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«Il Governo ci regala il vento dell’Africa» dalla illusione garibaldina a Lu Setti-e-menzu (Zenone di Elea - Dic. 2021)

NUOVA ANTOLOGIA

DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI

ANNO SECONDO

VOLUME SESTO

Fascicolo IX. — Settembre 1867

FIRENZE

DIREZIONE DELLA NUOVA ANTOLOGIA

Via San Gle, n° 33

1867

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RASSEGNA POLITICA

Le condizioni della Spagna, dell'Italiia e della Grecia. — Il convegno di Sisburgo e la quistione d'Oriente. — Incertezza dei popoli e degli uomini di Stato in tutta l'Europa,

Chi raccoglie in un concetto solo la situazione di Europa?

La Spagna è tutta scossa, e il vizio che la rode di dentro da tanto tempo, è di nuovo scoppiato di fuori. Non ce n’arrivano che rumori diversi e discordi di vittorie e di sconfitte civili, tra' qui non appare di verotro che questo solo: che né il vecchio basta a quel paese, né nessuno sa che mai sia il nuovo che esso cerca, o soprattutto, che mai sia il nuovo, a cui esso sia in grado di dare stabilità e sdezza. Vi si combattono elementi incapaci d’ordine; e a ciascuna delle forze, che travagliano quella società, si può dire, infelice, quasi non par di vivere, se non esorbita.

L’Itia, che la Spagna guarda dla sua spiaggia oriente, meno turbata nella superficie, non è più serena di sotto. I partiti la lacerano del pari; ma come gente più civile, non fanno sangue; né qui è disciolto, o prossimo a disciogliersi il vincolo more dell’esercito. Un’avidità di posti e una smania di cunnia gli caccia gli uni contro gli tri, e la lotta, per essere meno micidie, non è più lieta. Basta, perché gli animi non posino: e nell'amministrazione, che è tutto il congegno della macchina dello Stato, ognuno viva incerto del posto che terrà domani, o della legge cui dovrà obbedire restandovi. Ogni passo, che l'unificazione dello Stato ha fatto, è stato un colpo l’abitudini e agli interessi d’una parte della cittadinanza: e questo s’intendeva; ma bisognava creare, in sette anni, il fondamento ad abitudini ed interessi nuovi, e non s’è fatto. Colla mutazione de' ministeri, e nell'instabilità delle parti politiche, a nessuno è lecito di disperare di nulla; ogni desiderio ha vicina una meta. E nessun concetto è fermo: l’Itia manca o no della sua capite, e la vuole o no? Gli uomini di Stato non osano più porsi la dimanda; e noi siamo rispetto a Roma, come un carro ferino sopra un pendio ripidissimo. Nell'incertezza del governo, costretto a rispettare esso stesso e a far rispettare trui una convenzione nella que sembra a tuno quasi impossibile che egli debba aver fede non è maraviglia che venga a menomarsi quell’autorità more, che basta da sé sola ad lontanare ogni pensiero o voglia, nel paese, d’iniziativa politica diversa dla sua. Siamo stati più mesi a chiederci, se un cittadino volesse o no di suo capo gittare la patria in un disordine nuovo, e comprometterne la fede pubblica e le leanze. E a questa voglia, il governo dello Stato non s’è trovato in grado di opporre tro che un esercito lungo la frontiera dello Stato, che si temeva dovesse venire asstato; sarebbe dovuto venire, esso che rappresenta l’autorità pubblica d'una società libera, a paragone di forza, con uno contro il que, come contro tutti gli tri, l’imperio della legge dovrebbe bastare. Nè basta. Un’amministrazione che, senza volerne dare colpa a nessuno, s’arruffa peggio ogni giorno, solo perché non si ravvia; un governo in cui le gravi contingenze richiederebbero maggior forza more, devono sciogliere due difficoltà che sono le più grosse, che ad un’amministrazione e a un governo si possano offrire. Deve vendere un quattrocento a sei-centomilioni di sostanza fondiaria, in fretta e furia, e senza soverchio scapito, perché bastino: deve, mentre vive con questi, apparecchiare i modi adatti a pareggiare un bilancio, tra la cui entrata e l’uscita, dopo essiccata quasi ogni fonte di risparmii, e le tasche dei cittadini, corre tuttavia un distacco di 200 a 250 milioni.

Più si va verso Oriente e meno v'ha cagione di riso. La Grecia affoga tra l’impotenza di rimanere ne’ suoi confini e l’impotenza ad uscirne. Non è in pace né in guerra colla sua vicina. Si guardano sui confini; e si combattono in Candia. La speranza o l'aspettazione d’una gara nazione più vasta le tiene per poco sospese, e vi lascia meno avvertire le molte cause d'interna debolezza, che le consumano. Intanto nell’infelice isola si muore di ferro; e le due stirpi che vi si combattono, si rimandano accuse di eccidii e d’incendii, dei qui, probabilmente, nel furore dell’armi si rendono amendue colpevoli. Gli stati dell’occidente d’Europa, per la prima volta, avanti a una guerra di Musulmani contro Cristiani, restano inerti e colle braccia piegate: poiché tutti i tentativi d’intervento diplomatico riescono vani, stante il poco consenso di quelli che gli fanno o sono in grado di farne.

E quello in cui gli Stati cristiani concorrono tutti, nell’aiutare cioè le famiglie greche a fuggire dl’isola, e a porle sicuro sul continente, non può servire se non a prolungare le guerra da una parte, e a surrogare dl'tra a miserie più acute, miserie più lunghe e tanto più dolorose che le prime sono inflitte da' nemici, le seconde parranno inflitte da' compaesani stessi.

di la dei Pirenei e dell’pi e del Pindo, l’Europa è meno ammata, ma non è meglio sicura. Due fatti dominano la sua situazione: e son diventati amendue più spiccati in questo mese; la condizione della Turchia, e il moto di ricostruzione della Germania.

Il sultano, tornato dle liete accoglienze avute in Parigi ed in Londra, par tutto quanto pieno, anzi colmo del desiderio di riformare lo Stato. Ma è facile o possibile scolpire su un legno fradicio? E chi, s’anche non vuol dire a dirittura il contrario, può affermare, che la Turchia de' Musulmani non sia fradicia? Si tratta di convertire in uno stato moderno, con parità di diritti, con rigore di leggi, con sindacato di amministrazione, con supremazia del laicato, uno stato in cui il Principe è capo d’una religione, nella que la maggioranza dei suoi sudditi di Europa non consente, e che ha pure sinora retta ed informata tutta la macchina del governo. Ogni cosa v'è corrotta e le finanze sono in rovina. Si può restaurare queste e risanare il resto?

D’tra parte, queste stirpi diverse, che sono state sinora soggette la turca, e che non vi possono più stare, non hanno sinora mostrato nessun’abilità di reggersi da sé dove sono tuttora libere o quasi, nessuna abilità di combinarsi insieme dove sono tuttora serve. I Principati Danubiani non pare che stieno oggi più lontani da una nuova rivoluzione di quello che fossero negli ultimi tempi del principe Couza. La Grecia ha disperato i migliori suoi amici, e non ha più resti dell’antico nome a consumare. Tutte le speranze di coloro i qui aspettano una resurrezione indigena, posano sulla Serbia. Ed una cospirazione scoperta, secondo s’è letto, nel Montenegro avrebbe voluto unire appunto la Serbia questo Principato, dipendente a vicenda dl’influenza della Russia e dell’Austria, ed abitato da un’audace e robusta gente di montagna. Ma la Serbia è piccola; e non potrebbe, s’anche avesse tutte le virtù, che. nella sua più umile situazione oggi le si attribuiscono, prendere nelle sole sue mani cotanta impresa. 11 suo principe ha osato mostrare Sultano il sentimento ch’egli ha del proprio vore, lontanandosi dlo Stato e schivando d’andare a presentarglisi, quando questi è passato da Belgrado nel ritornare a Costantinopoli. E il Sultano ha la sua volta mostrato di sentire l'offesa, non ricevendo il Ministro del Principe, venuto in vece di questo. Ma in questa disposizione nemica degli animi noi abbiamo ancora un segno d’una gara prossima; e ci manca qui, come trove, l’indizio d’una quunque soluzione probabile.

L’Austria e la Russia sono le due potenze toccate più da vicino da questa misera ed incerta condizione di cose nella Turchia. Ma dl'una l’tra ci corre questo divario, che dove non v’ha sorte di perturbazione nelle provincie ottomane d’Europa,la que la Russia non piaccia, non ve n’ha nessuna, la que possa andare a genio l’Austria. Quest’ultima ha avuto molta parte nello sgombro della fortezza di Belgrado: ma ora. è difficile che nella stessa via proceda più innanzi senza misurare gli effetti. Se Greci ve ne sono, aggruppati, solo sul territorio ottomano, di Serbi ve n’è anche nel territorio austriaco. Ed i Serbi danno la mano la lunga e varia catena degli Slavi, che oggi sono commossi da una febbre nazione, la que gl’inclina tutti verso la Russia; poiché l’Europa ha lasciato poco meno che spegnere i Polacchi, i qui formavano nel gran corpo degli Slavi un nodo di civiltà e potenza diverso d Russo. L’Austria, adunque, si trova in questo bivio o di lasciare ingrossare la Serbia con suo danno, perché acquisti forza di stare da sola, ovvero di vederla, debole, cadere nell’unghie della supremazia moscovita. S’intende che di queste due ternative né l’una né l’tra gli piaccia; e che deve desiderare o che i Turchi riescano a rigenerare l’impero vecchio, e a mantenervi vivo l'antico seme di contrasto contro la Russia, o, s’esso deve perire, di guadagnare per sé le due spiagge del Danubio sino Mar Nero, a fine di dividere i regni, gli stati più o meno piccoli che potessero sorgere di quà, dl’impero russo, che resterebbe di là.

Intanto, la Russia lavora cogli intrighi le popolazioni serbe, greche, banesi, bulgare della Turchia Europea, e finisce di schiacciare con un’estrema violenza la Polonia. Quasi non resta a questa tro vincolo esterno del sentimento nazione, che il culto cattolico: attorno ad esso, come intorno a un simbolo, i patrioti si stringerebbero con tanto ardore, con quanto sogliono abbonirne tra noi. E la Russia anche questo vincolo s’apparecchia a spezzare; e poiché il focolare della vita cattolica è Roma, stacca la Polonia da Roma. E nessuno apre bocca nella parte radice in Europa! Tanto l’odio contro Roma è più intenso che l'amore di quunque tra idea. Se non che quest'intensità stessa prova, quanto il sentimento che n’è capace, sia più intimo; e quindi meno facile a svellere d’ogni tro.

In questa politica, frammettente rispetto la Turchia, feroce contro la Polonia. solleticrice rispetto agli tri slavi, la Russia non ha favorevole o assenziente se non sola la Prussia.

A questa basta che le siano lasciate le mani libere nella Germania, dove la cosa più certa tra tutte, è che le cose non vi possono rimanere come sono, e che la potenza che è più in grado di farle essere come vuole, è la Prussia.

Tra pochi giorni cominciano reiezioni doppio Parlamento germanico; a quello politico del Settentrione, e a quello dogane degli Stati disopra e disotto del Meno. Ma molto evidentemente la parte libere degli Stati del mezzogiorno, tende a trasformare anche il dogane in politico. Questo è il significato de' ritrovi, che hanno tenuto i suoi capi e delle risoluzioni che vi hanno prese. Ora, questa trasformazione viola patentemente il trattato di Praga; e fornisce l'Imperatore di Francia e a quello di Austria occasione legittima di opporsi ed interesse di farlo. La Germania, tutta unificata militarmente e politicamente lungo la lor frontiera oriente, è una fantasima la que l’immaginazione dei Francesi non s’abitua anche; è una reità, del resto, che rimette la Francia in una condizione simile a quella in cui era nei tempi delle guerre di Francesco I e di Carlo V. L'Austria, da parte sua, sarebbe disperata di sciogliere il problema, che tanto l’affatica, se, costituito in uno Stato solo tutto il rimanente della Germania, questa esercitasse una troppo grande attrattiva su quei sei o sette milioni di tedeschi che le rimangono, e senza i qui perde ogni speranza di mantenere l’equilibrio tra le due stirpi slave e magiare, e di montare il macchinismo difficile del suo Stato.

L’Austria e la Francia, hanno, quindi, interesse che la Prussia vada meno a rilento, ed aspetti che le sue vicine raccolgano elementi di forza interna ed estera, per rimanere tutte nelle proporzioni attui. Questa conformità d’interessi avvicina anche le due potenze nella quistione della Turchia, dove la politica russa nuoce e dispiace la Francia non meno che l’Austria, quantunque sotto rispetto diverso. È stato, quindi, nature il vedere l’imperatore d’Austria e di Francia risolversi a dar segno manifesto di questa comunità di criterii, che ora, su tanti punti, dirige la politica dei due Stati. 11 convegno di Sisburgo, que davano occasione il comune lutto della morte di Massimiliano, e la comune necessità di porre ordine ad cuni, meno, degli effetti della sua morte triste, il convegno, diciamo, di Sisburgo è stato cotesto segno estrinseco.

Esso è servito d’indizio, non solo agli tri Stati d'Europa, ma a' popoli stessi dei due imperi. Questi hanno visto, che né la Prussia né l’Austria è sola; e hanno potuto credere, che l’Europa comincia a rilevarsi dla confusione nella que l'ha gittata la guerra del-l’anno scorso. Perciò, i due principi che convenivano insieme con tanta cordiità e festa, non solo non hanno causato di dare la visita un colore politico, ma sono stati gelosi, parrebbe, di rendervelo chiaro e spiccato. Le voci che ne sono uscite fuori, i ministri che v’hanno assistito, erano tutti indizii intesi a ciò. E il primo effetto naturmente è stato una maggiore trepidazione negli animi. Due grossi mastini, se ci si permetta il paragone volgare, che si mostrano d’accordo a mordere insieme, non possono fare a meno di eccitare un brivido nelle coppie vicine. Ma se questo è il primo effetto, il secondo sarà, come suole, che poiché si vede un quche principio di resistenza da una parte, si sarà più restii a darle dentro di capo dl’tra. E quanto più le forze appaiono pari, tanto meno è la voglia di vederle paragonarsi insieme.

Noi non crediamo, quindi, che l’accordo tra la Francia e l’Austria debba essere prossima occasione di guerra. Noi crederemmo piuttosto il contrario; giacché se si può dubitare se la pace sia negl'interessi dell'imperatore di Francia, è certo in quella dell'imperatore d’Austria. Potrebbe solo la Prussia avere voglie e desiderii contrarii. E certo, essa ha ora un esercito giovine, gonfio della vittoria, fiducioso dei suoi capi; ed è in quell’eccellente condizione nella que si trova uno Stato che ha preso l'aire e va innanzi Pure, colla guerra, risica anch'essa una parte di quello che ha guadagnato: e se può esser sicura che in fine il sentimento nazione vincerà in Germania ogni tro, non è sicura che i molli semi di mumore, che covano contro la supremazia prussiana, esercitata così duramente, non trovino per ora modo di rifarsi vivi, aiutati dle molte diversità di sentimento religioso e socie tra la Germania del mezzogiorno e quella del settentrione.

Il difetto o la debolezza della situazione della Francia e dell’Austria, è questo, quantunque esse siano ora due potenze, in genere, più liberi che non la Prussia e la Russia, la lor politica, nei rispetti esterni, meno novatrice. Tenere su i Turchi, o aspettare che come le nevi di primavera non si dileguano sui monti prima che i fiori sieno nati sotto esse, così i Turchi non iscompajano prima che sia nato qucosa che gli surroghi; trattenere la Germania in sul pendìo sul que è posta, son cose piene di difficoltà in un tempo, in cui il nuovo piace solo perché è nuovo: e le fantasie si slanciano con ardore verso un avvenire, che non le lascia posare, poiché ogni presente è lontano da esso.

E l’Austria e la Francia si trovano anche internamente in quella situazione così lubrica, che nasce dlo sviluppo dell’opinioni liberi nell'interno degli Stati e dla diminuzione nei governi della forza sufficiente non a comprimerle, ma a dirigerle. L’Austria è messa sopra una via molto schietta e netta: ed è impossibile mostrare più ingegno di quello che il Beust ha fatto nell'architettare congegni così delicati, come son quelli che richiede l'accordo in uno stato solo, di tre stirpi diverse, desiderose tutte e tre di governo autonomo. Pure il Beust pare di riuscirvi. Sinora le deputazioni della Dieta d’Ungheria e del Parlamento di Vienna non sono accordate rispetto la quota d’imposta che spetta le due divisioni d’impero, ma paiono avviate bene; e il Beust s’ingegna di trovare quche modo dìsodisfazione per i Czechi di Boemia, i più restii tra gli Slavi austriaci.

Forse, la condizione interna della Francia, sotto un rispetto meno, non è chiara e spiccata del pari. È evidente che gl'istinti liberi vi tornano a gla; è chiaro che l’opposizione nei giorni non ha mai zato la voce stridula come ora, d 52 in qua; sdegna quasi d'essere abile per covrirsi. E l’imperatore a cui è riuscita così me l’impresa del Messico, ed in Germania è venuto ogni cosa a rovescio, e di Roma non si sa strigare, e mostra nell'Itia una nazione creata, in buona parte, colle sue mani e della que è così poco sicuro, l'imperatore, diciamo, non può non avere smarrita una parte di quel credito che era tanta sua forza, e a cui ha corrisposto per più anni uqa quasi assoluta supremazia in Europa.

Così, ogni speranza ed ogni timore si bilica; ed il gruppo delle aspettazioni è siffatto, che solo l’evidenza dei fatti potrà bastare a scioglierlo. Ad una politica, che guarentisce la pace, che senza impedire i moti necessarii e le mutazioni territorii indispensabili. gli preparasse, ad una politica cosiffatta conferirebbe molto, che l’Inghilterra si facesse più viva, che non è stata negli anni scorsi. Nelle mani dei conservatori cotesto è più possibile che in (pelle dei liberi: i qui avevano finito col tenere rispetto l'estero una condotta così inframmettente come paurosa. Ed ora si può credere che il potere debba rimanere le mani dei conservatori, così per via della legge di riforma, che hanno vinta, come perché la discussione di essa e gli affari succeduti nell'intervlo hanno chiarito, ch'essi hanno ora uomini di maggior vaglia che non i liberi, quanto ad abilità di governo e di maneggio parlamentare.

Lord Stanley. che dirige gli Esteri, è uno dei cervelli più sodi, più colti, più vasti, che oggi reggano un ministero in Europa, e meglio in accordo coll’opinione del paese, dove è ministro. «I suoi negoziati colla Spagna perché fosse data sodisfazione l’onore e a' diritti della bandiera inglese, sono un trionfo del genere di quelli, che gl'Inglesi più apprezzano; egli ha differita una guerra europea accordando una guarentigia, che si può giudicare diversamente, ma ch'è stata ad ogni modo dParlamento approvata; e nell’affare dell’Abissinia, dove un re feroce e matto sforza l'Inghilterra ad adoperare le armi per svare la vita ad cuni suoi concittadini, egli fa prova d’una forza cma, quantunque lenta, d’una risoluzione a rischiar pure uomini e spender denaro, se l’una cosa o l’tra sia necessaria a mantenere l'Inghilterra il suo posto, la que è affatto in accordo col sentimento inglese. Cosicché è nata un’opinione, non anche guarentita dai fatti, ma latto in accordo con essi, che nel governo della diplomazia estera Lord Stanley ha ritrovata la vera missione sua; ch’egli è quello che gl'Inglesi vogliono che sia un ministro degli Esteri — un uomo insieme vigoroso e sicuro, non sgomento di responsabilità e di spesa, ma leggiermente sprezzante d’ogni gloria, ostile la politica dell’isolamento, ma determinato a non intervenire se non con effetto. Sino a che non fu inteso che le conclusioni della Conferenza per il Lussemburgo dovessero essere obbligatorie per le parti, lord Stanlev non acconsentì a conferenze di sorta. Ora, il ministro degli Esteri, che il popolo predilige, terrà sempre in Inghilterra un tissimo posto; ed a questo lord Stanley è oramai sito. » Così scrive un giorne tutt'tro che annuo a' conservatori.

Ora, Lord Stanley appartiene ad un partito che, per lungo ed antico pregiudizio, è amico dell’Austria, né vede assai di buon grado la Germania unita troppo sollecitamente; ed è unito col Disraeli che degli uomini di stato inglesi è il più amico a Napoleone. A questo s'aggiugne, che l'interesse dell’Inghilterra è identico con quello dell'Austria nella quistione ottomana. È pero lecito di credere, che il governo inglese debba, nei prossimi mesi, inclinare a procedere d’accordo colla Francia e coll’Austria. Il che se l'osso, non potremmo mancare di vedere la Prussia meno tenace contro la Danimarca, e più prudente e cauta in Germania. Ma quegli i qui volessero vedere indizio di questa inclinazione nel viaggio annunziato della regina Vittoria a Parigi, frantendono la parte ell'essa tiene nella costituzione inglese; e le addicono un ufficio che in effetti non vi appartiene principe.

Noi abbiamo voluto piuttosto descrivere nella sua reità tutta la complicazione, cosi internamente discorde, della situazione di Europa, che non cercare o indovinare i modi nei qui se ne possa e se ne deliba uscire. L’Europa è stata tre volle arruffa come ora: ma non ha mai sentilo, quanto ora, il peso di cotesto arruffio nel que si trova, non ne ha mai avuta tanta consapevolezza. Perciò, quest'incertezza penetra lutti gli animi, e cca e preme e soffoca, più o meno, i moti economici delle nazioni; e ci rivela in questo fatto evidentissimo, che non mai i mercati hanno più abbondato di denaro che ora; e non mai, per dispetto di coloro a' qui bisognerebbe, quelli che l'hanno sono stati trettanti restii a darne fuori e ad arrisicarlo.

Dum res ambigua, dum spes incerta futuri,

l’Itia, la cui situazione interna è così poco lieta, avrebbe in questa situazione estera un modo di acquistar credilo, peso e vore. Essa può essere un utile ed efficace istrumento di pace; può metter tutta quanta l’influenza sua ad agevolare le difficoltà dell’ora presente, per dissipare quelle dell’avvenire. Certo, uno Stato, con un disavanzo così grosso, con così piccolo avviamento a porvi riparo, cosi sospeso l’interno tra due politiche opposte, non si trova in grado d’esercitare tutta quell’azione, che trimenti gli spetterebbe. Ma il posto suo stesso, gli dò assai importanza, come quella, che amica o nemica, permette od impedisce un grande aggruppamento di forze in tre parti le potenze colle qui confina. Noi crediamo tuttavia che la guerra non debba scoppiare in Europa; ma crediamo tresì, e assai più fermamente, che se v’è modo di causarla, se v’è modo, in ispecie, di persuadere la gente, che non ci debba essere, è Uno solo; procurare che facciano fascio insieme e si temperino a vicenda tutte le forze materii e mori, le qui preme il mantenere la pace.

Firenze, 31 Agosto 1867.

B.










Nicola Zitara mi chiese diverse volte di cercare un testo di Samir Amin in cui is parlava di lui - l'ho sempre cercato ma non non sono mai riuscito a trovarlo in rete. Poi un giorno, per caso, mi imbattei in questo documento della https://www.persee.fr/ e mi resi conto che era sicuramente quello che mi era stato chiesto. Peccato, Nicola ne sarebbe stato molto felice. Lo passai ad alcuni amici, ora metto il link permanente sulle pagine del sito eleaml.org - Buona lettura!

Le développement inégal et la question nationale (Samir Amin)










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