte le porte, stendendo la mano a nome del Crocifisso A, della Madonna B, e guai a chi non dà proporzionatamente alle sue risorse, egli ha perduta l’opinione di uomo onesto, nessuno più cerca il suo lavoro.

Il mestiere è lucrativo: il prete non è solo al guadagno.

Pel Santo Patrono poi, la faccenda è più seria—Le Deputazioni tassano per una somma certa tutti i venditori di generi annonarii, i quali in due mesi debbono versarla; per quel tempo non solo è aumentato il prezzo deigeneri di prima necessità, ciò che in Gergo dicesi (Gabilledda)picciola gabella, ma resta inteso che ai venditori è permesso rubarealterandone devotamente il peso; il piattello della bilancia che riceve la merce porta l’effigie del Santo Patrono, sotto la quale sovente nascondesi un sacchetto di arena che dà il tracollo e dimezza il genere. —Quell’effigie è il segno convenuto, che l’Assessore delegato non dee colpire il religioso venditore di controvenzione, sordo ai reclami dei compratori, e guai se non lo fosse, quell’Assessore non sarebbe più possibile.

Nelle Campagne poi, all'epoca delle raccolte del vino, olio, cereali, un nugolo di Frati a cavallo scorrazzava in cerca dei prodotti: e dietro a loro, un nugolo di poltroni, parte con l’effigie di un Santo, altri in uniforme da Militi a seguirne l’esempio: e se perduta la pazienza il proprietario rifiuta, S. Francesco miracolosamente, fa incendiare i covoni, rubare il bestiame, saccheggiare i poderi—Or si comprende facilmente, d’onde tant’ira contro il nuovo ordine di cose, accumulata in 5 anni e disfogata sì barbaramente sui RR. Carabinieri cui incombeva far cessare tali abusi ed in Città ed in campagna. Tante rivoluzioni accaddero in Sicilia nell’ultimo mezzo secolo, ma né al 1820; né al 1848, né al 1860, si mangiò, umana carne, si crocifisse ed abbruciò vivi—Non è nell’ordine naturale, che in cinque anni, il basso popolo fosse, passato dai fraterni amblessi e dalle ovazioni del 1860, alla nefanda barbarie del 1866: del resto i martiri! inflitti ai fratelli in divisa, portan l’impronta medesima di quelli,?()che la S. Inquisizione ordinava nella Spagna di Torquemada contro gli Eretici, e rivela i devoti promotori delle ()carnificine.

Ed è bene che il Governo sappia, che furon tutti,perché i Conventi, Monasteri, e le Collegiate di tutta l’isola, contribuirono pecuniariamente: era da più di un anno, che l’Obolo di S. Pietro piombava nella cassa centrale di Palermo.

La più formidabile scusante addotta ad attenuare l'impressione di queste grandi vergogne, stà, nell'addebitarla al caduto regime: è un facile trionfo che si riporta sul morto, che non può rispondere. «L’ignoranza e l’abbandono in cui per tanti secoli furon lasciate marcire le moltitudini dai Governi dispotici, è il luogo comune, che scusa ed affranca anche lo storico e lo statista dal peso di passar oltre, sulle vere radici del male. L'ignoranza e l’abbandono sono due negative, che non bastano a spiegare il mostruoso fenomeno—Chi ha percorso le regioni interne dell’isola, ha trovato anche negli incolti abitatori delle montagne, istinti umanissimi e generosi, esempio i coscritti che onorano lo Esercito Italiano—Se per deporre il timore di essere crocifissi, abbruciati, e mangiati vivi, bisognerà aspettare, che i nostri 17 milioni di analfabeti prendan la laurea, stiamo veramente freschi—Ci vuol altro che le due negative ignoranzaed abbandonoper spiegare tante e sì dolorose affermazioni; non è poi vero, che i passati Governi non pensarono all’istruzione ed educazione del popolo; enumerate gl’istituti ed opere pie che datano da' tanti secoli e che rappresentano una straordinaria massa di valori: quei Collegi, Università, Accademie, Conservatorii, Orfanotrofìi, Ritiri, non sursero forse sotto i passati Governi? I Governi dunque fecero la parte loro e la beneficenza non mancò, dessi però, al par che il popolo, furon traditi dal Clero: non è ancora un mezzo secolo che la Istruzione ed educazione pubblica erano considerate come esclusive attribuzioni del Clero: in Francia se ne disputava al Parlamento, fino al 1844.

I Governi dunque abbandonarono, consenzienti i popoli, quell’immenso ammasso di beni: dessi se ne impinguarono, dandosi a vita corrotta e dissipata, e convertirono quei tesori in armi micidiali ai popoli ed ai Governi.

Non fuvvi Istituto che non subisse una radicale trasformazione: gli Educandarii, Ritiri, Conservatorii ed Orfanotrofii, furono cambiati in Monisteri, dove si demoralizzava e cretinizzava, come si cretinizza e demoralizza tuttora la donna: i Collegi di studii, in Tirocinii Monastici, dove si torpa l’ingegno e si cretinizzano gli uomini; il pane della istruzione che dovea infrangersi al popolo, fu trasformato in feste, falò, baccani e divagamenti, palestre di ozio e vagabondaggio; i giorni di lavoro divennero un’eccezione; e tutto questo fu detto Opere pie; Beneficenza pubblica; e chi sa per quanto tempo ancora durerà cosi.

Or di chi è dunque la colpa? Del Clericato che tradì la missione affidatagli, o dei Governi che gliel’affidarono? Ma se è colpa (dei Governi la fiducia nel Clero, è anche colpa dei popoli, che gli schiusero le porte delle loro Comuni e delle loro case, e non si ha dritto a maledire più l’ingannato che l’ingannatore, senza maledire ad un tempo sé medesimi—I Borboni beneficarono, come gli Aragonesi ed Angioini: ma il Clero uso a frapporsi tra l’uomo e Dio ed a farsi bello dei benefizii del Cielo, si frappose tra popolo e monarchi, e i tesori di tante opere di beneficenza li converti in fango e riversollo sul popolo: il fango apprestato da mani sagre, è bevuto anziosamente come ambrosia: donne giovinette ancora che han perduto l’istinto al pudore:madri e sorelle divenute tigri, venuto anche meno quel ribrezzo che ha l’uomo, di cibarsi delle carni dell’uomo.

Quando il giorno 20 settembre, uno di quei mostri arruolato alle sagre falangi dei Malandrini, trovò sotto la divisa di un militare da lui ucciso, il cadavere del proprio figlio, la voce di un Sacerdote, scese a calmare i rimorsi del parricida, gridando: «se la tua mano ti scandalizza troncala, se il tuo occhio ti scandalizza strappalo» e quello sciagurato riscosso abbandonò il cadavere del figlio e proseguì nella mischia.

Provvida abbenchè tarda la misura governativa di toglier di mano ai Monaci tanti beni destinati fin’oggi al maggior danno d’Italia, ma non riposi sugli allori, e passi oltre alla riforma del Clero secolare e ripigli sopra tutto i beni delle opere pie laicali e miste, da tanto tempo goduti dal Clero, perché dessi sono beni che sotto l’esclusiva ingerenza del potere Civile, devono servire a sollievo delle Comuni, a gettare su solide basi il grande edilizio della Istruzione ed educazione pubblica, di cui può dirsi non ancora esista il disegno.

Bisogna anche sopprimere le Confratrie: lo si è udito dal primo rapporto del signor Rudini: osservate dove e sotto qual vessillo si radunano questi confrati, chi sono i loro condottieri; e conchiuderete che le Confratrie appartengono al grande esercito della Reazione Clericale e vi sostengono la parte delle legioni dei Volontarii nelle milizie regolari.

Nelle Confratrie si eccita il fanatismo religioso, e si dà il falso indirizzo alla morale pubblica.

L’origine delle Confratrie, rimonta al Secolo XIV la società in preda alle Civili discordie, scissa in fazioni lordedi fraterno sangue, reclamava la pace, ed il Sacerdozio non ancora corrotto, tolse di mano ai combattenti le armi fratricide, l'indusse a vestire il sacco della penitenza ed inalberata la Croce, correr di città in città, di villaggio in villaggio, proclamando la tregua di Dio.

La Civiltà progrediente convertì quella tregua in pace perpetua, e la missione benefica di queste Confraternite ed Arciconfraternite è cessata da molti secoli — Ma jil Clero tenace, le mantenne e se ne fè strumento di lucro, influenza, e fanatismo.

Cittadini di tutti i ceti, tratti o dall’abitudine, o da suggestioni, o dal bisogno di riparare sotto il velo di una cappa bianca la perduta fama, si ascrivono, pagando una tassa, si riuniscono periodicamente, e nelle grandi solennità Religiose, appaiono ridevolmente travestiti a pubblica mostra d’ipocrisia: l’usurajo, l’avaro, il concussionario, il temerario litigante, il prepotente, l’ambizioso, lo scappato, il falsario, son tutti lì in rassegna sotto le insegne; gli occhi bassi, ricomposti a grave portamento; ed il popolo cui son conti i lori fasti, li segna a dito, e fa tesoro della pubblica lezione d’ipocrisia, imparando a nascondere il vizio sotto il manto della Religione, e scemando nei suoi giudizii l’orrore pel primo e la venerazione per la seconda.

Questi confrati contribuiscono la tassa annua per le messe, ed il prete ne guadagna, e tra le contribuzioni, i suffragii e le rendite, impingua il suo patrimonio—Molte di queste Confratrie han l’istituto di mandar emissarii a pittoccar per le vie, togliendo così l’obolo al tapino per metterlo in tasca al prete, ed è questa un’altra lezione di valida mendicità data al popolo—Finalmente le loro adunanze dopo alcune preghiere macchinalmente ripetute, sitrasformano in convegni di maldicenza contro il Governo, contro tutto ciò che sà di progresso e di civiltà, ed in quelle adunanze si accendono i furori religiosi che periodicamente erompono in selvaggi hurrà dietro la sculta effigie di un Santo, ed occorrendo, in moti reazionarii contro il Governo.

Queste adunanze finalmente, oltrecché annientano e snaturano la pubblica beneficenza, sono un falso indirizzo dato al principio di associazione verso le opere di fanatismo, le vane pompe festive, i suffragii, i cerei, e gli spari per le sagre immagini, rendono impossibili gli asili d’Infanzia, le associazioni di mutuo soccorso e tutto ciò che di utile presenta la Civiltà al santo scopo di civilizzare e soccorrere la parte debole dell’umana famiglia, ed un Governo benefico non può lasciarle sussistere per ragione di beneficenza; non può lasciarli sussistere per ragioni amministrative, per lo strazio che fassi delle loro aziende che potrebbero servire a sgravare di tanti pesi le aziende Comunali; non deve lasciarli sussistere per ragioni politiche, perché fonti di reazioni, rendono anche per ragion di tempo impossibili le adunanze Comunali, i circoli popolari, e tutte quelle assemblee che alimentano la vita pubblica.

L’uso legale del principio di associazione par che debba far cessare gli abusi, ed è abusiva ogni associazione dannosa, ed incombe al Governo toglierle l’esistenza legale.

E qui se taluno sarà tentato a volgere in ridicolo le mie apprenzioni per le Confratrie, sol perché vede da un lato il potere Civile folto di centinaia, di migliaja di baionette, di fortezze, navi corazzate, e mille altri argomenti di onnipotenza, e dall’altro, il potere Ecclesiastico con non altre armi che le sottane nere che susurrano a degli imbecilli adunati, parole irriverenti e calunniose contro il primo; se taluno sarà a ciò tentato, risponderò, che il 12 luglio 1809 Napoleone I, coverto dei trofei delle due clamorose vittorie di Enzersdof e di Wagram, quando non vi erano più in Europa Regni od Imperi che non curvassero ad un suo cenno, udito (mentre è ancora a Znaim in Moravia), che in taluni punti della Francia, si tentavano legere agitazioni Religiose dai Congregazionisti e dal Clero, si ritira pensoso, e scrive la celebre circolare 13 luglio 1809 a tutti i Vescovi della Francia, che può dirsi una professione di fede.

«On ne nous détournera pas du grand but vers lequel nous tendons et que nous avons déjà an partie heureusement atteint, la rétablissement des autels de notre religion, en nous portant à croire que ses principes sont incompatibles, comme l’ont prétendu les Grecs, les Anglais, les protestants et les calvinistes, avec l’indépendance des trônes et des nations.»

«Dieu nous a assez éclairé pour que nous soyons loin de partager de pareilles erreurs…………………………………….

Znaim li 13 Juillet 1809.»

PARTE II

Perchéla grande vergogna del settembre 1866 riesca di qualche utile alla Nazione, bisogna cavarne tutti i vantaggi che l’universale indignazione appresta, ed ovviare a due pericoli nei quali, come a due scogli, potrebbe inciampare il Governo.

E questi pericoli sarebbero 1.°il fermarsi a mezza via contentandosi della soppressione del Clero regolare, senza passar oltre alle riforme del Clero secolare—2.° la dannosa applicazione della formola libera Chiesa in libero Stato,alla quale par che accenni il Governo nella Circolare del Ministero Interni 22 ottobre ultimo.

Siam pur noi partigiani della formola succennata, ma la logica superiore ad ogni concetto ideale, c’insegna, che— 28 —prima di dar la modalità ad un oggetto, bisogna che questo esista: prima di dichiarar libero il Commercio, bisognò crearlo con più secoli di privative: prima di dichiarar libera la pubblica Istruzione, bisogna crearla, poi manodurla infante, e quando sarà in grado di sostenersi in piedi, contro gli attacchi del Clero trasformato in privato insegnante, lasciarla libera al suo naturale pendio.

Volete voi lasciar libera la Chiesa!! Ma dove la vostra Chiesa? L’Italia non ha Chiesa Nazionale, perché il sommo Pontefice l’ha scacciata dalle soglie del Vaticano, l’hanrejetta dai loro templi il resto dei Pastori della Penisola, e se questi templi si schiusero fu per accogliere i suoinemici.

La Chiesa Romana come oggi trovasi, sarà la Chiesa Universale; sarà la Chiesa madre di tutte le altre; sarà la Chiesa della Francia, dell’Austria; ma non è quella del giovine Regno: fate che la divenga, e dopo la lascerete libera; il nulla non può essere né libero né schiavo: e diciam nulla, non perché manchi in noi la fede, noi più religiosi di quel che i padri nostri non fossero, di quel che noi sia il Clero stesso che ci calunnia, ma perché se la credenza è anteriore alla Nazionalità, la Chiesa non lo è punto, perché la Chiesa non è la credenza: desse differiscono, quanto il Clero differisce dal Cristianesimo: il Cristianesimo è costituito dalla massa dei credenti; il Clero è la gerarchia che la regge; or questo generico di Gerarchia che astrattamente dicesi Chiesa, (coi diversi aggiunti di Cattolica, Protestante, Anglicana, etc. ) venendo al concreto a piantar le sue tende in un nuovo Regno, è necessario che venga a patti con la gerarchia politica, e sono appunto questi accordìi che dan l’impronta di Nazionalità alla Chiesa, dopo i quali può esser dichiarata piùo meno libera—A forza di equivoci sulla formola succennata si è giunto agli assurdi—Chiesa libera, dicono taluni del Laicato, significa libertà di credenza; altri, libertà di credere o di non credere, di essere più di questa che di quella confessione, e poiché non siam più all'epoca dello Editto di Nantes o della confessione di Aupsburgo e nessuno più si arrabbatta per materie teologali, non valeva la pena di creare una formola — Chiesa libera, dice il elencato, importa assoluta indipendenza dal potere Civile in dritto, e poiché questa ci vien tolta, ostilità in fatto; ed altri: Chiesa libera significa l’antico Status in Startuetc.ma ha mai ponderalo il Governo cosa importerebbe un Clero indisciplinato, refrattario agli ordini del potere civile, ligio esclusivamente al ponteficaio? significherebbe l’anarchia autorizzata ed organizzata non del Clero soltanto, ma delle masse che ciecamente lo sieguono; cosa assurda, impossibile, che farebbe della formola un’ipocrisia.

Tra i diversi ex Regni, che oggi costituiscono l’Italia, la Sicilia (poi regno delle due Sicilie) presenta gli estremi di una Chiesa Nazionale la più antica in Occidente, e la più pronunziata; la quale senza scisma, seppe guadagnarsi e mantenere il più alto grado d’indipendenza dalla Chiesa Romana.

Avendo quest'ultima tramutato in dominio sovrano tutto ciò che la pietà dei fedeli avevale donato pel mantenito del Culto, divenne un potere Sovrano indipendente anche dall’Impero, massime dopo l'884. —Lasciando da parte questo potere volgarmente detto temporale,di cui tanto si è discusso, la Chiesa Romana è anche un potere Ecclesiastico o spirituale,per tutti quei titoli che il mondo Cattolico in lei riconosce, e questa seconda Sovranitàeserciterassi dovunque trovasi un credente; siegue da ciò che dovunque troverassi un credente, si troveran di fronte due poteri, l’Ecclesiastico ed il Civile, i quali dovran svolgere la loro azione sullo stesso individuo;èquindi naturale che senza preventivo accordio si trovino in lotta.

Dunque nell’ipotesi, la più favorevole, che il Papa rinunzii al temporale, resterà sempre una sovranità Spirituale che si svolge nello Stato, e con tutti gli anelli della catena gerarchica dal pontefice al Curato di Campagna, influisce sullo Stato, la Provincia, il Comune, come sulla famiglia e l’individuo, al par che il potere Civile.

Abbandoniamo di grazia le astrazioni: cosa intendiamo per Stato libero? Intendiamo uno Stato in cui la forma di Governo liberamente accettata dalla gran maggioranza, dà campo al pieno esercizio e libero svolgimento dei diritti del cittadino, della famiglia, del Comune, non che di tutti i corpi legalmente costituiti; ai quali dritti, perché non vengano a distruggersi nelle collisioni, corrispondono altrettanti doveri, all’adempimento dei quali invigila il potere esecutivo, con tutte le sue ramificazioni, dal capo dello Stato, all’ultimo agente della forza pubblica. — E libera Chiesa cosa significa? Nessuno al certo vorrà dirmi che significa la negazione di ogni Culto o Gerarchia, il nulla non costituisce Chiesa—Libera Chiesa significa dunque, un Culto liberamente accettato dalla gran maggioranza, che dà campo al pieno esercizio e libero svolgimento delle credenze dei Cittadini, Famiglie, Parrochie, Diocesi etc., le quali perché non vengano in collisione, abbisogna un potere Ecclesiastico che le sorvegli e garentisca, e poiché il Culto è uno dei dritti del Cittadino, cosi il potere Civile dee garentirne la libertà, e l’Ecclesiastico la forma e la dottrina; il primo è rappresentato dal Re, Ministri, e funzionari pubblici di tutti gli ordini; il potere Ecclesiastico dal Papa o primate, Vescovi, Parroci etc., è questo il mondo per chi non ama accamparsi nelle nuvole.

Or questi due poteri che sviluppano le loro forze sullo stesso campo, la società,non possono avere che due modi di relazioni, o la pace, o la guerra; o la concordia o la discordia: se van concordi, la società ne prospera; se in lotta, la società ne risente i tristi effetti; ed in quei periodi ed in quelle contrade nelle quali il potere Ecclesiastico soverchia il potere Civile, si osserva uno sviluppo maggiore della vita ascetica e contemplativa, e si lamenta l’apatia politica, commerciale, industriale etc. ed alla inversa ove il potere Civile prepondera sull’Ecclesiastico, si sviluppa la vita politica ed industriale, ed attecchisce la morale.

Ma non potrebbero i due poteri star nell’indifferenza correndo ognuno per la sua via? No per mille ragioni. Infatti, se il campo su cui queste due forze si svolgono è uno, supposto che lo percorrono paralleli, mente senza mai toccarsi, lo avranno col fatto diviso in due, e non sarà più una Società, ovvero sarà una idealmente, ma due di fatto: or la Società non può dividersi in due senza scindersi, ed eccoci allo stato di guerra trai due poteri: inoltre si é mai in pratica potuto separare nell’uomo il morale dal fisico? Idealmente si; ma in pratica, o il fisico domina il morale, o il morale il fisico, ovvero entrambi van di accordo: quindi non àwi altra alternativa che la pace o la guerra. Or la società è composta d'uomini, e quest’essere uno ed indivisibile, costituisce la materia su cui i due poteri si; svolgono; due forze che nel loro svolgimento dovran passare pel medesimo punto non potran essere giammai parallele, e venendo al concreto: supponete che il potere Civile sia scettico e non s’interessi di religione; basta questo solo, perché il potere religioso lo censuri e demolisca nella coscienza del popolo, qui non est mecum contea me est:ed all'inversa, se il potere Religioso bandisce l’indifferentismo politico,si avrà la taccia di antipatriotta, fautore della resistenza passiva:Insomma i due poteri sono due forze operative, che contemporaneamente agiscono sul medesimo soggetto e non possono non incontrarsi, ed il dire che non vogliono è una ipocrisia, un principio di ostilità.

Finalmente se il popolo crede, il potere Civile ch'emana dal popolo bisogna gli garentisca l’esercizio di questo dritto, ed eccolo anche per questo in contatto col potere religioso—Posta dunque l’inevitabile coesistenza di un potere religioso, è debito del potere Civile accostarvisi pel meglio della social convivenza e far che pieghi al nuovo ordine di cose e trasformi l’azion dissolvente in forza coadiutrice: a quest’opera fa d’uopo si accinga il Governo.

Otto secoli e mezzo or sono, una singolare trasformazione avveravasi in questa estrema parte d’Italia: la conquista Normanna dell’undecimo secolo fu tripla, cioè, territoriale, politica, religiosa: territoriale non pel solo materiale possesso dell’isola, ma altresì perché la Sicilia che storicamente avea sempre fatto parte dell’oriente come ogni altra isola della Grecia, e come tale era stata nella grande divisione dell’impero Romano aggregata a Bisanzio, e sotto i saraceni agli Emirati di Affrica, da quel giorno ne fu staccata, ed aggregata alle famiglie dei popoli Occidentali: fu conquista politica, non solo per la mutata dominazione, ma perché le nuove costituzioni diedero all’isola una forma unitaria giammai prima adottata: se togli il tentativo fattone da Timoleone. Fu conquista o meglio trasformazione religiosa, non solo pel mutamento di credenza dal Maomettismo alla vera fede, ma perché appartenendo la Sicilia anteriormente all’occupazione Saracena, alla Chiesa Greca di Costantinopoli, o come altri dicono allo Scisma Orientale, passò dal giorno della conquista alla Chiesa Romana.

Le due trasformazioni, la territoriale e la politica; non avrebbero potuto piantare nel core delle moltitudini radici cosi profonde da essere invocate fino al 1848, dopo otto secoli, se non fossero state accompagnate dalla religiosa. —Or l’Italia ha compiuto una grande trasformazione territoriale e politica, compia la Religiosa.

A coloro che giudicano superfluo interessarsi oggimai di materie religiose, rispondo, che dessi non conoscono il terreno sul quale camminano; ignorano l’indole dei popoli di razza Latina, e specialmente del popolo Italiano—Questa formidabile potenza non basta negarla o chiuder gli occhi per non vederla, dessa esiste nel cuore di ogni uomo, opera nei tugurii come nei palazzi, nelle Borgate come nelle grandi Città, ed or ritarda, or sospende le pulsazioni della vita politica, poi esplode terribile a scuotere dai cardini la macchina sociale, e non vi ha forma ch'essanon prenda, bandiera sotto la quale non si assembri: l’abbiala vista Repubblicana in Sicilia ed in Irlanda; or imperialista ed or legittimista in Francia; assolutista in Ispagna; Nazionale in Polonia, Candia, e nell'impero Ottomano.

Or tornando alla Sicilia; il Ponteflcato che erasi dichiarato erede dell'Impero di Occidente, capo della Monarchia universale, pensò usufruirne la conquista, dichiarandola feudo della Chiesa Romana.

Non essendosi ancora manifestati in Occidente i primi sintomi di aspirazioni a Chiese Nazionali, il Papa, accordando al conquistatore Normanno e suoi eredi l’Apostolica legazione, intese farne dei Paladini da opporre all'oriente Saraceno e scismatico, ed all’occidente Imperiale, quindi Lucio II, nel concordato di Monte Cassino del 1144 colmò di sue beneficenze il primo Re Ruggiero, concedendogli d’indossare la dalmatica, vestir guanti, tener l’anello ed il pastorale, calzar sandali, e coprirsi della mitra.

Non andò guari però, che i Papi ebbero a pentirsi di loro generosità: il Clero Siciliano cui l'esempio della Chiesa Greca era di norma, trasse i Sovrani ad emanciparsi quasi da Roma, in forza di quei medesimi privilegii prima scaltramente accordati, poi tardivamente dichiarati apocrifi.

Così la Sicilia, diè all’occidente il primo esempio di una Chiesa Nazionale.

Sotto gli Svevi, andò per un pelo che la nuova Chiesa non fosse dichiarata uno scisma; ma deposto l’imperatore Federico nel Concilio di Lione, Clemente IV, firmando i patti d’investitura con Carlo d’Angiò gli fè rinunziare quei privilegii, i quali sia detto a lor vanto, furono tutelati dagli Aragonesi, e mirabilmente dai Viceré Spagnuoli ed Austriaci.

Solo Clemente XI, ceduta la Sicilia a Vittorio Amedeo Duca di Savoja, emanò le famose bolle, che abolivano al 1715 il tribunale di regia Monarchia ed Apostolica legazione, ma, quello bolle non furono ammesse in Regno, e le armi papali rimasero spuntate dai dritti della Monarchia.

Riunita la Sicilia ai domini di Carlo VI Imperatore, Benedetto XIII riconobbe novellamente la Chiesa Siciliana col concordato 10 novembre 1720, che fu poi seguito dai due altri del 1741 e 1818.

Noi ignoriamo qual soluzione sia serbata alla quistione Romana, dessa però si appressa al suo termine e non ha altra via di uscita, che il Concordato; dap oiché esistendo la religione, necessità richiede, che esistano i suoi ministri, e non vi ha ministero senza gerarchia, né gerarchia senza giurisdizione: adunque volere e non volere, voi avrete una potenza giurisdizionale in casa, con la quale non giova stare in guerra.

Or la giurisdizione Ecclesiastica secondo l'antico, dritto Canonico è la più omogenea ai governi Costituzionali — I Sinodi Diocesani, i Provinciali e i Concilii Nazionali, corrisponderebbero ai Consigli Comunali, ai Provinciali, ed alle Camere; e finalmente i Concilii Ecumenici, starebbero paralleli ai Congressi Diplomatici.

Se la Santa Sede depone l'impronta di assolutismo, reliquia del medio Evo, e richiama in vita i Canoni e gli usi della Chiesa primitiva, indipendentemente dei grandi benefizii della libera discussione, della quale la verità non teme, l’omogeneità stessa tra le forme parlamentari e pubbliche delle due gerarchie, affretterà l'accordio tra il potere Civile e l’Ecclesiastico.

Ma se Vittorio Emmanuele II, e Pio IX, capi e rappresentanti, l’uno del potere Civile l’altro dell’Ecclesiastico nel Regno d'Italia, fossero nella posizione in cui si trovavano Vittorio Amedeo Re di Sicilia, e Clemente XI al 1715, niente di più facile che sciogliere la quistione Romana — Ma Vittorio Emmanuele e Pio IX non risiedono in due Regni separati; dessi accampano invece sotto la stessa tenda, e i due poteri s’incontrano inesorabilmente sul trono dei Cesari—L’Europa divisa in due campi, consiglia al primo, di abbandonare al vegliardo quell’ultima reliquia di un potere temporale da gran tempo scomparso; mentre altri, consiglia Pio IX, di abbandonare uno scettro di fragil canna, che stà nelle sue mani come uno scherno; un trono abdicato dal figliuol di Maria.

In questa alternativa, restano, il Papa senza potere temporale; l'Italia senza Chiesa Nazionale; e l’anarchia del Clero turba le moltitudini.

Coloro che considerano il Papa come un semplice Diocesano, trovano assurda la sua ripugnanza a lasciar libero il passo a Vittorio Emmanuele; ma chi lo guarda come capo della Chiesa Universale, non trova strano il suo rifiuto; Egli non potrebbe, come ogni altro Vescovo, accondiscendere a che la sua Sede facesse parte del Regno d’Italia, senza perdere il carattere di universalità e quindi l’autorità Sull’Orbe Cattolico.

D’altra parte, se l’Italia ama uscir dai pericoli delle reazioni o dell'apatia delle masse, ritardatrice di ogni progresso, se ama disciplinare il Clero causa di tanti mali, dee volere una Chiesa Nazionale, e se brama la Chiesa Nazionale, deve escludere il Papa dal numero dei suoi Diocesani, pel medesimo carattere di Universalità che ripugna con la Nazionalità; quindi non potendo far cessare la universalità della S. Sede, perché non dipende da noi far cessare ciò che ammettono tanti milioni di cattolici stranieri, né volendo rinunziare al ben’essere interno che risulta dalla Chiesa propria, bisogna da un canto escludere il Papa, e dall'altro venire agli accordìi con lui.

Quando lu pubblicato che forse S. A. I. il Principe Napoleone proggettava la città Leonina come sede del Pontificato e palladio di sua indipendenza, molti uomini assennati della Penisola, applaudirono al progetto.

Suppongasi infatto che il Papa si rassegni a rimanere come uno dei tanti Vescovi del Regno d’Italia, e dica: «or bene Signori, voi dite Chiesa libera in libero Stato, vi prendo in parola, eccovi il trono che il potere Ecclesiastico avea usurpato al potere Civile, io ve lo restituisco, e ritorno alla primitiva Chiesa; ma la primitiva Chiesa avea privilegii, restituitemi voi quanto il potere Civile usurpò all’Ecclesiastico, cioè, il Foro; le immunità reali, personali, e locali;» ditemi addiverremo noi allo scambio? Acconsentirebbe la Civiltà, che la proprietà del Prete fosse esente da dazii, la sua persona intraducibile innanzi i Tribunali ordinarii, e le Chiese tornassero a servir di asilo ai malandrini? Nò certamente, anzi il potere Civile si tien forte al Regio exequatur, all’Apostolica Legazione, ai guanti, al pastorale, ed alla mitra di Lucio II; con qual dritto può dunque pretendersi una rinunzia senza compenso? Supponghiamo ora che Pio IX rinunzi al trono ed alle immunità succennate, senza compensi, e si contenti rimanere un semplice Cittadino del Regno d’Italia—Oh non vi ha dubbio che allora acquista il maximum della forza morale; un Papa patriotta, un Papa cittadino, un Papa senza scettro, è il trionfo della Civiltà: rimettetelo sugli altari come al 1848. —Ma avete dimenticato che questo cittadino già sugli altari; ha pensiero e parola come ogni altro libero cittadino; che ha inoltre un esercito di cento mila preti,obbligati moralmente a ripetere le sue parole, e 24 milioni 990 mila trai 25 milioni d’italiani, che credono infallibile e dogma di fede ogni sua parola.

Imaginate dunque questo Santo vivente che un bel mattino faccia uso della sua parola, e come è costume trai Giornalisti rivolgersi ai fratelli della Stampa, si rivolga ai Fratelli in Gesù Cristo, e disapprovi un atto del Ministero: dite un pò, quel ministero sarà più possibile? Io dico che nò, e ci vorrebbe altro che giornali, per riempire il baratro che lo dividerebbe dal popolo, in un Governo in cui si vive di opinione pubblica.

Ma suppongasi finalmente per un assurdo, un Papa sordomuto,un Papa senza opinione politica, che vegeta come un fungo nel bel giardino di Europa—I Cattolici di Europa e fuori si contenterebbero di lasciare a questo fungo cittadino del Regno d’Italia la giurisdizione e gli onori di capo della Chiesa Universale? Nò certo—Dessi direbbero: Pio IX ha abdicato, elegiamo nelle forme canoniche un altro Papa: ed eccoci da capo alla guerra intestina, a pugnar col Clero e con le coscienze degl'italiani in rivolta; ad assistere al processo della demoralizzazione delle masse che si compie sotto i nostri occhi senza riparo—Bisognerebbe dunque allora correre da quell’altro Papa, stipulare un concordato, e gettar le basi di una Chiesa Nazionale, onde disciplinare il Clero e render governabili le masse.

Tra le grandi potenze che godono di una Chiesa propria, come la Russia, l’Inghilterra, la Prussia, la Francia, quest'ultima è la più forte e compatta, appunto perchè in essa è unità di credenza, ed ivi il potere Civile sotto le garentigie dei quattro articoli della Chiesa Gallicana del 1682 para i colpi che potrebbero venirgli dal di fuori, e con leggi certe riconosciute dal capo della Cattolicità, modera il Clero secondo gl’interessi della Nazione.

Per aver una Chiesa Nazionale non è necessario lo scisma, prova la Francia arcicattolica, prova la Sicilia. Gessa in forza dell'Apostolica legazione, gode in persona del Sovrano, divenuto un alter Ego del Papa, tutte le giurisdizioni descritte al titolo Vili, tomo III, delle prammatiche sanzioni, che qui non giova ripetere: regolarizzati i Fori, le pretensioni d’immunità, le materie beneficiarie, le amministrazioni delle Chiese, estaurite confraternite; avvocati tutti gli appelli ad un Prelato delegato dal Re, non vi era quistione del Clero (tolte solamente le cause maggiori) che non passasse sotto il vigile sguardo del potere Civile — In quanto poi alle Bolle, Brevi, Encicliche, e Decretali, che potessero venire dalla Corte di Roma, il Regio exequatur, senza il quale non erano ammesse, riparava ai possibili disordini, ed alle colluttazioni tra le due potestà, che turbano le coscienze dei credenti—Fin dall’epoca di Filippo II, esisteva il Delegato della RegalGiurisdizione vigile custode dei dritti del potere Civile: né la suprema giunta degli abusi addetta a sorvegliar la condotta degli Ecclesiastici, era un Tribunale senza scopo.

Il potere Civile regolamentò tutto, scendendo ai più minuti dettagli: si pensò al suono ed al numero delle campane; si soppressero i dritti funerarii ((1)). —Si vietarono le vendite, locazioni, ed enfiteusi dei beni Ecclesiastici senza il permesso del potere Civile ((2)). —Al medesimo fu avvocata la nomina di tutte le dignità, canonicati e benefizii, durante le sedi vacanti ((3)). — Inibito ricorrere per brevi e dispense alla Corte di Roma, senza preventivo permesso del Re, e dietro relazione dell’avvocato Fiscale ((4)). —Tolta ai Vescovi l’ingerenza autoritativa nell'apertura delle Scuole ((5)). —Vietato ai medesimi conceder licenza di questuare anche ai Romiti ((6)). —Proibito ai Vescovi di pubblicare editti e mandamenti, epistole od altro senza il permesso ed approvazione del Re ((7)). — Circoscritto il numero dei preti al preciso bisogno delle Chiese ((8)). —Si formularono anche 79 casi di proibitive di ricorrere a Roma ((9)). — E si fulminò la pena dell’esilio dai Regi Stati ai sudditi che vi ricorressero senza preventivo permesso del Sovrano ((10)).

Queste ed infinite altre garentiggie che sarebbe lungo accenare, furon potente freno, e costituirono la sicurtà del trono delle due Sicilie, che lottò fin’anco cogl’interdetti senza sensibili turbamenti, in, tempi difficilissimi e d'ignoranza.

Però, cessata l'occupazione francese, Ferdinando IV divenuto primo, mutò sistema e considerando il Clero comesolo e valido sostegno del suo vacillante trono, senza punto abrogarle, fè cadere in disuso le superiori guarentiggie, lasciando in retaggio al figlio ed al nepote Francesco I, o Ferdinando II, il bigottismo e lo spergiuro.

Bastò mezzo secolo, perché il Clero Siciliano, obbliando fino l’idea della subordinazione al potere Civile, si credesse in dritto non solo di seguire le ispirazioni straniere, ma d’inalberare bandiera di ribellione per mutare le costituzioni dello Stato, in una nuova forma di Governo, (la Repubblica), che non è certo quella che il suo capo, il Re di Roma, sarebbe pronto concedere ai suoi sudditi.

CONCLUSIONE

Nel chiudere la presente scritta, desideriamo richiamar l’attenzione del R. Governo sii cosa che sarebbe di grandissimo giovamento a queste infelici Provincie, tanto per la cessazione di mali dai quali scaturiscono in gran parte i guai del presente, come pur il gran bene che ne potrebbe derivare.

Dopo i luttuosi fatti di Palermo, varie riunioni di Deputali discussero sui mezzi di riparare ai danni delle attuali condizioni dell’isola, e fù come sempre ripetuto l’intercalare, lavori pubblici, istruzione pubblica.

Le strade si faranno: ma abbisognano tempo e mezzi non pochi, che non è facile avere, in tanto esaurimento delle pubbliche casse. L’istruzione non manca, ed il Governo profonde tesori nella secondaria; ma l’appulso alle scuole secondarie dipende dalle scuole primarie elementari e dagli Asili d’infanzia, che le Comuni esauste non possono né sostenere né incoraggiare.

Di fronte a tanta miseria, stà in ogni Comune un tesoro,che in mano ai nostri nemici serve a demoralizzare la gioventù; a far proseliti; ad organizzare la resistenza passivale la reazione: e questo tesoro con un tratto di penna potrebbe iscriversi nello Stato Discusso d’ogni Comune, ed addirsi, sotto la diretta sorveglianza del Governo, all'istruzione ed educazione pubblica—e sarebbe questa una rivendica; perché tal tesoro appartiene al potere Civile ed al Laicato di dritto, ma di fatto è in mano al Clero, che in opposizione alla legge, lo possiede da secoli, né valsero gli sforzi di tanti Governi a torglielo di mano. Intendiam parlare dei beni delle Opere pie Laicali e miste,che in tutte le Comuni dell'ex Regno delle due Sicilie rappresentano immensi valori ((1)).

Fu giurisprudenza di detto ex Regno, fondata sui canoni e concordati, che in tutte le pie istituzioni la presunzione stava per la laicità, la quale non si dimostra; mentre al contrario la Ecclesiasticità si dimostra coi titoli legali di presentazione, accettazione, erezione in titolo per mezzo di Bolle il tutto munito di exequatur.

In forza di tale giurisprudenza, tutte le Opere pie, Benefizii, Cappcllanie, non erette in titolo regolare, tolta ogni idea di equipollenza e prescrizione fosse pur di mille anni, dovevano passare sotto la giurisdizione del potere Civile ((1)) né il potere Ecclesiastico potea menomamente ingerirsene.

Van sotto tale denominazione:

I. Le Chiese Ricetizie con cura di anime, e le ricetizie semplici, le Cappelle, EstaHriste o Maramme ((2)).

II. I Conservatorii, Ritiri, Collegi di Maria, Orfanolrofii, sotto qualunque titolo e denominazione.

III. Le Confraternite ed Arciconfraternite.

A che servano queste opere, eccone un cenno.

In quanto a quelle di num. I, non vi ha nell'ex Regno Comune di qualche antichità, per picciolo che sia, che non abbia 10, 20 e fino a 30 di queste Chiese e Cappelle, ognuna con le rendite, ognuna con le sue 10 messe cotidiane, che sempre aumentano e senza celebrarsi, s’intascano puntualmente, con la sanatoria della dateria Romana che ne partecipa—Ognuna di queste Chiese o Cappelle ha il suo deforme campanile, che non conta meno di tre grosse Campane—Il Vescovo, previi maneggi simoniaci, piglia un Prete e lo fa procuratore, quasi fosse un Benefizio Ecclesiastico di sua spettanza; questo Prete introita pel culto, e poi paga a sé medesimo più di quanto introita, di modo che sempre rimane in credito, con lode di zelo ed edificazione dei fedeli—Ilculto consiste, in una messa. deserta, che si celebra tutte le domeniche che non fa né troppo caldo, né molto freddo, e quando non si trovano emolumenti altrove pel corso della settimana, il culto resta affidato ad un poltrone, che per 20 soldi al mese, tutte le sere, và a scampanare alla distesa, a maggior gloria di Dio e tormento dei cittadini.

Per dire delle Opere segnate al num. II, volendo potrebbe scriversene i poco edificanti misteri: ci limitiamo ad accennare, che il Prete amministra tutto: due o tre figuri, dan la presenza, coi rispettivi titoli di cassieri e deputati. —Chi vuole un’idea dell’istruzione ed educazione che dassi in questi stabilimenti alle fanciulle (fin’oggi, anno di grazia 1867—VII del risorgimento d’Italia) alzi gli ocelli e guardi gli edifizii al di fuori, irti di grate a doppie inferriate più di un carcere baronale del medio Evo; parli le giovinette in abito da Monache secondo le diverse ex regole, che a mani incrociate, viso pallido, occhi bassi, risponderanno con uno scoppio di pianto: lian loro detto, che fuori quel recinto siam tutti Demonii; prima del 7 luglio 1866 dicevan, far ciò, per provare la loro vocazione: procacciar colombe alla S. Chiesa; ma oggi che più non esistono monache né Monisteri, che scopo ha tutto questo?Delle Confraternite abbiamdetto nella prima parte.

Ma nulla mai fecero i passati Governi per rivendicare le amministrazioni e modificare questi Istituti?—Rispondo— I passati come il presente Governo, affidarono tutto ai Corpi deliberanti Provinciali e Comunali—Or questi corpi si chiamino Tribunali misti, Consigli degli Ospizii, Deputazioni Provinciali; si chiamino Decurie, Consigli Comunali, Commissioni, Congregazioni di Carità, subiran sempre l’influenza del Clero e la pressione delle Masse; se il Governo affidava ad essi l’esecuzion della legge 7 luglio ultimo, a quest’ora si sarebbe in via di ristauro dei vecchi Conventi e di costruirne dei nuovi: Quante deliberazioni di Consigli non corsero, per salvare i Frati! Se convenire all’urna elettorale, puzza di eretico le mille miglia, imaginate cosa toccherebbe ad un povero Consiglicre Comunale che ardisse proporre di toglier via le inferriate, la clausura, la salmodia da un Orfanotrofio o Ritiro!!

Nulla deesi dunque sperare, in Sicilia, né dalle Congregazioni di Carità, né dai Consigli—La storia lo prova.

In forza del § 4, tit. IX del concordato 2 giugno 1741 tra Benedetto XIV, e Carlo III, il Re delegò, al Tribunale misto, istituito in quel titolo, la sorveglianza sulle Amministrazioni dei luoghi pii laicali e misti: il Tribunale si accinse all'opera: ma incominciarono da parte del Clero i dubbii, sul sistema di contabilità nella resa dei conti; il R. Rescritto 16 giugno 1742 designò il sistema di contabilità: però conti non ne apparvero per tutto un decennio, cosiché stanco il Governo, pensò per la prima volta a rivendicare quelle sterminate aziende: ed il R. Rescritto 21 luglio 1753, ordinava: «Che tutti gli Ecclesiastici di qualunque ceto che si trovavano ad amministrare eluoghi pii laicali e misti, monti, confratrie etc. debbano c immediatamente desistere, e lasciarne interamente agli uffiziali laici l’amministrazione.»Fiato perduto: dessi proseguirono ad amministrare, facendosi eleggere delle confratrie, che ebbero cura dì moltiplicare in ogni Chiesa e Cappella—Il Governo li privò di voce attiva e passiva nelle confratrie ((1))—proibì anche il loro intervento nei giorni di elezione degli uffiziali ((2)) anche questo approdò a nulla, ed il Clero prosegui sempre nel maneggio di quest'asse.

Le cose corsero cosi, fino al 1795, allorché il celebre avvocato Fiscale D. Antonio Dragonetti, ed il Peccheneda, chiamarono l’attenzione di Ferdinando IV, su quelle amministrazioni, e col R. 23 settembre 1796, il Dragonetti fu incaricato a portar l’opera a buon porto a onde riconoscersi l’ammontare dei beni delle opere pie «laicali e miste, e i residui delle casse, che potrebbero e esser diretti al comune bisogno della Nazione»—Nelle istruzioni annesse al succennato , il Re dava alle Comuni le proposte dei nuovi amministratori, chiamandoli responsabili, di unita alle confratrie, per le elezioni dei nuovi amministratori e cassieri.

Nè il Tribunale misto mancò al suo compito, e sotto la data del 17 gennaio 1797, emanò regolamenti ed ordini, perché infra un mese,detti amministratori, presentassero i conti, pena la destituzione, e facoltando i governatori a costringerveli per capiuram pignorum et parsonarum—Ma le minaccie ad altro non valsero che ad avere i primi abbozzi di statistica appena al 1805, ed i beni rimasero in mano al Clero.

Sopraggiunse l'occupazione militare, ed il 20 dicembre 1806 una circolare del Direttore Generale del Registro e Demanio, destituiva in massa tutti gli amministratori, dando ai Consigli Comunali l’incarico di eliggere i nuovi, ed ordinava ai dimessi, allo spirar del gennaro 1807 presentassero i conti ai Direttori Provinciali del Registro e Demanii.

L’ingerenza del Demanio, allarmò le Comuni, e l’allarme aumentato dall’influenza del Clero, fè cadere irriti e nulli gli sforzi del Governo; né miglior sorte ebbero i Consigli Generali di amministrazione di pubblica beneficenza, istituiti col Decreto 16 ottobre 1809 e le commissioni comunali per la formazione degli stati dei pesi e rendite delle opere pie, istituite col R. Decreto 27 febbraro 1812.

Ma nel decembre 1813, con Decreto del giorno 2, fu quell'incarico dato come dovea al Ministero Interni, il quale emanò le istruzioni 3 marzo 1814, che forse erano decisive sulla materia, se dopo 7 mesi, non avveravasi il gran mutamento politico, che riportò sul trono Ferdinando I.

Costui obbliando quanto avea ordinato per quella rivendica prima dell’occupazione francese, inizia col Decreto 1 febbraro 1816 la reazione, ed all'art. 4 ordina a sia «restituita la diretta amministrazione a quegli ecclesiastici che l’avevano esercitata senza contradizione, fino al 1805, erano quasi tutte le opere pie laicali che con quell’articolo restavano anche di dritto al clero».

Iniziata così l’opera del regresso, l’organico del 20 maggio 1820, il Decreto 7 dicembre 1832, e le istruzioni 9 gennajo 1833, introdussero sempre l’elemento clericale in queste amministrazioni, che salve talune forme meramente burocratiche, tutte rimasero nello stato in cui trovolli il concordato del 17. 41. —Però all’occasione delle vendite prescritte dal Decreto 16 febbraro 1852, si osservò, che per effetto della cattiva amministrazione» molte rendite dei luoghi pii, si erano perdute, anche per dispersione di titoli; per cui al 12 giugno 1858 fu da Ferdinando II, emanato Decreto, seguito da Regolamento portante la stessa data, all'oggetto di curare la conservano —ne e ricupero«dei titoli di credito di stato certo dei luoghi pii laicali e stabilimenti di beneficenza.»Le disposizioni Governative rimasero anche per questa savia misura ineseguite, e sopravenne la rivoluzione.

Il Decreto dittatoriale 23 ottobre 1860 che. proscrisse l'elemento ecclesiastico dall’amministrazione dei luoghi pii laicali, ordinando rendessero i conti, fu seguito dal Decreto Luogotenenziale 17 febbraro 1861, che all’art. 1° abroga gli art. 4 e 7 del Decreto 1°febbraro 1816; non che gli altri, 14 febbraro, e 29 febbraro detto anno, dettati da Ferdinando I: abroga inoltre i Decreti 7 dicembre 1832, e le istruzioni 9 gennaro 1833, ed ogni altra analoga disposizione, in quanto escludevano la libera azione del potere Civile, ed includevano l’ingerenza Clericale: ma ciò che non fu fatto al 1753 da Carlo III, che pronunziò la prima espulsione, neppure fu adempito dopo cento sedici anni dal nuovo Governo del Regno d’Italia, ed i due Decreti, il Prodittatoriale ed il Luogotenenziale succennati rimasero ineseguiti. Anzi per una curiosa coincidenza, venne la legge 3 agosto 1862 a tutelare gli abusi, quasi una nuova reazione, quasi un nuovo ritorno al Clericalismo, alla S. Fede, di Ferdinando I. Infatti l’art. 4, di detta legge, si assomiglia all’art. 4, del Decreto 1°febbraro 1816; questo restituiva l’amministrazione a quegli ecclesiastici che l’avevano tenuta fino al 1805, l’altro statuisce «Che l’amministrazione delle Opere pie è affidata ai corpi morali, consigli, direzioni collegiali o singolari, istituiti dalle rispettive tavole di fondazione o dagli speciali regolamentiin vigore, o da antiche loro consuetudini.»Quasiché vi fossero o vi potessero essere tavole di fondazioni, regolamenti e consuetudini antiche,non informate sull’esclusivo dominio dell’elemento Clericale—La legge 3 agosto 1862, ed il Regolamento 27 novembre, oltre di essere improntati della solita diffidenza dal potere centrale, che spesso fa tanto bene agl’interessi del potere Ecclesiastico, è basata su due falsi supposti, la libertà e sorveglianza dei Consigli Comunali e Deputazioni Provinciali: or quando trattasi di cose che feriscono il Clero desse vengon meno; vien meno la libertà per la pressione delle Masse plebee, vien meno quindi la sorveglianza: se si trattasse di censurare un Ministra o un Prefetto, o allora voi trovereste questi corpi abbastanza liberi; ma lottare coi pregiudizii religiosi e con gl’inveterati abusi del Clero, nessuno le fece mai, né farallo per un altro secolo ancora—D’altronde la insufficienza della legge summentovata, è dimostrata abbastanza dall'esperienza fattane in quattro anni, che corsero senza nulla immutare o modificare nelle amministrazioni dei luoghi pii Laicali di queste Provincie.

Che bisogna dunque fare?

Secondo il nostro debole avviso, bisogna:

I. Espellere l’elemento Clericale da tutte le Amministrazioni delle Opere pie in parola, adempiendo al prescritto dei due Decreti 23 ottobre 1860 e 17 febbraro 1861, senza eccezioni di sorta.

II. Ricuperare i titoli di credito di stato certo, già perduti per incuria degli amministratori, colle norme dettate dal Decreto e Regolamento 12 giugno 1858 dal cessato Governo delle due Sicilie.

III. Fissare le Congrue ai Parroci e coadjutori, e le spese di culto in ogni Parrocchia, tenendo presente il Decreto 2 dicembre 1813 emanato pel Regno di Napoli durante l'occupazione militare.

IV. Tener presente l’altro Decreto della stessa data, dal medesimo Governo emanato, non che le Istruzioni 3 marzo 1814, per fissare.

(a) Lo stato Discusso di ogni Parrocchia, facendo così cessare ogni pretesto di accattonaggio e scrocchi a danno dei cittadini, cause non ultime delle Madonne sudanti,dei Cristi parlanti,e delle tante speculazioni superstiziose, che abrutiscono il popolo, viziandolo nella parte più nobile il core.

(b) Gli stati Discussi di tutte le Opere pie laicali e miste affidandone alle Congregazioni di Carità le Amministrazioni, marAI CASSIERI COMUNALI GL’INTROITI ED ESITI,. giusta il prescritto dell’art. 7 di detta legge, in che stà la vera soluzione del nodo Gordiano.

(c) Supplire al deficit degli Stati Discussi delle Parrochie con gl’introiti delle altre Chiese o Cappelle Laicali e delle Congreghe da sciogliersi.

(d)Addire le rimanenze, all'impianto di Asili Infantili, scuole serali, premii d’incoraggiamento alle virtù civili e militari, modificando gli art. 16 e 17 del Decreto in parola, in quanto all’ingerenza della Cassa Provinciale di Beneficenza,;che allarma le Comuni, e le rende proclivi alle occultazioni di ogni genere.

Ma si è poi certi che l’elemento Clericale non venga ad intrudersi nelle Congregazioni di Carità? Niente affatto: tolta ogni speranza di maneggiar denaro, sia l’opera pur pia quanto volete, il Clero volterà le spalle.

Concludiamo—La Reazione del settembre 1866 macchia indelebile stampata sulle ultime pagine del glorioso volume di nostro risorgimento, apporti almeno il benefizio di averci resi più cauti e meno leggeri, nel giudicar la potenza e pericoli dell'elemento religioso.

Queste forze e questi pericoli, si domano con le armi, ma non si vincono: ricomparendo sotto ogni bandiera che non sia la patria, e passando con egual fortuna, dalla resistenza attiva alla resistenza passiva, a danno delle forze vive della Nazione.

L’elemento religioso, non si conculca od estingue (impresa da pazzi), ma si modera e conquista.

La chiesa Nazionale, rassoda le basi, e corona il fastigio del nuovo edifizio Italiano, pronto a lottare coi secoli—dessa non è l’Eresia, come i pseudo Sacerdoti amano propalare: ma la concordia col capo della Chiesa Universale.

Ripigli il potere Civile ciò ch’è proprio; lasci all'Ecclesiastico ciò che gli spetta rassicurandolo di un’esistenza onorata.

Il nuovo Regno non abjurò al battesimo di Cattolico che stà sul frontispizio dello Statuto; si accosti il Clero alla sua volta al sagro fonte, e si battezzi Nazionale.

APPENDICE

Era stato consegnato al Tipografo il presente lavoro, allorché la Gazzetta Ufficialedel 21 dicembre rendeva di ragion pubblica la lettera scritta dai RR. Vescovi rifuggiati in Roma al Presidente del Consiglio dei Ministri con la data 15 Novembre, non che la risposta del medesimo.

Noi non potremo abbastanza lodare la solidità degli argomenti con cui l’illustre uomo di Stato si fa a confutare i laghi che i Prelati muovono contro il rigoriusati col Clero dal R. Governo; come altresì crediamo utile far rimarcare, che la parte più saliente dell'epistola Prelatizia, è quella in cui, pigliando in parola il Presidente del Consiglio dei Ministri,si fa a vagheggiare le relazioni di perfetta libertà della Chiesa con lo Stato, perché l’Italia possa godere di quel magnifico ed imponente spettacolo religioso, di che si allietano gli Stati Uniti di America, ammirando in Baltimora meglio che 40 Arcivescovi, e Vescovi, ed Abati e Sacerdoti, riuniti in Nazionale Concilio, senza autorizzazione alcuna del potere Civile, e le loro risoluzioni Proclamate ed eseguite in ciascuna Città, senza exequatur o placito:Cari i miei Prelati pare abbiano dimenticato il passato, e sian ciechi a non vedere il presente.

In America la Chiesa Cattolica è entrata con tutte le altre confessioni, come un forastiere che vada a prendere alloggio in un albergo, e si contenta del posto che gli vien fatto dal padrone (lo Stato), senza pretendere di dar legge per se e sulla condotta degli altri. —In Europa la Chiesa dopo aver soggiogato l’Impero Romano, la volle far da podrona. assegnando alle Nazioni surte dai frantumi di quel colosso, appena tanto quanto bastava a mettersi al coverto dai loro nemici, assoggettandole a durissime condizioni, alienandone i territori: deponeado Re ed Imperatori: ed elevandone altri a suo piacimento.

In America nessun primate o Pontefice si è mai arbitrato mandare all'indirizzo dei Presidenti dell'Unione o Stati, virulente Encicliche, che commuovono profondamente le moltitudini a scapito di quella forza morale lauto necessaria a mantenere il rispetto alle leggi ed alle potestà Civili. — In Europa non passa anno che non si pubblicano virulenti Encicliche contro Re ed Imperatori, amici o nemici della Chiesa, poco importa.

In America sorgon Templi di tutte confessioni; si espongono in vendita Bibbie e libri di ogni credenza, senza moti popolari. — In Europa e più che altrove in Italia, se per avventura un prete Cattolico fiuta un Protestante, o un venditore di libri accattolici; ecco masse di fanatici insorgere e dar di piglio alle armi, commettendo incredibili violenze ad istigazione del Clero,come a Barletta.

In America finalmente, il Clero Cattolico non alimenta il brigantaggio con I’ obolo; non solleva le Città al grido di Repubblica e S. Rosolia, a nome della Religione; e se ivi è libero celebrare le feste con pompe esterne, lo è perché colà il Clero non se ne serve come di mezzo a politiche dimostrazioni; e se quanto accadde in Napoli pel Corpus Dominial 1865 ed in Messina? 8 dicembre ultimo, fosse accaduto in quel paese, il Clero Americano pel primo, si sarebbe fatto innanzi a redarguire i fanatici, autori di sediziose grida contro il Governo, e di percosse e violenze contro i cittadini.

La posizione è dunque ben altra in Europa, ove i placiti e gli exequatur sono garanzie contro le violenze del potere Ecclesiastico, che la pretende non a padre e tutore soltanto, ma ad assoluto padrone del potere Civile.

Nè vi è a sperare che questo stato di cose muti per secoli ancora, se il Pontefice e i Prelati non richiamano a severa disciplina il Clero, temperandone il falso zelo ed intolleranza, incompatibili con lo spirito di mansuetudine Cristiana e con la civiltà.

Ma se in Europa alcuna Nazione non pensa ancora, né penserà per secoli, ad abolire i placiti e gli exequatur, vediamo se è nella convenienza che li abolisca l’Italia—

Or il Papa in Italia non solo è capo della Chiesa d’Ildebrando, ma Re delle Romagne, e la pretende a Sovrano di Napoli e Sicilia,chiedendo ancora la Ghinea in segno di vassallaggio; la pretende a Signore del Piemonte chiedendo il censo dei 3000 scudi animi; la pretende a Signore di Parma, Piacenza, Modena, Lombardia,chiedendo non so che altro, e con tanta insistenza, che non tralasciò mai di protestare solennemente pel giorno di S. Pietro contro gli usurpatori;la forza delle circostanze potécondurlo ad alti di abbandono, ma quegli atti imposti da necessità, se valsero politicamente a trasferire, in altri il dominio, nella coscienza del prete son nulli; quindi finché saran nulli, non obbligheranno né lui, né i successori, per qualunque decorrer di tempo; dapoichè la morale non ammette prescrizione: adunque la rivalità e la tendenza a rivendicare il perduto, come la burbanza ed il tuono da Sovrano, non si prescriveranno giammai, tinche il Papato non piegherà la fronte al diritto popolare, abiurando al dritto Divino, cosa, direm quasi impossibile. — Le rivalità sussisteran sempre in Italia: ma le garenzie potran scemare appena il Papa avrà deposto il Temporale dominio. Niente affatto — posta l’innegabile eterna rivalità, l’abbandono del temporale,aumentando forza al potere Ecclesiastico, obbliga il potere Civile a cercare maggiori garenzie, per non rimanerne eli acciaio.

Per dimostrare che l’abbandono del temporale, dii maggior forza al potere Ecclesiastico non abbiamo che a rammentare quanto fu detto al Senato francese in febbraro 1862, dal Senatore M. Ronjean. Egli facendo la storia completa e profonda dei due poteri Papali, li considera come in due piattelli di una bilancia, e dimostra come lezione invariabile della storia «une lecon invariate de l'histoire» che più il potere temporale dei Papi abbassa, più la loro influenza spirituale monta: ond'è che difficilmente potrem farci un’idea dell'influenza che acquisterà il Papato, perduto quel lato debole e vulnerabile (il temporale) che lo localizza ed impicciolisce. Arrogo che il potere Civile di un Governo libero, vivendo anch'esso di forza morale, l'opinione pubblica,non può senza perdersi sostener l'urlo del sentimento dellemaggioranze, naturalmente trascinale dalla regina delle forze morali, la Religiosa. Or nel naturale e necessario atrito tra i due poteri,cosa opporrà il Governo a questa formidabile potenza Ecclesiastica, centuplicata e resa libera? Opporrà la stampa: tre o quattro giornali organi del Governo. Ma a che servono questi quattro od anche cento giornali, in un paese che conta 17 milioni di analfabeti?Dall'altro canto il potere Ecclesiastico metterà in campo i suoi 70 e più mila preti, organi viventi, usi al linguaggio delle moltitudini; i mille pergami; i 100 mila formidabili confessionili. Or la reciproca libertà suppone uguaglianza di condizioni; sono in Italia, in questo stato di cose, uguali le condizioni del potere Civile e dlell'Ecclesiastico? Adunque attendente che il Papa abjurì al dritto Divino; che deponga i vecchi rancori; che smetta dal credersi Signore assoluto d’Italia spodestato per violenza; attendete ancora che i vostri 17 milioni «li analfabeti scompajono, ed allora soltanto sarà il tempo di mettere sul tappeto la quistione, se vi convenga dichiarar libera la Chiesa.

Ma di qual Chiesa parliam noi? Il Papato così come trovasi costituito, non potrà mai trasformarsi in Chiesa Nazionale Italiana, o Francese, o Spagnuola, perché lo Universalismo intrinseco alla sua natura spirituale,è la negazione della Nazionalità—quindi ogni buon Italiano non potendo trasformarlo, anche come forza spirituale, dee bramare che lo si lasci indipendente ed estraneo allo sorti del bel paese, se non vuol vedere distrutto in breve giro di anni, il frutto di tanto sangue e sudori.

L’Universalismo del Papato, none un idea astratta allusiva alle ambiziose mire dei Papi, o ad esagerale preterizioni dei Cattolici;desso è una realtà, che esprime la natura del sagro Collegio de' Cardinali, composto di prelati reclutati in tutto l’Orbe Cattolico: esprime perciò l’origine di ogni Papa surto,per libera elezione, dal seno «li quel Collegio; esprime ogni passo «Iella vita pubblica del Papa, che sempre è il risultato del molo impressogli da quel Collegio che lo guida coi suoi Concistori più mena segreti. Finalmente l’universalismo costituiscei ilfine ultimo della istituzione del Papato, accennalo in quelle parole di S. Giovanni Evangelista, ch’è una profezia: Et fiat pastor unus, et ovile unum,senza di che svanirebbe il Vicariato di G. C. in terra e crollerebbe ogni Cattolicismo—Ciò posto: se è un assurdo politico offrire libertà illimitata ad una Chiesa Nazionale,che importerebbe anarchia nel Clero e nelle masse, io non sò qual nome debba assegnarsi ad un invito al Papa, a farsi Capo di questa Chiesa Nazionale, che equivale invitarlo all'abolizione delle Costituzioni della Chiesa Cattolica, invitarlo a deporre il Vicariato di G. Cristo in terra, per impicciolirsi sotto le vesti di primate di una Chiesa Provinciale. — Ma non potrebbe il Pontefice accumulare alle funzioni di Capo della Chiesa universale quelle di Capo della Chiesa Nazionale Italiana? Noi comprendiam bene che nella storia delle umane ambizioni, si trovano le anomalie di Filippo l'Ardito Re di Francia, che presta omaggio qual vassallo (1284) per la investitura di un feudo all'Abate di Moissac: Re Giovanni al Vescovo di Parigi; Errigo VI a dei semplici borghesi di quella Città. Ma finita la cerimonia, costoro tornavano sul Trono a comandare, né quell'umiliante scena ripelevasi mai più. Non accadrebbe altrettanto col Papa, che avendo Sede nel recinto del Regno d’Italia, ad ogni piè sospinto troverebbesi nella necessità di limitare i suoi atti, e rivestirli sempre di un carattere provinciale ed inoffensivo ad ogni governo d’Italia, perdendo così ogni efficacia in faccia al mondo Cattolico. Ma suppongasi ancora che il Papa a discapito della sua influenza sul Mondo Cattolico, addivenga a questo stranuo Concordato: converrebbe al Governo accettarlo?— No: perché il meccanismo della Chiesa Romana così come stà, non potrebbe ammettersi nel recinto di una Nazione, senza esporla ad infiniti pericoli.

Noi non saprem meglio descrivere questo meccanismo che riportando le parole di M. Lamartine, dette al 1847 nella discussione dell'Indirizzo, ed avvalorate dal potente ingegno di S. A. I. il Principe Napoleone che leggevale al Senato Francese il 1°marzo 1812. Noi le trascriviamo, togliendo solo, ciò che allude al temporale dominioche supponghiamo cessato— «Il Governo del Papa a Roma, è una teocrazia, o il governo di un Pontificato Eterno; un Oligarchia, o il governo di un picciol gruppo di uomini influenti nello Stato, i Cardinali una Repubblica, perché i capi dell’oligarchia eliggono; un’aristocrazia, perché i principi romani sono i vassalli del Papa e i sovrani del popolo; una democrazia, perché la elezione vi è principio di sovranità; infine una dominazione dello straniero, perché i Cardinali grandi Elettori di questo Capo, appartengono a tutte le potenze ed a tutte le Nazioni Cattoliche delGlobo, straniere agl’interessi d’Italia. I Cardinali appartenenti alle potenze rivali o nemiche d’Italia, si accordano per eligere un Capo, che loro sia docile o venduto..... Il Papa, dipendendo dalle Potenze per gli interessi della sua Chiesa come Pontefice, è forzato a dipenderne come Sovrano d'Italia.»Noi dimandiamo. la rinunzia del temporale, fa cessare l'esistenza di questo Sagro Collegio mondiale, battezzato da Lamartine una dominazione dello straniero?No: il Sagro Collegio rimane con le sue funzioni elettorali e coi suoi Concistori che guidano ogni alto del Papa: i componenti questo Collegio, eredi presuntivi del perduto trono, avran cambiato quelresiduo d'interesse per l’Italia, ove era silo,in malcelato rancore contro gli usurpatori, e terran schiusa la porta a due battenti all’influenza straniera. —Ed è all'influenza straniera che vuoisi cedere l’elezione del Capo e gli affari tutti della Chiesa Nazionale Italiana?La rinunzia al temporale, fa che il Papa cessi di dipendere dalle altre potenze, come Capo e per gl'interessi della Chiesa universale?No. e vogliam far centro e capo della nostra Chiesa Nazionale, l’alleato obbligato dei nostri nemici,mettendo a lor disposizione i nostri preti, i nostri pergami, i nostri confessionili, i nostri 17 milioni di analfabeti? Davvero che non val la pena di gettarsi sulle spalle il grave fardello del debito Pontificio, per avere in casa, in tempo di pace l’intervento morale delle figlie primogenite della Chiesa Cattolica, Francia, Austria, Spagna, ad ogni conflitto tra ilpotere Civile ed Ecclesiastico; e nei supremi momenti di una lotta; lo spionaggio dei porporati; la opposizione delle Masse; e la replica di quel che Pio IX rispose al 1849 ai liberali «io non posso benedire le vostre armi, né «pregare pel vostro trionfo, perché Vicario di G. C. padre comune di tutti i fedeli, mi sono ugualmente dolorose le vostre come le perdite dei vostri nemici II!»Se dunque è necessario aver una Chiesa, e questa non può dichiararsi libera senza gravi pericoli interni, non è men necessario che sia separata materialmentedal Papato, che non può se non a discapito di nostra indipendenza accumulare le funzioni di Capo della Chiesa Universale e Capo della Chiesa Provinciale Italiana.

Chi vuol potente e libera l’Italia non può vagheggiare simili combinazioni.

NOTE

(1)Prammatica 14 dicembre 1781.

(2) 15 luglio 1780.

(3)Diploma 13 febbraro 1779.

(4)Rescritto 18 aprile 1757.

(5)Rescritto 30 luglio 1757.

(6)Rescritto 5 settembre 1761.

(7)Rescritto 26 agosto 1769.

(8)Rescritto 22 maggio 1780.

(9)Rescritto 26 febbraro 1784.

(10) 21 ottobre 1778.

(1)Le opere pie delta solaProvincia di Palermo fin’oggi rivelale ammontano all'annua rendila di L. 2. 962. 650, cioè:

Monti L. 126. 159. 22.

Ospedali » 519. 831. 22.

Istituii diversi » 781. 756. 26.

Compagnie e Confraternite » 494. 031. 34.

Reclusorii » 167. 009. 69.

Fidecommesserie » 873. 862. 31.

Si mettano in calcolo le sottraile dalla dipendenza della Deputazione Provinciale: le occultazioni: le rendite non ancora ricuperale, e si avrà, un’idea dell’importanza di una riforma.

(1)Rescritto 26 settembre 1753—7 novembre 1767—9 giugno 1770—13 marzo 1773—21 marzo e 21 maggio 1774.

(2)V. Tit. V. Concordalo 1741. — R. Rescritto 26 agosto 1791 par. I.

(1)Rescritto 3 ottobre 1761.

(2)Rescritto 21 agosto 1762.









Nicola Zitara mi chiese diverse volte di cercare un testo di Samir Amin in cui is parlava di lui - l'ho sempre cercato ma non non sono mai riuscito a trovarlo in rete. Poi un giorno, per caso, mi imbattei in questo documento della https://www.persee.fr/ e mi resi conto che era sicuramente quello che mi era stato chiesto. Peccato, Nicola ne sarebbe stato molto felice. Lo passai ad alcuni amici, ora metto il link permanente sulle pagine del sito eleaml.org - Buona lettura!

Le développement inégal et la question nationale (Samir Amin)










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