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Relazione della Commissione d'inchiesta parlamentare

sulla società delle ferrovie meridionali

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2 TORNATA DEL 15 LUGLIO 1864

PRESIDENZA DEL COMMENDATORE CASSINIS, PRESIDENTE


SOMMARIO. Atti diversi. — Presentazione di disegni di legge e vendita e permuta col comune di lesi di beni demaniali; approvazione di un contratto col signor Fabre per la cessione di uno stabilimento; convenzione coi signori Gonella e Scaravaglio per un passaggio pubblico. — Relazione sui disegni di legge: acquisto della, stazione delle ferrovie livornesi a Firenze; spese per l'impianto degli uffizi per le nuove leggi d'imposta. = Votazione a squittinio segreto, ed approvazione di dodici progetti di legge già adottati per articoli — Dichiarazione di astensione dal voto del deputato Crispi e di sette altri deputati circa la legge per una pensione ai Mille di Marsala — Osservazioni in merito del deputato Avezzana. Relazione della Commissione d'inchiesta parlamentare sulla società delle ferrovie meridionali, letta dal deputato Piroli — Riserva del deputato Bastogi per la risposta — Deliberazione di pronta stampa.    

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La seduta è aperta alle ore 2 pomeridiane.

massari, segretario, legge il processo verbale della precedente tornata, ed espone il seguente sunto di petizioni ():

[... ]


RELAZIONE DELLA COMMISSIONE D'INCHIESTA

SULLA SOCIETÀ DELLE FERROVIE MERIDIONALI


PRESIDENTEL’ordine del giorno reca la lettura della relazione dell’inchiesta parlamentare sopra fatti relativi alla concessione delle ferrovie meridionali. (Movimenti generali. )

Il signor relatore della Commissione ha la parola.

PIROLI, relatore. (Vivi segni di attenzione)

Signori! — Nella tornata del 21 maggio, discutendosi il bilancio del Ministero dei lavori pubblici, il deputato Mordini, dopo avere segnalati i grandi vantaggi politici ed economici derivanti dalle grandi costruzioni intraprese dallo Stato, continuava:

«Però sta nella natura delle cose che accanto al bene si manifesti sempre il male...

«Questa smania di pubbliche costruzioni, questa necessità di gigantesche intraprese ha suscitata una febbre di guadagni smodati, e fortificato sempre più il culto della speculazione.

«L’Italia, come altri paesi, è stata invasa essa pure da questa peste.

«Urge il provvedere. Se non giungiamo a compiere,

«e presto, l’arginatura, avremo lo straripamento della corruzione.

«E notate, o signori, che, se la corruzione cresce e si dilata per dieci, l’immaginazione popolare, la quale dapprima sta incredula e sorpresa, e poi si mostra anche troppo credula ed atterrita, la esagera sino a cinquanta; i nomi più illibati sono fatti segno al sospetto e non resta riputazione intatta.

«Non mancano esempi per giustificare i miei detti, ma, restringendomi, non è egli notorio, o signori, come, a riguardo delle ferrovie meridionali, da qualche tempo voci sinistre, insistenti e ripetute si siano divulgate per la stampa? È cosa di cui dobbiamo occuparci.

«La Camera non deve un sol momento tollerare che voci, le quali colpiscono persino taluni dei nostri colleghi, circolino senza fondamento; la Camera non deve tollerare per un sol momento che duri il dubbio e la oscurità; la Camera deve procedere risolutamente con un atto di solenne moralità; la Camera deve volere che la luce si faccia, e che si faccia al più presto.

«Signori, egli è per tali motivi brevemente detti, ma che verranno da tutti compresi, perché queste cose sono da tutti più presto sentite che dette e dimostrate, egli è per tali motivi che alcuni miei amici ed io abbiamo l’onore di proporvi la seguente deliberazione:

«La Camera, considerando che la pubblica opinione è gravemente preoccupata da fatti relativi alla Società delle ferrovie meridionali, i quali fatti si vorrebbero imputabili a qualche individuo rivestito della qualità di deputato, delibera che si proceda ad una inchiesta parlamentare, La quale metta in luce se e sino a qual punto sia stata rispettata in quelli la dignità della rappresentanza nazionale, e proponga i mezzi atti, ove sia d’uopo, a dare soddisfazione alle esigenze della pubblica moralità.»

La Camera stimò che, attesa la gravità della mozione, si dovesse deliberare immediatamente, e la proposta del deputato Mordini fu adottata alla quasi unanimità.

La Commissione d’inchiesta, nominata seduta stante dall’onorevole nostro Presidente, diede opera immediata a compiere il malagevole ed ingrato incarico.

E innanzi tutto fu chiamata a risolvere una difficoltà nascente dai termini stessi della deliberazione della Camera che, nella sua generalità e nell’assenza di qualunque discussione sul merito della mozione del deputato Mordini, rimetteva alla Commissione il disegnare e stabilire la cerchia entro la quale dovevano muoversi le sue investigazioni.

Ora, le voci sinistre, insistenti, ripetute, divulgate dalla stampa non riguardavano soltanto fatti personali al deputato Bastogi e al deputato Susani, ma si allargavano a più generali accuse contro altri deputati, e, nella loro indeterminatezza, acquistavano per avventura un carattere di maggiore gravità.

In presenza pertanto di queste emergenze, la Commissione vostra sentì che la sua via era indeclinabilmente segnata.

Risalire alle origini, alle cause delle oblique voci e delle accuse che accompagnarono la prima costituzione della Società italiana delle ferrovie meridionali, e si rinnovarono ultimamente più acerbe per fatti denunciati in pubblici giudizi; appurare, per quanto lo consentivano i suoi mezzi, i fatti e le circostanze tutte che aver potessero qualche attinenza collo scopo dell’inchiesta; non dissimulare a sè stessa alcuna delle accuse e di tutte ricercare le ragioni e il fondamento; esporre alla Camera con piena imparzialità i risultamenti dell’inchiesta e l’apprezzamento che dei medesimi nella sua coscienza la Commissione ne ha fatto; avvisare quali mezzi parrebbero più idonei a provvedere nell’avvenire a che neppure il più lontano dubbio possa sorgere ad offendere la rappresentanza nazionale, che tutti, senza distinzione di partiti, abbiamo stretto dovere e incontestabile diritto sia intangibile nei rispetti dell’onestà e della moralità, tale, o signori, fu il compito che le parve assegnato dalla vostra deliberazione e del quale veniamo ora a darvi relazione.

Quando il Talabot rinunziò alla convenzione sancita colla legge 21 luglio 1861, l’onorevole Peruzzi, allora ministro dei lavori pubblici, tentò di conseguire che altri capitalisti subentrassero senza ritardo in quell’impresa onde fosse continuata, nel modo più conveniente agl’interessi dello Stato, la esecuzione dei lavori.

A tale scopo furono fatte pratiche presso alcuni capitalisti italiani, ma non ebbero alcun successo; e a questo medesimo scopo l’ingegnere deputato Grattoni fu inviato dal ministro Peruzzi a Parigi, e le diligenze ivi adoperate parvero promettere una qualche probabilità di successo.

Da Parigi l’ingegnere Grattoni si trasferì a Napoli dove allora era il ministro dei lavori pubblici, e per incarico del medesimo studiò sui luoghi la rete ferroviaria, e si formò un criterio del probabile costo della costruzione, per norma alle trattative.

Tornato il Grattoni a Torino, dove convennero pure i capitalisti francesi con cui erano state iniziate le trattative in Parigi, non fu possibile concludere alcun accordo.

Allora venne provveduto che i lavori di costruzione si proseguissero intanto a spese dello Stato, a senso dell’articolo 2 della legge 21 luglio 1861 precitata.

Succeduto al Peruzzi nel Ministero dei lavori pubblici l’onorevole Depretis, questi non ommise alla sua volta di fare appello a capitalisti italiani e di eccitarli ad assumere quella grande impresa, ma inutilmente. Vennero quindi aperte le trattative colla casa Rothschild, che condussero alla convenzione soscritta nel dì 15 giugno 1862, e presentata al Parlamento nel giorno seguente.

La proposta ministeriale incontrò negli uffizi forte opposizione. Essa fu giudicata onerosissima allo Stato e il mandato che ebbero i commissari fu, in generale, di studiare se si potessero ottenere offerte o condizioni migliori. I commissari eletti furono i deputati Nisco, Bonghi, Trezzi, De Luca, Leardi, Susani, Tonelli, Guerrieri e Grattoni. Nel giornale ufficiale del 1° luglio fu annunziata la nomina della Commissione, la quale elesse a suo presidente il deputato Trezzi ed a segretario il deputato Susani.

Mentre la Commissione era occupata a sdebitarsi del suo mandato, il deputato Bastogi si determinò a mettersi a capo di una Società italiana e di domandare la concessione della costruzione ed esercizio delle ferrovie meridionali.

Importa riferire, secondo i risultamenti ottenuti nell’inchiesta, come nascesse questo progetto, quali furono le operazioni che precedettero la presentazione al Parlamento della proposta BASTOGI.

Dalle stesse dichiarazioni fatte dal deputato Susani davanti alla Commissione d’inchiesta, risulta che anche l’opinione sua personale era apertamente avversa al progetto ministeriale, ed anzi durante le trattative tra il Governo ed il Rothschild il deputato Susani, al quale pareva che l’accordare ad una società francese che già possedeva la rete della ferrovia dell’Italia centrale, ed alla quale si voleva pur cedere la ferrovia da Voghera a Piacenza, fosse e politicamente ed economicamente gravissimo errore, si era recato a Parigi a conferire con uno dei più rinomati ingegneri, ed aveva scritto ad autorevole personaggio a Londra allo scopo di trovar mezzo che altri venisse In concorrenza al Rothschild e la concessione non cadesse nelle mani di questo.

Pertanto, mentre durava il lavoro della Commissione, di cui il Susani, come si è visto, era segretario, questi si rivolse al deputato Bastogi, e deplorando che non ci fossero capitalisti italiani i quali si mettessero in concorrenza al Rothschild, gli suggerì il pensiero di farsi capo di una società italiana e di domandare la concessione delle ferrovie meridionali.

Il Susani fu il primo a parlare di questo progetto al deputato Bastogi, ma non fu il solo, e il deputato Bastogi ha più volte e con diverse persone dichiarato che molti amici e deputati lo eccitavano ed animavano allo stesso fine.

Prima di determinarsi a cedere a queste sollecitazioni il deputato Bastogi, molto esitante, si indirizzò particolarmente al deputato Grattoni onde gli desse lumi e consiglio, ed il deputato Grattoni, anche per le notizie personalmente raccolte sui luoghi nella circostanza sovra ricordata, lo potè confortare all’impresa, assicurandolo che si trattava di affare buono, e pure in progresso lo giovò, e in più circostanze, dell’autorevole suo consiglio ed aiuto.

Fermato dal Bastogi il partito di mettersi a capo di una società italiana e di domandare la concessione delle ferrovie meridionali, procacciò di assiemarsi tante sottoscrizioni quante bastassero a coprire il capitale sociale, e a dar sicurtà al Parlamento della solidità della sua proposta e nel medesimo tempo provvide a garantirsi nei rispetti dell’interesse suo personale onde l’impresa a cui si accingeva non tornasse a rovina del patrimonio suo.

Come furono raccolte le sottoscrizioni? Quali furono le cautele che nel proprio interesse il conte Bastogi volle assicurarsi?

Secondo le testimonianze di diverse persone udite dalla Commissione vostra, o signori, il Bastogi, col mezzo dei suoi agenti, avrebbe diramata e fatta sottoscrivere, tra il 23 e il 25 luglio, una formola di obbligazione redatta in questi termini:

«Luglio 1862. — Signori, nel caso che vi decidiate a fare al Governo italiano la sottomissione per ottenere la concessione delle strade ferrate dell’Italia meridionale, con concessione eventuale delle linee da Voghera a Pavia e da Pavia a Brescia per Cremona in Lombardia, per quindi farne cessione ad una Società anonima da costituirsi col capitale di cento milioni di lire italiane in azioni, colla facoltà di emettere obbligazioni per il doppio del capitale sociale, ci obblighiamo a prendere parte per la somma di...

«In conseguenza ci assegnerete fin d’ora alla pari N°... azioni da lire 500 valore nominale.

«Approviamo fino d’adesso tutte le condizioni che vorrete stabilire nella convenzione che conchiuderete col Governo italiano.

«Con distinta stima e considerazione.

«Signor conte Pietro Bastogi — Livorno.»

Dopo alcuni giorni il conte Bastogi, sempre a mezzo dei suoi agenti, avrebbe fatta presentare e sottoscrivere agli azionisti una modula di obbligazione perfettamente uguale alla prima e litografata, dichiarandosi agli azionisti che dovendo essere presentate le lettere al Parlamento, come poi furono, era conveniente avessero tutte eguale forma, e nel medesimo tempo gli agenti del Bastogi avrebbero fatta firmare agli azionisti altra obbligazione del tenore che segue:

«Luglio 1862 — Signor conte Pietro Bastogi!

«Nel caso che vi decidiate a fare al Governo italiano la sottomissione per ottenere la concessione delle strade ferrate dell’Italia meridionale con concessione eventuale delle linee da Voghera a Pavia e da Pavia a Brescia per Cremona nella Lombardia, per quindi farne cessione ad una Società anonima da costituirsi col capitale di cento milioni di lire italiane in azioni con facoltà di emettere obbligazioni per il doppio del capitale sociale, ci obblighiamo a prendervi parte per la somma di lire...

«In conseguenza ci assegnerete fin d’ora N0.... azioni da 500 lire ciascuna valore nominale.

«Approviamo fin d’ora tutte le condizioni che vorrete stabilire nella convenzione che concluderete col Governo italiano, purché vi assumiate a vostro conto l’appalto generale dell’esecuzione dei lavori delle strade meridionali per la somma di lire 210,000 per chilometro, restando a carico della Società il capitale mobile e le eventualità segnate sotto A B nell’annesso prospetto dal quale risulta la rendita presuli mibile di 10 ½ per cento all’anno sul capitale sociale.

«In fine ci obblighiamo a fare sulle azioni il primo versamento di lire 150 per azione, il giorno che ci indicherete con un preavviso di dieci giorni almeno, a contare dall’approvazione della legge che convaliderà la concessione.

«S’intende che se vi decidete a fare la sottomissione di cui sopra, avrete la compiacenza d’informar cene entro il 15 del prossimo mese di agosto.

«All’oggetto che voi possiate presentare al Governo insieme alla vostra proposta la nostra obbligazione di partecipare alla predetta Società anonima, vi rilasciamo un duplicato della prima parte della presente fino alle parole: che concluderete col Governo italiano.

«Costituita la Società vi sarà facoltativo di sostituire in vostro luogo e vece gli altri assuntori dell’appalto generale della esecuzione dei lavori delle strade meridionali al prezzo e condizioni di cui sopra, purché presentino le opportune garanzie a giudizio del Consiglio d’amministrazione della Società.

«Vi salutiamo distintamente. »

Alcuni fra gli azionisti che avevano firmato la prima formola, non vollero sottoscrivere la seconda che cambiava le condizioni sotto le quali avevano consentito ad acquistare azioni, e li privava dei profitti della costruzione; tra questi sono i signori Fenzi e Levi di Firenze e Weill-Schott di Milano; pochi altri azionisti che sottoscrissero le due formole, sostennero poi di essere stati tratti in inganno, di avere firmata la seconda modula senza leggerla, in buona fede e sulla assicurazione data loro da quegli agenti che non contenesse altra cosa quanto alla sostanza, e non recasse che calcoli e conteggi dimostranti gli utili sperati dalle azioni. Ma è pure indubitato che la grande maggioranza degli; azionisti, o fosse in tempi diversi, o fosse contemporaneamente, soscrisse le due formole e ne accettò le conseguenze.

Il conte Bastogi nega recisamente che siano state diramate due formole e in tempi diversi, afferma che amendue furono fatte sottoscrivere nel medesimo tempo, i che gli agenti di esso Bastogi conoscevano e fecero note agli azionisti le condizioni soggiunte nella seconda formola, e che del resto bastava fosse letta, come lo fu, perché i sottoscrittori non potessero non intenderne il senso e la portata.

Sul fondamento della allegata esistenza di due moduli di soscrizione diramate in tempi diversi e in ordine ai diritti che i soscrittori delle prime modulo pretenderebbero avere acquisiti anche ai benefizi della costruzione, sorgevano poi diverse liti che pur tuttavia pendono.

Di una di quelle ci converrà parlare in seguito perché ha stretta relazione coll’inchiesta, non delle altre: la Commissione eccederebbe il suo mandato se si occupasse del merito di questioni meramente private, e di esclusiva competenza dei tribunali.

Per quanto concerne alle cautele che il Bastogi stesso ammette in massima di avere prese onde preservarsi dai pericoli ai quali poteva trovarsi esposto in un’impresa di tanta mole, specialmente sino al giorno in cui venisse costituita la Società, risulterebbe dal complesso delle testimonianze raccolte dalla Commissione che — prima di diramare le due formole di soscrizione, o, se meglio piace, la formola di soscrizione, e lo stralcio di questa formola che doveva presentarsi al Parlamento — il deputato Bastogi venisse a trattative con alcuni dei principali capitalisti che si associavano alla sua impresa e cedesse ai medesimi la costruzione: i cessionari si sarebbero ripartiti in tre gruppi, cioè, il Credito mobiliare, i signori Brassey e compagnia, e diversi capitalisti lombardi. Le trattative che da prima sarebbero state condotte sulla base che il Bastogi avrebbe, rispetto agli azionisti, assunto la costruzione per lire 200,000 al chilometro, e ne avrebbe consentito il subaccollo in ragione di lire 188,000 al chilometro, si sarebbero poi fermate e conchiuse in questi termini: il Bastogi avrebbe riservata a sè la costruzione per lire 210,000 al chilometro in rispetto agli azionisti, e ne avrebbe fatto cessione ai tre gruppi di accollatari in ragione di lire 198,000 al chilometro. I quattordici milioni circa di utili risultati da questa combinazione a vantaggio del Bastogi si sarebbero ripartiti per modo che una metà restasse al Bastogi, e l’altra metà, suddivisa per quinti, sarebbe stata assegnata in parte ai tre gruppi di costruttori ed in parte riservata ad altre persone, tra le quali un testimonio annovera il deputato Susani e il deputato Grattoni. Ma rispetto a quest’ultimo lo stesso testimonio aggiunge esser voce che il Grattoni non accettasse poi l’offerta che gliene sarebbe stata fatta. Ciascuno dei tre gruppi avrebbe inoltre assunto l’obbligo di acquistare un dato numero di azioni, ed avrebbe riservato il diritto dì poter designare persone di propria confidenza a far parte del Consiglio d’amministrazione della Società. E, coerentemente a questa riserva, al gruppo lombardo sarebbe stato accordato il diritto di proporne quattro, che sarebbero poi stati designati ed effettivamente eletti a far parte dell’amministrazione nelle persone dei deputati Trezzi ed Allievi, e dei signori Bellinzaghi e Brambilla.

Questi accordi precedevano indubbiamente la presentazione della proposta Bastogi, ma la Commissione si affretta a dichiarare che per testimonianza di chi narrava questi fatti, veniva pur fatta fede di una circostanza, sulla quale ci accadrà di tornare di nuovo, e che mostrerebbe che i deputati Trezzi ed Allievi sarebbero stati estranei e inscienti di queste trattative e di questi accordi per quanto personalmente li riguarda.

E del paro dobbiamo constatare che sempre a giudizio di quelle medesime persone che hanno attestato alla Commissione le condizioni e i patti sotto i quali vennero stipulati gli accordi dei subappalti deve ammettersi:

1° Che la riserva degli utili stipulati dal Bastogi si considerò come il premio dovuto al concessionario, e un corrispettivo dei rischi ai quali era esposto: né mancano testimoni che avuto riguardo, se non ai pericoli, all’entità dell’impresa, hanno giudicato che questo premio era moderato.

2° Che la indicazione del prezzo pel quale, a fronte degli azionisti, si assumeva dal Bastogi la costruzione contribuì ad agevolare la formazione della Società, ed anzi più d’un testimonio ha dichiarato che senza questa condizione sarebbe stato assai difficile raccogliere i capitali.

3° Che la formazione dei gruppi di accollatari dei lavori contribuì ad assicurare la loro esecuzione in tempo utile.

Importa riferire qui le dichiarazioni che in ordine a questi risultamenti hanno fatte davanti alla Commissione d’inchiesta i deputati Bastogi, Susani e Grattoni.

Il deputato Bastogi non ha negato in massima di avere stabilito con diversi gruppi il patto dei subappalti, ma dichiarò che quegli accordi non vennero stipulati in formale contratto che dopo ottenuta la concessione, e in prova narrò un fatto che è pure confermato da un testimonio, cioè che con taluno ha dovuto fare in seguito qualche sacrifizio non ostante le precorse intelligenze. Negò recisamente che gli utili siano stati ripartiti nel modo dianzi riferito, affermò che quegli utili erano affatto eventuali, e se così non fosse stato non li avrebbe gratuitamente abbandonati. Aggiunse che, possessore di molte azioni, e temendo pur sempre di gravi danni, ha procacciato di chiamare terze persone a parte dei rischi a cui si vedeva esposto col cedere ai medesimi una parte degli utili, ma non ha creduto di poter indicare alla Commissione d’inchiesta i nomi di queste persone senza il loro consentimento; ha per altro protestato che tra queste persone non vi ha alcun deputato. Il deputato Bastogi dichiarava per altro di essere pronto a dare sotto il suggello del segreto ad uno dei commissari che fosse designato dalla Commissione maggiori schiarimenti. Ma la Commissione, per motivi troppo evidenti di collettiva responsabilità, non potè accettare questa proposta. Il deputato Bastogi ammise la possibilità che il Susani, il quale fu il primo a parlargli di questo progetto ed a persuaderlo della convenienza e bontà dell’impresa, abbia avuta parte nel concertare le condizioni dei subaccolli, ma affermò di nulla aver dato al Susani sotto verun titolo, salvo l’ingerenza che il deputato Susani avrebbe avuta nel procurargli un banchiere che, accettando una parte degli utili, assunse in proporzione di sottostare ai rischi.

Il deputato Susani, qual si disse, ha ammesso di avere per primo tenuta parola al Bastogi onde volesse mettersi a capo di una società di capitalisti italiani per la concessione delle ferrovie meridionali; ha ammesso che rinnovò le sue sollecitazioni dopo che la Casa Rothschild dichiarò di non accettare le modificazioni proposte dalla Commissione; ha dichiarato che il Bastogi era in grande apprensione pei rischi a cui si credeva esposto, rischi che nell’opinione del Susani stesso erano dal Bastogi per lo meno esagerati, e ha ammesso che col mezzo suo seguì la cessione al Weiss-Norsa di una parte degli utili del Bastogi e dei rischi corrispondenti e di cui più oltre ha affermato di non aver avuta alcuna parte nella stipulazione dei subappalti della costruzione, soltanto ha ammesso di avere potuto fare dei conti e nulla più, negò qualunque ingerenza nell’amministrazione delle ferrovie meridionali prima della sua nomina a segretario generale dell’amministrazione.

Delle relazioni del deputato Susani col Weill-Schott e dello sconto degli utili trasferiti al Weiss-Norsa sarà discorso più avanti.

Il deputato Grattami ha narrato, senza reticenze o riserve, che il deputato Bastogi, il quale era molto esitante a mettersi in un’impresa dalla quale temeva non poterne escire senza gravi pericoli, si indirizzò a lui per consiglio; ha dichiarato di aver contribuito col consiglio e coll’assistenza sua a determinare il Bastogi a presentare la sua proposta o di averlo assistito in seguito in varie occorrenze; ha detto che, trascorsi due mesi circa dopo approvata la concessione, il Bastogi gli tenne questo discorso: io ho concluso un buon affare; voi mi avete dato dei consigli e degli aiuti, ed è mia intenzione darvi un compenso. » Ma soggiunse che non lasciò che il Bastogi terminasse, e gli dichiaro apertamente che, avendo avuto parte nella Commissione parlamentare, quell'offerta era per lui un'offesa. (Bene!)

Il deputato Bastogi, al quale fu resa nota dalla Commissione quest’emergenza, ha dichiarato che, tenendosi obbligato a mostrare la sua gratitudine al Grattoni per i servizi extraparlamentari a lui resi in questo affare, ebbe a domandargli come avrebbe potuto sdebitarsene, e ha confermato che il Grattoni dichiarò che non avrebbe accettato cosa alcuna.

E ad esaurire l’esposizione dei fatti risultati in particolare sul conto del deputato Grattoni, aggiungeremo che la Società delle ferrovie meridionali, nel marzo 1863, lo ha nominato ingegnere capo, ed il Grattoni ha accettato, ma dopo molta esitanza, e con detrimento dell’interesse suo, avendo rinunziato alla direzione della costruzione della ferrovia ligure, che gli portava vantaggi ben maggiori.

Quello che seguì nel seno della Commissione parlamentare per la concessione delle ferrovie meridionali, come si proponessero modificazioni alla convenzione 15 giugno, e la casa Rothschild rifiutasse di accettarle; come si presentasse intanto una proposta del banchiere Salamanca, che non fu giudicata accettabile; come la Commissione venisse nel divisamento di proporre che il Governo fosse autorizzato a dare la concessione sotto le condizioni proposte nel progetto ministeriale, colle modificazioni introdottevi dalla Commissione stessa, e come finalmente proponesse di autorizzare il Governo a continuare i lavori e ad attuare l’esercizio dei tronchi che di mano in mano andrebbero compiendosi colla emissione di obbligazioni, pur dichiarandosi persuasa che non tarderebbero a presentarsi aspiranti alla detta concessione in vista delle già fatte proposte e alle voci che correvano dell’esistenza di altri concorrenti che attendevano di conoscere le condizioni ammesse dalla Commissione; e tutto questo risulta ampiamente dalla relazione che nel 26 luglio fu presentata alla Camera dal deputato Trezzi..

Si è fatto carico alla Commissione stessa di aver condotto a rilento i suoi lavori, quasi per dar tempo a che intanto il Bastogi potesse condurre a buon termine gli accordi che lo dovevano mettere in grado di presentare il suo progetto;, ancora è stato avvertito come nel corso dei suoi lavori la Commissione chiedesse al Ministero, a mezzo del suo segretario, le più minute e circostanziate notizie sui calcoli presuntivi del costo di costruzione, tanto che questa insolita diligenza e questa non ordinaria curiosità, che da prima fu giudicata effetto di zelo coscienzioso, fu poi sospettata da taluno di quelli che portarono testimonianza nell’inchiesta che non servisse che a coadiuvare il Bastogi nel contrarre gli accordi dei quali si è sin qui parlato.

Ma quanto al tempo impiegato dalla Commissione fu anzi relativamente assai breve; e pel resto, o signori, senza escludere la possibilità che taluno individualmente possa essersi giovato di questi lumi e di queste notizie nei consigli e negli aiuti prestati al Bastogi, non esitiamo a dichiarare che nessun argomento sta a dar appoggio a quei sospetti a carico della Commissione.

Nella tornata del 31 luglio, in cui doveva aprirsi la discussione sulla proposta ministeriale, la Camera ebbe comunicazione della proposta che il deputato Bastogi aveva in quello stesso giorno diretta al ministro dei lavori pubblici.

La Camera l’accolse con segni di manifesta soddisfazione, e tutti ricordiamo i sensi patriottici onde il proponente l’accompagnava.

La proposta del Bastogi fu rimessa alla Commissione, la quale all’indomani fece il suo rapporto.

La Commissione segnalò i vantaggi politici, economici e finanziari, che la proposta Bastogi presentava al confronto della convenzione del 15 giugno 1862, e facendosi quasi interprete del sentimento allora generale, diceva: La Commissione non esita a dichiarare che la lettura della nuova proposta e dei nomi dei novanta, che colla loro obbligazione concorrono a formare il capitale sociale di cento milioni di lire, le desto un senso di immensa soddisfazione e di nazionale orgoglio, come parve avere prodotto ieri in ciascun membro della Camera. Vedeva la Commissione in questo importantissimo fatto di una società d’italiani che si presenta ad assumere una sì vasta impresa, il risorgimento nel nostro paese dello spirito di associazione che vi pareva spento, il coraggio, la confidenza nelle proprie forze, e nella capacità propria a fare quanto fin ora per la maggior parte venivano stranieri a fare, il nobile desiderio finalmente di compiere l’emancipazione della nazione, anche sotto il rapporto economico e finanziario», e concludeva per l’accettazione della proposta Bastogi, salve alcune modificazioni, nelle quali reputò necessario insistere anche col nuovo concorrente.

Respinta la proposta fatta dal Ministero, di comunicare alla Casa Rothschild le condizioni offerte dal Bastogi, proposta combattuta anche dal relatore, il quale avvertiva che sarebbe stato come aprire in Parlamento una lotta di concorrenti, la discussione cominciò nel 3 agosto, e nel giorno 9 di agosto la concessione al Bastogi veniva approvata con voti 195 contro 25 contrari.

Non abbiamo bisogno che di fare appello alla Camera stessa, perché trasportandosi colla mente al tempo in cui questi fatti si compievano nel suo seno, vegga se è possibile ammettere che il Bastogi, od altri, avesse bisogno di procacciarsi dei voti con mezzi di corruzione.

La stampa, allora, faceva plauso al grande concetto di rialzare il credito italiano, di emanciparlo dalla tirannia del capitale estero.

Era una piena presso che irresistibile che trascinava quasi tutti; e dal momento che la proposta Bastogi fa presentata, raccoglienza favorevole che incontrò su tutti i banchi della Camera manifestò che la sua accettazione era immancabile.

Nondimeno, tra le varie accuse, non è mancata ancora questa, che molti voti erano stati acquistati per danaro.

In fatto: nel giorno 26 maggio ultimo, e per deposizione di un nostro collega, risultò alla Commissione d’inchiesta che si diffondeva la voce che il professore Sinibaldi, già deputato, avesse affermato che quando fu discussa in Parlamento la proposta Bastogi fu distribuita una somma a diversi deputati onde sostenessero la proposta, e che Sinibaldi aveva le prove di questo fatto. Il Sinibaldi avrebbe fatta questa comunicazione all’avvocato Giuriati, ed affidate al medesimo le prove, e con queste alla mano, l’avvocato Giuriati avrebbe potuto ottenere che fosse imposto silenzio ad un processo politico che erasi aperto contro il Sinibaldi. Si aggiungeva che questo fatto era stato rivelato dallo stesso avvocato Giuriati a persona degnissima di fede e pronta, se fosse necessario, a farne testimonianza.

La vostra Commissione deliberò tosto che si dovessero interrogare l’avvocato Giuriati ed il Sinibaldi.

L’avvocato Giuriati si presentò alla Commissione e invitato a deporre congruamente rispondeva che quanto era a sua notizia, lo aveva saputo da un cliente e nell’esercizio della propria professione di avvocato, e che pur narrando alla Commissione le cose risapute doveva conciliare i suoi doveri di avvocato e il desiderio di concorrere per quanto da esso dipendesse a far risultare la verità; dichiarò quindi che quel suo cliente già deputato, e colpito di grave accusa politica, per provare che non poteva su di lui l’avidità di guadagno, gli aveva narrato che, nell’occasione della votazione della legge sulle ferrovie meridionali, erano stati distribuiti tre milioni a ben trenta deputati (Ilarità), e che volendo avrebbe potuto partecipare a quel mercimonio e riportarne grosso guadagno, e nol fece. Negò l’avvocato Giuriati, di avere visto alcuna prova di questa asserzione, e negò dì avere fatto uso qualunque di quelle dichiarazioni nella causa penale che era stata iniziata contro il suo cliente, e della quale per altro non aveva più inteso parlare.

Un altro deputato che ci venne indicato come consapevole del fatto, invitato dalla Commissione a narrare ciò che fosse a sua notizia in proposito, rispondeva che anche a lui il Sinibaldi aveva detto di sapere che nell’affare delle meridionali si erano mangiati tre milioni; narrava che, quando il Sinibaldi fu inquisito come prevenuto di un reato politico, lo raccomandò all’assistenza dell’avvocato Giuriati, dal quale ebbe poi ad udire che il Sinibaldi si dava quasi vanto di avere avuta ingerenza nell’affare dei tre milioni spesi nell’occasione della votazione della legge sulle ferrovie meridionali, e che, palesando il fatto, avrebbe potuto far mettere un velo sul processo che si stava compilando a suo danno. Dal modo onde il Giuriati riferiva quelle parole al deputato cui alludiamo, questi potè intendere che il Sinibaldi lasciasse credere gli fossero state fatte delle offerte per raccogliere voti a favore della proposta Bastogi, e però ebbe a dire al Giuriati di essere lieto che il Sinibaldi lo stimasse un onest’uomo, poiché non gli aveva fatta alcuna offerta. — Se non che, invitato a dire quale opinione si formasse di queste dichiarazioni del Sinibaldi, rispose che non aveva prestato fede né alle cose che il Sinibaldi disse a lui, né a quelle che avrebbe poi dichiarate al Giuriati.

Ad ogni modo la vostra Commissione non poteva omettere di procurarsi direttamente dallo stesso Sinibaldi gli opportuni schiarimenti. Fino dal 1° giugno aveva invitato il professore Sinibaldi a Torino; con lettera del 5 stesso mese il Sinibaldi rispóndeva di esserne impedito da malattia, pur dichiarando di tenersi agli ordini della Commissiono; pregato in seguito a voler dire entro quale più breve termine avrebbe potuto trasferirsi a Torino, la Commissiono ebbe una risposta che la fece rinunziare alla speranza che il Sinibaldi potesse in breve essere qui interrogato, e non le restò che la scelta o di recarsi a Lucca a ricevere le dichiarazioni personali del Sinibaldi o di chiederle in iscritto, riservandosi d’interrogar]o personalmente ove le sue risposte apparissero incomplete.

Pertanto con lettera del 14 giugno la Commissione scriveva al professore Sinibaldi che dall’esame di diverse persone era risultato che esso Sinibaldi aveva dichiarato di sapere che nell’occasione della discussione della legge relativa alla concessione delle ferrovie meridionali furono distribuiti tre milioni a diversi deputati onde votassero favorevolmente alla concessione Bastogi, e che allo stesso Sinibaldi sarebbero stati offerti grandi vantaggi se avesse accettato di adoperarsi a procacciare voti favorevoli alla concessione, e lo impegnava a rispondere quale fondamento avessero quelle dichiarazioni ed a somministrare alla Commissione d’inchiesta quelle più precise notizie che in ordine ai fatti preindicati potessero servire allo scoprimento della verità.

Nel 17 giugno il professore Sinibaldi rispondeva alla categorica domanda postagli dalla Commissione, protestando contro la falsità dell’asserto, che egli avesse mai detto che nell’occasione della'  discussione della legge per la concessione delle ferrovie meridionali al Bastogi, erano stati distribuiti tre milioni a molti deputati onde votassero favorevolmente alla proposta Bastogi; la lettera Sinibaldi termina riepilogando (in ordine a quella domanda): Essere onninamente falso che io abbia dichiarato né in pubblico né in privato a ' persona vivente sapere che sia stato distribuito denaro ai deputati perché votassero favorevolmente alla proposta BASTOGI. — Essere del pari falso che a me sia stata fatta offerta né di denaro né di collocamento o di altri vantaggi qualunque per adoperarmi a procacciare voti favorevoli a quella concessione.

Così, risalendo all’origine, anche quest’accusa che nella stessa sua enormezza si confutava di per sè, ha potuto essere recisamente smentita.

Sancita con legge del 21 agosto la concessione al Bastogi, la società italiana per le strade meridionali era costituita a rogito Turvano 15 settembre 1862. Intervennero all’atto o personalmente o per procura fatta ad altri azionisti i rappresentanti di 167,791 azioni. Il conte Bastogi cedeva alla società la concessione di costruzione e di esercizio autorizzata colla legge 21 agosto 1862 ed assumeva l’appalto generale dell’esecuzione dei lavori delle strade comprese nella concessione al prezzo di lire 210,000 al chilometro e sotto le condizioni portate dalla formola di soscrizione degli azionisti sopra riferita.

Nell’atto medesimo furono approvati gli statuti della società.

Inoltrata dal deputato Bastogi la domanda per la approvazione degli statuti, chi nell’assenza del ministro titolare reggeva interinalmente il Ministero d’agricoltura e commercio, di concerto col ministro dei lavori pubblici, con nota 10 ottobre 1862 sottoponeva al Consiglio di Stato il dubbio se a termini dell’articolo 7 della concessione e pel quale il conte Bastogi aveva assunto l’obbligo di costituire una società anonima la quale assumesse gli obblighi ed acquistasse i diritti portati dalla convenzione di concessione, potesse poi riservarsi l’accollo della costruzione; tanto più che dalle lettere prodotte dal Bastogi al Parlamento a provare la sottoscrizione dell’intero capitale di 100 milioni nulla apparve che portasse un impegno o un vincolo dei soscrittori precedente alla costituzione della società.

E tra le avvertenze che il ministro di agricoltura e commercio sottoponeva al Consiglio di Stato in vista della capitale importanza politica delle ferrovie meridionali e per l’interesse grandissimo che aveva lo Stato di conservare incolume il credito della società anonima cui la legge volle affidarne la costruzione, era la dilicata questione che sorgeva dall’articolo 47 degli statuti, col quale si riconosceva che i membri del Consiglio d’amministrazione non possono né discutere, né votare sopra affari nei quali abbiano interesse. Che dire (così legge quella Nota) degli appaltatori a corpo dell’intera linea o di una parte considerevolissima di essa, i quali hanno di continuo o per uno spazio assai lungo non interrotto di tempo un interesse sul quale il Consiglio discute e delibera? Il riferente prega questo rispettabile consesso a considerare se non sarebbe più logica e più completa la disposizione di detto articolo colla seguente aggiunta: Gli appaltatori delle linee non possono far parte del Consiglio d'amministrazione. »

Nel medesimo tempo venivano inoltrate al Ministero dei lavori pubblici e al Consiglio di Stato delle proteste di azionisti dirette ad impedire l’approvazione degli statuti, e sui quali la Commissione non crede necessario intrattenere la Camera, sia perché i motivi ai quali erano raccomandati servirono di fondamento alle liti che allora erano già in corso o che poco di poi furono inoltrate, sia perché non ostante che il Consiglio di Stato col suo parere 26 ottobre 1862 consentisse nelle osservazioni del ministro d’agricoltura e commercio, sulla proposta del ministro titolare d’agricoltura e commercio, e sentito il Consiglio dei ministri, gli statuti furono con regio decreto 29 ottobre 1862 approvati con leggere modificazioni.

Approvati gli statuti, restava che la società in assemblea generale procedesse all’elezione del Consiglio d’amministrazione; l’elezione ebbe luogo effettivamente nel giorno 16 novembre 1862.

E l’amministrazione risultò costituita come segue:

Presidente: Bastogi conte Pietro, deputato. Vice presidenti: Ricasoli barone Bettino, deputato; Barracco barone Giovanni, deputato. — Consiglieri. Allievi cavaliere Antonio, deputato; Audinot cavalier Rodolfo, deputato; Balduino cavalier Domenico; Bombrini commendatore Carlo; Beltrami conte Pietro, deputato; Brambilla Pietro; Belinzaghi cavaliere Giulio; Cini cavalier Bartolomeo, deputato; Corsi commendatore Tommaso, deputato; Denina cavaliere Vincenzo; De Weill Weis nobile Ignazio; Genero cavaliere Felice, deputato; Lacaita commendatore Giacomo, deputato; Oneto Francesco, fu Giuseppe; Orsini cavaliere avvocato Tito; Trezzi cavaliere avvocato Ambrogio, deputato; Tecchio commendatore avvocato Sebastiano, deputato; Valerio cavalier Cesare, ingegnere, deputato. — Segretario generale: cavaliere Guido Susani, ingegnere, deputato.

Signori, sarebbe vano il tacere che quando si riseppe il risultato di questa elezione l’opinione pubblica ne risentì una impressione sfavorevole.

Non ci fermiamo alle voci allora diffuse, intorno al modo onde l’assemblea degli azionisti deliberò, alle proteste che nel seno stesso di quella riunione furono fatte, e delle quali hanno parlato anche testimoni uditi nell’inchiesta; nell’opinione pubblica parve grave inconveniente che potessero chiamarsi ad aver parte in un’impresa sussidiata dal Governo un numero di deputati relativamente molto forte, più grave ancora che fosse chiamato a prendervi parte chi per ufficio aveva propugnato efficacemente in Parlamento l’approvazione della concessione al BASTOGI.

Non è chi ignori come la stampa abbia in questi ultimi tempi parlato di quel fatto, e in generale della partecipazione dei membri del Parlamento a funzioni retribuite nelle amministrazioni sussidiate dal Governo.

E la vostra Commissione ha creduto suo debito di chiamare particolarmente l’attenzione della Camera sulla quistione di principio, e lo fa con tanta maggiore franchezza da che, o signori, è lieta di affermare che da nessuna testimonianza, da nessun risultamento dell’inchiesta sia provato che l’elezione anche di uno solo dei deputati chiamati a far parte dell'amministrazione delle ferrovie meridionali fosse effetto d’intelligenze alle quali gli eletti partecipassero, ed anzi si ha testimonianza che il deputato Trezzi esitò assai prima di accettare, mosso principalmente da un riguardo personale per la parte da esso sostenuta come relatore; ed altro testimonio ha spontaneamente dichiarato che a lui solo ed insciente il deputato Tecchio, devesi attribuire che il Bastogi lo annoverasse tra le persone che furono proposte e quindi dette a comporre l’amministrazione.

Ma non è men vero che questo fatto ha dato luogo a sospetti e ad insinuazioni che tornano ad offesa della Camera intera; e la vostra Commissione ha riconosciuta la convenienza che sia provveduto a che non ne sorgano nell’avvenire nuove occasioni. (Movimento)

A tale scopo è diretta una delle sue deliberazioni, ma la Commissione si fa debito di dichiarare che la sua proposta non inchiude censura o biasimo alcuno verso quei colleghi i quali ora facciano parte di amministrazioni sussidiate dallo Stato.

Ora, o signori, c’incombe di entrare nell’esame d’un fatto speciale e distinto, e che abbisogna di tutta la vostra attenzione. (Profondo silenzio)

La ditta Weill-Scholt istituiva contro il conte Bastogi, anche quale rappresentante la società delle ferrovie meridionali, contro il signor Balduino e la Cassa dell’industria e del commercio, un giudizio nel quale sosteneva in sostanza:

1° Che essa ebbe a firmare la prima modula di soscrizione delle azioni e ricusò di firmare la seconda che privava gli azionisti dei vantaggi della costruzione;

2° Che durante la discussione alla Camera dei deputati della legge sulla concessione delle ferrovie meridionali, il signor Alberto Weill-Schott acquistò 1200 azioni col mezzo del deputato Susani e del signor Balduino, i quali agivano quali mandatari del Bastogi che acquistò col patto di avere gli stessi diritti competenti ai soci fondatori.

A provare che le azioni le erano vendute col mezzo del deputato Susani esibiva agli atti diverse lettere; e a dimostrare che il Susani agiva nell’interesse del Bastogi la ditta Weill-Schott chiedeva di essere ammessa a provare diversi fatti, e tra gli altri che il Susani per l’adempimento dell’avuto mandato e per le sottoscrizioni da lui raccolte fu retribuito dal conte Bastogi mediante un titolo di credito dell’ammontare di circa un milione di lire italiane, che egli poi negoziava cedendolo al 60 per cento circa a più case di Banca.

Questa causa nella quale la ditta Weill-Schott restò soccombente in prima istanza, fu poscia portata sul terreno di questioni di procedimento, e la istruzione del merito che restò sospesa non ha potuto somministrare alla Commissione alcun lume che le servisse di guida per constatare i fatti ed apprezzarli sotto lo speciale aspetto nel quale soltanto devono essere da noi esaminati.

La Commissione ha quindi dovuto istituire direttamente quelle indagini che, nei limiti dei mezzi d’istruzione di cui poteva servirsi, valer potessero a scoprire la verità. Ecco, o signori, i risultamenti da noi ottenuti.

Il signor Alberto Weill-Schott era da tempo in relazione col deputato Susani, da lui consultato come ingegnere intorno al progetto di fondazione di una Società italo-belga per la costruzione di macchine, progetto che il Susani aveva preso impegno di raccomandare, ed in effetto ha raccomandato presso il Ministero dei lavori pubblici.

Nella sostanza sono d’accordo su questo precedente il signor Weill-Schott ed il deputato Susani, e le pratiche di questo presso il Ministero dei lavori pubblici sono attestate anche dal deputato Saracco che allora era segretario generale di quel Ministero.

Nel luglio del 1862, la ditta Weill-Schott partecipò alla soscrizione delle azioni che si raccoglievano pel Bastogi e firmò per un milione di lire.

Ma avendo poi ricusato, come si è già detto, di sottoscrivere alla formola di soscrizione che riservava al Bastogi la costruzione, le venne restituita la prima obbligazione.

Se non che avendo il signor Alberto Weill-Schott nel luglio avuto l’incontro del deputato Susani in Torino, sarebbe stato dal medesimo incoraggiato ad acquistare delle azioni con assicurazione che tra pochi giorni avrebbero guadagnato 200 lire di premio.

Intanto il signor Alberto Weill-Schott ebbe da case estere commissione di acquistare un dato numero di quelle azioni, e si trasferì di nuovo a Torino; era il giorno 2 di agosto 1862; parlò al Susani nel palazzo della Camera onde gliele procurasse e lo impegnò nel medesimo tempo ad appoggiare presso il Bastogi le preferenze a cui aspirava a fornire materiale mobile della Società italo-belga alle ferrovie meridionali.

Sempre secondo le dichiarazioni del signor Weill-Schott, il Susani gli avrebbe risposto che intorno all’interesse della Società italo-belga, non poteva prendere alcun impegno, e che quanto alle azioni le avrebbe date e a tale effetto lo indirizzò con sua lettera al signor Balduino, onde presso il medesimo combinasse la scritta di obbligazione.

Il signor Alberto Weill-Schott trovò il signor Balduino in una stanza del palazzo Carignano e prese qui i relativi accordi per l’acquisto di 1200 azioni; ringraziò per lettera il Susani e soscrisse poi nella sede del Credito mobiliare la relativa obbligazione.

Ma il signor Alberto Weill-Schott afferma inoltre che egli domandò e ottenne azioni originarie o di fondazione e partecipanti perciò, secondo egli ritiene, anche ai profitti della costruzione, e quando indi a non molto vide che si trovava escluso dalle combinazioni relative, si indirizzò al signor Balduino a reclamare; ma, stando sempre alle dichiarazioni del signor Alberto Weill-Schott, il signor Balduino gli avrebbe osservato che trattavasi di affare concluso col Susani, che allora era partito per Parigi e non gli poteva dare alcun schiarimento.

Il deputato Susani ammette che nel giorno due o tre agosto il signor Alberto Weill-Schott fu a parlargli alla Camera manifestandogli il suo desiderio di acquistare delle azioni della società Bastogi; che esso gli rispose di non averne, ma avrebbe potuto sentire dal Balduino se gliene poteva procurare; che in effetto parlò al Balduino, il quale gli disse di rispondere al signor Weill-Schott che passasse da lui all’indomani e probabilmente gli avrebbe date le azioni. E così fece. Ed aggiunge che allora il signor Alberto Weill-Schott gli scrisse una lettera nella quale lo ringraziava delle azioni avute per mezzo suo, ed entrando a parlare del progetto della società italo-belga accennava a promesse, delle quali il signor Alberto Weill-Schott pareva volesse quasi prendere atto.

La lettera del Weill-Schott esibita alla Commissione d’inchiesta dallo stesso deputato Susani, è questa:    .


«Torino, 2 agosto 1862.

«Egregio signor deputato,

«Vi ringrazio assai per le 1200 azioni della combinazione Bastogi che avete messe a disposizione della mia casa. Vado pure comunicare ai signori fondatori della Società Italo-Belga la vostra promessa di chiamare essa Società prima d’ogni altra. per trattare pel materiale mobile accordato per le strade ferrate meridionali, e prima di prendere qualunque deliberazione relativa al materiale mobile.

«Vi sarò gratissimo se in risposta alla presente potreste indicarmi qualche base per le trattative a farsi, e non dubito che le medesime riusciranno a reciproca soddisfazione.

«Gradite i miei più distinti saluti. »

Il deputato Susani che vide in questa lettera quasi un’insidia perché si parlava di promesse che egli non aveva fatte si determinò a scrivere al signor Alberto Weill-Schott la lettera di cui infra, senza tener conto di quella che gli aveva indirizzata il Weill-Schott, e nell’intento di potere, all’uopo e in ogni tempo, constatare come le cose si passassero tra esso ed il Weill-Schott in quell’incontro.


«Torino, li 3 agosto 1862.

«Signori fratelli Weill-Schott — Milano.

«Dirigendovi entro domani al signor Domenico Balduino presso il Credito mobiliare di Torino, potrete cambiare le lettere necessarie pei' avere le azioni mille duecento, che vi furono riserbate sulla sottoscrizione Bastogi, a seconda dell’inteso. Per ciò che si riferisce all’affare del materiale mobile per la Società Italo-Belga che intendete di fondare, io non posso che ripetervi ciò stesso che a voce ho ieri detto. Per quanto dipenda da me, quando sarà costituita la Società Bastogi mi adopererò a che prima di trattare con altri per le provviste del materiale mobile e per l’erezione dello stabilimento in Napoli, per la costruzione del materiale medesimo siano sentite le proposte dei rappresentanti dell'Italo-Belga. In quanto al dirvi fin d’ora quali potranno mai essere le basi delle trattative, egli è chiaro che io sono per ora impossibilitato a entrare in questo argomento, pel quale nessuno, finché la Società non sia legalmente costituita, ha facoltà di trattare, e meno di ogni altro io, il quale non ho incarico o veste ufficiale di sorta in questo proposito.

«Aggradite i sensi della mia distinta considerazione. »


Ma ben vede la Camera ohe se con questa lettera il Susani distrugge quanto pareva risultare dalla lettera Weill-Schott in ordine alle promesse relative alla fondazione della Società Italo-Belga, non contraddice menomamente la ingerenza per esso presa nel collocamento delle azioni acquistate dal Weill-Schott: che anzi, trattandosi di una lettera i cui termini furono avvertitamente calcolati nella previsione di future contestazioni, ci dà argomento di credere che veramente la parte presa in ciò dal Susani non fosse né così accidentale, nò limitata a un semplice ufficio amichevole: Dirigendovi entro domani al signor Domenico Balduino presso il Credito mobiliare di Torino potrete cambiare le lettere necessarie per avere le azioni mille e duecento che vi furono riserbate nella sottoscrizione Bastogi a seconda dell'inteso; così scriveva il Susani, e il valore, la portata di queste parole è troppo evidente, perché la vostra Commissione, o signori, non vegga anche in questo fatto la prova di una ingerenza diretta e attiva del Susani nell’impresa del Bastogi, e in una sfera di interessi ben diversa da una coperazione officiosa con consigli meramente tecnici, ingerenza incompatibile colla posizione sua personale nella Commissione parlamentare e alla vigilia della discussione sulla proposta BASTOGI. (Sensazione prolungata)

Nè questo apprezzamento ha potuto modificarsi alla lettura di altra lettera che, nel 2 ottobre, il deputato Susani scriveva al signor Balduino, negando recisamente di aver fatto promesse al Weill-Schott, alle quali fosse subordinato il prendimento delle azioni, e dove il fatto è narrato pressoché nei termini in cui il deputato Susani lo ripeteva alla Commissione d’inchiesta; poiché, se nell’ottobre il Balduino gli scriveva per sapere con quali condizioni e con quali promesse consentisse al Weill-Schott di procurarsi delle azioni, ci parve manifesto che il Balduino veniva a riconoscere nel deputato Susani qualità e poteri per mettere condizioni o consentire promesse ai sottoscrittoli di azioni.

Già si è accennato come tra i fatti che la ditta Weill-Schott si proponeva di provare in giudizio, vi avesse che il Susani fu retribuito dal Bastogi con un titolo di credito di circa un milione per l’adempimento del mandato da esso Susani avuto di procurargli parte del capitale occorrente per la costituzione della società.

La Commissione, pur tenuto conto della circostanza che le dichiarazioni del signor Alberto Weill-Schott, come personalmente interessato ed avversario del Bastogi, non si dovevano accogliere senza riserva e cautela grandissima, non poteva chiedere ed ottenere da altri che dallo stesso signor Alberto Weill-Schott i primi indirizzi per mettersi nella via di scoprire quanto di vero vi fosse in quella grave dichiarazione.

Il signor Alberto Weill-Schott pertanto, affermava di aver saputo in un dato giorno dal signor Sigismondo Weiss, come in quello stesso giorno questi avesse acquistato una lettera di obbligazione rilasciata dal Bastogi a favore di un deputato per servigi parlamentari, e che si fosse con ciò esso Weiss Sigismondo assicurato un profitto maggiore di quello che potevano aspettarsi gl’interessati nella costruzione; aggiungeva il signor Alberto Weill-Schott che il signor avvocato Namias era stato consultato sul modo di compilare la lettera di cessione, onde avesse valore giuridico a favor del cessionario.

Interrogato dalla Commissione d’inchiesta, il signor avvocato Namias rispose essere stato consultato come avvocato, ed in tale qualità non poter fare alcuna dichiarazione; aggiunse che le sue riserve non dovevano interpretarsi nel senso che egli non volesse palesare cosa che fosse a carico di qualche deputato, poiché era stato chiamato a dar parere sulla validità di una cessione di utili in una grande intrapresa, ma i nomi e particolarmente quello del cedente era taciuto. E siccome risultava alla Commissione che il signor avvocato Namias aveva pubblicamente tenuto discorso di questo affare e senza riserva dichiarato trattarsi di un consulto del quale lo aveva richiesto il signor Laschi, intorno alla cessione di un credito che il Bastogi aveva alla sua volta ceduto al Susani in benemerenza di servizi a lui resi ed aveva aggiunto che gli affari grossi, e con abuso della loro qualità, si facevano dai deputati moderati, la Commissione lo interrogò su questa circostanza: l’avvocato Namias non negò di avere tenuto qualche discorso in proposito, ma si mantenne nella sua riserva.    

Ora ecco, o signori, quali furono, in ordine a questo fatto, le esplicite dichiarazioni del signor Sigismondo Weiss. Negò innanzi tutto e recisamente di aver tenuto al signor Alberto Weill-Schott il discorso che questi gli attribuiva; ed in ordine all’acquisto del titolo di credito narrava che, sul fine di agosto del 1862, il deputato Susani comunicava alla ditta Weiss-Norsa che il conte Bastogi era disposto a rinunciare una parte e precisamente il dodicesimo degli utili che si era riservati nel cedere la costruzione ai diversi gruppi di accollatari, ed il Susani stesso le chiedeva se quella ditta avrebbe atteso a questo affare.

La ditta Weiss-Norsa non credeva allora che l’impresa fosse abbastanza sicura, e prese tempo a deliberare. Ai primi di settembre fece sapere al Susani che era disposta ad accettare in parte la proposta. Si venne a trattative col Susani e allora si conchiuse che la ditta Weiss-Norsa avrebbe accettato un terzo degli utili che Bastogi voleva alienare; questo terzo venne calcolato a lire 370,000; fu stabilito il prezzo della cessione in lire 200,000, le quali vennero pagate in tre rate al deputato Susani. «Il signor Sigismondo Weiss afferma che la sua casa non conosceva il Bastogi, e siccome il Susani assumeva di rispondere e garantire pel Bastogi non si curò di sapere se veramente il Susani agisse pel Bastogi, come la ditta Weiss-Norsa riteneva, ovvero lavorasse per sè; il Susani promise al cessionario che gli avrebbe procurato direttamente dal Bastogi il titolo di credito ceduto e garantì personalmente la ditta Weiss-Norsa che, avvenendo che colle riscossioni future della quota di utili a lei ceduti, non ottenesse il rimborso delle lire 200,000, la somma le sarebbe restituita a debita concorrenza. Ecco la formola dell’obbligazione dal Susani sottoscritta nella prima operazione quale ci fu trasmessa dallo stesso signor Sigismondo Weiss.

«Se coi totali pagamenti che far deve il signor conte Bastogi alla ditta Weiss-Norsa e Compagnia, per la terza parte dei diritti cedutile, ottenesse essa somma minore del prezzo sborsato e degli interessi relativi, sarà tenuto, come si obbliga, il signor Susani di rifondere alla stessa ditta quanto mancasse a raggiungere il corrispettivo convenuto di italiane lire 200,000 ed i relativi interessi al 5 per cento annuo, a partire dal giorno degli sborsi. »

La ditta Weiss-Norsa si pentì di non avere fin da principio accettata intera l’offerta del Susani, poiché ben vide che l'uffare era buono, e le condizioni della società abbastanza rassicuranti, e quando nel dicembre 1862 il Susani, secondo la fatta promessa, le presentò il documento dal quale appariva che la cessione le era fatta direttamente dal Bastogi, trattò col Susani per concludere l’affare intero, e fu presto combinato in questi termini: l’ammontare complessivo degli utili che erano ceduti alla ditta Weiss-Norsa fu valutato in lire 1,100,000, e ritenuto che pel terzo di questo valore erano state pagate lire 200,000, si convenne che per gli altri due terzi la ditta Weiss-Norsa avrebbe pagate al Susani lire 475,000, e le pagò realmente; il Susani garantì la ditta Weiss-Norsa anche per questa somma e relativi frutti pel caso che non ne conseguisse il rimborso nella riscossione degli utili e consegnò alla stessa il documento che qui trascriviamo:

«Signori Weiss-Norsa e Comp. — Milano.

I costruttori, signori Vanotti e Finardi, mi hanno, a termine della convenzione con essi pattuita, scritto una lettera che qui testualmente trascrivo, cioè:

«Ill.mo signor conte Pietro Bastogi,

«Addivenendosi al definitivo contratto di costruzione delle linee di strade ferrate meridionali col Consiglio d’amministrazione della società concessionaria delle medesime, ed essendo noi uno degl’imprenditori che assumiamo la costruzione di una parte di esse, vi confermiamo, per quanto ci riguarda, la convenzione già da voi fatta con tutti i costruttori, cioè che il vero prezzo medio di tutte le linee medesime sia di lire italiane centonovantotto mila al chilometro, e che la differenza fra questo ed il prezzo medio di lire duecentodieci mila al chilometro, stabilito dai costruttori colla società, spetti a voi, signore, ed ora, essendo fatta la divisione delle linee, ed essendosi fra i tre costruttori convenuto che ciascuno di essi avrebbe pagato a voi, signori, la differenza di lire dodici mila al chilometro che corre fra i prezzi sovra citati per ciascun chilometro effettivamente costrutto, vi dichiariamo che noi per i chilometri cinquecento ottantaquattro e novecento sessantacinque metri che, secondo il contratto, risulta spettare a noi la costruzione, noi vi pagheremo lire dodici mila per chilometro, a misura che la società farà i pagamenti relativi.

«Dobbiamo altresì dichiararvi, come vi dichiareranno gli altri due costruttori, signor Angelo Frascara ed i signori Thomas Brassey, Baddieom e Parent, che non essendosi sinora eseguita la divisione per il tronco da Pescara a Coprano, si è però assegnato nel computo risultante dal quadro annesso alla convenzione speciale, intitolato: Riparto dei 1150 chilometri fra le diverse imprese costruttrici, la somma di lire duecento cinquanta mila al chilometro par quella costruzione, e così, sia nel caso che si proceda alla divisione, sia nel caso di una cessione, noi vi garantiamo che vi sarà pur sempre dovuta la differenza delle lire dodici mila per ogni chilometro costruito. Quando poi avvenisse il caso che la linea da Pescara a Ceprano per qualunque eventualità non fosse costruita, noi vi dovremo sempre por la nostra terza parte di questa linea la differenza delle lire dodici mila suddette, meno il caso nel quale la società potesse per questo pretendere di diminuire, e riuscisse realmente a diminuire il prezzo medio di lire duecento dieci mila a chilometro sulle altre linee. In questo caso le lire dodici mila saranno ridotte in proporzione della detta diminuzione per quanto riguarda l’estensione chilometrica di questa linea Pescara-Ceprano.

«In fine, inerentemente alla convenzione già stabilita, siamo pronti a procedere alla stipulazione dell’opportuno mandato per atto notarile, per cui vi eleggeremo nostro procuratore irrevocabile ad esigere dalla società il prezzo di costruzione nei diversi mandati che saranno rilasciati dalla società, e di queste somme, fatta deduzione a vostro favore della predetta somma di lire dodici mila a chilometro, ci passerete subito il rimanente, franco di qualsiasi provvigione.

«Abbiamo l’onore, signor conte, di riverirvi distintamente.

«Torino, 9 dicembre 1862.

«(Seguono le firme). »


«Eguali lettere mi hanno allo stesso fine indirizzate i signori Thomas Brassey, Buddicom e Parent, ed il signor Angelo Frascara, altri costruttori delle ferrovie meridionali, ciascuno pel gruppo del quale assunsero dalla società la costruzione.

«Avendo voi partecipato meco all'operazione, in dipendenza della quale fu pattuito il premio delle lire dodici mila per chilometro, per modo che, di queste italiane lire 12,000 debbono essere assegnate a voi per ciascun chilometro lire 971 30, novecento settantuna e centesimi trenta, ossia l’8 094 per cento del premio totale, valga la presente a dichiararvi, come vi dichiaro, che io verserò nelle vostre mani la suddetta somma negli stessi tempi e modi nei quali il premio delle lire dodici mila per chilometro di cui sopra, sarà da me incassato mediante proporzionali ritenute sui pagamenti di abbuonconto e di saldo che la società sarà per fare alle diverse imprese costruttrici sopra nominate.

«Vi saluto distintamente.

«Torino, questo giorno undici dicembre mille ottocento sessantadue (11 dicembre 1862).

«Firmato. Pietro BASTOGI. »


Le dichiarazioni del deputato Bastogi e del deputato Susani davanti alla Commissione furono in questa parte molto riservate, ma amendue convennero nel dichiarare che prima che fosse votata nella Camera dei deputati la legge che approvò la concessione al Bastogi, quest’ultimo preoccupato dal timore dei pericoli a cui si credeva esposto, disse al Susani che era pronto a cedere una parte degli utili, che si era riservato nella cessione della costruzione, ad un banchiere che lo rilevasse dai rischi in proporzione.

La proposta del Bastogi fu dal Susani accettata, e promise di trovare il banchiere che lo rilevasse dai pericoli, accettando in compenso una quota proporzionale di utili.

Dopo approvata la concessione gli avvenimenti politici interni accrebbero i timori del Bastogi, il quale avrebbe rimproverato al Susani di non avere mantenuta la promessa di trovargli il banchiere.

E allora il Susani avrebbe confermata la promessa, ed avrebbe aggiunto: intanto sono qua io, assumendo così verso il Bastogi, e per intanto la posizione stessa che doveva essere fatta al banchiere.

In questa occasione, per istessa dichiarazione del Susini, passò tra il Bastogi ed il Susani qualche cosa di scritto. (Segni più vivi di attenzione)

Il Susani avrebbe poi profittato per sè della proposta del Bastogi scontando in due volte per la somma complessiva di lire 675,000 gli utili messi dal Bastogi a disposizione del banchiere; poiché essendosi esso Susani costituito garante verso il Bastogi, venne ad assumere a suo carico i pericoli, e nel sistema del Susani le lire 675,000 sarebbero il corrispettivo dei pericoli a cui stette esposto dall’agosto al dicembre del 1862. (Movimenti)

Signori, la vostra Commissione ha dovuto farsi carico di apprezzare queste dichiarazioni, di ravvicinare tutti i risultamenti dell’inchiesta ed esaminare se e quanti le spiegazioni somministrate dai deputati Bastogi e Susani siano attendibili.

E innanzi tutto, senza contestare che anche dopo la formazione dei gruppi dei costruttori, il Bastogi potesse incorrere in pericoli di danni pecuniali, non si intende come il Bastogi, accreditatissimo banchiere, potesse aver bisogno del Susani per trovare un banchiere che accettasse il dodicesimo degli utili che intendeva di cedere al solo patto che il cessionario lo rilevasse in proporzione dai pericoli. (Segni di assenso)

E tanto meno possiamo persuadercene quando sappiamo che da molte parti si reclamava contro la riserva che il Bastogi aveva fatta per sè della costruzione, ed i grossi guadagni che si ripeteva ne avesse ritratto; e mentre più. specialmente in Firenze, come risulta da testimonianza raccolta negli atti della Commissione, si instava perché fosse data qualche soddisfazione all’interesse degli azionisti, i quali, sia pure a torto, lamentavano di essere stati esclusi dai profitti della costruzione.

Nè finalmente può bastare a persuaderci che veramente il Susani si trovasse esposto a rischi, l’opporre che se gli utili ceduti al Weiss-Norsa non fossero stati esposti a perdite, il Susani stesso avrebbe conchiuso un cattivo affare cedendo 1,100,000 per lire 675,000, essendo evidente che la ditta Weiss-Norsa acquistava e pagava in danari un valore che non era realizzabile se non a misura effe si compivano i lavori di costruzione delle ferrovie; e finalmente non si vuole tacere che dalla dichiarazione stessa di chi ha affermato che una parte degli utili risultati al Bastogi dalla combinazione dei gruppi di subcostruttori fu riservata al Susani, risulterebbe ancora la causa che determinò il Susani a spogliarsene, mediante sconto, e sarebbe che designato esso e poi nominato segretario generale dell’amministrazione non avrebbe voluto conservare alcuna interessenza nella costruzione.

Dopo tutto questo, o signori, ecco a quali conclusioni la vostra Commissione è stata condotta, e nelle quali si riassumono secondo il proprio convincimento i risultati dell’inchiesta:

1° Qualunque voce o sospetto di corruzione esercitata verso uno o più deputati nell’occasione della discussione e votazione della legge sulle ferrovie Meridionali è rimasta pienamente smentita;

2° Egualmente è pienamente eliminato ogni sospetto a carico di quei deputati che, pur avendo avuta ingerenza nei lavori parlamentari nella stessa occasione, accettavano di far parte dell’amministrazione della società italiana per le strade ferrate Meridionali;

3° Consigliano ad ogni modo il pubblico interesse e la dignità della Camera, che si abbia a stabilire per legge la incompatibilità della qualità di deputato colle funzioni di amministratore d’imprese sovvenute dallo Stato, o con qualunque altra ingerenza che implichi conflitto coll’interesse pubblico; (Voci numerose di assenso)

4° Che il deputato Susani — quando era membro della Commissione parlamentare nominata dagli uffici, per dar parere sulla proposta ministeriale presentata al Parlamento nel 16 giugno 1862 — si fece consigliatore e propugnatore primo presso il deputato Bastogi del progetto di costruire la società italiana per la costruzione ed esercizio delle ferrovie Meridionali, e si adoperò in diversi modi, ed anche con ingerenza diretta, nella parte meramente economica e di speculazione nelle varie operazioni che precedettero la presentazione al Parlamento della proposta Bastogi, pur continuando ad adempiere alle parti di commissario; al quale ufficio, nel concorso delle circostanze preindicate, avrebbe dovuto rinunziare, onde rimuovere persino l’ombra del più lontano sospetto che nella ingerenza sua negli studi e lavori della Commissione parlamentare continuasse a coadiuvare l’attuazione di quel progetto che intanto si stava maturando, fuori del Parlamento;

5° Che gravi argomenti persuadono a ritenere che lire 1,100,000, rappresentanti una parte degli utili ricavati dal Bastogi nella cessione della costruzione, e che il Susani ebbe a cedere al Weiss-Norsa pel correspettivo di lire 675,000, fossero il premio riservato, o dato al Susani per la sua cooperazione; (Sensazione e susurro)

6° Che il Bastogi, il quale non poteva ignorare che il deputato Susani faceva parte della Commissione parlamentare, doveva rispettare nel Susani, e nell’interesse delle stesse istituzioni nostre, quella posizione, e non doveva accettarlo o sceglierlo come cooperatore all’attuazione del suo progetto; (Bravo! Bene!)

7° Che se le lire 1,100,000 furono effettivamente la rimunerazione dei servizi e della cooperazione del Susani, il deputato Bastogi, nelle circostanze di fatto preindicate, avrebbe tanto più mancato al rispetto dovuto alla qualità che rivestiva il Susani, in quanto che mentre riguardo al Grattoni l’offerta, non accettata, di un compenso fu fatta dopo che la legge sulla concessione al Bastogi era già stata votata, riguardo al Susani si verificherebbe invece che la sua cooperazione sarebbe stata interessata precedentemente alla discussione e votazione. (Segni di assenso)

Tali, o signori, sono le conclusioni che la Commissione d’inchiesta all’unanimità sottomette alla decisione vostra. (Vivi segni di approvazione)

BASTOGI. Chiedo di parlare.

Alcune voci. A domani! a domani!

Altre voci. No! subito! Parli! parli! (Agitazione)

PRESIDENTEPrego i signori deputati di recarsi al loro posto.     '

Lanza. Chiedo di parlare sull’ordine della discussione. Credo che non sarebbe conveniente negare al deputato Bastogi la facoltà di rispondere immediatamente (Parli! parli!) alle osservazioni ed alle conclusioni della relazione.

PRESIDENTECertamente, l'onorevole deputato Bastogi, può, se vuole, parlare fin d’ora. Questo s’intende.

Lanza. Mi permetta, signor presidente, non credo che sia fuor di luogo l’osservazione che faccio, perché sento che da tutte le parti si grida: a domani! a domani! Molte voci. No! no!

PRESIDENTEIl deputato Bastogi ha la parola.

BASTOGI. Signori! È mio intendimento replicare partitamente ed a tutti i fatti che mi riguardano come deputato e come concessionario, i quali sono allegati nella relazione della Commissione d’inchiesta; ma avendo udito le conclusioni di quella relazione, mi sarà dura necessità di dovere, affinché io possa rispondere partitamente a ciascheduna di queste accuse, prima prendere cognizione della relazione.

Non so se piacerebbe alla Camera che io fin d’ora prendessi la parola per manifestarle le ragioni che mi mossero a domandare quella concessione, ed i principii che ho sempre seguito, e consegnare a brevi tratti la storia dell’impresa delle ferrovie meridionali.

Voci. Parli! parli!

BASTOGI. Signori, forse per una certa commozione, che è naturale anche in chi ha sicurissima la coscienza, per quante precauzioni io prendessi, potrei forse incorrere in espressioni non affatto convenienti; inoltre dovendo io prendere cognizione della relazione sono indotto a rinunziare al momento a parlare, tanto più che l’ora è tarda. Intanto domanderei alla Commissione d’inchiesta di darmi per tempo cognizione del suo rapporto, onde io possa rispondere.

Lanza. Io credo che la relazione debba essere immediatamente stampata e distribuita; così potranno prenderne cognizione i deputati, ed anche l’onorevole Bastogi ed altre persone interessate in questa controversia. (Movimenti generali)

Voci. Al posto! al posto!

PRESIDENTEIo prego gli onorevoli deputati di rimanere al loro posto, dovendosi prendere quelle determinazioni che sono richieste dalle circostanze all’uopo di conciliare il giusto desiderio dell’onorevole Bastogi coi lavori che sono in corso, e col tempo necessario sia alla stampa della relazione, sia alla discussione sulla medesima.

Lanza. Io propongo che questa relazione venga per cura della Presidenza fatta stampare colla massima celerità, in guisa che domani si possa avere in tempo da esaminarla prima di aprire la discussione.

Io prego la Presidenza di voler fare uffizi presso la tipografia, perché, senza perdere un’ora di tempo, voglia occuparsi della stampa di questa relazione. (Sì! sì!)

PRESIDENTEVerso le ore 10 di domani, al più tardi, questa relazione sarà stampata e distribuita.

Lanza. Allora si può fissare la discussione per domani alle ore 2.

PRESIDENTEPrecisamente; domani mattina si seguirà l’ordine del giorno già stabilito, poi alle ore 2 si fisserà...

cavalletto. Domando la parola.

Fra le varie leggi che sono ancora da votarsi ve ne sono alcune urgenti. Io prego la Camera di occupare la seduta di domani mattina alla votazione di quelle leggi. (Sì! sì!)

PRESIDENTESi è precisamente ciò che risulta da quanto io diceva testé. Dunque domani, alle ore 10, la relazione sarà distribuita, e non sarà ripresa la presente discussione che alle ore 2; dimodoché i signori deputati avranno quattro ore di tempo per leggerla ed esaminarla.

Intanto domattina nella seduta delle ore 8 si continuerà la discussione dei progetti di legge che sono all’ordine del giorno.

La seduta è levata alla ore 5 34.

Ordine del giorno per la tornata di sabato:

Discussione dei progetti di legge:

1.° Nuova proroga della legge relativa alle diserzioni militari;

2.° Pensioni vitalizie al generale D’Apice e ad ufficiali veneti;

3.° Convalidazione di decreto per spese al porto di Palermo;

4.° Armamento delle guardie doganali;

5.° Dazio d’entrata sui tessuti serici;

6.° Acquisto di mobili, casse, forti, ecc., ad uso degli ufficiali doganali;

7.° Maggiori spese e spese nuove sul bilancio dei Ministeri dell’estero, dell’interno e di agricoltura e commercio;

8.° Convenzione per transazione di liti tra il Governo e il municipio di Cagliari;

9.° Convalidazione del decreto sui dazi d’uscita;

10.° Prezzi di vendita dei tabacchi Leccese ed Erbasanta;

11.° Dazio d’importazione sugli zuccheri.

Discussione sul rapporto della Commissione d'inchiesta relativamente a fatti concernenti la concessione delle ferrovie meridionali.


Il primo scandalo toscopadano: le ferrovie meridionali di Zenone di Elea


















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